Santa Maria,

Santa Maria,
...donna del primo sguardo, donaci la grazia dello stupore.

mercoledì 7 agosto 2013

di Eugenio Scalfari - Ai non credenti come me Francesco piace molto, anzi moltissimo... Lunga vita a Papa Francesco.






di Eugenio Scalfari
in “la Repubblica” del 7 agosto 2013
Papa Francesco è stato eletto al soglio petrino da pochissimi mesi ma continua a dare scandalo ogni
giorno. Per come veste, per dove abita, per quello che dice, per quello che decide. Scandalo, ma
benefico, tonificante, innovativo.
Con i giornalisti parla poco, anzi non parla affatto, il circo mediatico non fa per lui, non è nei suoi
gusti, ma il suo dialogo con la gente è continuo, collettivo e individuale, ascolta, domanda,
risponde, arriva nei luoghi più disparati ed ha sempre un testo da leggere tra le mani ma subito lo
butta via. Improvvisa senza sforzo alcuno a cielo aperto o in una chiesa, in una capanna di pescatori
o sulla spiaggia di Copacabana, nel salone delle udienze o dalla “papamobile” che fende
dolcemente la folla dei fedeli.
È buono come Papa Giovanni, affascina la gente come Wojtyla, è cresciuto tra i gesuiti, ha scelto di
chiamarsi Francesco perché vuole la Chiesa del poverello di Assisi. Infine: è candido come una
colomba ma furbo come una volpe. Tutti ne scrivono, tutti lo guardano ammirati e tutti, presbiteri e
laici, uomini e donne, giovani e vecchi, credenti e non credenti aspettano di vedere che cosa farà il
giorno dopo.
Di politica non si occupa, non l’ha mai fatto né in Argentina da vescovo né dal Vaticano da papa.
Criticò Videla sistematicamente, ma non per l’orribile dittatura da lui instaurata ma perché non
provvedeva ad aiutare i poveri, i deboli, i bisognosi. Alla fine il governo, per liberarsi di quella voce
fastidiosa, mise a sua disposizione una struttura assistenziale fino a quel momento inerte e lui
abbandonò la sua diocesi ad un vicario e cominciò a battere tutto il paese come un missionario, ma
non per convertire bensì per aiutare, educare, infondere speranza e carità.
Due mesi fa ha pubblicato un’enciclica sulla fede, un testo già scritto dal suo predecessore con il
quale convive senza alcun imbarazzo a poche centinaia di metri di distanza. Ha ritoccato in pochi
punti quel testo e l’ha firmato e reso pubblico.
L’enciclica è alquanto innovativa rispetto ad altre sullo stesso tema emesse dai suoi predecessori. La
novità sta nel fatto che non si occupa del rapporto tra fede e ragione. Non esclude affatto che quel
rapporto ci sia, ma a lui (e a Benedetto XVI) interessa la grazia che promana dal Signore e scende
sui fedeli. La grazia coincide con la fede e la fede con la carità, l’amore per il prossimo, che è il solo
modo – attenzione: il solo modo – di amare il Signore. Si sente il profumo intellettuale di Agostino.
Più di Agostino che di Paolo. Ma qui andiamo già nel difficile. Si dovrebbe pensare che siano tre i
Santi di riferimento per l’attuale Vescovo di Roma (che insiste molto su questa qualifica che
accompagna e addirittura precede il titolo pontificale): Agostino, Ignazio, Francesco.
Ma è quest’ultimo che dà al Papa che ne ha preso il nome il connotato più evidente e da lui
sottolineato in ogni occasione. Vuole una Chiesa povera che predichi il valore della povertà; una
Chiesa militante e missionaria, una Chiesa pastorale, una Chiesa costruita a somiglianza di un Dio
misericordioso, che non giudica ma perdona, che cerchi la pecora smarrita, che accolga il figliol
prodigo.
Certo, la Chiesa cattolica è anche un’istituzione, ma l’istituzione, come la vede Francesco, è una
struttura di servizio, come l’intendenza di un esercito rispetto alle truppe combattenti. L’intendenza
segue, non precede. E così siano l’istituzione, la Curia, la Segreteria di Stato, la Banca, il
Governatorato del Vaticano, le Congregazioni, i Nunzi e i Tribunali, tutta l’immensa e
immensamente complessa architettura che tiene in piedi da duemila anni la Chiesa, Sposa di Cristo.
Questo, finora, è stato il volto della Chiesa. La pastoralità? Certo, un bene prezioso. La Chiesa
predicante? La Chiesa missionaria? La Chiesa povera? Certo, la vera sostanza che l’istituzione
contiene come un gioiello prezioso dentro una scatola d’acciaio.
Ma attenzione: per duemila anni la Chiesa ha parlato, ha deciso, ha agito come istituzione. Non c’è
mai stato un papa che abbia inalberato il vessillo della povertà, non c’è mai stato un papa che non abbia gestito il potere, che non abbia difeso, rafforzato, amato il potere, non c’è mai stato un papa
che abbia sentito come proprio il pensiero e il comportamento del poverello di Assisi. E non c’è mai
stata, se non nei casi di debolezza e di agitazione, una Chiesa orizzontale invece che verticale. In
duemila anni di storia la chiesa cattolica ha indetto 21 Concili ecumenici, per lo più addensati tra il
III e il V secolo dell’era cristiana e tra il IX e il XIII. Dal Concilio di Trento passarono più di
trecent’anni fino al Vaticano I preceduto dal Sillabo e poi ne passarono ottanta fino al Vaticano II.
I Sinodi sono stati ovviamente molto più numerosi, ma tutti indetti e guidati dalla Curia e dal Papa.
Il cardinale Martini (vedi caso anch’egli gesuita) voleva accanto al magistero del Papa la struttura
orizzontale dei Concili e dei Sinodi dei vescovi, delle Conferenze episcopali e della pastoralità. Non
fu amato a Roma, come Bergoglio nel conclave che terminò con l’elezione di Ratzinger.
Bergoglio ama anche lui la struttura orizzontale. La sua missione contiene insomma due scandalose
novità: la Chiesa povera di Francesco, la Chiesa orizzontale di Martini. E una terza: un Dio che non
giudica ma perdona. Non c’è dannazione, non c’è Inferno. Forse Purgatorio? Sicuramente
pentimento come condizione per il perdono. «Chi sono io per giudicare i gay o i divorziati che
cercano Dio?» così Bergoglio.
* * *
Vorrei però a questo punto porgli qualche domanda. Non credo risponderà, ma qui ed oggi non
sono un giornalista, sono un non credente che è da molti anni interessato e affascinato dalla
predicazione di Gesù di Nazareth, figlio di Maria e di Giuseppe, ebreo della stirpe di David. Ho una
cultura illuminista e non cerco Dio. Penso che Dio sia un’invenzione consolatoria e affascinate della
mente degli uomini.
Ebbene, è in questa veste che mi permetto di porre a Papa Francesco qualche domanda e di
aggiungere qualche mia riflessione.
Prima domanda: se una persona non ha fede né la cerca, ma commette quello che per la Chiesa è un
peccato, sarà perdonato dal Dio cristiano? Seconda domanda: il credente crede nella verità rivelata,
il non credente pensa che non esista alcun assoluto e quindi neppure una verità assoluta, ma una
serie di verità relative e soggettive. Questo modo di pensare per la Chiesa è un errore o un peccato?
Terza domanda: Papa Francesco ha detto durante il suo viaggio in Brasile che anche la nostra specie
perirà come tutte le cose che hanno un inizio e una fine. Anch’io penso allo stesso modo, ma penso
anche che con la scomparsa della nostra specie scomparirà anche il pensiero capace di pensare Dio
e che quindi, quando la nostra specie scomparirà, allora scomparirà anche Dio perché nessuno sarà
più in grado di pensarlo. Il Papa ha certamente una sua risposta a questo tema e a me piacerebbe
molto conoscerla.
Ed ora una riflessione. Credo che il Papa, che predica la Chiesa povera, sia un miracolo che fa bene
al mondo. Ma credo anche che non ci sarà un Francesco II. Una Chiesa povera, che bandisca il
potere e smantelli gli strumenti di potere, diventerebbe irrilevante. È accaduto con Lutero ed oggi le
sette luterane sono migliaia e continuano a moltiplicarsi. Non hanno impedito la laicizzazione anzi
ne hanno favorito l’espansione. La Chiesa cattolica, piena di difetti e di peccati, ha resistito ed è
anzi forte perché non ha rinunciato al potere. Ai non credenti come me Francesco piace molto, anzi
moltissimo, come pure Francesco d’Assisi e Gesù di Nazareth. Ma non credo che Gesù sarebbe
diventato Cristo senza un San Paolo.
Lunga vita a Papa Francesco.

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