Santa Maria,

Santa Maria,
...donna del primo sguardo, donaci la grazia dello stupore.

domenica 4 novembre 2012

Da Il Vangelo del Giorno di domani ...


Lunedì della XXXI settimana del Tempo Ordinario




Quando l’uomo si colloca davanti a Dio in umiltà, 

allora, come per uno straordinario paradosso, Dio lo esalta. 
Dio si china verso la sua bassezza per elevarlo fino a sé; 
gli dona se stesso in eredità; 
lo chiama al possesso dei beni più grandi, 
lo rende partecipe della sua vita, dei suoi doni, 
delle realtà eterne che sono le sole che rendono grande l’uomo.

Giovanni Paolo II


Dal Vangelo secondo Luca 14,12-14.


In quel tempo, Gesù disse al capo dei farisei che l’aveva invitato: “Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici, né i tuoi fratelli, né i tuoi parenti, né i ricchi vicini, perché anch’essi non ti invitino a loro volta e tu abbia il contraccambio. Al contrario, quando dai un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti”. 

Il commento

Ogni relazione, precaria nella friabilità degli affetti e instabile sotto la dittatura degli umori, nasce ferita da un’assenza. Nessuno può «dare in cambio» la «ricompensa» che l’altro desidera. Invece ci ostiniamo a chiedere agli altri di saziare i nostri vuoti. Quando invitiamo «amici, fratelli e parenti» ai nostri «banchetti» e sembriamo aprirci alle loro necessità, in realtà «offriamo» sofisticati menù a base di compromessi e ipocrisia; pensieri, parole e gesti come lacci tesi perché ci «invitino a loro volta» nell’intimità. Facciamo dipendere la nostra identità dall’esile filo che ci lega al «contraccambio» degli sforzi profusi per contare qualcosa nel cuore degli altri. Così, ad esempio, diluiamo i «no» che dovremmo dire ai figli e gli permettiamo vestiti e orari inaccettabili, discoteche sature di droga e sesso, vacanze promiscue, gadget costosissimi: li tempestiamo di «inviti» al dialogo per non perdere l'affetto e non dover sopportare ribellione e rifiuto.

Siamo tutti «poveri, storpi, zoppi e ciechi». Abbiamo bisogno di gustare le primizie della «ricompensa» celeste, la vita e l’amore più forti della morte capaci di liberarci dalla paura e dall’esigenza. Il compimento di ogni vita è in Cielo, inutile e dannoso sperare di cambiare i rapporti per perfezionarli qui sulla terra, mentre proprio la precarietà ci impedisce di appropriarcene aprendoci alla beatitudine. Lavorare, studiare, cucinare, lavare e stendere, fare qualunque cosa aspettando o esigendo una ricompensa è inutile e dannoso, perché ci schiaccia sulla carne e ci impedisce di sperare il Cielo. «Beato», invece, è colui che «invita» il prossimo accogliendolo proprio quando non ha nulla per «contraccambiare» perché è allora che il Signore provvede con più generosità. Ogni rapporto è un cantiere aperto al dono di Dio; l’unico modo per vivere in pienezza il matrimonio, la famiglia, l’amicizia e il fidanzamento è accogliere insieme l’«invito» del Signore alla sua mensa e lasciarsi sfamare ogni istante dai frutti fecondi della sua «risurrezione».

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Lunedì della XXXI settimana del Tempo Ordinario (1)




Signore, fa di me
uno strumento della Tua Pace:
Dove è odio, fa ch'io porti l'Amore,
Dove è offesa, ch'io porti il Perdono,
Dove è discordia, ch'io porti l'Unione,
Dove è dubbio, ch'io porti la Fede,
Dove è errore, ch'io porti la Verità,
Dove è disperazione, ch'io porti la Speranza,
Dove è tristezza, ch'io porti la Gioia,
Dove sono le tenebre, ch'io porti la Luce.
Maestro, fa che io non cerchi tanto
Ad esser consolato, quanto a consolare;
Ad essere compreso, quanto a comprendere;
Ad essere amato, quanto ad amare.
Poiché, così è:
Dando, che si riceve;
Perdonando, che si è perdonati;
Morendo, che si risuscita a Vita Eterna.

San Francesco



Dal Vangelo secondo Luca 14,12-14.

In quel tempo, Gesù disse al capo dei farisei che l’aveva invitato: “Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici, né i tuoi fratelli, né i tuoi parenti, né i ricchi vicini, perché anch’essi non ti invitino a loro volta e tu abbia il contraccambio.
Al contrario, quando dai un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti”.

IL COMMENTO

Libertà. Le parole del Signore oggi ci parlano della libertà. Quella vera, dei figli di Dio. La libertà di coloro che hanno la loro patria nei Cieli, e vivono ogni rapporto da cittadini del Cielo. Anche il più intimo: amici, parenti, fratelli, ricchi vicini. I figli di Dio non conoscono più nessuno secondo la carne. Liberi da tutti e da tutto sono tutto a tutti. Liberati dal sangue di Cristo vivono donati ad ogni uomo. Gratuitamente. Ogni istante è Grazia e non v'è più nessuna esigenza, anche i giudizi sono estirpati. Nulla pretende colui che riconosce che senza il Signore non può far nulla. Che nessun altro, fosse anche la madre, o il padre o la moglie, o il marito, o i figli, o il fidanzato, o l'amico del cuore, nessuno può far nulla se il Signore non ispira il volere e l'operare. Tutto ciò che riceviamo è un dono di Dio attraverso il prossimo che ci è vicino. Il banchetto è segno della comunione, di ogni rapporto accolto nella propria intimità. Il Vangelo di oggi ci illumina sulle catene che ci legano alle persone, spesso invisibili, ma che si palesano ad ogni mancato contraccambio. Non v'è gratuità. Anche nelle cose che sembrano fatte con più amore. Il broncio che s'affaccia dopo una delusione ci svela la verità del nostro cuore che aspetta il contraccambio. Viviamo ogni relazione dentro l'attesa di essere invitati a nostra volta, specialmente dalle persone più vicine: diluiamo i no che sarebbe doveroso dire in interminabili dialoghi amichevoli con i figli; permettiamo loro di vestirsi come lolite, orari da vigilantes notturni, discoteche, amicizie, gadget: tutti inviti per essere invitati, per non perdere l'affetto, per non dover sopportare la ribellione, il rifiuto, giorni di musi lunghi. Invitiamo alla mensa dei compromessi amici, parenti, fratelli e ricchi, quelli che ci possono assicurare vantaggi e prestigio.

I poveri, i ciechi, gli zoppi, gli storpi invece sono i nostri vicini, specchio fedele della nostra stessa realtà. Siamo tutti mendicanti, poveri, incapaci di tutto. Abbiamo bisogno del Signore, respiro dopo respiro. Senza di Lui è tutto vapore, pensieri, parole, azioni che sgorgano dalla carne, e nei suoi limiti angusti restano confinati. Non guardano al Cielo perchè dal Cielo non provengono. E quello che è carne e sangue non può ereditare il Regno. Le relazioni schiave della carne rimangono carne che si corrompe, quello che viene dallo Spirito è Spirito, ne senti la voce, ne vedi le opere che profumano di vita eterna, ma, come il vento, non si possono accaparrare, bloccare, comprare. I figli di Dio sono rinati nello Spirito. Come il loro Signore risorto non possono essere trattenuti, comprati, venduti; vanno diritti verso il Cielo. La vita dei figli di Dio è un banchetto di poveri imbandito per i poveri. E' la vera ed unica beatitudine di chi è colmo dell'amore di Dio, che vive ed esiste e pensa, e parla, e fa tutto in Cristo, con Lui e per Lui. Per questo è libero, di dire sì, come di dire no, il resto viene dal maligno e dalla sua schiavitù. Il figlio di Dio è un povero ricco di Cristo, e ama dell'amore stesso di Lui. Gratuitamente ha ricevuto, gratuitamente riceve. I figli, i parenti, gli amici, ed ogni uomo son poveri e mendicanti come Lui ed entrano nel banchetto della sua intimità per mangiare lo stesso pane, il Corpo benedetto e celeste del loro unico Signore. Non possono ricambiare se non lo stesso amore che ricevono dallo stesso alimento. Null'altro si può esigere, sperare, sognare, perchè con nient'altro possono ricambiare. Tutto è Grazia. Il figlio di Dio vive ogni rapporto così, da figlio dello stesso Padre. A questo siamo chiamati, oggi, ed ogni giorno, ad essere beati in una libertà che la carne non conosce.


San Vincenzo de Paoli (1581-1660), sacerdote, fondatore di comunità religiose 
Estratto, sulla carità, del rapporto dell'11/07/1657 sul volontariato vincenziano. 

«Invita poveri»

        È onorare nostro Signore cercare di entrare nei suoi sentimenti, stimarli, fare quel che ha fatto lui ed eseguire ciò che lui ha ordinato. Ora, l'affetto più grande del suo cuore è stato la cura dei poveri, per guarirli, consolarli, soccorrerli e raccomandarli al soccorso altrui. Egli stesso ha voluto nascere povero, ricevere nella sua compagnia i poveri, servire i poveri, mettersi al posto dei poveri, fino a dire che il bene e il male che noi faremo ad essi, lo riterrà fatto alla sua persona divina (Cfr. Mt 25,40). Per i poveri non poteva testimoniare un amore più tenero! E quale amore, vi prego, possiamo avere per lui, se non amiamo ciò che Egli ha amato? Servire i poveri è amare Cristo nel modo giusto, è imitarlo nella Sua umanità e generosità...

        Ora, se questo bonario Salvatore è onorato di questa imitazione, quanto più dobbiamo ritenerci onorati di essere, in questo, simili a lui! Non vi sembra che ci sia qui un motivo molto potente per rinnovare in voi il vostro primo fervore? Per me, penso che dobbiamo offrirci oggi a sua divina Maestà perché Le piaccia animarci della sua carità, in modo che si possa dire ormai di voi che è "la carità di Gesù Cristo che vi sospinge" (2 Cor 5,14).

Lunedì della XXXI settimana del Tempo Ordinario(2)


In quel tempo, Gesù disse al capo dei farisei che l’aveva invitato: “Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici, né i tuoi fratelli, né i tuoi parenti, né i ricchi vicini, perché anch’essi non ti invitino a loro volta e tu abbia il contraccambio.
Al contrario, quando dai un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti”.


IL COMMENTO

Libertà. Le parole del Signore oggi ci parlano della libertà. Quella vera, dei figli di Dio. La libertà di coloro che hanno la loro patria nei Cieli, e vivono da cittadini del Cielo. Ogni rapporto. Anche il più intimo, amici, parenti, fratelli, ricchi vicini. I figli di Dio non conoscono più nessuno secondo la carne. Liberi da tutti e da tutto sono tutto a tutti. Liberati dal sangue di Cristo vivono donati ad ogni uomo. Gratuitamente. Ogni istante, tutto nella loro vita è Grazia. Pura Grazia. E se tutto è Grazia non v'è più nessuna esigenza, i giudizi sono estirpati. Nulla pretende colui che riconosce che senza il Signore non può far nulla. Che nessun altro, fosse anche la madre, o il padre o la moglie, o il marito, o i figli, o il fidanzato, o l'amico del cuore, nessuno può far nulla se il Signore non ispira il volere e l'operare. E che tutto ciò che riceviamo è un dono di Dio attraverso il prossimo che ci è vicino. Il banchetto è segno della comunione, di ogni rapporto accolto nella propria intimità. Il Vangelo di oggi ci illumina sui nostri rapporti, sulle catene che ci legano alle persone, spesso invisibili, ma che si palesano ad ogni mancato contraccambio. Non v'è gratuità. Anche nelle cose che sembrano fatte con più amore. Il broncio che s'affaccia dopo una delusione ci svela la verità del nostro cuore. I poveri, i ciechi, gli zoppi, gli storpi sono i nostri vicini, specchio fedele della nostra stessa realtà. Siamo tutti mendicanti, poveri, incapaci di tutto. Abbiamo bisogno del Signore, respiro dopo respiro. Senza di Lui è tutto vapore, pensieri, parole, azioni che sgorgano dalla carne, e nei suoi limiti angusti restano confinati. Non guardano al Cielo perchè dal Cielo non provengono. E quello che è carne e sangue non può ereditare il Regno. Quello che nasce dalla carne è e rimane carne, quello che viene dallo Spirito è Spirito, ne senti la voce, ne vedi le opere che profumano di vita eterna, ma, come il vento, non si possono accaparrare, bloccare, comprare. I figli di Dio sono rinati nello Spirito. Come il loro Signore risorto non possono essere trattenuti, vanno diritti verso il Cielo. La vita dei figli di Dio è un banchetto di poveri imbandito per i poveri. E' la vera ed unica beatitudine di chi è colmo dell'amore di Dio, che vive ed esiste e pensa, e parla, e fa tutto in Cristo, con Lui e per Lui. Il figlio di Dio è un povero ricco di Cristo, e ama dell'amore stesso di Lui. Gratuitamente ha ricevuto, gratuitamente riceve. I figli, i parenti, gli amici, ed ogni uomo son poveri e mendicanti come Lui ed entrano nel banchetto della sua intimità per mangiare lo stesso pane, il Corpo benedetto e celeste del loro unico Signore. Non possono ricambiare se non lo stesso amore che ricevono dallo stesso alimento. Altro, null'altro si può esigere, sperare, sognare, perchè di null'altro possono ricambiare. Tutto è Grazia. Il figlio di Dio vive ogni rapporto così, da figlio dello stesso Padre. A questo siamo chiamati, oggi, ed ogni giorno, ad essere beati in una libertà che la carne non conosce.
Preghiera Semplice

Signore, fa di me
uno strumento della Tua Pace:
Dove è odio, fa ch'io porti l'Amore,
Dove è offesa, ch'io porti il Perdono,
Dove è discordia, ch'io porti l'Unione,
Dove è dubbio, ch'io porti la Fede,
Dove è errore, ch'io porti la Verità,
Dove è disperazione, ch'io porti la Speranza,
Dove è tristezza, ch'io porti la Gioia,
Dove sono le tenebre, ch'io porti la Luce.

Maestro, fa che io non cerchi tanto
Ad esser consolato, quanto a consolare;
Ad essere compreso, quanto a comprendere;
Ad essere amato, quanto ad amare.

Poiché, così è:
Dando, che si riceve;
Perdonando, che si è perdonati;
Morendo, che si risuscita a Vita Eterna.

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