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Vieni di notte
Vieni di notte, ma nel nostro cuore è sempre notte:
e dunque vieni sempre, Signore.
Vieni in silenzio, noi non sappiamo più cosa dirci:
e dunque vieni sempre, Signore.
Vieni in solitudine, ma ognuno di noi è sempre più solo:
e dunque vieni sempre, Signore.
Vieni figlio della pace, noi ignoriamo cosa sia la pace:
e dunque vieni sempre, Signore.
Vieni a liberarci, noi siamo sempre più schiavi:
e dunque vieni sempre Signore.
Vieni a consolarci, noi siamo sempre più tristi:
e dunque vieni sempre Signore.
Vieni a cercarci, noi siamo sempre più perduti:
e dunque vieni sempre Signore.
Vieni, tu che ci ami, nessuno è in comunione col fratello
se prima non è con te, o Signore.
Noi siamo tutti lontani, smarriti,
ne sappiamo chi siamo, cosa vogliamo:
vieni, Signore. Vieni sempre, Signore.
Introduzione
«Si rimane sorpresi a prima vista che nella Bibbia vi sia un libro di preghiere. La Bibbia non è infatti tutta una parola di Dio rivolta a noi? Ora le preghiere sono parole umane e perciò come possono trovarsi nella Bibbia? Se la Bibbia contiene un libro di preghiere, dobbiamo dedurre che la parola di Dio non è soltanto quella che egli vuole rivolgere a noi, ma è anche «quella che egli vuole sentirsi rivolgere da noi». Queste righe scritte da Dietrich Bonhoeffer, il teologo cristiano martire nel carcere nazista di Flossenbiirg la mattina del sabato santo 1945, spiegano limpidamente al credente il significato di queste centocinquanta liriche che la tradizione ebraica ha chiamato Tehillim, «Lodi», e quella greca Psalmoi, «Inni da cantare con musica».
«Si rimane sorpresi a prima vista che nella Bibbia vi sia un libro di preghiere. La Bibbia non è infatti tutta una parola di Dio rivolta a noi? Ora le preghiere sono parole umane e perciò come possono trovarsi nella Bibbia? Se la Bibbia contiene un libro di preghiere, dobbiamo dedurre che la parola di Dio non è soltanto quella che egli vuole rivolgere a noi, ma è anche «quella che egli vuole sentirsi rivolgere da noi». Queste righe scritte da Dietrich Bonhoeffer, il teologo cristiano martire nel carcere nazista di Flossenbiirg la mattina del sabato santo 1945, spiegano limpidamente al credente il significato di queste centocinquanta liriche che la tradizione ebraica ha chiamato Tehillim, «Lodi», e quella greca Psalmoi, «Inni da cantare con musica».
Proprio perché parola dell'uomo questi carmi sono intrisi di lacrime e di sorrisi, di sofferenza e di speranza, di supplica e di ringraziamento e, nonostante la tradizionale attribuzione globale a Davide, il re della dinastia messianica, essi coprono un arco storico e letterario ampio quanto l'intera storia d'lsraele. Si va, infatti, dal canto della tempesta «dai sette tuoni», un testo forse del XII sec. a.C. opera di un Israele appena approdato nella terra di Canaan, alla marcia militare dei Hasidim, «i pii» combattenti dell'epoca dei Maccabei nel 167-164 a.C. (Salmo 149), passando attraverso la potente ode di Davide raccolta dal Salmo 18 e la straziante elegia pronunziata «lungo i fiumi di Babilonia» durante l'esilio del VI sec. a.C. (Salmo 137).