Santa Maria,

Santa Maria,
...donna del primo sguardo, donaci la grazia dello stupore.

martedì 13 marzo 2012

Cenere in testa acqua sui piedi ... Quaresima ...Gesù-ricordati-di-me ... Trilussa, La solitudine

Cenere in testa acqua sui piedi
Dalla testa ai piedi
La quaresima tra cenere e acqua
Don Tonino Bello
Carissimi,
cenere in testa e acqua sui piedi. Tra questi due riti, si snoda la strada della quaresima. Una strada, apparentemente, poco meno di due metri. Ma, in verità, molto più lunga e faticosa.
Perché si tratta di partire dalla propria testa per arrivare ai piedi degli altri.
A percorrerla non bastano i quaranta giorni che vanno da mercoledì delle ceneri al giovedì santo. Occorre tutta una vita, di cui il tempo quaresimale vuole essere la riduzione in scala. Pentimento e servizio.
Sono le due grandi prediche che la chiesa affida alla cenere e all’acqua, più che alle parole.
Non c’è credente che non venga sedotto dal fascino di queste due prediche. Le altre, quelle fatte dai pulpiti, forse si dimenticano subito. Queste, invece, no: perché espresse con i simboli, che parlano un “linguaggio a lunga conservazione”.
È difficile, per esempio, sottrarsi all’urto di quella cenere. Benchè leggerissima, scende sul capo con la violenza della grandine. E trasforma in un’autentica martellata quel richiamo all’unica cosa che conta: “Convertiti e credi al Vangelo”. Peccato che non tutti conoscono la rubrica del messale, secondo cui le ceneri debbono essere ricavate dai rami d’ulivo benedetti nell’ultima domenica delle palme. Se no, le allusioni all’impegno per la pace, all’accoglienza del Cristo, al  riconoscimento della sua unica signoria, alla speranza di ingressi definitivi nella Gerusalemme del cielo, diverrebbero itinerari ben più concreti di un cammino di conversione.
Quello “shampoo alla cenere”, comunque, rimane impresso per sempre: ben oltre il tempo in cui, tra i capelli soffici, ti ritrovi detriti terrosi che il mattino seguente, sparsi sul guanciale, fanno pensare per un attimo alle squame già cadute dalle croste del nostro peccato.
Così pure rimane indelebile per sempre quel tintinnare dell’acqua nel catino.
È la predica più antica che ognuno di noi ricordi. Da bambini, l’abbiamo “udita con gli occhi”, pieni di stupore, dopo aver sgomitato tra cento fianchi, per passare in prima fila e spiare da vicino le emozioni della gente.
Una predica, quella del giovedì santo, costruita con dodici identiche frasi: ma senza monotonia. Ricca di tenerezze, benchè articolata su un prevedibile copione. Priva di retorica, pur nel ripetersi di passaggi scontati: l’offertorio di un piede, il lavarsi di una brocca, il frullare di un asciugatoio, il sigillo di un bacio.
Una predica strana. Perché a pronunciarla senza parole, genuflesso davanti a dodici simboli della povertà umana, è un uomo che la mente ricorda in ginocchio solo davanti alle ostie consacrate.
Miraggio o dissolvenza? Abbaglio provocato dal sonno, o simbolo per chi veglia nell’attesa di Cristo? “Una tantum” per la sera dei paradossi, o prontuario plastico per le nostre scelte quotidiane?
Potenza evocatrice dei segni!
Intraprendiamo, allora, il viaggio quaresimale, sospeso tra cenere e acqua. La cenere ci bruci sul capo, come fosse appena uscita dal cratere di un vulcano. Per spegnere l’ardore, mettiamoci alla ricerca dell’acqua da versare sui piedi degli altri.
Pentimento e servizio. Binari obbligati su cui deve scivolare il cammino del nostro ritorno a casa.
Cenere e acqua. Ingredienti primordiali del bucato di un tempo. Ma, soprattutto, simboli di una conversione completa, che vuole afferrarci finalmente dalla testa ai piedi.
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Quand'ero ragazzino, mamma mia
me diceva: "Ricordati fijolo,
quando te senti veramente solo
tu prova a recità 'n' Ave Maria.
L’anima tua da sola spicca er volo
e se solleva, come pe' maggia".

Ormai so' vecchio, er tempo m'è volato;
da un pezzo s'è ad dormita la vecchietta,
ma quer consijo nun l'ho mai scordato.
Come me sento veramente solo
io prego la Madonna benedetta
e l'anima da sola pija er volo!

Trilussa, La solitudine 




Dal blog i Kairos :
Entriamo in questa III settimana di Quaresima con questo testo splendido, attribuito a Bernardo di Clairvaux.

* * *

Come pregò il brigante sulla croce? Ricordati di me, Signore, quando verrai nel tuo regno (Lc. 23, 42). O grande fede, o grande speranza, o grande carità! Egli prega per le realtà future, non per quelle presenti. Non vuole essere deposto dalla croce, ma essere accolto nel regno di Cristo. Che cos'è questo se non dire: Bramo di essere sciolto dal corpo ed essere con Cristo (Fil. 1, 23)? Non so cosa Paolo possa aver bramato più di questo brigante.
Ricordati di me. O cuore contrito e umiliato (Sal. 50, 19)! Cosa di meno e di più umile poteva chiedere nella preghiera se non che almeno si ricordasse di lui? Ricordati di me. Chi è questo me? Di me, dico, così indegno, così peccatore. Io riconosco la mia iniquità, e il mio peccato mi è sempre davanti (Sal. 50, 5). Mi vergogno di alzare i miei occhi verso di te (Lc. 18, 13). Contro te solo ho peccato (Sal. 50, 6). Tu solo puoi purificarmi dal mio peccato. Ho commesso il male davanti a te quando da te ho voluto nascondermi. Sono un brigante nei confronti della mia anima: ho voluto nascondere l'omicidio che ho compiuto, ma davanti a te ho compiuto il male.
Ricordati di me, abbi misericordia di me (Sal. 50, 3). Giustamente mi sono ritrovato in questa condizione miserevole, io che ho abbandoanto la tua beatitudine. Ero ricco, ed ecco che sono diventato povero. Potevo mangiare e trovare piacere in ogni albero del paradiso (Gen. 2, 16), ed ecco che sono tormentato e muoio su questo legno. Ricordati di me. Mi ero dimenticato di te, ma, sebbene tu fossi adirato, ti sei ricordato della tua misericordia.
Abbi misericordia di me secondo la tua grande misericordia (Sal. 50, 3). Vedo in te una misericordia grande e tua, cioè che a te si addice, una misericordia che ti ha fatto discendere dal cielo per me, rendendoti simile alla mia miseria. Ma io patisco per le azioni che ho compiuto; tu, invece, che cosa hai fatto? Ti vedo simile a me nella pena, tu che sei tanto dissimile a me nelle azioni. Non potevi seguirmi più lontano di così.
Da dove sei venuto? Sei uscito dall'estremità del cielo (Sal. 18, 7), sei venuto avanti, dall'utero della Vergine, il più bello, nell'aspetto, tra i figli dell'uomo (Sal. 44, 3), e ora sei appeso con me su un legno. Chi ti ci ha condotto? La sola misericordia. Abbi misericordia di me, o Dio, secondo questa grande misericordia (Sal. 50, 3).
Tu sei Dio e io uomo, io tua creatura, che tu hai fatto a tua immagine e somiglianza (Gen. 1, 26-27). Abbi misericordia, o Dio, della tua immagine. Ma in che cosa io posso riconoscere che tu hai misericordia? Nel fatto che vedo in te la mia immagine che patisce insieme a me una simile e medesima miseria. Che cosa mi resta dunque da fare se non sperare? Di una così grande misericordia chi potrà mai disperare? Perciò ricordati di me quando verrai nel tuo regno. Tu vai nel tuo regno, hai compiuto la tua missione, e per questo sei  venuto: per riportarmi con te. Io desidero ardentemente venire con te, e per questa amarissima morte di croce non provo terrore nè mi vergogno. Come, infatti, potrei provare terrore là dove vedo che tu sei con me? Anche se camminassi in mezzo all'ombra di morte, non temerò alcun male, poichè tu sei accanto a me (Sal. 22, 4). E come potrei vergognarmi di ciò che vedo che tu, Signore del cielo, porti? Chi infatti si vegognerà di te e delle tue parole, anche tu ti vergognerai di lui quando verrai nella gloria tua e del Padre e degli angeli santi (Mc. 8, 38). Chi non porta la sua croce e non mi segue non è degno di me (Mt. 10, 38). Queste sono le tue parole. Chi si vergognerà di queste parole, anche tu ti vergognerai di lui. Chi infatti si vergogna della tua croce, si vergogna della tua gloria. Lungi da me il gloriarmi se non nella croce del Signore nostro Gesù Cristo (Gal. 6, 14)! La croce è la tua gloria, la croce è la tua autorità.

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