Santa Maria,

Santa Maria,
...donna del primo sguardo, donaci la grazia dello stupore.

lunedì 19 agosto 2013

«Maestro, che cosa devo fare di buono per avere la vita eterna?»






Adorare il Signore vuol dire dare a Lui il posto che deve avere; 
affermare, credere, non però semplicemente a parole, 
che Lui solo guida veramente la nostra vita; 
vuol dire che siamo convinti davanti a Lui che è il solo Dio, 
il Dio della nostra vita, il Dio della nostra storia.
Questo ha una conseguenza nella nostra vita: 

spogliarci dei tanti idoli piccoli o grandi che abbiamo e nei quali ci rifugiamo, 
nei quali cerchiamo e molte volte riponiamo la nostra sicurezza. 
Sono idoli che spesso teniamo ben nascosti; 
possono essere l’ambizione, il carrierismo, il gusto del successo, 
il mettere al centro se stessi, 
la tendenza a prevalere sugli altri, 
la pretesa di essere gli unici padroni della nostra vita, 
qualche peccato a cui siamo legati, e molti altri. 


Papa Francesco



Dal Vangelo secondo Matteo 19,16-22. 

Ed ecco un tale gli si avvicinò e gli disse: «Maestro, che cosa devo fare di buono per ottenere la vita eterna?». 
Egli rispose: «Perché mi interroghi su ciò che è buono? Uno solo è buono. Se vuoi entrare nella vita, osserva i comandamenti». 
Ed egli chiese: «Quali?». Gesù rispose: «Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, onora il padre e la madre, ama il prossimo tuo come te stesso». 
Il giovane gli disse: «Ho sempre osservato tutte queste cose; che mi manca ancora?». 
Gli disse Gesù: «Se vuoi essere perfetto, va, vendi quello che possiedi, dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo; poi vieni e seguimi». 
Udito questo, il giovane se ne andò triste; poiché aveva molte ricchezze. 


Il commento



La "tristezza" è non essere "perfetto". La vita, infatti, ci è data per diventare "perfetti". Tutto ciò che è meno della perfezione non ci appaga, non ci realizza, non dà compimento ai nostri giorni. Non a caso il "tale" che si avvicina a Gesù è un "giovane". Egli pone la domanda che preme nel petto ogni giovane, mentre tira su e arrotola la persiana dei pochi anni vissuti; e sembra che gli si dischiuda dinanzi l'intera esistenza, come qualcosa di grande da acciuffare e mangiare, senza perderne una briciola. Vivere intensamente, scoprendo il senso di ogni cosa, la ragione e la pienezza di ogni incontro: è questo che desidera il "giovane", chiedendo "cosa fare di buono per avere la vita eterna". Vivere "perfettamente", al massimo come direbbe Vasco Rossi. 


Come ogni giovane egli cerca che cosa vi sia di "buono" da fare per vivere senza che la vita sfugga dalle mani. Perché, come ogni giovane, non sa cosa fare: se studiare o lavorare; che facoltà scegliere o dove presentare domanda di lavoro; se fidanzarsi o no con quel ragazzo; se sposarsi o aspettare; se dare ascolto a quella voce che sembra ti stia chiamando ad essere prete o suora, oppure non farci caso e metterla a tacere. In fondo, il giovane cerca qualcosa di buono per cui valga davvero la pena spendere la vita; una buona causa, un buon ideale, un buon motivo per fare e raggiungere l'eternità. Ma, come al solito, Gesù risponde con un'altra domanda: "Perché mi interroghi su ciò che è buono? Uno solo è buono". Il giovane, dunque, nel porre la domanda ha sbagliato qualcosa di decisivo! Non si tratta di sapere "che cosa sia buono da fare", ma di conoscere "il solo buono"!


Ecco il perché della "tristezza" che affiorerà sul volto del giovane che "se ne andrà" lontano da Gesù; tanti giovani, come molti meno giovani, sono tristi e angosciati "perché interrogano Gesù" - nella preghiera personale o consultando genitori, preti o catechisti per un parere - per sapere che "cosa fare"; pensiamo di essere angosciati perché non abbiamo interessi speciali e così definiti da imporci una scelta; crediamo che le crisi ci vengano dall'essere incoerenti e indecisi. Niente di più sbagliato ci dice il Signore. La "tristezza" di nostro figlio non è causata dal non sapere "che cosa fare", ma dal non conoscere "il solo buono". La felicità, infatti, nasce da un incontro, mai da un fare; la gioia scaturisce dalla gratuità e mai dallo sforzo. Il giovane del vangelo, pur essendosi sforzato nel rispettare le regole, non aveva conosciuto l'autore della Legge. E così si era condannato ad essere schiavo delle regole, credendo di poter raggiungere la "perfezione" della "vita eterna" attraverso una regola ancor più "buona" di quelle rispettate sino ad allora.


Come ciascuno di noi, che anche nel rapporto con Gesù, cerchiamo quel qualcosa in più che ci faccia raggiungere ciò che desideriamo: una formula, una regola da seguire, un talismano che ci sleghi dall'indecisione, ci liberi dalla precarietà e ci dia quello che pensiamo sia pace e felicità. E invece il Signore ci annuncia che quello che vorremmo sapere da Lui è solo un misero desiderio della carne, il meschino criterio con cui l'uomo vecchio vorrebbe tenersi a galla, magari in un contesto religiosamente corretto, così che nessuno lo possa smascherare. Eh no, Gesù ci annuncia che vi è Qualcuno che è davvero "buono", ed è "unico". Non sono possibili compromessi. Non esistono manuali di felicità, perché essa è conoscere Dio come un Padre buono. Sino ad ora abbiamo conosciuto Dio come un legislatore, a volte invadente e incomprensibile, e abbiamo spensieratamente fatto la cresta su alcuni codicilli, a nostro parere marginali e non decisivi: qualche rapporto prematrimoniale, qualche tassa ingiusta non pagata, un giudizio che, accidenti! è solo una constatazione, una mormorazione e un gossip (diffamazione, ma fa' niente...) su quella cugina che, mamma mia, quante ne ha fatte.... E poi, lo abbiamo pregato e consultato per darci delle dritte su come "fare" nelle diverse situazioni. 


Ma niente, pur "facendo" siamo rimasti insoddisfatti: vita si che ne abbiamo, ma di quella eterna e che ti sazia neanche a parlarne... Nel matrimonio amiamo certamente coniuge e figli, ma..... manca qualcosa che ci faccia guardare allo specchio e ci faccia dire: "ti benedico Signore, perché davvero nulla mi manca".... Ecco, ci manca Colui che non ci fa mancare nulla. Ai giovani che non sanno cosa fare manca l'esperienza che con Dio, che è un Padre buono, non manca nulla. Manca la "perfezione", che non si riferisce alla condotta morale, ma alla pienezza di vita dei cristiani. Nella Chiesa primitiva essi erano definiti "perfetti", perché in loro non mancava nulla della "pienezza" di Gesù Cristo, perché, battezzati, vivevano ormai la sua vita. "Perfezione" significa infatti "pienezza", "compiutezza"; l'opera "perfetta di Dio" è la vita di Gesù offerta sino alla fine, sino alla perfezione secondo l'originale greco: quando, spirando sulla Croce, il Signore dice: "Tutto è compiuto, tutto è perfetto". 


Al giovane "per essere perfetto" - per non mancare di nulla - "manca una cosa": conoscere Dio come un Padre buono, l'unico; il solo che perdona infinite volte, che non giudica, non disprezza, che non chiede nulla in cambio del suo amore, che, per amarci, non esige il nostro "fare". Manca conoscere il Padre "buono" che ci ha creati nella sua "bontà" come la sua creatura più "buona": "E Dio disse: «Facciamo l'uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza... Dio creò l'uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò... Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona" (Cfr. Gen. 1,26ss). Al giovane, come ai nostri figli, e spesso anche a noi, manca la conoscenza intima del Padre, al punto che la sua "bontà" si rifletta in ciascuno, creato a sua immagine e somiglianza. Ai giovani, per avere la vita eterna, per essere felici, per essere perfetti manca proprio il "tesoro nel Cielo", manca il Padre! Il giovane se va triste perché ha preferito restare orfano. Come tante volte accade anche a noi, e ai nostri figli. 


"Abbiamo molti beni", denari, affetti, cose, che abbiamo trasformato in idoli che hanno usurpato il posto di Dio nostro Padre. Il giovane ètriste perché ha scelto di continuare a servire il patrigno: "seguendo Gesù" sul cammino della conversione e della libertà, dove "vendere ogni bene per darlo ai poveri", avrebbe sperimentato di avere un tesoro in Cielo, di non essere orfano ma figlio nel Figlio dell'unico Padre buono. Seguire Gesù, infatti, non significa dover abbandonare stoicamente i propri beni, ma aver incontrato il Figlio che è immagine e somiglianza "perfetta" del Padre, l'unico "buono" che dà la Vita eterna, il "bene" assoluto. Ovvio che per seguirlo è necessario prima tagliare le catene che legano agli idoli: ma non si tratta di un moralismo o dell'eroismo di chi si illude di aver optato per Gesù. E' invece opera del potere infinito della sua Parola che chiama a seguirlo. Ecco dunque "che cosa fare": ascoltare anche oggi Gesù, accogliere la sua chiamata d'amore, e lasciare che Lui operi in noi la volontà "buona" del Padre "buono". E questo siamo chiamati a trasmettere ai "giovani": ad abbandonarsi all'amore di Dio, a mettere la propria vita completamente nelle sue mani, come un foglio in bianco sul quale Egli possa scrivere la sua volontà d'amore. E questa e nessun'altra è la vita eterna, "che conoscano te Padre, e il Figlio che tu hai inviato". 


Spesso, nelle indecisioni, si cela l'idolatria della propria volontà e dei propri criteri. I giovani non sanno cosa fare perché difendono ciò che vorrebbero fare e che non riescono a fare. Per questo Gesù e la sua Chiesa, i pastori con i catechisti e i genitori, annunciano alle nuove generazioni che c'è un solo cammino alla vita eterna, quello dell'autentica libertà: essa si sperimenta solo "seguendo" Gesù, "vendendo" ogni giorno "quello che si possiede", le persone e le cose, i progetti e i criteri, soprattutto la propria volontà, per "darlo ai poveri"; ciò significa convertirsi, ovvero non vivere più per se stessi "possedendo", ma per gli altri "offrendosi". Solo la libertà di chi segue il Signore infonde la forza invincibile di fare scelte coraggiose e controcorrente, nella certezza che in nulla resta confuso chi ha Dio per Padre. Sperimentando istante dopo istante di avere "un tesoro in cielo" e, di conseguenza, la vita eterna dentro, i giovani potranno entrare nella volontà di Dio, anche quando non si comprende e la carne la rifiuta. Faranno allora la stessa esperienza di Pietro, adulti nella fede e nella loro umanità: come lui, infatti, quando erano "giovani" andavano dove volevano, facendo quello che la carne desiderava; ma ora, anziani perché adulti nell'esperienza dell'amore di Dio, possono tendere le loro mani, a scuola, nel lavoro, nelle relazioni, e andare dove non vorrebbero, offrendo la propria vita gratuitamente. 


Non saranno allora più in crisi per non sapere che cosa fare, perché stretti nel dover fare solo quello che la libido e la concupiscenza desidera, senza essere mai soddisfatti; al contrario, saranno felici perché liberi di studiare quando non vorrebbero, sposarsi anche se la paura li schianta, accettare un lavoro noioso e senza soddisfazione. Ovunque e con chiunque, infatti, i giovani e tutti noi siamo chiamati alla "perfezione" che è amare come si è amati dal Padre buono e dal suo Figlio; e annunciarlo a tutti attraverso il Vangelo, perché il mondo veda e creda nella bontà di Dio: "Non solo nelle chiese e nelle parrocchie, dunque, ma in ogni ambiente portiamo il profumo dell’amore di Cristo. Nelle scuole, nelle università, nei luoghi di lavoro, negli ospedali, nelle carceri; ma anche nelle piazze, sulle strade, nei centri sportivi e nei locali dove la gente si ritrova. Non siamo avari nel donare ciò che noi stessi abbiamo ricevuto senza alcun merito! Non dobbiamo avere paura di annunciare Cristo nelle occasioni opportune come in quelle inopportune, con rispetto e con franchezza" (Papa Francesco, Messaggio inviato al Meeting di Comunione e Liberazione, agosto 2013).




APPROFONDIMENTI



Messaggio per la XXV Giornata mondiale della Gioventù. 22 Febbraio 2010 




Questo racconto esprime in maniera efficace la grande attenzione di Gesù verso i giovani, verso di voi, verso le vostre attese, le vostre speranze, e mostra quanto sia grande il suo desiderio di incontrarvi personalmente e di aprire un dialogo con ciascuno di voi. Cristo, infatti, interrompe il suo cammino per rispondere alla domanda del suo interlocutore, manifestando piena disponibilità verso quel giovane, che è mosso da un ardente desiderio di parlare con il «Maestro buono», per imparare da Lui a percorrere la strada della vita. Con questo brano evangelico, il mio Predecessore voleva esortare ciascuno di voi a “sviluppare il proprio colloquio con Cristo - un colloquio che è d'importanza fondamentale ed essenziale per un giovane” (Lettera ai giovani, n. 2).


Gesù lo guardò e lo amò

Nel racconto evangelico, San Marco sottolinea come “Gesù fissò lo sguardo su di lui e lo amò” (cfr Mc 10,21). Nello sguardo del Signore c’è il cuore di questo specialissimo incontro e di tutta l’esperienza cristiana. Infatti il cristianesimo non è primariamente una morale, ma esperienza di Gesù Cristo, che ci ama personalmente, giovani o vecchi, poveri o ricchi; ci ama anche quando gli voltiamo le spalle.
Commentando la scena, il Papa Giovanni Paolo II aggiungeva, rivolto a voi giovani: “Vi auguro di sperimentare uno sguardo così! Vi auguro di sperimentare la verità che egli, il Cristo, vi guarda con amore!” (Lettera ai giovani, n. 7). Un amore, manifestatosi sulla Croce in maniera così piena e totale, che fa scrivere a san Paolo, con stupore: “Mi ha amato e ha consegnato se stesso per me” (Gal 2,20). “La consapevolezza che il Padre ci ha da sempre amati nel suo Figlio, che il Cristo ama ognuno e sempre – scrive ancora il Papa Giovanni Paolo II -, diventa un fermo punto di sostegno per tutta la nostra esistenza umana” (Lettera ai giovani, n. 7), e ci permette di superare tutte le prove: la scoperta dei nostri peccati, la sofferenza, lo scoraggiamento.
In questo amore si trova la sorgente di tutta la vita cristiana e la ragione fondamentale dell'evangelizzazione: se abbiamo veramente incontrato Gesù, non possiamo fare a meno di testimoniarlo a coloro che non hanno ancora incrociato il suo sguardo!


La scoperta del progetto di vita

Nel giovane del Vangelo, possiamo scorgere una condizione molto simile a quella di ciascuno di voi. Anche voi siete ricchi di qualità, di energie, di sogni, di speranze: risorse che possedete in abbondanza! La stessa vostra età costituisce una grande ricchezza non soltanto per voi, ma anche per gli altri, per la Chiesa e per il mondo.
Il giovane ricco chiede a Gesù: “Che cosa devo fare?”. La stagione della vita in cui siete immersi è tempo di scoperta: dei doni che Dio vi ha elargito e delle vostre responsabilità. E’, altresì, tempo di scelte fondamentali per costruire il vostro progetto di vita. E’ il momento, quindi, di interrogarvi sul senso autentico dell’esistenza e di domandarvi: “Sono soddisfatto della mia vita? C'è qualcosa che manca?”.
Come il giovane del Vangelo, forse anche voi vivete situazioni di instabilità, di turbamento o di sofferenza, che vi portano ad aspirare ad una vita non mediocre e a chiedervi: in che consiste una vita riuscita? Che cosa devo fare? Quale potrebbe essere il mio progetto di vita? “Che cosa devo fare, affinché la mia vita abbia pieno valore e pieno senso?” (Ibid., n. 3).
Non abbiate paura di affrontare queste domande! Lontano dal sopraffarvi, esse esprimono le grandi aspirazioni, che sono presenti nel vostro cuore. Pertanto, vanno ascoltate. Esse attendono risposte non superficiali, ma capaci di soddisfare le vostre autentiche attese di vita e di felicità.
Per scoprire il progetto di vita che può rendervi pienamente felici, mettetevi in ascolto di Dio, che ha un suo disegno di amore su ciascuno di voi. Con fiducia, chiedetegli: “Signore, qual è il tuo disegno di Creatore e Padre sulla mia vita? Qual è la tua volontà? Io desidero compierla”. Siate certi che vi risponderà. Non abbiate paura della sua risposta! “Dio è più grande del nostro cuore e conosce ogni cosa” (1Gv 3,20)!


Vieni e seguimi!

Gesù, invita il giovane ricco ad andare ben al di là della soddisfazione delle sue aspirazioni e dei suoi progetti personali, gli dice: “Vieni e seguimi!”. La vocazione cristiana scaturisce da una proposta d’amore del Signore e può realizzarsi solo grazie a una risposta d’amore: “Gesù invita i suoi discepoli al dono totale della loro vita, senza calcolo e tornaconto umano, con una fiducia senza riserve in Dio. I santi accolgono quest'invito esigente, e si mettono con umile docilità alla sequela di Cristo crocifisso e risorto. La loro perfezione, nella logica della fede talora umanamente incomprensibile, consiste nel non mettere più al centro se stessi, ma nello scegliere di andare controcorrente vivendo secondo il Vangelo” (Benedetto XVI, Omelia in occasione delle Canonizzazioni: L’Osservatore Romano, 12-13 ottobre 2009, p. 6).
Sull’esempio di tanti discepoli di Cristo, anche voi, cari amici, accogliete con gioia l’invito alla sequela, per vivere intensamente e con frutto in questo mondo. Con il Battesimo, infatti, egli chiama ciascuno a seguirlo con azioni concrete, ad amarlo sopra ogni cosa e a servirlo nei fratelli. Il giovane ricco, purtroppo, non accolse l’invito di Gesù e se ne andò rattristato. Non aveva trovato il coraggio di distaccarsi dai beni materiali per trovare il bene più grande proposto da Gesù.
La tristezza del giovane ricco del Vangelo è quella che nasce nel cuore di ciascuno quando non si ha il coraggio di seguire Cristo, di compiere la scelta giusta. Ma non è mai troppo tardi per rispondergli!
Gesù non si stanca mai di volgere il suo sguardo di amore e chiamare ad essere suoi discepoli, ma Egli propone ad alcuni una scelta più radicale. In quest'Anno Sacerdotale, vorrei esortare i giovani e i ragazzi ad essere attenti se il Signore invita ad un dono più grande, nella via del Sacerdozio ministeriale, e a rendersi disponibili ad accogliere con generosità ed entusiasmo questo segno di speciale predilezione, intraprendendo con un sacerdote, con il direttore spirituale il necessario cammino di discernimento. Non abbiate paura, poi, cari giovani e care giovani, se il Signore vi chiama alla vita religiosa, monastica, missionaria o di speciale consacrazione: Egli sa donare gioia profonda a chi risponde con coraggio!
Invito, inoltre, quanti sentono la vocazione al matrimonio ad accoglierla con fede, impegnandosi a porre basi solide per vivere un amore grande, fedele e aperto al dono della vita, che è ricchezza e grazia per la società e per la Chiesa.


Orientati verso la vita eterna

“Che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?”. Questa domanda del giovane del Vangelo appare lontana dalle preoccupazioni di molti giovani contemporanei, poiché, come osservava il mio Predecessore, “non siamo noi la generazione, alla quale il mondo e il progresso temporale riempiono completamente l'orizzonte dell'esistenza?” (Lettera ai giovani, n. 5). Ma la domanda sulla “vita eterna” affiora in particolari momenti dolorosi dell’esistenza, quando subiamo la perdita di una persona vicina o quando viviamo l’esperienza dell’insuccesso.
Ma cos’è la “vita eterna” cui si riferisce il giovane ricco? Ce lo illustra Gesù, quando, rivolto ai suoi discepoli, afferma: “Vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno potrà togliervi la vostra gioia” (Gv 16,22). Sono parole che indicano una proposta esaltante di felicità senza fine, della gioia di essere colmati dall'amore divino per sempre.
Interrogarsi sul futuro definitivo che attende ciascuno di noi dà senso pieno all’esistenza, poiché orienta il progetto di vita verso orizzonti non limitati e passeggeri, ma ampi e profondi, che portano ad amare il mondo, da Dio stesso tanto amato, a dedicarci al suo sviluppo, ma sempre con la libertà e la gioia che nascono dalla fede e dalla speranza. Sono orizzonti che aiutano a non assolutizzare le realtà terrene, sentendo che Dio ci prepara una prospettiva più grande, e a ripetere con Sant’Agostino: “Desideriamo insieme la patria celeste, sospiriamo verso la patria celeste, sentiamoci pellegrini quaggiù” (Commento al Vangelo di San Giovanni, Omelia 35, 9). Tenendo fisso lo sguardo alla vita eterna, il Beato Pier Giorgio Frassati, morto nel 1925 all'età di 24 anni, diceva: “Voglio vivere e non vivacchiare!” e sulla foto di una scalata, inviata ad un amico, scriveva: “Verso l’alto”, alludendo alla perfezione cristiana, ma anche alla vita eterna.
Cari giovani, vi esorto a non dimenticare questa prospettiva nel vostro progetto di vita: siamo chiamati all’eternità. Dio ci ha creati per stare con Lui, per sempre. Essa vi aiuterà a dare un senso pieno alle vostre scelte e a dare qualità alla vostra esistenza.


I comandamenti, via dell'amore autentico

Gesù ricorda al giovane ricco i dieci comandamenti, come condizioni necessarie per “avere in eredità la vita eterna”. Essi sono punti di riferimento essenziali per vivere nell’amore, per distinguere chiaramente il bene dal male e costruire un progetto di vita solido e duraturo. Anche a voi, Gesù chiede se conoscete i comandamenti, se vi preoccupate di formare la vostra coscienza secondo la legge divina e se li mettete in pratica.
Certo, si tratta di domande controcorrente rispetto alla mentalità attuale, che propone una libertà svincolata da valori, da regole, da norme oggettive e invita a rifiutare ogni limite ai desideri del momento. Ma questo tipo di proposta invece di condurre alla vera libertà, porta l'uomo a diventare schiavo di se stesso, dei suoi desideri immediati, degli idoli come il potere, il denaro, il piacere sfrenato e le seduzioni del mondo, rendendolo incapace di seguire la sua nativa vocazione all'amore.
Dio ci dà i comandamenti perché ci vuole educare alla vera libertà, perché vuole costruire con noi un Regno di amore, di giustizia e di pace. Ascoltarli e metterli in pratica non significa alienarsi, ma trovare il cammino della libertà e dell'amore autentici, perché i comandamenti non limitano la felicità, ma indicano come trovarla. Gesù all'inizio del dialogo con il giovane ricco, ricorda che la legge data da Dio è buona, perché “Dio è buono”.


Abbiamo bisogno di voi

Chi vive oggi la condizione giovanile si trova ad affrontare molti problemi derivanti dalla disoccupazione, dalla mancanza di riferimenti ideali certi e di prospettive concrete per il futuro. Talora si può avere l'impressione di essere impotenti di fronte alle crisi e alle derive attuali. Nonostante le difficoltà, non lasciatevi scoraggiare e non rinunciate ai vostri sogni! Coltivate invece nel cuore desideri grandi di fraternità, di giustizia e di pace. Il futuro è nelle mani di chi sa cercare e trovare ragioni forti di vita e di speranza. Se vorrete, il futuro è nelle vostre mani, perché i doni e le ricchezze che il Signore ha rinchiuso nel cuore di ciascuno di voi, plasmati dall’incontro con Cristo, possono recare autentica speranza al mondo! È la fede nel suo amore che, rendendovi forti e generosi, vi darà il coraggio di affrontare con serenità il cammino della vita ed assumere responsabilità familiari e professionali. Impegnatevi a costruire il vostro futuro attraverso percorsi seri di formazione personale e di studio, per servire in maniera competente e generosa il bene comune.
Nella mia recente Lettera enciclica sullo sviluppo umano integrale, Caritas in veritate, ho elencato alcune grandi sfide attuali, che sono urgenti ed essenziali per la vita di questo mondo: l'uso delle risorse della terra e il rispetto dell'ecologia, la giusta divisione dei beni e il controllo dei meccanismi finanziari, la solidarietà con i Paesi poveri nell'ambito della famiglia umana, la lotta contro la fame nel mondo, la promozione della dignità del lavoro umano, il servizio alla cultura della vita, la costruzione della pace tra i popoli, il dialogo interreligioso, il buon uso dei mezzi di comunicazione sociale.
Sono sfide alle quali siete chiamati a rispondere per costruire un mondo più giusto e fraterno. Sono sfide che chiedono un progetto di vita esigente ed appassionante, nel quale mettere tutta la vostra ricchezza secondo il disegno che Dio ha su ciascuno di voi. Non si tratta di compiere gesti eroici né straordinari, ma di agire mettendo a frutto i propri talenti e le proprie possibilità, impegnandosi a progredire costantemente nella fede e nell'amore.
In quest'Anno Sacerdotale, vi invito a conoscere la vita dei santi, in particolare quella dei santi sacerdoti. Vedrete che Dio li ha guidati e che hanno trovato la loro strada giorno dopo giorno, proprio nella fede, nella speranza e nell'amore. Cristo chiama ciascuno di voi a impegnarsi con Lui e ad assumersi le proprie responsabilità per costruire la civiltà dell’amore. Se seguirete la sua Parola, anche la vostra strada si illuminerà e vi condurrà a traguardi alti, che danno gioia e senso pieno alla vita.
Che la Vergine Maria, Madre della Chiesa, vi accompagni con la sua protezione. Vi assicuro il mio ricordo nella preghiera e con grande affetto vi benedico.

Nessun commento:

Posta un commento