Santa Maria,

Santa Maria,
...donna del primo sguardo, donaci la grazia dello stupore.

venerdì 30 novembre 2012

Da Il Vangelo del giorno di oggi “Seguitemi, vi farò pescatori di uomini”


30 Novembre. Sant'Andrea Apostolo






Ma si vede che, stando là ore e ore ad ascoltare quelluomo, 
vedendolo, guardandolo parlare  chi è che parlava così? 
Chi aveva mai parlato così? Chi aveva detto quelle cose? 
Mai sentite! Mai visto uno così! 
, lentamente dentro il loro animo si faceva strada lespressione: 
«Se non credo a questuomo non credo più a nessuno, 
neanche ai miei occhi».
Ma era stato così ovvio nella eccezionalità dellannuncio, 
che loro hanno portato via quella affermazione 
come se fosse una cosa semplice 
 era una cosa semplice! , 
come se fosse una cosa facile da capire. 

Mons. Luigi Giussani




Dal Vangelo secondo Mt 4,18-22 

In quel tempo, mentre camminava lungo il mare di Galilea, Gesù vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello, che gettavano la rete in mare, poiché erano pescatori. E disse loro: Seguitemi, vi faròpescatori di uomini. Ed essi subito, lasciate le reti, lo seguirono.
Andando oltre, vide altri due fratelli, Giacomo di Zebedeo e Giovanni suo fratello, che nella barca insieme con Zebedeo, loro padre, riassettavano le reti; e li chiamò. Ed essi subito, lasciata la barca e il padre, lo seguirono.

Il commento

Sono tante le "reti" con le quali ogni giorno cerchiamo di guadagnarci da vivere. Le gettiamo sperando di pescare unbranco di amici, di quelli che ci potrebbero saziare d'affetto, stima e comprensione. Ma, troppo spesso, ne restiamo impigliati. La rete, non si chiama così quel pozzo senza fondo che, attraverso lo schermo di un computer, ci afferra nell'illusione d'essere in contatto col mondo intero e di farci un mondo di amici che ci seguano? Internet, la rete, una piroetta virtuale che sfiora la realtà senza viverla, anche se dicono che ci fanno le rivoluzioni. Social networks, chat, video e notizie, sono le maglie di una rete che rapisce il cuore, sottrae il tempo, evapora i profili, scolora le relazioni in una menzogna travestita di vuota pienezza. Giovani e meno giovani come pesci indifesi, pescati e sottratti all'acqua autentica della volontà divina. Sempre connessi, è il mantra ripetuto ovunque, perché la rete ci insegue con il wi-fi che si insinua nei computer di casa, nei portatili, nei tablet e negli smartphone, sempre più piccoli, sempre più veloci, sempre con noi. Sempre connessi per dimenticare d'essere disconnessi dal vero, dal bello e dal buono,l'essenziale che ci fa vivi, felici e realizzati. Sempre connessi eppure profondamente soli, con il cuore che navigalontano da Cristo, l'unico Link autentico che connette alla vita piena che non si corrompe, come tralci staccati dalla vite. Viviamo, soprattutto i più giovani, definiti ormai come i "nativi digitali", nell'illusione che basti un click per parlare, relazionarsi, forse anche amare; un secondo e i desideri sembrano realizzarsi, e tutto il mondo, cose e persone, giungono a portata di mano; immagini e parole prese nella rete, spesso con la violenza della curiosità e della concupiscenza, senza renderci conto d'essere stati "pescati" noi per primi per consumare sempre di più, sempre peggio, accendendo nella carne una compulsione insaziabile che confonde la realtà con il sogno ed esige da essa l'impossibile. Tutto in un clik, dimenticando la fatica e il sudore dell'amore autentico, il sacrificio del donarsi, i chiodi che trafiggono il link eterno, l'amore che non può essere che crocifisso.

Il mondo di internet  è, come il mare di Galilea con le sue barche e le sue reti, la metafora della nostra vita affondata nella spirale che ci irretisce mentre ci sforziamo di irretire, come quando buttiamo ore ed energie a sporcare occhi, cuore e mente davanti ad un PC. Non a caso i siti in assoluto più visitati sono quelli pornografici... Ma, nel fondo di tutto questo "gettare reti e riassettarle", si cela un unico desiderio, il grido strozzato in gola al termine di giornate avare di pesce e di gioia. Non può nulla neanche nostro "padre"; come quello di Andrea, è sempre lì, accanto a noi, a ricordarci la nostra storia, il passato che, spesso, è un peso che ci distrugge. Ma Gesù "cammina" anche oggi sulle rive del "mare" nel quale cerchiamo vita e felicità. Gesù passa e la sua voce mette a tacere ogni altra voce, il suo sguardo fulmina lo schermo del computer, e il suo amore ci attira irresistibilmente a seguirlo, strappandoci dalle maglie della rete. Come accadde ad Andrea, spinto da quelle parole che erano calamite, a "lasciare barca, reti e padre" per "seguire" senza indugio il Signore. Lasciare e seguire, perché è Lui che il cuore di ogni uomo desidera ardentemente, magari cercandolo maldestramente su Google; solo nelle sue parole, infatti, c'è una forza così dirompente da cambiare la vita nello spazio di un istante. Gesù "vede" Andrea, Giacomo, Simone, Giovanni, e li riconosce: sono i suoi "fratelli",  "chiamati" come Lui ad essere "pescatori di uomini". L'incontro con il Signore e la sua sequela, infatti, portano a compimento la vita di ciascuno. Andrea e gli altri "erano pescatori" e per questo "gettavano le reti in mare"; chiamandoli a seguirlo, Gesù li ha riportati alla vocazione originaria, trasfigurando ogni aspetto della loro esistenza: hanno continuato ad essere pescatori ma nella libertà di chi, pescando, "getta" non piùuna rete per saziare i propri appetiti, ma la sua stessa vita per la salvezza degli "uomini". Il Signore "chiama" anche noi oggi per  trasfigurarci, e volgere all'amore la nostra vita; per seguirlo e imparare a offrire tutto quello che abbiamo messo al servizio della carne, nell'amore che cerca la felicità dell'altro, "lasciando" le reti sulla barca, come un computer abbandonato e disconnesso.



APPROFONDIMENTI


Benedetto XVI. L'Apostolo Andrea


























giovedì 29 novembre 2012

Da Il Vangelo del giorno di oggi "Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra"


Giovedì della XXXIV settimana del Tempo Ordinario



Il cuore di Dio freme di compassione! 
...Il mistero del cuore di un Dio che si commuove 
e riversa tutto il suo amore sull'umanità. 
Un amore misterioso, che ci viene rivelato 
come incommensurabile passione di Dio per l'uomo. 
Egli non si arrende dinanzi all'ingratitudine 
e nemmeno davanti al rifiuto del popolo che si è scelto; 
anzi, con infinita misericordia, 
invia nel mondo l'Unigenito suo Figlio 
perché prenda su di sé il destino dell'amore distrutto; 
perché, sconfiggendo il potere del male e della morte, 
possa restituire dignità di figli agli esseri umani resi schiavi dal peccato. 
Tutto questo a caro prezzo: 
il Figlio Unigenito del Padre si immola sulla croce: 
"Avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine". 
Simbolo di tale amore che va oltre la morte 
è il suo fianco squarciato da una lancia. 

Benedetto XVI, Omelia del 19 giugno 2009





Dal Vangelo secondo Luca 21, 20-28

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 
«Quando vedrete Gerusalemme circondata da eserciti, allora sappiate che la sua devastazione è vicina. Allora coloro che si trovano nella Giudea fuggano verso i monti, coloro che sono dentro la città se ne allontanino, e quelli che stanno in campagna non tornino in città; quelli infatti saranno giorni di vendetta, affinché tutto ciò che è stato scritto si compia. In quei giorni guai alle donne che sono incinte e a quelle che allattano, perché vi sarà grande calamità nel paese e ira contro questo popolo. Cadranno a fil di spada e saranno condotti prigionieri in tutte le nazioni; Gerusalemme sarà calpestata dai pagani finché i tempi dei pagani non siano compiuti.
Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti, mentre gli uomini moriranno per la paura e per l’attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra. Le potenze dei cieli infatti saranno sconvolte. Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire su una nube con grande potenza e gloria. Quando cominceranno ad accadere queste cose, risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina».


Il commento


Ci aspettano “giorni di vendetta” dove esploderà l’ "ira” di Dio, che in ebraico indica anche lo zelo e la gelosia, l'amore ardente di Dio che non può rassegnarsi nel vedere i suoi figli incapaci di accogliere il Messia, perduti a inseguire idoli falsi e vani. Tutto ciò che Gesù profetizza e accadrà è il segno della sua misericordia che offre sino all'ultimo, in mille modi diversi, anche attraverso le drammatiche conseguenze dei peccati, l'occasione per riconoscere nel suo Figlio il Messia. Se proprio Gerusalemme, il luogo che Dio ha scelto per sua dimora, con il suo Tempio e le sue liturgie è incapace di accogliere il Signore, essa “sarà calpestata dai pagani finché i tempi dei pagani siano compiuti” e il "Popolo", purificato nell' "ira" ardente d'amore, saprà finalmente riconoscere il Messia. Allo stesso modo, se li abbiamo convertiti in idoli che ci impediscono di aprirci a Cristo, anche i luoghi che ci sono più cari e familiari, persino quelli che Dio aveva benedetto per incontrarsi con noi, saranno ridotti ad un cumulo di macerie “perché tutto ciò che il Padre ha scritto di noi si compia”, e ci convertiamo alla sua volontà. Per questo, quando in famiglia, sul lavoro, nella stessa nostra povera Chiesa, accadranno “tutte queste cose”, sarà importante comprendere l'urgenza del momento favorevole; “quando sono scosse le fondamenta” della vita, imitando il “giusto” del salmo che sa riconoscere la visita del Signore e per questo “fugge come un passero verso il monte”, siamo chiamati anche noi a non indugiare nella conversione, e non “tornare nella città” per rimettere insieme i cocci degli errori passati e salvare il salvabile. “In quei momenti”, infatti, prorompe la voce del Signore che ci ordina di “risuscitare”, secondo l’originale greco tradotto con “alzate gli occhi" e "sollevate il capo". La passione di Cristo per ogni uomo, che precede sempre e di nuovo la risurrezione, viene a salvarci “sconvolgendo” addirittura il corso della natura con "segni nel sole, nella luna e nelle stelle", e verga amori, lavoro, studio con le stigmate del suo amore. Se si ode oggi nella nostra vita “il fragore del mare e dei flutti”, è il segno che Gesù viene a purificarci “sulla nube” della sua shekinà ; con la “Gloria e la Potenza” della Croce gloriosa viene per “condurre prigioniero” il nostro uomo vecchio e farlo “cadere a fil di spada”: dalle ceneri della carne Egli saprà trarre un cuore capace di amare davvero. 


Così, mentre “gli uomini muoiono di paura” di fronte ai cataclismi, alle crisi economiche, alle malattie, alle conseguenze del peccato che ha voluto cancellare Dio, noi restiamo saldi nel suo amore. Dove il mondo vede morte e “calamità”, gli occhi dei cristiani sanno riconoscere la passione di Cristo nella passione del mondo. "Guarderanno a Colui che hanno trafitto": nella distruzione del mondo riconoscono impresse le piaghe di Gesù. Siamo le su avanguardie tra le macerie della società, i segni della sua gloriosa potenza: proprio dove tutto cade, il Signore ci “solleva” in una vita nuova. La missione profetica della Chiesa è sperare laddove tutti disperano, puntando il cielo mentre vi è “sulla terra angoscia di popoli in ansia”. Il sostantivo "synochē", tradotto con "angoscia", significa letteralmente "costrizione", e nella versione greca della Bibbia è usato a proposito di un "assedio". L'"aporia", tradotto con "ansia", rimanda a un passaggio impraticabile, una strada senza uscita: "l'aporia è la difficoltà irrisolvibile, l' impasse logica … nella quale la realtà che si mostra nell'esperienza entra in conflitto con la realtà mostrata dalla logica" (Dizionario filosofico). Quante volte la logica dei nostri ragionamenti entra in conflitto con l'evidenza amara della realtà! E così nel mondo, dove la logica di teorie politiche e sistemi ideologici non regge l'urto con il peccato che "costringe" la storia in un "assedio" mortale. Nell’aporia della vita siamo chiamati ad “alzare la testa” per mostrare ad ogni uomo la Verità che supera ogni contraddizione, perché tutte le assume nell'unica logica possibile, quella dell'amore che pone fine al male prendendolo su di sé per bruciarlo nell' "ira" di un cuore ardente di gelosia.



APPROFONDIMENTI



Giuseppe Ricciotti. La distruzione di Gerusalemme dell’anno 70

J. Ratzinger – Benedetto XVI. Profezia e apocalisse nel discorso escatologico

Mappa ragionata della Distruzione di Gerusalemme

Il verbo sollevare ricorda la donna ricurva riconsegnata da Gesù alla sua dignità

mercoledì 28 novembre 2012

Dal Il Vangelo del giorno di oggi "Ma nemmeno un capello del vostro capo perirà. Con la vostra perseveranza salverete le vostre anime”


Mercoledì della XXXIV^ settimana del Tempo  Ordinario



La perseveranza è il vigore delle forze, 
la consumazione della virtù, 
la nutrice dei meriti, 
la mediatrice delle ricompense, 
la sorella della pazienza, 
la figlia della costanza, 
l'amica della pace, 
il nodo della carità, 
il legame dell'unanimità, 
la cittadella della santità. 
Togliete la perseveranza, 
e l'obbedienza non ritrae più premio, 
il beneficio perde la sua grazia, 
il coraggio non merita più lode. 
Solo alla perseveranza si concede l'eternità, 
meglio, è essa che restituisce l'uomo all'eternità, dicendo il Signore: 
Chi persevera fino alla fine, sarà salvo.
San Bernardo

Lc 21,12-19
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e a governatori, a causa del mio nome. Questo vi darà occasione di render testimonianza. Mettetevi bene in mente di non preparare prima la vostra difesa; io vi darò lingua e sapienza, a cui tutti i vostri avversari non potranno resistere, né controbattere. Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e metteranno a morte alcuni di voi; sarete odiati da tutti per causa del mio nome. Ma nemmeno un capello del vostro capo perirà. Con la vostra perseveranza salverete le vostre anime”.
Il commento

La "perseveranza" è la chiave che apre la nostra vita al suo compimento che "salva le nostre anime". Essa è una "virtù infusa" per mezzo della Grazia santificante, e ci viene data attraverso un cammino di conversione lungo e severo; il termine “perseverare” deriva infatti dal latino per - a lungo - e severus - rigoroso. Come ci ricorda la Lettera agli Ebrei siamo chiamati a lanciarci "con perseveranza nella corsa che ci sta davanti, tenendo fisso lo sguardo su Gesù, autore e perfezionatore della fede" (Eb. 12, 1-2). Con la perseveranza si rivela l’amore autentico per Cristo, al di là del sentimentalismo, che fissa gli occhi del cuore e della mente su di Lui, come un atleta fissa il traguardo, anche se ancora non lo vede. Quando nella vita viene a mancare lo scopo, il “telos” - il compimento - tutto diviene pesante, svuotato di senso e l’amore mostra la sua inconsistenza. La vita di un cristiano, invece, è sempre in un “agôna”, la lotta nella quale tiene fisso lo sguardo su Gesù intercettandolo in tutto e in tutti. Il traguardo di ogni mia parola, pensiero o gesto è Cristo, è l'affermazione di Lui in chi mi è di fronte, come anche in tutto quello che faccio. Se fisso Cristo nella fidanzata, persevero nell'amore, perché non mi perdo in quello che, in lei, non c'entra con Lui; e così posso portare il peso dell'”odio” di quella parte dell'altro e di me che non c'entra nulla con il Signore. Non dovrò preoccuparmi perché lo Spirito Santo provvederà a tutto, a parole e atteggiamenti colmi della sapienza della Croce, capaci di resistere ai sofismi della carne. E' Lui che ci fa stare saldi nella castità, nella verità che rifugge l'ipocrisia, nella sobrietà e nella purezza. E' Lui che persevera in noi, attestandoci che “nessun capello del nostro capo perirà” accompagnandoci in un combattimento intriso d'amore, per non anteporre nulla a Lui, assolutamente.
Contro questo amore assoluto si scatena l'odio, perché “chi è amico del mondo è nemico di Dio”. La perseveranza ci rende oggetto di odio da ciò che il nostro amore non abbraccia. L'amicizia di Dio che ci ha raggiunti e coinvolti in un cammino di conversione al Vero, al Bello, al Buono, sovverte le gerarchie delle priorità. Chiaro che “tutti” si ribellino e ci “odino”; è naturale che ci “tradisca” chi si sente da noi tradito, le persone più care legate a noi dal sangue che devono essere purificati per rinascere nel sangue di Cristo, l’unico vincolo che non si corrompe. Dobbiamo però “metterci bene in testa di non preparare alcuna difesa” perché proprio l’odio che ci conduce ogni giorno ai “tribunali” e alle “prigioni” disseminati ovunque, dove siamo giudicati rifiutati e rinchiusi, rivela come tutta la nostra vita sia una magnifica “occasione”, uno specchio dove l'amore di Dio ha scelto di rifrangersi per la salvezza d'ogni uomo. E’ “necessario” essere “trascinati davanti a re e a governatori” perché in noi sia consegnato Cristo a ogni uomo. E’ “a causa del suo nome” che siamo posti sul candelabro come un segno di contraddizione, odiati perchè il mondo sia salvato. La nostra vita è la carne di Cristo offerta a tutti con amore infinito; come Santo Stefano, pervaso da una “lingua e una sapienza, a cui tutti i suoi avversari non potevano resistere, né controbattere” siamo chiamati a “tenere lo sguardo fisso su Cristo”; così il nostro volto risplenderà “come quello di un angelo”, testimone dell'amore celeste nel quale donarci e perdonare quanti ci odiano perché “non sanno quello che fanno”.

martedì 27 novembre 2012

Da IL VANGELO DEL GIORNO di oggi “Guardate di non lasciarvi ingannare. Molti verranno sotto il mio nome dicendo: ‘‘Sono io’’


Martedì della XXXIV^ settimana del Tempo Ordinario



Si abbeveravano le greggi,
cioè da lì si attingeva lo Spirito Santo.
E la pietra era grande, era la gioia della Presa d'acqua.
E chi non conosce la gioia della Presa d'acqua 
non conosce la gioia dello Spirito Santo.
Si rimetteva la pietra fino alla festa successiva.
E quando non la si rimetterà più
sarà la festa di Sukkot dei tempi messianici.
Midrash Tanaim 94

Lc 21,5-11
In quel tempo, mentre alcuni parlavano del tempio e delle belle pietre e dei doni votivi che lo adornavano, Gesù disse: “Verranno giorni in cui, di tutto quello che ammirate, non resterà pietra su pietra che non venga distrutta”. Gli domandarono: “Maestro, quando accadrà questo e quale sarà il segno che ciò sta per compiersi?”. Rispose: “Guardate di non lasciarvi ingannare. Molti verranno sotto il mio nome dicendo: ‘‘Sono io’’ e: ‘‘Il tempo è prossimo’’; non seguiteli. Quando sentirete parlare di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate. Devono infatti accadere prima queste cose, ma non sarà subito la fine”. Poi disse loro: “Si solleverà popolo contro popolo e regno contro regno, e vi saranno di luogo in luogo terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandi dal cielo”.
Il commento
Ciò che distingue i cristiani è il discernimento, lo sguardo celeste sul mondo e la storia, quella registrata sui libri come quella scritta sulle pagine della propria vita. Discernere è saper leggere i segni dei tempi con “attenzione” per “non lasciarsi ingannare” dal pensiero del mondo che, infiltrandosi spesso anche nella Chiesa, pretende di parlare “nel nome” del Signore; esso legge il “tempo” che viviamo come “prossimo” a chissà quali “rivoluzioni” morali e “guerre” culturali, destinate ad inaugurare un mondo nuovo di pace e tolleranza. “Noi, invece, abbiamo un’altra misura: il Figlio di Dio, il vero uomo”, ammoniva l’allora Card. Ratzinger. Chi è stato riscattato dal Signore e vive ormai “crocifisso con Lui” è entrato nella “libertà dei figli di Dio che credono insieme nel Corpo di Cristo, e vedono così la realtà, e sono capaci di rispondere alle sfide del nostro tempo” (Benedetto XVI). Per questo non siamo “terrorizzati” davanti alla storia, e non ci lasciamo “prendere dal panico” per “seguire” la menzogna dei falsi profeti. Sappiamo, per esperienza, di vivere nel “prima” dove Dio parla e agisce con i “segni” della Croce che, come un aratro, dissoda il terreno della storia perché vi sia seminata la salvezza. In essa il Signore ci abbraccia e ci “inchioda” alla “sua amicizia che ci apre a tutto ciò che è buono e ci dona il criterio per discerneretra vero e falso, tra inganno e verità” (Benedetto XVI), nella certezza che in ogni secondo è racchiuso il destino dell'umanità. 
Nella vita dell’unico “Io sono” - il nome con cui Gesù si rivela come Dio - vi è una linea rossa che, con “segni” concreti gli rivela la “necessità” di “visitare” ogni Zaccheo “perduto”, perché la “salvezza entri nella casa” di tutti. Per questo “è necessario che accadano” gli sconvolgimenti nella vita degli uomini: i “terremoti, le carestie e le pestilenze” sono certo i frutti del peccato, ma Dio non vi si oppone proprio perché ci ama e vuole svegliarci. Il male “deve” emergere “di luogo in luogo”, come il pus da una ferita, perché possa incontrare ancora e sempre il Medico che lo assuma trasformandolo in misericordia. Nelle “sollevazioni di popoli e regni” gli uni contro gli altri, appare la divisione seminata dal demonio, il peccato che ha reso nemici Adamo ed Eva, e poi, come un fiume in piena, tutti i loro figli da Caino e Abele per ogni generazione, sino a “distruggere” il vero Tempio, il corpo benedetto del Signore. Il rumore sordo delle “pietre” che cadono le une sopra le altre, annuncia infatti il mistero Pasquale di Gesù che “distrugge” ogni “spelonca di ladri”, esteriormente “bella” e degna di “ammirazione”, ma “piena di rapina e iniquità” al suo interno. Quelle pietre ci ricordano la pietra grande deposta sul pozzo di Sichem, che impediva a Rachele di far abbeverare il suo gregge, pesante come quella che serrava il sepolcro del Signore. Un midrash ci racconta che "una rugiada di risurrezione discese dai cieli su Giacobbe rendendolo coraggioso e forte. Grazie a questa potenzarotolò la pietra dalla bocca del pozzo, e le acque salirono dalle profondità, traboccarono e inondarono. I pastori stavano in piedi, stupefatti, perché non era più necessario il secchio per attingere". Con la stessa potenza il Signore è risorto dal sepolcro facendone rotolare via la pietra. Per questo, i cumuli di pietre in cui si riducono le opere delle mani dell’uomo sono i “segni” che decretano la “fine” di ogni sapienza della carne perché "non sia più necessaria per attingere scampoli di felicità"; ma annunciano contemporaneamente il fine della vita di ogni uomo, la vita eterna conquistataci da Cristo. Dietro ad ogni “fatto terrificante” e ai “segni grandi dal cielo” che sconvolgono la storia e la nostra vita, vi è il Signore "forte e coraggioso" che sta rovesciando di nuovo la pietra che ci tiene prigionieri nella tomba, per aprire un varco affinché la sua vittoria sulla morte giunga sino a noi come acqua che "trabocca" di vita. E’ Lui che, a tutti noi assetati d’amore e verità, attraverso la forza dei fatti che per il mondo significano solo distruzione, rivela il potere del suo amore che dischiude, come fece Giacobbe innamorato di Rachele, il pozzo dove “dissetarci con gioia dell’acqua viva dello Spirito Santo che zampilla sino alla vita eterna”.


APPROFONDIMENTI

Giuseppe Flavio. Descrizione del Tempio e delle sue pietre



Card. Joseph Ratzinger. Cristo è la "misura" del discernimento








Martedì della XXXIV settimana del Tempo Ordinario (1)


Lc 21,5-11

In quel tempo, mentre alcuni parlavano del tempio e delle belle pietre e dei doni votivi che lo adornavano, Gesù disse: “Verranno giorni in cui, di tutto quello che ammirate, non resterà pietra su pietra che non venga distrutta”.
Gli domandarono: “Maestro, quando accadrà questo e quale sarà il segno che ciò sta per compiersi?”.
Rispose: “Guardate di non lasciarvi ingannare. Molti verranno sotto il mio nome dicendo: ‘‘Sono io’’ e: ‘‘Il tempo è prossimo’’; non seguiteli. Quando sentirete parlare di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate. Devono infatti accadere prima queste cose, ma non sarà subito la fine”.
Poi disse loro: “Si solleverà popolo contro popolo e regno contro regno, e vi saranno di luogo in luogo terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandi dal cielo”.


IL COMMENTO

Ci stiamo avviando ormai al tempo di Avvento ed il Vangelo oggi ci parla del discernimento. Ciò che distingue i cristiani è avere discernimento, ovvero uno sguardo celeste sul mondo. Saper leggere i segni dei tempi e non restare imbrigliati nei fatti della storia, sia quella che andrà a finire nei libri, sia quella che invece resterà per sempre racchiusa nel perimetro della nostra semplice e "apparentemente" marginale esistenza. Non lasciarsi inghiottire dal fluire spesso burrascoso degli eventi lasciando che la "vulgata" popolare, il "pensiero unico dominante", ci imbavagli mente, occhi e cuore, imponendoci le "ovvie" e assolutamente "corrette" conclusioni e interpretazioni.

Vi è una chiave che "apre" all'intelligenza delle cose, ed è lo Spirito Santo. E' lo Spirito che attesta a San Paolo che in ogni città lo attendono le catene, la sofferenza e infine il martirio. E' lo stesso Spirito che illumina il Signore sul Suo cammino, che lo dirige e lo educa a poco a poco nella coscienza che c'è un "dover" andare a Gerusalemme, un "dover" essere riprovato, tradito e condannato. E' lo Spirito che sigilla nel cuore e nella mente del Signore la certezza dell'importanza assoluta e decisiva della Croce che lo attende, della tomba già preparata. Ed è lo Spirito che attesta al cuore di Gesù e della Vergine Maria l'unicità della Risurrezione, che nessuno capirà sino a che non ne sarà coinvolto personalmente per mezzo dello stesso Spirito.

Vi è come una linea di "dovere" nella vita del Signore, come nella storia di ciascun uomo, di ciascun popolo. Ed essa corre diritta verso la Croce e la Risurrezione, perchè la storia reca in sé il seme del Mistero Pasquale del Signore. Satana non la pensa così, non ha il "pensiero" di Cristo, lo Spirito di Dio. Anche se a parlare e a sbraitare contro la Croce è Pietro: a lui Gesù griderà di retrocedere e di porsi alla sua sequela piuttosto di tentare di guidarne il cammino, perchè ogni pensiero contrario alla Croce è di satana. Ed è un criterio fondamentale in me, come dentro i grandi eventi del mondo. Questa è la chiave, l'unica, capace di svelare il mistero della storia. In Medio Oriente come in Italia, in Giappone come in Spagna, nel mio ufficio, nella mia famiglia, nel mio intimo: la Croce gloriosa del Signore.

Vi è una fine che non è il fine che aspetta ogni cosa, ed è la fine che dischiude la vita celeste. In ogni evento, in ogni persona è inscritto il Mistero Pasquale del Signore, perchè tutto è stato creato in Lui e per mezzo di Lui, e nulla sussiste se non in Lui. Rinunciare a Lui, allontanarsi dal Signore, è condannarsi alla totale cecità, a non vedere, non capire nulla della storia e delle persone. Con le conseguenze più drammatiche.

Le parole di Gesù oggi ci chiamano alla vigilanza. A non seguire nessuno che non sia Lui. Chiunque ci consiglia di scappare dalla croce, dalla storia concreta che ci è data, nasconde la presenza del demonio. Ci troviamo già nel combattimento decisivo. I segni sono davanti ai nostri occhi. Ma non è ancora la fine! Siamo figli della luce, sappiamo che il demonio è il principe di questo mondo, e i suoi figli sono in guerra con il Signore. Ogni certezza umana, comprese quelle religiose, sono destinate alla distruzione. Anche il Tempio, con ogni sua ricchezza. Per questo Gesù ci ha annunciato che il Padre cerca adoratori in Spirito e Verità. La Chiesa è molto più degli edifici, anche di quelli magnifici che esprimono la fede di una generazione. La bellezza di una cattedrale gotica, o di un'icona del XIV secolo è nulla in confronto ad un cristiano che offre la sua vita per il nemico. La bellezza che salverà il mondo brilla sul volto del Servo di Yahwè, incarnato nella sua Chiesa pellegrina nella storia. 

La chiesa è la comunione tra i fratelli, l'amore celeste che li unisce. Fratelli che si perdonano, che ricominciano ogni giorno in virtù della risurrezione del Signore: è questo il Tempio non costruito da mani di uomo, il corpo vivo di Cristo nella storia. Ammirarlo apre alla salvezza. Le chiese e l'arte hanno sempre espresso questo contenuto d'amore. Quandonl'ammirazione si ferma alle pietre è vana. Se costruiamo templi perchè siano ammirati li vedremmo ridotti un cumulo di pietre. Il ministero presbiterale, il matrimoni, lo studio, il lavoro, vissute in Cristo sono ope d'arte che mostrano il voto di Dio. Edificati per noi stessi, per vanagloria, si corrompono. Perchè tutto ciò che non è edificato sulla Pietra scartata dai costruttori esprime il vuoto, per quanto esteticamente bello possa apparire. La sessualità ad esempio, se non esprime il contenuto di un amore fatto dono totale, è un tempio costruito per essere distrutto. Non resterà nulla di quell'amplessoche non sorge dall'amore autentico, sigillato dal sacramento, che fa dei due una carne sola. Laddove non vi è l'offerta di se stessi, nella mente e nel cuore prima ancora che nel corpo, nella conseguente apertura alla vita che Dio potrebbe donare, l'unione sessuale resta come un bel Tempio edificato per adorare se stessi. E non resterà nulla perchè Dio distruggerà chi distrugge il suo Tempio che Cristo vivo in ogni uomo. 

Ma il Signore anche oggi passa nella nostra vita, Lui il vero Tempio già ricostruito che cerca ciascuno di noi, anche nella nostra cecità, per ridonarci la vista, e con essa la vita. La vita in Lui dentro la storia di ogni giorno. La certezza che, come diceva San Francesco, è "morendo che si resuscita a vita nuova", con uno sguardo pieno di benedizione sul passato, di stupore sul presente, di speranza sul futuro. "Deve" morire il chicco per non restar solo, "devono" accadere tanti fatti "crocifissi" nella nostra vita, ma la speranza non delude, perchè il Suo amore è stato riversato nei nostri cuori.



Martedì della XXXIV settimana del Tempo Ordinario








Lc 21,5-11 

In quel tempo, mentre alcuni parlavano del tempio e delle belle pietre e dei doni votivi che lo adornavano, Gesù disse: “Verranno giorni in cui, di tutto quello che ammirate, non resterà pietra su pietra che non venga distrutta”.
Gli domandarono: “Maestro, quando accadrà questo e quale sarà il segno che ciò sta per compiersi?”.
Rispose: “Guardate di non lasciarvi ingannare. Molti verranno sotto il mio nome dicendo: ‘‘Sono io’’ e: ‘‘Il tempo è prossimo’’; non seguiteli. Quando sentirete parlare di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate. Devono infatti accadere prima queste cose, ma non sarà subito la fine”.
Poi disse loro: “Si solleverà popolo contro popolo e regno contro regno, e vi saranno di luogo in luogo terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandi dal cielo”.


IL COMMENTO

Ci stiamo avviando ormai al tempo di Avvento ed il Vangelo oggi ci parla del discernimento. Ciò che distingue i cristiani è avere discrnimento, ovvero uno sguardo celeste sul mondo. Saper leggere i segni dei tempi e non restare imbrigliati nei fatti della storia, sia quella che andrà a finire nei libri, sia quella che invece resterà per sempre racchiusa nel perimetro della nostra semplice e "apparentemente" marginale esistenza. Non lasciarsi inghiottire dal fluire spesso burrascoso degli eventi lasciando che la "vulgata" popolare, il "pensiero unico dominante" ci imbavagli mente, occhi e cuore imponendoci le "ovvie" e assolutamente "corrette" conclusioni e interpretazioni. Anche qui, sia per la storia che irrompe nei telegiornali, sia per quella che forse solo noi registriamo nel giornale segreto della nostra memoria.

Vi è una chiave che "apre" all'intelligenza delle cose, ed è lo Spirito Santo. E' lo Spirito che attesta a San Paolo che in ogni città lo attendono le catene, la sofferenza e infine il martirio. E' lo stesso Spirito che illumina il Signore sul Suo cammino, che lo dirige e lo educa a poco a poco nella coscienza che c'è un "dover" andare a Gerusalemme, un "dover" essere riprovato, tradito e condannato. E' lo Spirito che sigilla nel cuore e nella mente del Signore la certezza dell'importanza assoluta e decisiva della Croce che lo attende, della tomba già preparata. Ed è lo Spirito che attesta al cuore di Gesù e della Vergine Maria l'unicità della Risurrezione, che nessuno capirà sino a che non ne sarà coinvolto personalmente per mezzo dello stesso Spirito.

Vi è come una linea di "dovere" nella vita del Signore, come nella storia di ciascun uomo, di ciascun popolo. Ed essa corre diritta verso la Croce e la Risurrezione, perchè la storia reca in sé il seme del Mistero Pasquale del Signore. Satana non la pensa così, non ha il "pensiero" di Cristo, lo Spirito di Dio: Anche se a parlare e a sbraitare contro la Croce è Pietro: a lui Gesù griderà di retrocedere e di porsi alla sua sequela piuttosto di tentare di guidarne il cammino, perchè ogni pensiero contrario alla Croce è di satana. Ed è un criterio fondamentale in me, come dentro i grandi eventi del mondo. Questa è la chiave, l'unica, capace di svelare il mistero della storia. In Irak come in Italia, in Giappone come in Spagna, nel mio ufficio, nella mia famiglia, nel mio intimo: la Croce gloriosa dell Signore.

Vi è una fine che non è il fine che aspetta ogni cosa, ed è la fine che dischiude la vita celeste. In ogni evento, in ogni persona è inscritto il Mistero Pasquale del Signore, perchè tutto è stato creato in Lui e per mezzo di Lui, e nulla sussiste se non in Lui. Rinunciare a Lui, allontanarsi dal Signore, è condannarsi alla totale cecità, a non vedere, non capire nulla della storia e delle persone. Con le conseguenze più drammatiche.

Ma il Signore anche oggi passa nella nostra vita, Lui il vero Tempio già ricostruito che cerca ciascuno di noi, anche nella nostra cecità per ridonarci la vista e con essa la vita. La vita in Lui dentro la storia di ogni giorno. La certezza che, come diceva San Francesco, è "morendo che si resuscita a vita nuova", con uno sguardo pieno di benedizione sul passato, di stupore sul presente, di speranza sul futuro. "Deve" morire il chicco per non restar solo, "devono" accadere tanti fatti "crocifissi" nella nostra vita, ma la speranza non delude, perchè il Suo amore è stato riversato nei nostri cuori.




Evangelio según San Lucas 21,5-11.

Y como algunos, hablando del Templo, decían que estaba adornado con hermosas piedras y ofrendas votivas, Jesús dijo:
"De todo lo que ustedes contemplan, un día no quedará piedra sobre piedra: todo será destruido".
Ellos le preguntaron: "Maestro, ¿cuándo tendrá lugar esto, y cuál será la señal de que va a suceder?".
Jesús respondió: "Tengan cuidado, no se dejen engañar, porque muchos se presentarán en mi Nombre, diciendo: 'Soy yo', y también: 'El tiempo está cerca'. No los sigan.
Cuando oigan hablar de guerras y revoluciones no se alarmen; es necesario que esto ocurra antes, pero no llegará tan pronto el fin".
Después les dijo: "Se levantará nación contra nación y reino contra reino.
Habrá grandes terremotos; peste y hambre en muchas partes; se verán también fenómenos aterradores y grandes señales en el cielo.


COMENTARIO

Ya estamos cerca del tiempo de Adviento y al Evangelio nos habla hoy del discernimiento. Lo que distingue a los cristianos es tener discernimento, una mirada celeste sobre el mundo. Saber leer las señales de los tiempos y no quedarses embridado en los hechos de la historia, sea aquella que irá a acabar en los libros, sea la que quedará para siempre encerrada en el perímetro de la nuestra simple y "aparentemente" marginal existencia. No dejarse tragar del fluir a menudo borrascoso de los acontecimientos, dejando que el "pensamiento único dominante" no nos amordaze mente, ojos y corazón imponiéndonos las "obvias" y absolutamente "correctas" conclusiones e interpretaciones. Y eso es valido sea por la historia que irrumpe en los telediarios, sea por aquella que quizás sólo nosotros registramos en el diario abscondido de nuestra memoria.

Hay una llave que "abre" a la inteligencia de las cosas, y es el Espíritu Santo. Es el Espíritu que le certifica a San Paolo que en cada ciudad lo esperan las cadenas, el sufrimiento y por fin el martirio. Es el mismo Espíritu que ilumina al Señor sobre Su camino, que lo dirige y lo educa poco a poco en la conciencia que hay un "deber" ir a Jerusalén, un "deber" ser encarcelado, traicionado y condenado. Es el Espíritu que sella en el corazón y en la mente del Señor la certeza de la importancia absoluta y decisiva de la Cruz que lo espera, de la tumba ya lista. Y es el Espíritu que testifica al corazón de Jesús y de la Virgen Maria la unicidad de la Resurrección, que nadie entenderá hasta a que no será implicado personalmente en ella a través del mismo Espíritu.

Hay como una línea de "deber" en la vida del Dios, como en la historia de cada hombre, de cada pueblo. Y ella corre recta hacia la Cruz y la Resurrección, porque la historia lleva en si la semilla del Misterio Pascual del Señor. Satanás no la vee así, no tiene el "pensamiento" de Cristo, el Espíritu de Dios. Aunque a hablar y a vocear contra la Cruz sea Pedro: a él Jesús pedirá de volver a tras y ponerse a su secuela, porque cada pensamiento contrario a la Cruz es de satanas. Y eso es un criterio fundamental en mí, como dentro de los grandes acontecimientos del mundo. Ésta es la llave, la única, capaz de desvelar el misterio de la historia. En Irak como en Italia, en Japón como en España, en mi despacho, en mi familia, en mi íntimo: la Cruz gloriosa del Señor.

Hay un fin que no es el fin que espera cada cosa, y es el fin que abre a la vida celeste. En cualquier evento, en cada persona està inscrito el Misterio Pascual del Señor, porque todo ha sido creado en Él y a través de Él, y nada existe si no en Él. Renunciar al Señor y a su Misterio, alejarse de su amor que ilumina la vida, es condenarse a la total ceguera, a no ver, no entender nada de la historia y de las personas. Con las consecuencias más dramáticas.

Pero también hoy el Señor pasa en nuestra vida. Él, el verdadero Templo ya reconstruido que busca cada uno de nosotros, también en nuestra ceguera, para devolvernos la vista y con ella la vida. La vida en Él dentro de la historia de cada día. La certeza que, como dijo San Francisco, es "muriendo que se resucita a vida nueva". el Señor nos hace hoy una promesa unica, la de vivir con una mirada llena de bendición sobre el pasado, de estupor sobre el presente, de esperanza sobre el futuro. "Tiene que" morir el grano por no quedarse solo, "deben" ocurrir muchos hechos "crucifijados" en nuestra vida, pero la esperanza no decepciona, porque Su amor ha sido derramado en nuestros corazones.




San Cirillo di Gerusalemme (313-350), vescovo di Gerusalemme, dottore della Chiesa
Catechesi, 15
« Segni grandi dal cielo »
«Il Signore verrà dal cielo sulle nubi, come vi è salito sulle nubi» (At 1,9). Lo disse egli stesso: «Vedranno il Figlio dell'uomo venire sulle nubi del cielo con potenza e gloria grande» (Mt 24,30). Ma quale segno della venuta del Signore sarà tale da impedire alla tracotanza della potenza avversa di scimmiottarlo? La croce, vero e proprio distinvo del Cristo. Secondo sta scritto, «allora apparirà il segno del Figlio dell'uomo» (Mt 24,30). Il segno distintivo del Cristo è veramente la croce. Il segno di una croce luminosa precederà il Re, perché riconoscano chi hanno crocifisso, insidiato e angariato, e tutte le tribù battendosi il petto dicano: «Ecco chi abbiamo schiaffeggiato, quel volto che abbiamo coperto di sputi, colui che abbiamo legato e oltraggiato fino a infliggergli l'ignominia della croce». Diranno: «Dove avremo scampo davanti alla tua ira?» (Ap 6,16). «Anche se avessimo a difesa schiere di angeli, non sapremmo dove trovare rifugio dal tuo cospetto».

Il segno della croce terrorizzerà i nemici di Cristo! Sarà invece fonte di gioia per i credenti suoi amici e araldi che per lui avranno patito. Ma a chi toccherà allora questa beatitudine di essere trovato amico di Cristo? Perché i suoi eletti non vadano confusi con i suoi nemici, infatti, il re glorioso assiso sullo stesso trono del Padre tra schiere di angeli no trascurerà i suoi servi: «Manderà i suoi angeli con una grande tromba a radunare tutti i suoi eletti dai quattro venti» (Mt 24,31). Colui che non disdegnò di prendersi cura di un solo giusto, Lot, potrà disinteressarsi di tanti giusti? Li farà chiamare a raccolta dagli angeli e fattili venire su carri di nubi, dirà loro: «Venite, benedetti dal Padre mio» (Mt 25,34)


San Cirilo de Jerusalén (315-350), obispo de Jerusalén y doctor de la Iglesia
Catequesis bautismales, nº 15
«El cielo y la tierra pasarán, pero mis palabras no pasarán» (Mt 24,35)
Nuestro Señor Jesucristo vendrá de los cielos y vendrá hacia el fin del mundo, en el último día; porque este mundo tendrá un fin, y el mundo creado será renovado. Puesto que, efectivamente, la corrupción, el robo, el adulterio y las faltas de toda clase han llegado a toda la tierra y «la sangre sucede a la sangre derramada en todo el mundo» (Os 4,2), y para que esa admirable morada no quede llena de injusticia, ese mundo pasará y se inaugurará uno más bello...

Escucha lo que dice Isaías: «Se enrollan como un libro los cielos, y todo su ejército palidece como palidece el sarmiento de la cepa, como una hoja mustia de higuera» (Is 34,4). También el Evangelio dice: «El sol se oscurecerá, la luna no dará su resplandor, las estrellas caerán del cielo» (Mt 24,29). No nos aflijamos como si sólo tuviéramos que morir nosotros: también las estrellas morirán, pero quizás resucitarán. El Señor enrollará los cielos, no para destruirlos, sino para resucitarlos aún más bellos. Escucha como habla el profeta David: «Al principio cimentaste la tierra, y el cielo es obra de tus manos: ellos perecerán, pero tú permaneces... Serán como un vestido que se muda (Sl 101, 26-28)... Escucha lo que también dice el Señor: «El cielo y la tierra pasarán, pero mis palabras no pasarán» (Mt 24,35); es que el peso de las cosas creadas no se puede igualar con las palabras de sus Señor.