Santa Maria,

Santa Maria,
...donna del primo sguardo, donaci la grazia dello stupore.

domenica 27 aprile 2014

Domenica della Divina Misericordia


Domenica "in Albis" o della "Divina Misericordia" 2014



Nella Domenica della Divina Misericordia, la liturgia ci propone il Vangelo in cui Tommaso non crede agli altri discepoli che hanno visto Gesù risorto. Il Signore appare di nuovo e dice a Tommaso: 
«Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». 
* * *
“Abbiamo visto il Signore!”, gridano i discepoli a Tommaso che, assente, non vuole sapere nulla. Quel Signore, che Tommaso ricorda con le mani inchiodate alla croce, con il fianco trafitto dalla spada, e della cui morte è più che certo…: “Dovrei crederlo vivo?”. Al grido esultante dei suoi compagni: “Abbiamo visto il Signore!”, risponde un poco cinico: “Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi – quei chiodi che ha visto perforare le mani del Signore ed hanno impietrito la sua anima –, e se non metto la mia mano nel suo costato – ha visto la lancia aprire quel costato profondamente –, io non crederò”. Ed ecco davanti ai suoi occhi, ancora sigillati dalla paura e dall’angoscia della morte, incapaci di vedere altro, ora sta il Signore della vita: “Pace a voi!”. Ed a Tommaso dice: “Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani…!”. Sono io. “Non essere incredulo, ma credente!”. Il cuore di Tommaso si apre e gli occhi ora vedono: “Mio Signore e mio Dio!”. In quelle piaghe splende ora davvero la gloria della Divina Misericordia e la grandezza del Sacerdozio regale di Cristo che intercede per l’uomo presso il Padre. Il grido di Tommaso è una richiesta di perdono per la propria incredulità, ma anche una dichiarazione di amore al suo Signore e Dio. È un grido di speranza. Di vittoria. Che sia, oggi, anche il mio grido. Il tuo grido di speranza e di vittoria. Il Battesimo, di cui oggi facciamo anche memoria, ci ha costituiti testimoni di questa vittoria. Il mistero della morte si è aperto e svelato: è la via che apre il Cielo.
(don Ezechiele Pasotti, prefetto agli studi nel Collegio Diocesano missionario “Redemptoris Mater” di Roma)
*
II DOMENICA DI PASQUA
"della Divina Misericordia"
(Domenica dell'Ottava di Pasqua)
Anno A
MESSALE
Antifona d'Ingresso  1 Pt 2,2
Come bambini appena nati,
bramate il puro latte spirituale,
che vi faccia crescere verso la salvezza. Alleluia.
Come bambini appena nati,
bramate il puro latte spirituale,
che vi faccia crescere verso la salvezza. Alleluia.
Oppure:  4 Esd 2,36-37
Entrate nella gioia e nella gloria,
e rendete grazie a Dio, che vi ha chiamato
al regno dei cieli.  Alleluia.
Entrate nella gioia e nella gloria,
e rendete grazie a Dio, che vi ha chiamato
al regno dei cieli.  Alleluia.
 
Colletta
Dio di eterna misericordia, che nella ricorrenza pasquale ravvivi la fede del tuo popolo, accresci in noi la grazia che ci hai dato, perché tutti comprendiamo l'inestimabile ricchezza del Battesimo che ci ha purificati, dello Spirito che ci ha rigenerati, del Sangue che ci ha redenti. Per il nostro Signore...
Oppure:
Signore Dio nostro, che nella tua grande misericordia ci hai rigenerati a una speranza viva mediante la risurrezione del tuo Figlio, accresci in noi, sulla testimonianza degli Apostoli, la fede pasquale, perché aderendo a lui pur senza averlo visto riceviamo il frutto della vita nuova. Per il nostro Signore...
LITURGIA DELLA PAROLA
Prima Lettura  At 2,42-47
[Quelli che erano stati battezzati] erano perseveranti nell’insegnamento degli apostoli e nella comunione, nello spezzare il pane e nelle preghiere. 
Dagli Atti degli Apostoli
Un senso di timore era in tutti, e prodigi e segni avvenivano per opera degli apostoli.
Tutti i credenti stavano insieme e avevano ogni cosa in comune; vendevano le loro proprietà e sostanze e le dividevano con tutti, secondo il bisogno di ciascuno.
Ogni giorno erano perseveranti insieme nel tempio e, spezzando il pane nelle case, prendevano cibo con letizia e semplicità di cuore, lodando Dio e godendo il favore di tutto il popolo.
Intanto il Signore ogni giorno aggiungeva alla comunità quelli che erano salvati. 
    
Salmo Responsoriale  Dal Salmo 117
    
Salmo Responsoriale  Dal Salmo 117
Rendete grazie al Signore perché è buono: il suo amore è per sempre.Oppure:  Alleluia, alleluia, alleluia.

Celebrate il Signore, perché è buono,
perché eterna è la sua misericordia.
Dica Israele che egli è buono:
eterna è la sua misericordia.
 
Celebrate il Signore, perché è buono,
perché eterna è la sua misericordia.
Dica Israele che egli è buono:
eterna è la sua misericordia.
 Dica Israele:
«Il suo amore è per sempre».
Dica la casa di Aronne:
«Il suo amore è per sempre».
Dicano quelli che temono il Signore:
«Il suo amore è per sempre».

Mi avevano spinto con forza per farmi cadere,
ma il Signore è stato il mio aiuto.
Mia forza e mio canto è il Signore,
egli è stato la mia salvezza.
Grida di giubilo e di vittoria
nelle tende dei giusti:
la destra del Signore ha fatto prodezze.

La pietra scartata dai costruttori
è divenuta la pietra d’angolo.
Questo è stato fatto dal Signore:
una meraviglia ai nostri occhi.
Questo è il giorno che ha fatto il Signore:
rallegriamoci in esso ed esultiamo! 
«Il suo amore è per sempre».
Dica la casa di Aronne:
«Il suo amore è per sempre».
Dicano quelli che temono il Signore:
«Il suo amore è per sempre».
Mi avevano spinto con forza per farmi cadere,
ma il Signore è stato il mio aiuto.
Mia forza e mio canto è il Signore,
egli è stato la mia salvezza.
Grida di giubilo e di vittoria
nelle tende dei giusti:
la destra del Signore ha fatto prodezze.
La pietra scartata dai costruttori
è divenuta la pietra d’angolo.
Questo è stato fatto dal Signore:
una meraviglia ai nostri occhi.
Questo è il giorno che ha fatto il Signore:
rallegriamoci in esso ed esultiamo!  

Seconda Lettura   1 Pt 1, 3-9
Ci ha rigenerati per una speranza viva, mediante la risurrezione di Gesù Cristo dai morti.
 
Dalla prima lettera di san Pietro apostolo

Seconda Lettura   1 Pt 1, 3-9
Ci ha rigenerati per una speranza viva, mediante la risurrezione di Gesù Cristo dai morti.
 
Dalla prima lettera di san Pietro apostolo
Sia benedetto Dio e Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che nella sua grande misericordia ci ha rigenerati, mediante la risurrezione di Gesù Cristo dai morti, per una speranza viva, per un’eredità che non si corrompe, non si macchia e non marcisce. Essa è conservata nei cieli per voi, che dalla potenza di Dio siete custoditi mediante la fede, in vista della salvezza che sta per essere rivelata nell’ultimo tempo.
Perciò siete ricolmi di gioia, anche se ora dovete essere, per un po’ di tempo, afflitti da varie prove, affinché la vostra fede, messa alla prova, molto più preziosa dell’oro – destinato a perire e tuttavia purificato con fuoco –, torni a vostra lode, gloria e onore quando Gesù Cristo si manifesterà. Voi lo amate, pur senza averlo visto e ora, senza vederlo, credete in lui. Perciò esultate di gioia indicibile e gloriosa, mentre raggiungete la mèta della vostra fede: la salvezza delle anime.
 
SEQUENZA   (Facoltativa)
Alla vittima pasquale, s'innalzi oggi il sacrificio di lode.
L'agnello ha redento il suo gregge,
l'Innocente ha riconciliato noi peccatori col Padre.
Morte e vita si sono affrontate in un prodigioso duello.
Il Signore della vita era morto; ma ora, vivo, trionfa.
«Raccontaci, Maria: che hai visto sulla via?».
«La tomba del Cristo vivente, la gloria del Cristo risorto,
e gli angeli suoi testimoni, il sudario e le sue vesti.
Cristo, mia speranza, è risorto; e vi precede in Galilea
«La tomba del Cristo vivente, la gloria del Cristo risorto,
e gli angeli suoi testimoni, il sudario e le sue vesti.
Cristo, mia speranza, è risorto; e vi precede in Galilea».

Sì, ne siamo certi: Cristo è davvero risorto.
Tu, Re vittorioso, portaci la tua salvezza.
Sì, ne siamo certi: Cristo è davvero risorto.
Tu, Re vittorioso, portaci la tua salvezza.
 
Canto al Vangelo   Gv 20,29
Alleluia, alleluia.
Alleluia, alleluia.Perché mi hai veduto, Tommaso, tu hai creduto;
beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!
beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!
Alleluia.   
   
Vangelo  Gv 20, 19-31
Otto giorni dopo venne Gesù.
 
Dal vangelo secondo Giovanni
La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore.
Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».
Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo».
Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!».
Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.  

*
Una fede che si "impara"...
Commento al Vangelo della Domenica in Albis
Una fede oltre la carne. Come quella di San Pietro, come quella imparata da San Paolo. Gesù oltrepassa la porta sprangata delle paure e dei dubbi, il velo ostinato che copre occhi, mente e cuore e impedisce di riconoscere, oltre le apparenze, nelle pieghe della carne e della storia, la presenza certa e amorevole del Signore.
Dio è. Dio è oltre la morte, oltre il peccato, oltre la contingenza che ci atterrisce.Per vederlo e crederlo occorre un supplemento d'anima, uno sguardo diverso, una testimonianza piantata nel cuore.  Occorre una rivelazione celeste, lo Spirito Santo. Ecco quello che è mancato a Tommaso, ciò di cui, la sua povera carne piena di esigenza, aveva bisogno. Come noi oggi. La fede.
Ma la fede si impara: "La professione della fede è un atto personale e insieme comunitario. E’ la Chiesa, infatti, il primo soggetto della fede. Nella fede della Comunità cristiana ognuno riceve il Battesimo, segno efficace dell’ingresso nel popolo dei credenti per ottenere la salvezza... «Io credo»: è anche la Chiesa nostra Madre, che risponde a Dio con la sua fede e che ci insegna a dire «Io credo», «Noi crediamo»” (Benedetto XVI, Porta Fidei). 
Per questo Gesù non rimprovera Tommaso, ma lo invita a porsi in cammino, a diventare un "credente", a imparare la fede, quella che oltrepassa la carne. E questo si può solo nella comunità! Tommaso era fuori quando, la domenica di Pasqua, Gesù è apparso agli altri apostoli. 
Gemello del Signore, Tommaso (questo significa Didimo), stava cercando, come tutti i gemelli, la parte di sé che gli era venuta meno! Cercava un segno nelle piaghe di Gesù, perché cercava un senso alle sue ferite, al dolore della sua vita: infatti, "colui che santifica e coloro che sono santificati provengono tutti da una stessa origine; per questo non si vergogna di chiamarli fratelli, dicendo: Annunzierò il tuo nome ai miei fratelli, in mezzo all'assemblea canterò le tue lodi... Poiché dunque i figli hanno in comune il sangue e la carne, anch'egli ne è divenuto partecipe, per ridurre all'impotenza mediante la morte colui che dalla morte ha il potere, cioè il diavolo, e liberare così quelli che per timore della morte erano soggetti a schiavitù per tutta la vita" (cfr. Eb. 2, 11-14).
Tommaso, mosso dalla carne, dal bisogno di toccare e vedere, era andato a cercare il suo gemello, l'unica parte di sé che poteva dare compimento e completezza alla sua vita, ma lo era andato a cercare lontano dalla verità, dallo stesso corpo di Cristo che è la comunione, la comunità dei suoi fratelli.
Forse voleva un rapporto diverso ed esclusivo, forse voleva seguire il suo istinto, gli schemi mondani, forse, semplicemente, era andato alla tomba, ancora incredulo. Di certo, come ciascuno di noi, Tommaso era andato a cercare il Signore laddove la carne lo aveva guidato, per ritrovare l'unico che poteva dare Pace alla sua vita.
E, come noi, aveva dimenticato che l'unico luogo dove ricevere la virtù soprannaturale della fede, dove toccare e vedere Cristo risorto, dove sperimentare il suo amore più forte della morte, è la Chiesa, la comunità. 
Ma il Signore amava Tommaso, come ama noi. E ci attende con pazienza, e viene a cercarci ancora. Tommaso torna nella comunità, ascolta l'annuncio, non crede, ma è lì, con i suoi fratelli. E tanto basta, e questo è tutto. Perché Gesù torna dai suoi, e si fa presente, come il giorno di Pasqua, in questo giorno che, per il suo apparire, diviene un unico giorno, il grande giorno della vittoria sul peccato e la morte!
Sì, quest'oggi, domenica in albis, la Chiesa lo vive come il giorno di Pasqua, stesse antifone, stesso prefazio, ed è il segno dell'amore di Cristo che, risorto, dilata il tempo sino a che esso raggiunga anche Tommaso, e, in lui, tocchi con la sua carne risorta, ogni uomo.
E così ogni domenica è Pasqua, perché la resurrezione, il perdono, la vittoria di Cristo attiri e assorba anche gli uomini più lontani, i tanti gemelli di Gesù dispersi a cercare quella parte di sé che manca perché essi siano felici.
I segni che Gesù aveva mostrato agli altri apostoli una settimana prima, i sacramenti della sua resurrezione, sono ora davanti a Tommaso. Ma, soli, non bastano. E' necessario, come lo è stato per i suoi fratelli, ricevere lo Spirito Santo, la Rivelazione del Padre che ha fatto beato Pietro, quel supplemento d'anima che libera lo sguardo oltre le ferite nella carne e induce a oltrepassare le porte della sola ragione, della propria carne esigente di prove e conferme.
E' l'amore di Dio, l'amore di Cristo sigillato dallo Spirito Santo, lo stesso che ha fatto conoscere a San Paolo Cristo non più secondo la carne, e lo ha colmato della speranza che non delude. E' lo Spirito Santo che, nel cammino della storia, condurrà san Tommaso, e ciascuno di noi, a riconoscere il nostro Signore e il nostro Dio, nelle nostre stesse piaghe, nelle ferite della nostra vita. La Croce gloriosa, la vita oltre la morte.
E' questo il senso più profondo del Vangelo di oggi, della stessa figura di Tommaso, un gemello nel cui cuore risuona sempre l'eco della presenza del proprio fratello. Gemello di Cristo, come ciascuno di noi. Per questo le sue ferite sono le nostre, e la fede non si ferma a un evento registrato dai sensi, ma va al di là, alla presenza misteriosa eppure concreta e reale, della sua vittoria, della sua vita dentro la nostra vita.
Nella Chiesa, nella comunità appare allora la fede: in essa si possono toccare le ferite di Cristo, le proprie ferite, e vederle trasfigurate, gloriose della gloria risorta. Toccare il dolore salvato, le piaghe gloriose della propria storia perché, invece di generare i peccati generati dalla paura della morte nell’illusione che possano colmare il vuoto e leniscano il dolore, esse divengano la fonte di una vita nuova, donata a Cristo e ai fratelli.
Nella Chiesa si impara dunque la fede adulta, che ama, che spera, che vive nella verità, che obbedisce, che non resiste al male, che si apre alla vita, che vive le relazioni nella castità e nel rispetto, libera dagli idoli di questo mondo. "Mio Signore e mio Dio", è la fede che vede l'amore di Dio in ogni piaga, e può abbandonarsi ad esso con fiducia, insieme con i propri fratelli, gemelli di Cristo.
In questo giorno, “ottavo” dopo la resurrezione, Cristo risorto viene nelle nostre case, nelle famiglie, nelle comunità, nei nostri luoghi per farne un cenacolo dove ogni rapporto è trasfigurato. Oggi mia moglie è prima di tutto gemella di Gesù e sorella mia, così come il marito, i figli, il fidanzato, i colleghi, i parenti.
Ciò significa guardare e parlare a tutti cercando e trovando in ciascuno i tratti del cuore che assomigliano a quelli di Cristo. Non andrò più a guardare i difetti, i peccati, ma la luce della Divina Misericordia che trasfigura anche il peggior peccato in uno scrigno che custodisce l’amore di Cristo più forte della morte.
“Diventa credente” ci dice oggi il Signore, ovvero in cammino nella storia, in comunione con i fratelli, anche notte oscura, quella che sottrae consolazioni e nasconde vita e bellezza in una tomba, con la sola certezza della fede sigillata istante dopo istante, che nel buio più oscuro, come celata in un’ostrica, è vivo ed è pronta a risorgere la perla preziosa del suo amore che mai ci abbandona.
*
Guercino, Incredulità di San Tommaso, 1620-1640, Pinacoteca vaticana
27 aprile 2014
di ENZO BIANCHI
Siamo nell’ultimo capitolo del vangelo scritto dal discepolo amato, dove ci è data la testimonianza della resurrezione di Gesù da parte di Maria di Magdala, del discepolo amato stesso e degli altri discepoli, tra i quali Tommaso (il capitolo 21 è stato aggiunto dalla comunità del discepolo amato, tant’è vero che i vv. 30-31 del capitolo 20 costituiscono la conclusione del vangelo).
Sempre in quel “primo giorno della settimana”, il giorno della resurrezione e dunque il giorno del Signore (Dominus, da cui dies dominicus, domenica), alla sera i discepoli di Gesù sono ancora nella paura, chiusi in casa, nonostante Maria di Magdala abbia annunciato loro: “Ho visto il Signore!” (Gv 20,18). Dov’erano i discepoli? In quale casa? Non ci viene detto, ma l’evangelista sembra suggerirci che dove sono i discepoli, là viene Gesù. Così il lettore comprende che ogni primo giorno della settimana, nel luogo in cui lui si trova con altri cristiani, là viene Gesù risorto e vivente.
In quel giorno della resurrezione Gesù ha inaugurato un altro modo di presenza: sta in mezzo ai suoi non più come prima, uomo tra gli uomini, ma come Risorto vivente per sempre. È sempre lui, Gesù, il figlio di Maria, l’inviato da Dio nel mondo, ma ormai non più in una carne mortale, bensì in una vita eterna nello Spirito di Dio. Questa nuova presenza è più forte e più potente della presenza fisica, perché vince ogni porta chiusa e ogni muro, e diventa credibile, sperimentata, vissuta nel quadro di una vita fraterna, di una vita di comunione: la chiesa.
Gesù, dunque, venuto tra i suoi nella posizione centrale (“stette in mezzo a loro”) di chi presiede l’assemblea, saluta i suoi con la benedizione messianica: “La pace sia con voi!”, e nel consegnare la pace mostra loro il suo corpo piagato, le mani che portano i segni della crocifissione (cf. Gv 19,17) e il costato che aveva ricevuto il colpo di lancia (cf. Gv 19,34). Gesù è vivente, è risorto da morte, ma non cessa di essere il Crocifisso: quella morte, destino di ogni uomo ma anche morte violenta data a Gesù dall’ingiustizia di questo mondo, è stata da lui vissuta e assunta, fa parte della sua umanità ormai trasfigurata in Dio ma sempre presente, non cancellata né dimenticata. Sì, Gesù risorto è vita eterna, divina, ma anche vita umana trasfigurata, sicché ormai non è più possibile pensare a Dio, dire Dio, senza pensare anche all’uomo.
A questa percezione i discepoli gioiscono, realizzando le parole dette loro da Gesù prima della passione: “Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete … Un poco e non mi vedrete più; un poco ancora e mi vedrete … Vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno potrà togliervi la vostra gioia” (Gv 14,19; 16,16.22). Gesù allora quale Risorto alita, soffia su quella comunità, gioiosa perché credente in lui, e li fa tutti inviati, apostoli. Inviati per cosa? Nel quarto vangelo questi discepoli resi apostoli sono inviati per dare agli uomini la possibilità di sperimentare la salvezza nella remissione dei peccati: rimettere i peccati, rimettere i debiti, perdonare, questo è il mandato missionario. Nient’altro, nient’altro! Perché questo è ciò di cui gli uomini hanno bisogno: il perdono, la remissione dei peccati, la cancellazione dei peccati da parte di Dio e da parte degli uomini loro fratelli.
A questa esperienza della presenza del Risorto da parte dei discepoli Giovanni aggiunge l’esperienza di uno dei Dodici: Tommaso, quel discepolo che aveva detto di voler andare a Gerusalemme per morire con Gesù (cf. Gv 11,16), ma che poi in realtà era fuggito come tutti gli altri. Tommaso non vuole credere, sulla parola dei suoi fratelli, alla presenza di Gesù risorto e vivente, ma otto giorni dopo, quando la comunità è nuovamente radunata nel primo giorno della settimana, egli è presente. 
Ed ecco che, di nuovo, viene Gesù, sta in mezzo e dà la pace ai discepoli; poi si rivolge a Tommaso mostrandogli le mani bucate e il costato trafitto, i segni della passione in un corpo trasfigurato. Tommaso allora non può fare altro che invocare: “Mio Signore e mio Dio!”, pronunciando la confessione di fede più alta di tutto il quarto vangelo. Quel Risorto è Kýrios e Dio per la chiesa! Questo occorre credere senza aver visto nulla, ma accogliendo l’annuncio della comunità del Signore e il dono di Dio che rivela la vera identità di Gesù risorto per sempre. Per Tommaso toccare il corpo di Gesù è ormai diventato inutile, ed egli non lo fa, perché la contemplazione e l’incontro con i segni della passione trasfigurati gli bastano.
Ma l’operazione più difficile, per Tommaso come per noi, sta proprio nel vedere nei corpi piagati la potenza di una trasfigurazione che fa delle piaghe delle cicatrici luminose e piene di senso: non più segno di morte o di peccato, ma segno di guarigione e di vita per sempre.
*
"La pace di Gesù non promette di eliminare la Croce ma rende certi della sua vittoria"
Lectio Divina per II Domenica di Pasqua - della Divina Misericordia - Anno A - 27 aprile 2014
Monsignor Francesco Follo, osservatore permanente della Santa Sede presso l'UNESCO a Parigi, offre oggi la seguente riflessione sulle letture liturgiche per la II Domenica di Pasqua, della Divina Misericordia[1] (Anno A). 
Come di consueto, il presule offre anche una lettura patristica.
***
LECTIO DIVINA
            1) Il costato trafitto: sorgente di luce e di misericordia.
            Questa domenica, che tradizionalmente era chiamata “Domenica in Albis”, dal 2000 è stata proclamata Festa della Misericordia da Giovanni Paolo II. Questo Santo Papa ha così voluto evidenziare lo stratto legame che esiste tra il Mistero di Pasqua e la Festa della misericordia: “L’opera della Redenzione è collegata con l’opera della Misericordia” (Sr Faustina).
            E’ vero che, secondo un’antica tradizione, l’odierna domenica aveva il nome di Domenica “in Albis”, perché in questo giorno, nei primi secoli della Chiesa, i battezzati della Veglia pasquale indossavano ancora una volta la loro veste bianca, simbolo della luce che il Signore aveva loro donato nel Battesimo. In seguito avrebbero poi deposto la veste bianca[2], ma la nuova luminosità che era stata loro comunicata doveva da lore essere introdotta nella loro quotidianità. La fiamma delicata della verità e del bene, che il Signore aveva acceso in loro, doveva da loro essere custodire diligentemente per portare così in questo nostro mondo qualcosa della luminosità e della bontà di Dio.
            E’ altrettanto vero che battesimo[3] è il sacramento di misericordia, con il quale Dio non solamente ci perdona il peccato originale ma ci incorpora a Cristo e ci rende Tempio dello Spirito Santo. Questo sacramento “sgorga” dal costato trafitto di Cristo, “sorgente di misericordia, fontana di perdono” (Simeone il Nuovo Teologo, Inno XLV) e il Vangelo di oggi ci mostra l’Apostolo Tommaso che ha il dono della fede mettendo il dito in questo costato, quasi per toccare il Cuore di Cristo compassionevole da cui escono il sangue e l’acqua della grazia: la tenera misericordia di Dio.
            Dio non può tradire il suo nome: Amore, che si dona e che perdona. Con il Mistero della passione, morte e risurrezione di Cristo una nuova creazione è fatta, e come dal costato di Adamo dormiente Dio Padre è stata formata Eva, dal costato di Cristo dormiente sulla Croce Dio Padre trasse la Chiesa[4].
            La Chiesa è nata dal cuore trafitto di Cristo[5] e San Tommaso, perdonato della sua incredulità, ebbe l’impegnativo dono di mettere la sua mano nel costato e di arrivare vicino al Cuore del Crocifisso risorto. Toccò l’uomo e riconobbe Dio, che gli manifestava ancora una volta la Sua misericordia.
            A noi come a San Tommaso, Gesù dice: “Metti qua il tuo dito, stendi la tua mano, tocca!” A Tommaso bastò quel gesto. Anche a noi può e edeve bastare sapere e fare esperienza che il prossimo, il fratelle e la sorella, colui che tende le mani verso di te, voce che non ti giudica ma ti incoraggia e ti chiama, corpo offerto ai dubbi dei suoi amici, è Gesù.
            Non non poté sbagliarsi. C'era un foro nelle mani di Cristo, c’era il colpo di lancia nel Suo fianco: sono i segni dell'amore, che Gesù non nasconde, anzi, quasi esibisce: il foro dei chiodi, lo squarcio nel costato.
            Guardiamo frequentemente il Crocifisso che c’è in ogni chiesa e, spero, in ogni nostra casa,  con gli occhi vedremo piaghe che non ci saremmo aspettati, con le mani del cuore potremo anche noi toccare e crede.           
            Forse, pensavamo che la Risurrezione avrebbe rimarginato per sempre le ferite del Venerdì santo. E invece no. L'amore ha scritto il suo racconto sul corpo di Gesù con l'alfabeto delle ferite. Indelebili ormai, proprio come l'amore. Ma dalle piaghe aperte non sgorga più sangue, bensì luce e misericordia. E nella mano di Tommaso, guidata da Cristo verso il suo costato, ci sono tutte le nostre mani.
            2) Dalla paura alla gioia.
            “Le porte erano sprangate per paura dei Giudei” (Gv 20, 19). Paura improbabile, ma quasi tutte le paure sono improbabili, però ci sono e sono realissime. Queste paure che ti chiudono totalmente agli altri, che fanno buio nell’esistenza e che fanno del loro cuore e del cenacolo un sepolcro; il cenacolo è il luogo dove Gesù aveva dato il pane, dove adesso entrerà, ormai la loro stanza è un sepolcro, vivono di paura, di paura della morte. Come la pietra che chiudeva il Sepolcro non impedì a Cristo di uscire e portare la Luce, le porte chiuse del Cenacolo non Gli impediscono di entrare e di rischiare il luogo ed i cuori dei suoi discepoli. Il Signore è risorto non c'è più ragione di avere alcuna paura. Persino la morte è vinta: di che cosa avere allora paura? “Si rallegrarono al vedere il Signore”: i discepoli passano dalla paura alla gioia. La gioia, dono del Signore risorto, è una partecipazione alla sua stessa gioia.
            Non ci sono due gioie differenti, una per Dio e una per l'uomo. In tutte e due i casi si tratta di una gioia che affonda le sue radici nell'amore. Questa gioia non sta nell'assenza della Croce, ma nel comprendere che il Crocifisso è risorto. La fede permette una comprensione vera della Croce e del dramma dell'uomo.
            Insieme con la gioia c’è un altro dono da parte del Risorto: la pace. Ricordiamo però che pace e gioia sono “doni” di Cristo e, al tempo stesso, “tracce” per riconoscerLo. Ma occorre infrangere l’attaccamento a se stessi. La pace e la gioia fioriscono soltanto nella libertà e nel dono di sé.
            L'offerta di se stessi a Dio, ha recentemente[6] spiegato Papa Francesco, “riguarda ogni cristiano, perché tutti siamo consacrati a Lui mediante il Battesimo. Tutti siamo chiamati ad offrirci al Padre con Gesù e come Gesù, facendo della nostra vita un dono generoso, nella famiglia, nel lavoro, nel servizio alla Chiesa, nelle opere di misericordia”. Tuttavia, “tale consacrazione è vissuta in modo particolare dai religiosi, dai monaci, dai laici consacrati, che con la professione dei voti appartengono a Dio in modo pieno ed esclusivo. Questa appartenenza al Signore permette a quanti la vivono in modo autentico di offrire una testimonianza speciale al Vangelo del Regno di Dio. Totalmente consacrati a Dio, sono totalmente consegnati ai fratelli, per portare la luce di Cristo là dove più fitte sono le tenebre e per diffondere la sua speranza nei cuori sfiduciati”. Le Vergini consacrate sono segno di Dio nei diversi ambienti di vita, sono lievito per la crescita di una società più giusta e fraterna, sono profezia di condivisione con i piccoli e i poveri. Così intesa e vissuta, la vita consacrata ci appare proprio come essa è realmente: è un dono di Dio, un dono di Dio alla Chiesa, un dono di Dio al suo popolo.
            3) Il perdono come missione.
L’incontro di misericordia di Cristo con Tommaso fu possibile perche Gesù stava in mezzo ai discepoli. Non solo Tommaso, ma lui e la comunità riconoscono il Signore dalle sue ferite, che restano sempre aperte per accogliere tutti. Da esse scaturisce la gioia di chi è amato e l’invio ad amare come siamo amati. La missione della chiesa è la stessa di Gesù, inviato dal Padre verso i fratelli. Per questo siamo creature nuove, vivificate dal suo Spirito, che è amore, dono e perdono da offrire a tutti. Se perdoniamo, siamo come Gesù Cristo ed avremo la sua pace: “Pace a voi”.
            Ma è una pace diversa rispetto a quella del mondo. Diversa perché dono di Dio e perché va alla radice, là dove l’uomo si decide per la menzogna o per la verità. Diversa perché è una pace che sa pagare il prezzo della giustizia. La pace di Gesù non promette di eliminare la Croce - né nella vita del cristiano, né nella storia del mondo - ma rende certi della sua vittoria: “Io ho vinto il mondo” (Gv 16,33).
            Al dono della pace Gesù aggiunge quello dello Spirito: “Ricevete lo Spirito Santo”: lo Spirito è il testimone di Gesù. Davanti all’ostilità che incontreranno, i discepoli saranno esposti al dubbio, allo scandalo, allo scoraggiamento: lo Spirito difenderà Gesù nel loro cuore, li renderà sicuri e saldi. Anche a noi, discepoli di oggi, lo Spirito ci offre questa certezza e ci da la forza di portare nel mondo il perdono di Dio.
            La Chiesa nel Cenacolo è nata dalla contemplazione dell’amore del Cristo Crocifisso e Risorto ed è inviata a testimoniare e condividere questo amore che perdona.
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LETTURA PATRISTICA
Lettura Patristica
Sant’Agostino d’Ippona
Dal Commento alla Prima Lettera di S. Giovanni
(In Io. Ep. tr. 1, 3) 
Tommaso toccò l’uomo e riconobbe Dio!
“Noi - dice Giovanni - siamo testimoni e vi annunciamo la vita eterna che era presso il Padre e si è manifestata in noi (1 Gv 1, 2-3), cioèin mezzo a noi; piú chiaramente si direbbe: manifestata a noi. Le cose dunque che abbianto visto e sentito le annunciamo a voi. Faccia bene attenzione la vostra Carità: Le cose che abbiamo visto e udito noi vi annunciamo. Essi videro presente nella carne il Signore stesso, da quella bocca raccolsero le sue parole e ce le hanno trasmesse. Perciò anche noi abbiamo sentito, sebbene non abbiamo visto. Siamo forse meno felici di quelli che videro ed udirono? Ma perché allora aggiunse: Affinché anche voi abbiate parte insieme con noi (1 Gv 1, 3-4)?Essividero, noi no, e tuttavia ci troviamo insieme; la ragione è questa, che abbiamo comune tra noi la fede. Ci fu un tale che, avendo visto, non credette e volle palpare per arrivare in questo modo alla fede. Disse costui: Io non crederò se non metterò le mie dita nel segno dei chiodi e non toccherò le sue cicatrici. IlSignore permise che le mani degli uomini lo palpassero per un poco, lui che sempre si offre allo sguardo degli angeli. Il discepolo dunque palpò ed esclamò: Signor mio e Dio mio. Eglitoccò l'uomo e riconobbe Dio. Il Signore allora, per consolare noi che non possiamo stringerlo con le mani, essendo egli già in cielo, ma possiamo raggiungerlo con la fede, gli disse: Tu hai creduto, perché hai veduto: beati quelli che non vedono e credono (Gv 20, 25-29). In questo passo siamo noi stessi ritratti e designati. S'avveri dunque in noi quella beatitudine che il Signore ha preannunziato per le future generazioni; restiamo saldamente attaccati a ciò che non vediamo, perché essi che videro ce lo attestano. Affinché -affermaGiovanni - anche voi abbiate parte con noi. Che c'è di straordinario a far parte della società degli uomini? Aspetta ad obiettare; considera ciò che egli aggiunge: E la nostra vita sia in comune con Dio Padre e Gesú Cristo suo Figlio. Queste cose ve le abbiamo scritte, perché sia piena la vostra gioia (1 Gv 1, 3-4). Proprio nella vita in comune, proprio nella carità e nella unità, Giovanni afferma che c'è la pienezza della gioia.”
In breve...Vedeva e toccava l’uomo, ma confessava Dio che non vedeva e non toccava. Attraverso ciò che vedeva e toccava, rimosso ormai ogni dubbio, credette in ciò che non vedeva. (In Io. Ev. tr. 121, 5)
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NOTE[1] Nella parola "misericordia" S. Giovanni Paolo II trovava riassunto e nuovamente interpretato per il nostro tempo l’intero mistero della Redenzione, quindi il 30 aprile 2000 questo Papa, che oggi è proclamato Santo insieme con Giovanni XXIII, istituì  la Festa della Divina Misericordia e volle che fosse celebrata in questa II Domenica di Pasqua.
[2] Per questo la prima domenica dopo Pasqua era chiamata in latino: “in albis depositis”.
[3] “Il santo Battesimo è il fondamento di tutta la vita cristiana, il vestibolo d'ingresso alla vita nello Spirito (« vitae spiritualis ianua »), e la porta che apre l'accesso agli altri sacramenti. Mediante il Battesimo siamo liberati dal peccato e rigenerati come figli di Dio, diventiamo membra di Cristo; siamo incorporati alla Chiesa e resi partecipi della sua missione: « Baptismus est sacramentum regenerationis per aquam in verbo – Il Battesimo può definirsi il sacramento della rigenerazione cristiana mediante l'acqua e la parola ».”(Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1213).
[4] Cfr Concilio Vaticano II, Cost. Sacrosanctum Concilium, 5: AAS 56 (1964) 99.
[5] Cfr Sant'Ambrogio, Expositio evangelii secundum Lucam, 2, 85-89: CCL 14, 69-72 (PL 15, 1666-1668)
[6]  Discorso del 2 febbraio 2014.

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