Santa Maria,

Santa Maria,
...donna del primo sguardo, donaci la grazia dello stupore.

sabato 3 novembre 2012

Da Il Vangelo del giorno di oggi Il terribile potere dell'umiltà


Sabato XXX^ settimana del T.O.

Kairòs

La Risurrezione si è chinata,

perché coloro che giacciono si levino dalle tombe.

La Bontà si è abbassata, per elevare i peccatori fino al perdono.
Dio è venuto all'uomo, perché l'uomo giunga a Dio.
Il buon Pastore ha chinato le spalle
per riportare la pecora smarrita all'ovile di salvezza.

S. Pietro Crisologo, Discorsi, Sermo 30.
Di seguito il Vangelo di oggi, 3 novembre, sabato della XXX domenica del T.O., con un pensiero di commento.


Dal Vangelo secondo Luca 14,1.7-11


Un sabato Gesù era entrato in casa di uno dei capi dei farisei per pranzare, e la gente stava ad osservarlo. Gesù, vedendo come gli invitati sceglievano i primi posti, disse loro una parabola: “Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto, perché non ci sia un altro invitato più ragguardevole di te e colui che ha invitato te e lui venga a dirti: Cedigli il posto! Allora dovrai con vergogna occupare l’ultimo posto. Invece quando sei invitato, va’ a metterti all’ultimo posto, perché venendo colui che ti ha invitato ti dica: Amico, passa più avanti. Allora ne avrai onore davanti a tutti i commensali. Perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato”.


Il commento

Presentandoci la vita come il funerale dei desideri, il demonio vuole indurci a non accogliere l’«invito a nozze» che il Signore ci consegna attraverso i fatti e le persone. Ogni giorno, infatti, rifiutiamo qualcosa della volontà del Padre, spinti a tentare di «occupare il suo posto» per saziare in libertà le concupiscenze. Sperperiamo la sua eredità per «esaltarci» ai «primi posti» del prestigio e dell’onore, dove ci illudiamo si realizzi la nostra esistenza. Umiliamo e strumentalizziamo gli altri, mentiamo esibendo curriculum artefatti, sino a che il pallone gonfiato dagli inganni non ci scoppia tra le mani. Precipitiamo allora all’«ultimo posto», accanto ai porci come il figlio prodigo, dove ci scopriamo «nudi» come i progenitori e, avvolti nella stessa «vergogna», ci nascondiamo dagli altri, affamati e soli. È quando il Signore, certo «più ragguardevole di noi», appare attraverso i fatti che ci umiliano, e il Padre ci dice di «lasciare a Lui il primo posto» nella vita di tutti. La superba scalata alla menzogna del primo posto ci precipita sempre nella verità dell’ultimo.

Ma proprio in quel porcile immondo, seduti al «nostro posto», ci raggiunge, gratuito e del tutto inaspettato, l'amore di Dio. Egli, infatti, vede in noi il suo Figlio disceso nel sepolcro, sino al «posto» dell’«ultimo» dei peccatori. E qui, con Gesù, il Padre abbraccia anche noi, ci risolleva e ci sussurra le parole più dolci: «amico mio vieni più avanti», ecco per te l’«onore» che ho dato a mio Figlio risuscitandolo dalla morte. Il Signore ci chiama dunque a riconoscerci peccatori, ad accettare «umilmente» la nostra debolezza e a «metterci all’inferno e non disperare» (Silvano del Monte Athos) in attesa che ci «innalzi» nel suo perdono. A vivere ogni relazione nella verità che ci fa liberi davvero, senza stupirci di non essere considerati, «diminuendo» agli occhi degli altri perché il Signore «cresca» e colmi la loro vita. La Chiesa infatti è ogni giorno messa all'ultimo posto «davanti a tutti» per annunciarvi l’«onore» di Cristo risorto preparato per ogni figlio scappato di casa.


Sabato della XXX settimana del Tempo Ordinario (1)


Dio è accusato di chinarsi sull'uomo, di accostarsi al peccatore, 
di aver fame della sua conversione e sete del suo ritorno. 
Si mette sotto accusa il Signore perché 
prende il piatto della misericordia e il calice della pietà. 
Fratelli, Cristo è venuto a questa cena, la Vita è scesa tra questi convitati, 
perché i condannati a morire vivano con la Vita. 
La Risurrezione si è chinata, perché coloro che giacciono si levino dalle tombe. 
La Bontà si è abbassata, per elevare i peccatori fino al perdono. 
Dio è venuto all'uomo, perché l'uomo giunga a Dio.
Il Giudice si è seduto alla mensa dei colpevoli,
 per sottrarre l'umanità alla sentenza di condanna. 
Il Medico è venuto dai malati, per guarirli mangiando con loro. 
Il buon Pastore ha chinato le spalle 
per riportare la pecora smarrita all'ovile di salvezza. 

S. Pietro Crisologo, Discorsi, Sermo 30.



Dal Vangelo secondo Luca 14,1.7-11


Un sabato Gesù era entrato in casa di uno dei capi dei farisei per pranzare, e la gente stava ad osservarlo. Gesù, vedendo come gli invitati sceglievano i primi posti, disse loro una parabola: “Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto, perché non ci sia un altro invitato più ragguardevole di te e colui che ha invitato te e lui venga a dirti: Cedigli il posto! Allora dovrai con vergogna occupare l’ultimo posto.
Invece quando sei invitato, va’ a metterti all’ultimo posto, perché venendo colui che ti ha invitato ti dica: Amico, passa più avanti.
Allora ne avrai onore davanti a tutti i commensali. Perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato”.


IL COMMENTO


C'è un modo particolare e del tutto personale di mettersi al primo posto. E' quello che ciascuno di noi, per carattere, vicende della vita e quant'altro, escogita per sé stesso. Per essere primo, per trapassare il cuore dell'altro ed essere amato, ricordato, considerato, usiamo quel che abbiamo, peschiamo nelle nostre capacità, raschiamo il barile e ci giochiamo le carte: chi la simpatia, chi la cultura, chi il fascino della bellezza, chi il corpo, chi il molto parlare, chi il silenzio; ognuno con il proprio marchio di fabbrica. Anche le pseudo-umiltà grasse d'orgoglio ne sono chiari esempi.


Come il figlio prodigo, ci prendiamo la parte di eredità che ci spetta, le Grazie ricevute e che ci caratterizzano e ci costituiscono per quell'irripetibile creatura che siamo, e scappiamo rincorrendo un sogno, un'illusione, una menzogna. E, seguendo la carne e i suoi desideri, sperperiamo tutto quello che Dio aveva preparato per noi e per la missione speciale alla quale siamo stati chiamati. Ricevute in dono per metterle al servizio della giustizia, dell'amore e della testimonianza, abbiamo sottoposto le nostre membra e tutte le nostre caratteristiche e qualità al servizio dell'egoismo, della carne e del peccato; ci siamo così ritrovati, ci ritroviamo ogni giorno, come il figlio prodigo, all'ultimo posto, a cercare di cibarci delle bacche destinate ai porci, senza neanche trovare chi sia disposto a darcene un po'. Dopo aver dilapidato tutto per afferrare il primo posto, e con esso stima e affetto e qualcosa per sfuggire la solitudine e la paura, ci ritroviamo ancora più soli, senza nessuno che sia disposto a darci anche solo un tozzo di pane, un pezzetto minuscolo del proprio tempo e del proprio cuore. La scalata al primo posto ci ha precipitati all'ultimo posto, come Lucifero: "Negli inferi è precipitato il tuo fasto, la musica delle tue arpe; sotto di te v'è uno strato di marciume, tua coltre sono i vermi. Come mai sei caduto dal cielo, Lucifero, figlio dell'aurora? Come mai sei stato steso a terra, signore di popoli? Eppure tu pensavi: Salirò in cielo, sulle stelle di Dio innalzerò il trono, dimorerò sul monte dell'assemblea, nelle parti più remote del settentrione. Salirò sulle regioni superiori delle nubi, mi farò uguale all'Altissimo.E invece sei stato precipitato negli inferi, nelle profondità dell'abisso!" (Is. 13, 11-15).


Per questo il mettersi all'ultimo posto di cui ci parla il Vangelo di oggi scaturisce da una semplice consapevolezza. Guardarsi le mani, abbassarsi sul proprio cuore, rivedere i pensieri e riconoscersi senza alcun merito. Senza alcun diritto, per nulla e nei confronti di nessuno. E' il "naturale" atteggiamento del figlio che ha dilapidato ogni sostanza e si ritrova al fondo dell'abisso, l'ultimo luogo in cui avrebbe voluto vivere, quello dove la superbia lo ha precipitato. L'ultimo posto, il posto impuro, quello dei porci, animale immondo per eccellenza. L'ultimo posto, dove è impossible il culto, l'offerta, il dono della propria vita, il posto dove è impossibile amare gratuitamente. Il nostro posto, quello vero, quello che sperimentiamo ogni giorno. E dove possiamo rientrare in noi stessi e nella verità. L'ultimo posto è dove, per la pura misericordia di Dio, si manifesta la nostalgia della casa del Padre, dell'intimità del suo amore, del luogo dove le nostre sostanze, doni ricevuti che ci fanno quel che siamo, sono a servizio della Verità e della giustizia, della sua volontà. E così si innesca la conversione, si riaccende il santo desiderio di quanto perduto e solo assaporato.


Santa umiltà, santa verità. Seduti al proprio posto, quello che ci spetta, l'ultimo, ci raggiunge, gratuito e del tutto inaspettato, l'amore di Dio, la Sua misericordia. Lì, all'ultimo posto, quello dei peccatori, si è seduto Cristo, e con Lui si sono seduti gli Apostoli; la Chiesa intera è all'ultimo posto del mondo, per raccogliere il dolore, la nostalgia e la solitudine di ogni uomo precipitato al'inferno per l'inganno del demonio. "Ritengo infatti che Dio abbia messo noi, gli apostoli, all'ultimo posto, come condannati a morte, poiché siamo diventati spettacolo al mondo, agli angeli e agli uomini. Noi stolti a causa di Cristo, voi sapienti in Cristo; noi deboli, voi forti; voi onorati, noi disprezzati. Fino a questo momento soffriamo la fame, la sete, la nudità, veniamo schiaffeggiati, andiamo vagando di luogo in luogo, ci affatichiamo lavorando con le nostre mani. Insultati, benediciamo; perseguitati, sopportiamo; calunniati, confortiamo; siamo diventati come la spazzatura del mondo, il rifiuto di tutti fino a oggi” (1 Cor. 4,9-13). 


Proprio per essere stati scelti quali testimoni della Verità, araldi del Vangelo di Cristo, ci aspetta oggi l'ultimo posto, quello che ci fa soffrire, il posto dove siamo quello che siamo e dove ci raggiunge lo sguardo del Padre, la sua tenerezza e la sua gelosia, il suo perdono. Oggi il Padre corre al nostro incontro, ci abbraccia e ci sussurra le parole più dolci: amico vieni più avanti, quì vicino a me, al tuo posto, quello che ho preparato da sempre per te. Anche oggi siamo sollevati dall'immondizia e fatti sedere tra i principi. Questo è il destino degli umili, di quelli che vivono nella verità, la propria povera realtà, il vuoto scavato nel nostro intimo, l'ultimo posto scelto dal Signore per entrarvi, sedervicisi, e colmarlo del suo amore; Lui con noi all'ultimo posto per farci sedere alla destra del Padre, nel Cielo della gioia e della pienezza autentiche, il primo posto conquistato dalla sua risurrezione. Di questa possiamo essere testimoni solo a partire dall'umiltà che ci fa vivere nella verità. Non ci stupiremo allora del posto che ci aspetta, è il nostro, per conoscereLui e vivere nella sua amicizia: e così averne onore tra tutti i commensali, l'onore che ha ricevuto il Signore proprio per essere sceso all'ultimo posto, umiliandosi sino alla morte e alla morte di Croce. L'onore del Nome più alto, l'unico nel quale vi è la salvezza: l'onore di Cristo in ciascuno di noi davanti ad ogni uomo, perchè intercetti nella nostra umiliazione la misericordia di Dio; l'onore che attira e accompagna tutti gli ultimi della terra a sedersi alla destra del Padre, riscattati per la beatitudine eterna. E' l'esperienza di San Paolo, di S. Ignazio di Antiochia, descritta magistralmente da Benedetto XVI: Paolo presenta "umilmente se stesso come “l'infimo degli apostoli”, paragonandosi persino a un aborto e affermando testualmente: “Io non sono degno neppure di essere chiamato apostolo, perché ho perseguitato la Chiesa di Dio. Per grazia di Dio però sono quello che sono, e la sua grazia in me non è stata vana; anzi ho faticato più di tutti loro, non io però ma la grazia di Dio che è con me” (1 Cor 15,9-10). La metafora dell'aborto esprime un'estrema umiltà; la si troverà anche nella Lettera ai Romani di sant’Ignazio di Antiochia: “Sono l'ultimo di tutti, sono un aborto; ma mi sarà concesso di essere qualcosa, se raggiungerò Dio” (9,2). Ciò che il Vescovo di Antiochia dirà in rapporto al suo imminente martirio, prevedendo che esso capovolgerà la sua condizione di indegnità, san Paolo lo dice in relazione al proprio impegno apostolico: è in esso che si manifesta la fecondità della grazia di Dio, che sa appunto trasformare un uomo mal riuscito in uno splendido apostolo. Da persecutore a fondatore di Chiese: questo ha fatto Dio in uno che, dal punto di vista evangelico, avrebbe potuto essere considerato uno scarto!" (Benedetto XVI, Catechesi su San Paolo).





San Francesco d'Assisi (1182-1226), fondatore dei Frati minori 


Regola non bollata (1221), cap. 17 § 48-49 


« Và a metterti all'ultimo posto »
        Quindi tutti noi frati guardiamoci da ogni superbia e vana gloria. Difendiamoci dalla sapienza di questo mondo e dalla prudenza della carne (Cfr. Rm 8,6-7). Lo spirito della carne, infatti, vuole e si preoccupa molto di possedere parole, ma poco di attuarle, e cerca non la religiosità e la santità interiore dello spirito, ma vuole e desidera avere una religiosità e una santità che appaia al di fuori agli uomini. È di questi che il Signore dice: "In verità vi dico, hanno ricevuto la loro ricompensa" (Mt 6,5). Lo spirito del Signore invece vuole che la carne sia mortificata e disprezzata, vile e abbietta, e ricerca l'umiltà e la pazienza e la pura e semplice e vera pace dello spirito; e sempre desidera soprattutto il divino timore e la divina sapienza e il divino amore del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.


        E restituiamo al Signore Dio altissimo e sommo tutti i beni e riconosciamo che tutti i beni sono suoi e di tutti rendiamogli grazie, perché procedono tutti da Lui. E lo stesso altissimo e sommo, solo vero Dio abbia, e gli siano resi ed Egli stesso riceva tutti gli onori e la reverenza, tutte le lodi e tutte le benedizioni, ogni rendimento di grazia e ogni gloria, poiché suo è ogni bene ed Egli solo è buono.




Sabato della XXX settimana del Tempo Ordinario (2)







Dal Vangelo secondo Luca 14,1.7-11

Un sabato Gesù era entrato in casa di uno dei capi dei farisei per pranzare, e la gente stava ad osservarlo. Gesù, vedendo come gli invitati sceglievano i primi posti, disse loro una parabola: “Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto, perché non ci sia un altro invitato più ragguardevole di te e colui che ha invitato te e lui venga a dirti: Cedigli il posto! Allora dovrai con vergogna occupare l’ultimo posto.
Invece quando sei invitato, va’ a metterti all’ultimo posto, perché venendo colui che ti ha invitato ti dica: Amico, passa più avanti.
Allora ne avrai onore davanti a tutti i commensali. Perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato”.



IL COMMENTO

C'è un modo particolare e del tutto personale di mettersi al primo posto. E' quello che ciascuno di noi, per carattere, vicende della vita e quant'altro, escogita per sé stesso. Per essere primo, per trapassare il cuore dell'altro ed essere amato, ricordato, considerato, usiamo quel che abbiamo, peschiamo nelle nostre capacità, raschiamo il barile e ci giochiamo le carte: chi la simpatia, chi la cultura, chi il fascino della bellezza, chi il corpo, chi il molto parlare, chi il silenzio; ognuno con il proprio marchio di fabbrica. Anche le pseudo-umiltà grasse d'orgoglio ne sono chiari esempi.

Come il figlio prodigo, ci prendiamo la parte di eredità che ci spetta, le Grazie ricevute e che ci caratterizzano e ci costituiscono per quell'irripetibile creatura che siamo, e scappiamo rincorrendo un sogno, un'illusione, una menzogna. E, seguendo la carne e i suoi desideri, sperperiamo tutto, le Grazie che Dio aveva preparato per noi e per la missione speciale alla quale, venendo all'esistenza, siamo stati chiamati. Ricevute in dono per metterle al servizio della giustizia, dell'amore e della testimonianza, abbiamo sottoposto le nostre membra e tutte le nostre caratteristiche e qualità al servizio dell'egoismo, della carne e del peccato. e ci siamo ritrovati, ci ritroviamo ogni giorno, come il figlio rodigo, all'ultimo posto, a cercare di cibarci delle bacche destinate ai porci, senza neanche trovare chi sia disposto a darcene un po'. Dopo aver dilapidato tutto per afferrare il primo posto, e con esso stima e affetto e qualcosa per sfuggire la solitudine e la paura, ci ritroviamo ancora più soli, senza nessuno che sia disposto a darci anche solo un tozzo di pane, un pezzetto minuscolo del proprio tempo e del proprio cuore. La scalata al primo posto ci ha precipitati all'ultimo posto, come Lucifero: "Negli inferi è precipitato il tuo fasto, la musica delle tue arpe; sotto di te v'è uno strato di marciume, tua coltre sono i vermi. Come mai sei caduto dal cielo, Lucifero, figlio dell'aurora? Come mai sei stato steso a terra, signore di popoli?Eppure tu pensavi: Salirò in cielo, sulle stelle di Dio innalzerò il trono, dimorerò sul monte dell'assemblea, nelle parti più remote del settentrione. Salirò sulle regioni superiori delle nubi, mi farò uguale all'Altissimo.E invece sei stato precipitato negli inferi, nelle profondità dell'abisso!" (Is. 13, 11-15).

Per questo il mettersi all'ultimo posto di cui ci parla il Vangelo di oggi scaturisce da una semplice consapevolezza. Guardarsi le mani, abbassarsi sul proprio cuore, rivedere i pensieri e riconoscersi senza alcun merito. Senza alcun diritto, per nulla e nei confronti di nessuno. E' il "naturale" atteggiamento del figlio che ha dilapidato ogni sostanza e si ritrova al fondo dell'abisso, l'ultimo luogo in cui avrebbe voluto vivere, quello dove la superbia lo ha precipitato. L'ultimo posto, il posto impuro, quello dei porci, animale impuro per eccellenza. L'ultimo posto, dove è impossible il culto, l'offerta, il dono della propria vita, il posto dove è impossibile amare gratuitamente. Il nostro posto, quello vero, quello che sperimentiamo ogni giorno. E dove possiamo, rientrare in noi stessi e nella verità. L'ultimo posto è dove, per la pura misericordia di Dio, si manifesta la nostalgia della casa del Padre, dell'intimità del suo amore, del posto dove le nostre sostanze, doni ricevuti che ci fanno quel che siamo, sono a servizio della Verità e della giustizia, della sua volontà. E così si innesca la conversione, si riaccende il santo desiderio di quanto perduto e solo assaporato.

Santa umiltà, santa verità. Seduti al proprio posto, quello che ci spetta, l'ultimo, ci raggiunge, gratuito e del tutto inaspettato, l'amore di Dio, la Sua misericordia. Lì, all'ultimo posto, quello dei peccatori, si è seduto Cristo, si son seduti gli Apostoli, la Ciesa intera è al'ultimo posto del mondo, per raccogliere il dolore, la nostalgia e la solitudine di ogni uomo precipitato al'inferno per l'inganno del demonio. All'ultimo posto, quello che oggi ci fa soffrire, ci raggiunge lo sguardo del PAdre, la sua tenerezza e la sua gelosia, il suo perdono. Oggi, nella verità che è l'umiltà, il Pdre corso al nostro incontro, ci abraccia e ci sussurra le parole più dolci: amico vieni più avanti, quì vicino a me, al tuo posto, quello che ho preparato da sempre per te. Anche oggi siamo sollevati dall'immondizia e fatti sedere tra i principi. Questo è il destino degli umili, di quelli che vivono nella verità, la propria povera realtà, il vuoto scavato nel nostro intimo, l'ultimo posto scelto dal Signore per entrarvi, sedervicisi, e colmarlo del suo amore; Lui con noi all'ultimo posto per farci sedere alla destra del adre, nel Cielo della gioia e della pienezza autentiche, il primo posto conquistato dalla sua risurrezione.




Evangelio según San Lucas 14,1.7-11. 
Un sábado, Jesús entró a comer en casa de uno de los principales fariseos. Ellos lo observaban atentamente.
Y al notar cómo los invitados buscaban los primeros puestos, les dijo esta parábola:
"Si te invitan a un banquete de bodas, no te coloques en el primer lugar, porque puede suceder que haya sido invitada otra persona más importante que tú,
y cuando llegue el que los invitó a los dos, tenga que decirte: 'Déjale el sitio', y así, lleno de vergüenza, tengas que ponerte en el último lugar.
Al contrario, cuando te inviten, ve a colocarte en el último sitio, de manera que cuando llegue el que te invitó, te diga: 'Amigo, acércate más', y así quedarás bien delante de todos los invitados.
Porque todo el que ensalza será humillado, y el que se humilla será ensalzado".



COMENTARIO


Hay un modo particular y muy personal de meterse al primer sitio. Es aquél que cada uno de nosotros, por carácter, hechos de la vida o lo que sea, maquina y elige por si mismo. Para ser primero, para traspasar el corazón del otro y ser querido, recordado, considerado, usamos lo que tenemos, pescamos en nuestras capacidades, raspamos la cuba y nos jugamos uestras posibilidades en la vida: quien la simpatía, quién la cultura, quién el atractivo de la belleza, quién el cuerpo, quién el mucho hablar, quién el silencio; cada uno con la propia marca de fábrica. También las pseudo-humildades gordas de orgullo son claros de ejemplos de sta rueda de la fortuna a la qual nos apuntamo cada dia.

Como el hijo pródigo, cogemos la parte de herencia que nos corresponde, las Gracias recibidas y que nos caracterizan y nos constituyen por aquella irrepetible criatura que somos, y escapamos persiguiendo un sueño, una ilusión, una mentira. Y, siguiendo la carne y sus deseos, despilfarramos todo, las Gracias que Dios preparó por nosotros y por la misión especial a la cual, viniendo a la existencia, hemos sido llamados. Recibidos en don para ponerlos al servicio de la justicia, del amor y del testimonio, hemos sometido nuestros elementos y todas nuestras características y calidad al servicio del egoísmo, de la carne y del pecado. Y nos hemos encontrado, nos encontramos cada día, como el hijo prodigo, al último sitio, a tratar de nutrirnos de las bayas destinadas a los cerdos, sin tampoco encontrar quién sea dispuesto a darnos un poquito. Después de haber despilfarrado todo para agarrar el primer sitio, y con ello consideración y cariño y algo para evitar la soledad y el miedo, nos encuentramos aún más solos, sin nadie que sea dispuesto a darnos aun sólo un mendrugo de pan, un pedacito minúsculo del propio tiempo y del propio corazón. La escalada al primer sitio nos ha precipitado al último sitio, como Lucero, el que nos ha engañado: " Tu majestad ha sido precipitada al Abismo, junto con el sonido de tus arpas; tienes debajo de ti un colchón de gusanos y te cubren las lombrices”. ¡Cómo has caído del cielo, Lucero, hijo de la aurora! ¡Cómo has sido precipitado por tierra, tú que subyugabas a las naciones, tú que decías en tu corazón: “Subiré a los cielos; por encima de las estrellas de Dios erigiré mi trono, me sentaré en la montañade la asamblea divina, en los extremos del norte; escalaré las cimas de las nubes, seré semejante al Altísimo!”. ¡Pero te han hecho bajar al Abismo, a las profundidades de la Fosa!" (Is. 13, 11-15)

Por eso el colocarse en último lugar de que nos habla el Evangelio de hoy, surge como consecuencia de una simple conciencia. Mirarse las manos, humillarse sobre el propio corazón, volver a los propios pensamientos y reconocerse sin ningún mérito. Sin ningún derecho, para nada y con respecto a nadie. Es la "natural" actitud del hijo que ha despilfarrado cada sustancia y se encuentra al fondo del abismo, el último lugar en que habría pensado y querido vivir, aquél donde la soberbia lo ha precipitado. El último sitio, el sitio impuro, aquello de los cerdos, animales impuros por excelencia. El último sitio, dónde es imposible el culto, la oferta, la entrega de la propia vida, el sitio dónde es imposible amar de gratis. Nuestro sitio, el verdadero, lo que experimentamos cada día. Y dónde podemos volver en nosotros mismos, a la verdad. Por la pura misericordia de Dios en el último sitio se manifiesta la nostalgia de la casa del Padre, de la intimidad de su amor, del sitio dónde nuestras sustancias estan a servicio de la Verdad y la justicia, de su voluntad. Y asì se enciende la conversión, se reaviva el santo deseo de lo que se ha perdido y sólo saboreado.

Santa humildad, santa verdad! Sentados en nuestro puesto, lo que nos corresponde, él último, nos alcanza, gratuito y completamente inesperado, el amor de Dios, y Su misericordia. Allí, al último sitio, aquel de los pecadores, Cristo se ha sentado, y se han sentados los Apóstoles, la Iglesia entera està en el ultimo lugar del mundo, para recoger el dolor, la nostalgia y la soledad de cada hombre precipitado al'infierno por el engaño del demonio. Al último sitio, lo que hoy nos hace sufrir, nos alcanza la mirada del Padre, su ternura y su celo, su perdón. Hoy, en la verdad que es la humildad, el Padre corrido a nuestro encuentro, nos abraza y nos susurra las palabras más dulces: "amigo, hijo, vente más adelante, aquì cerca de mí, a tu sitio, lo que he preparado desde siempre para ti". También hoy somos levantadosde la basura y hechos sentarnos entre los principes. Ésta es la suerte de los humildes, de los que viven en la verdad, la propia pobre realidad, el vacío cavado en nuestro íntimo, que es el último sitio elegido por el Señor, aquello donde quiere entrar y tomar morada, y así llenarlo de su amor; Él con nosotros al último sitio para hacernos sentar a la derecha del Padre, en el Cielo de la alegría y de la plenitud auténtica, elprimer sitio conquistado por su resurrección.





San Bruno di Segni (circa 1045-1123), vescovo
Commento su Luca, 2,14 ; PL 165,406

« Chi si umilia sarà esaltato »


« Davanti a me tu prepari una mensa sotto gli occhi dei miei nemici » (Sal 23,5)... Cosa potremmo dunque desiderare di più ? Perché sceglieremmo i primi posti ? Qualunque sia il posto che occupiamo, abbiamo tutto in abbondanza, e non manchiamo di nulla. Tu, invece, che cerchi di avere il primo posto, chiunque tu sia, va' a metterti all'ultimo posto. Non permettere che il tuo sapere ti gonfi d'orgoglio ; non lasciarti esaltare dalla fama. Invece quanto più sei grande, tanto più devi umiliarti in ogni cosa e « troverai grazia presso Dio » (Lc 1,30), sicché al momento opportuno egli ti dirà : « 'Amico, passa più avanti', e ne avrai onore davanti a tutti i commensali ».

Sicuramente, per quanto dipendeva da lui, Mosè occupava l'ultimo posto. Quando il Signore volle inviarlo presso i figli d'Israele e lo invitò ad accedere ad un rango più elevato, egli rispose : « Perdonami, Signore mio, manda chi vuoi mandare, io non sono un buon parlatore » (Es 4,13). E come se dicesse : « Non sono degno di una funzione così alta ». Anche Saul si considerava un uomo di umile condizione quando il Signore fece di lui un re. E Geremia temendo di avanzare al primo posto disse : « Ahimé, Signore Dio, ecco io non so parlare, perché sono giovane » (Ger 1,6). È dunque con l'umiltà, non con la superbia, con le virtù, non con il denaro, che dobbiamo cercare di occupare il primo posto.



Santa Faustina Kowalska (1905-1938), religiosa
Diario § 1306

«Amigo, sube más arriba»
Oh humildad, flor de gran belleza, veo cuan pocas almas te poseen – ¿es porque eres tan bella y al mismo tiempo tan difícil de alcanzar? Oh sí, lo uno y lo otro. El mismo Dios tiene predilección por ella. Sobre el alma llena de humildad se entreabren las esclusas del cielo y sobre ella se derrama un océano de gracias. Oh, qué bella es el alma humilde; de su corazón, como si fuera un incensario, sube un perfume extremadamente agradable y, a través de las nubes, llega hasta el mismo Dios y llena de gozo su santísimo corazón. Dios no niega nada a esta alma; una alma así es todopoderosa, influye en el porvenir del mundo entero. Dios, a una tal alma, la levanta hasta su trono. Cuanto más se humilla, más Dios se inclina hacia ella, la sigue con sus gracias y con su poder la acompaña en todo momento. Esta alma está profundamente unida a Dios.

Oh humildad, implántate profundamente en todo mi ser. Oh Virgen purísima y también la más humilde, ayúdame a obtener una profunda humildad. Ahora comprendo porque hay tan pocos santos, es porque hay pocas almas profunda y verdaderamente humildes.

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