Santa Maria,

Santa Maria,
...donna del primo sguardo, donaci la grazia dello stupore.

sabato 29 settembre 2012

TESTIMONIANZE: La guarigione di Chiara a Medjugorje & le testimonianze di Roland e Melinda, due figli del Divino Amore

Patrizia e Mariano con Chiara
Patrizia e Mariano con Chiara 

DA  GUARDACONME


Chiara è una ragazza di diciassette anni, come tante altre. Frequenta il liceo classico e vive nel vicentino. Vive!... perchè una brutta malattia voleva portarsela via.



Con papà Mariano, mamma Patrizia ha raccontato la storia di Chiara, commuovendo tutti i presenti all’incontro di Monticello di Fara, domenica 23 settembre.


Si sono sposati giovani ed entrambi hanno avuto famiglie credenti, "seminando" in loro la fede cristiana. Ma questa fede "imposta" li ha allontanati da Dio: gli sembrava più un Padre severo, che amorevole. Nella nuova casa, appena sposati, Gesù non ha trovato posto. Volevano divertirsi, evadere da tutto ciò che fino allora gli veniva imposto.

Dopo Michela, la loro figlia più grande, hanno avuto Chiara, con alcune difficoltà fin dalla nascita. Ma neanche questo li avevano fatti tornare a Dio: nessun lutto in famiglia, nessuna malattia grave, tutto procedeva normalmente... apparentemente. Nel 2005 Chiara si ammala. La diagnosi è devastante: tumore all’ipofisi, disperazione più totale. Si sono ritrovati inginocchiati a pregare: quel seme in loro non era mai morto ed ora stava germogliando.

«Ci siamo sentiti spogliati di tutto, perchè nel momento del bisogno, le cose materiali non servono a nulla». Chiara viene ricoverata alla Città della Speranza di Padova, mentre loro si recano presso la Basilica di Sant’Antonio, a pregare e a piangere. La richiesta al Santo è esplicita: "facciamo cambio, prendi le nostre vite!". Il Signore li ha accontentati, ma non secondo la loro idea. Un’amica gli ha fatto conoscere un diacono, che spesso organizza pellegrinaggi: «Perchè appena Chiara non si rimette in piedi, non la portiamo a Medjugorje?».«Perchè non a Lourdes?» gli domanda Patrizia. «No, la portiamo a Medjugorje perchè là la Madonna appare ancora.»

Nel loro "ritorno" a Dio, sono stati aiutati dal libro di
, "Mistero a Medjugorje", che gli ha fatto comprendere cosa stava succedendo in quel paesino. Hanno scoperto i messaggi, particolarmente uno: "Cari figli! Aprite i vostri cuori a mio Figlio, perchè io intercedo per ognuno di voi" (più parti di diversi messaggi - ndr). Questa è stata la loro forza, la loro speranza. Hanno incominciato con la confessione, rendendosi conto che la loro vita era completamente sbagliata. Tutto quello fatto fino a quel momento, era sbagliato: ora volevano cambiar vita.

Sono andati a Medjugorje a fine 2005. Hanno incontrato padre Jozo che ha imposto le mani su Chiara. Il 2 gennaio hanno assistito all’apparizione di Mirjana, nel capannone giallo dietro la chiesa. Chiara era nelle prime file. Una signora ha preso a cuore la loro situazione ed ha convinto padre Ljubo a far rimanere lì vicino la bambina. Dopo l’apparizione, Mirjana ha riferito alla signora, rimasta in contatto con Patrizia, che la Madonna aveva preso in braccio quella bambina.

Un mese dopo, il 2 febbraio, festa della Candelora, Chiara ha fatto una risonanza magnetica: la dottoressa, con i risultati in mano ed un grande sorriso esclamò: «Tutto è sparito, tutto è andato via!». Anche i capelli, che a causa della radio terapia non avrebbero dovuto più crescere, sono stati un segno tangibile della grazia di Dio: ora Chiara ha dei lunghi capelli folti. E il diacono commentando la cosa gli ha detto: «Ma secondo voi, la Madonna fa le cose a metà?»

«E’ cambiato tutto, le nostre vite sono cambiate» conclude Patrizia «Con l’aiuto dei messaggi che sono Vangelo, la Madonna ci ha portati a Gesù. Finalmente la nostra vita ha un senso. E’ una vita bella, da non confondere con una bella vita. Una vita piena di amore, di pace, di amici veri» Il vero miracolo, afferma Patrizia, è stata la conversione, «incontrare il volto di Dio, che Gesù ci racconta nel Vangelo». Ora il Padre Celeste non è più giudice, ma Padre amoroso.

Una commovente 

d’amore,
 uno splendida esperienza di fede, splendida come la famiglia di 

.

Testimonianza dei genitori di Chiara Zoccante, 23/09/12









Lei rumena, genitori musicisti, incanta le platee con il suo violino. Lui di Bolzano, dall’Heavy Metal è passato ai canti religiosi.

 e Roland Patzleinr fanno parte della comunità 
, fondata da madre Rosaria ormai molti anni fa e recentemente approvata dalla Chiesa.

Le loro storie sono legate a doppio filo con Medjugorje. «In Romania ho vissuto ai tempi del regime comunista» racconta Melinda «Mio padre, violinista, mi ha messo in mano il violino. Mia madre, organista, mi ha trasmesso la fede... Ho tenuto il mio primo concerto in chiesa, nella nostra città, a nove anni e per me è stata una gioia immensa. Sono cresciuta in un ambiente ostile alla fede da una parte, ma con l’aiuto della famiglia e della parrocchia, con il cuore rivolto a Dio dall’altra.»

Ben presto, Melinda si affermò nel mondo della musica, ma questo comportò anche sacrifici, arrivando a domandarsi che senso avesse tutto ciò. Una prima risposta, dal Signore, le venne durante un concerto in Giappone, alla fine del quale, esauriti tutti i "bis" a disposizione, prese la decisione di suonare l’Ave Maria. Annunciò di essere cristiana e che in quel periodo i cristiani si stavano preparando al Natale. Dopo lo smarrimento iniziale del pubblico, ci fu una grande commozione «...e veramente quell’Ave Maria ha rubato i cuori dei presenti, tutti piangevano»...


Testimonianza di Roland, del Divino Amore





Testimonianza di Melinda, del Divino Amore


Foto Da Guardacon.me


 
Un affettuoso saluto a Patrizia e Mariano con Chiara  da Isabella e Giuliano testimoni all' Incontro di preghiera a Monticello di Fara, Sarego.

Da il Vangelo del Giorno di oggi ... Santi Arcangeli "Michele, Gabriele e Raffaele"






 Festa dei Santi Arcangeli 

Michele, Gabriele e Raffaele


Giacobbe, quando il Signore risplendeva su di lui in alto
 ed egli in basso unse la pietra,
vide angeli che salivano e scendevano:
a significare che i veri predicatori
non solo anelano verso l’alto con la contemplazione,
al Capo Santo della Chiesa, cioè al Signore,
ma nella loro misericordia scendono pure in basso, alle sue membra. 
Vicini a ciascuno per la compassione 
ed elevati al di sopra di tutti nella contemplazione.

San Gregorio Magno, Regola Pastorale, II 5



Gv 1, 47-51

In quel tempo, Gesù, visto Natanaèle che gli veniva incontro, disse di lui: «Ecco davvero un Israelita in cui non c'è falsità». Natanaèle gli domandò: «Come mi conosci?». Gli rispose Gesù: «Prima che Filippo ti chiamasse, io ti ho visto quando eri sotto il fico».
Gli replicò Natanaèle: «Rabbì, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d'Israele!» . Gli rispose Gesù: «Perché ti ho detto che ti avevo visto sotto il fico, credi? Vedrai cose maggiori di queste!».
Poi gli disse: «In verità, in verità vi dico: vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sul Figlio dell'uomo»


IL COMMENTO

Vedere il cielo aperto è il desiderio più intimo di ogni uomo. Anche a noi oggi, così simili a Giacobbe in quella notte di angoscia, impaurito, solo, ramingo e in fuga dalla storia, appare una scala. È la Croce di Cristo, ben piantata nella nostra vita e che ci schiude il Cielo, garanzia di un fondamento sicuro e di un orizzonte certo. La storia non scorre senza senso, ma "guarda" in alto; ogni avvenimento è "contemporaneo" del Cielo, mentre lo viviamo qui sulla terra è "trascritto" lassù come una primizia della vita beata. Per questo Gesù ci dice che vedremo cose "più grandi": non dobbiamo cercarle chissà dove, esse sono le nostre cose di ogni giorno, impregnate dell'amore di Dio che le strappa alla corruzione e le incastona come gemme nel Cielo. Non manca nulla alla nostra vita. Potremmo morire ora, sazi di giorni e di beni, esattamente come siamo e con quello che abbiamo vissuto, perché Lui, come con Natanaele, ci ha "conosciuto" da sempre, e solo lui ci ha "visto" senza malizia anche se peccatori, in uno sguardo di eterna misericordia che tutto riveste di santità.

E' questa la notizia che gli Arcangeli annunciano salendo e scendendo la scala del Cielo. La loro missione definisce quella della Chiesa, e anticamente i vescovi erano chiamati angeli. Come Michele, per combattere il drago e distruggere le sue menzogne; come Gabriele, per annunciare la notizia che Dio si è fatto carne per salvare ogni carne; come Raffaele, per sanare ogni rapporto nella comunione strappata alla concupiscenza. Anche noi siamo chiamati ad essere angeli che mettono a disposizione la propria carne perché Cristo giunga sulla soglia di ogni uomo; come quella di Santo Stefano, consegnata alla tempesta di pietre dei nemici, mentre il suo volto diveniva proprio come quello di un angelo, sul quale risplendeva la bellezza dell'amore di Cristo. Come sul nostro, mentre consegniamo la vita e perdoniamo, nel martirio quotidiano che offre a tutti la scala che conduce al paradiso.



Benedetto XVI. Gli angeli e gli apostoli.

"portano Dio agli uomini, aprono il cielo e così aprono la terra. Proprio perché sono presso Dio, possono essere anche molto vicini all’uomo. Gli Angeli parlano all’uomo di ciò che costituisce il suo vero essere, di ciò che nella sua vita tanto spesso è coperto e sepolto. Essi lo chiamano a rientrare in se stesso, toccandolo da parte di Dio. Anche oggi Egli ha bisogno di persone che, per così dire, gli mettono a disposizione la propria carne, che gli donano la materia del mondo e della loro vita, servendo così all’unificazione tra Dio e il mondo, alla riconciliazione dell’universo. Cari amici, è vostro compito bussare in nome di Cristo ai cuori degli uomini. Entrando voi stessi in unione con Cristo, potrete portare la chiamata di Cristo agli uomini" (Benedetto XVI, Cappella Papale per l'Ordinazione di nuovi vescovi, 2007).


San Gregorio Magno. Le guide delle anime come gli angeli.

La guida delle anime sia vicino a ciascuno con la compassione e sia più di tutti dedito alla contemplazione, per assumere in sé, con le sue viscere di misericordia, la debolezza degli altri, e insieme, per andare oltre se stesso nell’aspirazione delle realtà invisibili, con l’altezza della contemplazione. E così, se guarda con desiderio verso l’alto non disprezzi le debolezze del prossimo o se viceversa, si accosta ad esse, non trascuri di aspirare all’alto. Perciò infatti Paolo è condotto in Paradiso e vi scruta i segreti del terzo cielo (cf. 2 Cor. 12, 2 ss.), e tuttavia, pur assorto in quella contemplazione delle cose invisibili, richiama l’acutezza della sua mente al letto dell’unione carnale e definisce come questa debba essere vissuta nella sua intimità, dicendo: A causa della fornicazione, ciascun uomo abbia la propria moglie e ciascuna donna abbia il proprio marito. Il marito dia alla moglie quanto le deve; e similmente, la moglie al marito (1 Cor. 7, 2). E poco dopo: Non privatevi l’uno dell’altro se non temporaneamente e d’accordo, per attendere alla preghiera, e di nuovo ritornate insieme perché Satana non vi tenti (1 Cor. 7, 5). Ecco, egli viene già introdotto ai segreti celesti e tuttavia per la sua accondiscendente misericordia investiga il letto dell’unione carnale, e quello sguardo del cuore che egli, già innalzato, rivolge alle cose invisibili lo piega pieno di compassione verso i segreti di creature inferme. Oltrepassa il cielo con la contemplazione e tuttavia non tralascia, nella sua sollecitudine, di occuparsi del giaciglio dell’unione carnale; poiché, congiunto strettamente alle realtà più alte e insieme alle infime dall’intimo abbraccio della carità, egli è rapito potentemente verso l’alto per virtù del suo spirito, ma per la sua misericordia, nella mitezza del suo animo, si fa debole negli altri. Perciò infatti dice: Chi è debole e io non sono debole? Chi patisce scandalo e io non brucio? (2 Cor. 11, 29). E perciò ancora dice: Con i Giudei sono divenuto come Giudeo (1 Cor. 9, 20). Evidentemente mostrava ciò non con la perdita della fede, bensì con l’estendere la sua misericordia, così che trasferendo in sé la persona degli infedeli potesse imparare da se stesso come avrebbe dovuto avere compassione degli altri e fare a loro il bene che — nella medesima condizione — avrebbe rettamente voluto fosse fatto a lui. E di nuovo perciò dice: Se usciamo di mente è per Dio; se siamo sobri è per voi (2 Cor. 5, 13), poiché nella contemplazione egli sapeva salire oltre se stesso, ma sapeva ugualmente moderare se stesso per condiscendenza verso i suoi ascoltatori. Per questo Giacobbe, quando il Signore risplendeva su di lui in alto ed egli in basso unse la pietra, vide angeli che salivano e scendevano (cf. Gen. 28, 12): a significare, cioè, che i veri predicatori non solo anelano verso l’alto con la contemplazione, al Capo santo della Chiesa, cioè al Signore, ma nella loro misericordia scendono pure in basso, alle sue membra. Ugualmente Mosè entra ed esce tanto frequentemente dal Tabernacolo: dentro, è rapito dalla contemplazione; fuori, è pressato dalle necessità di creature inferme. Dentro, medita i misteri di Dio; fuori, porta i pesi delle realtà carnali. Ma pure, quando si tratta di casi dubbi egli ricorre sempre al Tabernacolo e davanti all’arca del testamento consulta il Signore: certo per offrire un esempio alle guide delle anime perché, quando nelle decisioni di carattere esterno si trovano nell’incertezza, ritornino sempre al proprio cuore come  al Tabernacolo; sarà come se fossero davanti all’arca del testamento a consultare il Signore, se riguardo a ciò per cui dentro di sé sono in dubbio, ricercheranno nel loro intimo le pagine della parola sacra. Perciò la Verità stessa che ci si è mostrata nell’assunzione della nostra umanità, sul monte si immerge nella preghiera, ma nelle città opera i miracoli (cf. Lc. 6, 12): evidentemente per appianare la via dell’imitazione alle buone guide delle anime, perché se anche sono già protese alle somme altezze della contemplazione, sappiano tuttavia mescolarsi compatendo alle necessità di creature inferme. Poiché la carità si eleva a meravigliosa altezza quando si trascina con misericordia fino alle bassezze del prossimo; e con quanto maggior benevolenza si piega verso le infermità tanto più potentemente risale verso l’alto. Coloro che presiedono si mostrino tali che quanti sono loro soggetti non arrossiscano di affidar loro i propri segreti, affinché, quando si sentono come bambini nella lotta contro i flutti delle passioni, ricorrano al cuore del Pastore come al seno di una madre; e col sollievo della sua esortazione e le lacrime della sua preghiera lavino le impurità della colpa che preme e minaccia di contaminarli. Per questo davanti alla porta del tempio c’è il mare di bronzo, cioè il bacino per la purificazione delle mani di chi entra, ed è sostenuto da dodici buoi i quali sporgono con la parte anteriore mentre la posteriore resta nascosta (cf. 1 Re 7, 23-25). Che cosa significano i dodici buoi se non tutto l’ordine dei Pastori, dei quali, secondo il commento che ne fa Paolo, la Scrittura dice: Non mettere la museruola al bue che trebbia (1 Cor. 9, 9)? Di essi non vediamo le opere compiute apertamente, ma ignoriamo ciò che li attende nella segreta retribuzione del severo Giudice. Tuttavia quando essi con la loro paziente accondiscendenza dispongono il prossimo alla confessione purificatrice è come se portassero su di sé il bacino davanti alle porte del tempio, affinché chiunque si sforza di entrare per la porta dell’eternità, manifesti al cuore del Pastore le sue tentazioni e — per così dire — lavi il suo pensiero e le sue azioni nel bacino dei buoi. Accade pure spesso che il Pastore nell’ascoltare benevolmente le tentazioni altrui ne diviene vittima egli stesso come senza dubbio resta inquinata quella medesima acqua del bacino, nella quale si purifica la moltitudine del popolo. Infatti mentre riceve l’impurità di coloro che si lavano, l’acqua viene come a perdere la sua limpida purezza, ma non si deve temere che avvenga lo stesso del Pastore, poiché Dio che pensa a tutto con cura minuziosa lo strappa alla sua tentazione tanto più facilmente quanto maggiore è la misericordia con cui egli si carica della tentazione altrui.


Benedetto XVI. Michele, Gabriele e Raffaele.

Celebriamo questa Ordinazione episcopale nella festa dei tre Arcangeli che nella Scrittura sono menzionati per nome: Michele, Gabriele e Raffaele. Questo ci richiama alla mente che nell’antica Chiesa – già nell’Apocalisse – i Vescovi venivano qualificati "angeli" della loro Chiesa, esprimendo in questo modo un’intima corrispondenza tra il ministero del Vescovo e la missione dell’Angelo. A partire dal compito dell’Angelo si può comprendere il servizio del Vescovo. Ma che cosa è un Angelo? La Sacra Scrittura e la tradizione della Chiesa ci lasciano scorgere due aspetti. Da una parte, l’Angelo è una creatura che sta davanti a Dio, orientata con l’intero suo essere verso Dio. Tutti e tre i nomi degli Arcangeli finiscono con la parola "El", che significa "Dio". Dio è iscritto nei loro nomi, nella loro natura. La loro vera natura è l’esistenza in vista di Lui e per Lui. Proprio così si spiega anche il secondo aspetto che caratterizza gli Angeli: essi sono messaggeri di Dio. Portano Dio agli uomini, aprono il cielo e così aprono la terra. Proprio perché sono presso Dio, possono essere anche molto vicini all’uomo. Dio, infatti, è più intimo a ciascuno di noi di quanto non lo siamo noi stessi. Gli Angeli parlano all’uomo di ciò che costituisce il suo vero essere, di ciò che nella sua vita tanto spesso è coperto e sepolto. Essi lo chiamano a rientrare in se stesso, toccandolo da parte di Dio. In questo senso anche noi esseri umani dovremmo sempre di nuovo diventare angeli gli uni per gli altri – angeli che ci distolgono da vie sbagliate e ci orientano sempre di nuovo verso Dio. Se la Chiesa antica chiama i Vescovi "angeli" della loro Chiesa, intende dire proprio questo: i Vescovi stessi devono essere uomini di Dio, devono vivere orientati verso Dio. "Multum orat pro populo" – "Prega molto per il popolo", dice il Breviario della Chiesa a proposito dei santi Vescovi. Il Vescovo deve essere un orante, uno che intercede per gli uomini presso Dio. Più lo fa, più comprende anche le persone che gli sono affidate e può diventare per loro un angelo – un messaggero di Dio, che le aiuta a trovare la loro vera natura, se stesse, e a vivere l’idea che Dio ha di loro.

Tutto ciò diventa ancora più chiaro se ora guardiamo le figure dei tre Arcangeli la cui festa la Chiesa celebra oggi. C’è innanzitutto Michele. Lo incontriamo nella Sacra Scrittura soprattutto nel Libro di Daniele, nella Lettera dell’Apostolo san Giuda Taddeo e nell’Apocalisse. Di questo Arcangelo si rendono evidenti in questi testi due funzioni. Egli difende la causa dell’unicità di Dio contro la presunzione del drago, del "serpente antico", come dice Giovanni. È il continuo tentativo del serpente di far credere agli uomini che Dio deve scomparire, affinché essi possano diventare grandi; che Dio ci ostacola nella nostra libertà e che perciò noi dobbiamo sbarazzarci di Lui. Ma il drago non accusa solo Dio. L’Apocalisse lo chiama anche "l’accusatore dei nostri fratelli, colui che li accusa davanti a Dio giorno e notte" (12, 10). Chi accantona Dio, non rende grande l’uomo, ma gli toglie la sua dignità. Allora l’uomo diventa un prodotto mal riuscito dell’evoluzione. Chi accusa Dio, accusa anche l’uomo. La fede in Dio difende l’uomo in tutte le sue debolezze ed insufficienze: il fulgore di Dio risplende su ogni singolo. È compito del Vescovo, in quanto uomo di Dio, di far spazio a Dio nel mondo contro le negazioni e di difendere così la grandezza dell’uomo. E che cosa si potrebbe dire e pensare di più grande sull’uomo del fatto che Dio stesso si è fatto uomo? L’altra funzione di Michele, secondo la Scrittura, è quella di protettore del Popolo di Dio (cfr Dn 10, 21; 12, 1). Cari amici, siate veramente "angeli custodi" delle Chiese che vi saranno affidate! Aiutate il Popolo di Dio, che dovete precedere nel suo pellegrinaggio, a trovare la gioia nella fede e ad imparare il discernimento degli spiriti: ad accogliere il bene e rifiutare il male, a rimanere e diventare sempre di più, in virtù della speranza della fede, persone che amano in comunione col Dio-Amore.

Incontriamo l’Arcangelo Gabriele soprattutto nel prezioso racconto dell’annuncio a Maria dell’incarnazione di Dio, come ce lo riferisce san Luca (1, 26 – 38). Gabriele è il messaggero dell’incarnazione di Dio. Egli bussa alla porta di Maria e, per suo tramite, Dio stesso chiede a Maria il suo "sì" alla proposta di diventare la Madre del Redentore: di dare la sua carne umana al Verbo eterno di Dio, al Figlio di Dio. Ripetutamente il Signore bussa alle porte del cuore umano. Nell’Apocalisse dice all’"angelo" della Chiesa di Laodicea e, attraverso di lui, agli uomini di tutti i tempi: "Ecco, sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me" (3, 20). Il Signore sta alla porta – alla porta del mondo e alla porta di ogni singolo cuore. Egli bussa per essere fatto entrare: l’incarnazione di Dio, il suo farsi carne deve continuare sino alla fine dei tempi. Tutti devono essere riuniti in Cristo in un solo corpo: questo ci dicono i grandi inni su Cristo nella Lettera agli Efesini e in quella ai Colossesi. Cristo bussa. Anche oggi Egli ha bisogno di persone che, per così dire, gli mettono a disposizione la propria carne, che gli donano la materia del mondo e della loro vita, servendo così all’unificazione tra Dio e il mondo, alla riconciliazione dell’universo. Cari amici, è vostro compito bussare in nome di Cristo ai cuori degli uomini. Entrando voi stessi in unione con Cristo, potrete anche assumere la funzione di Gabriele: portare la chiamata di Cristo agli uomini.

San Raffaele ci viene presentato soprattutto nel Libro di Tobia come l’Angelo a cui è affidata la mansione di guarire. Quando Gesù invia i suoi discepoli in missione, al compito dell’annuncio del Vangelo vien sempre collegato anche quello di guarire. Il buon Samaritano, accogliendo e guarendo la persona ferita giacente al margine della strada, diventa senza parole un testimone dell’amore di Dio. Quest’uomo ferito, bisognoso di essere guarito, siamo tutti noi. Annunciare il Vangelo, significa già di per sé guarire, perché l’uomo necessita soprattutto della verità e dell’amore. Dell’Arcangelo Raffaele si riferiscono nel Libro di Tobia due compiti emblematici di guarigione. Egli guarisce la comunione disturbata tra uomo e donna. Guarisce il loro amore. Scaccia i demoni che, sempre di nuovo, stracciano e distruggono il loro amore. Purifica l’atmosfera tra i due e dona loro la capacità di accogliersi a vicenda per sempre. Nel racconto di Tobia questa guarigione viene riferita con immagini leggendarie. Nel Nuovo Testamento, l’ordine del matrimonio, stabilito nella creazione e minacciato in modo molteplice dal peccato, viene guarito dal fatto che Cristo lo accoglie nel suo amore redentore. Egli fa del matrimonio un sacramento: il suo amore, salito per noi sulla croce, è la forza risanatrice che, in tutte le confusioni, dona la capacità della riconciliazione, purifica l’atmosfera e guarisce le ferite. Al sacerdote è affidato il compito di condurre gli uomini sempre di nuovo incontro alla forza riconciliatrice dell’amore di Cristo. Deve essere "l’angelo" risanatore che li aiuta ad ancorare il loro amore al sacramento e a viverlo con impegno sempre rinnovato a partire da esso. In secondo luogo, il Libro di Tobia parla della guarigione degli occhi ciechi. Sappiamo tutti quanto oggi siamo minacciati dalla cecità per Dio. Quanto grande è il pericolo che, di fronte a tutto ciò che sulle cose materiali sappiamo e con esse siamo in grado di fare, diventiamo ciechi per la luce di Dio. Guarire questa cecità mediante il messaggio della fede e la testimonianza dell’amore, è il servizio di Raffaele affidato giorno per giorno al sacerdote e in modo speciale al Vescovo. Così, spontaneamente siamo portati a pensare anche al sacramento della Riconciliazione, al sacramento della Penitenza che, nel senso più profondo della parola, è un sacramento di guarigione. La vera ferita dell’anima, infatti, il motivo di tutte le altre nostre ferite, è il peccato. E solo se esiste un perdono in virtù della potenza di Dio, in virtù della potenza dell’amore di Cristo, possiamo essere guariti, possiamo essere redenti.

Da Kairos

Ps. Dionigi l'Areopagita - La Gerarchia Celeste






Nella festa liturgica dei santi Arcangeli Michele, Gabriele e Raffaele, propongo un classico della letteratura patristica dello Ps. Dionigi l'Areopagita: la "Gerarchia Celeste". Buona lettura.



Michele, nome ebraico che vuol dire « Chi è come Dio? » viene ricordato nel libro di Daniele del popolo eletto (Dan 10,13 e 12,1). La lettera di san Giuda (v. 9) lo presenta in lotta contro Satana per il corpo di Mosè. Anche l’Apocalisse (12,7) ricorda il combattimento di Michele e dei suoi angeli contro il drago. La liturgia dei defunti lo vuole accompagnatore delle anime. Molto venerato dagli Ebrei divenne presto assai popolare nel culto cristiano. Il 29-IX cade l’anniversario della dedicazione di una chiesa in suo onore sulla via Salaria (sec. V).

Gabriele «forza di Dio», si presentò a Zaccaria come «colui che sta al cospetto di Dio» (Lc 1,19). Portare l’annuncio di Dio è il compito che gli riconosce Daniele (8,16; 9,21): annunziò infatti la nascita del Battista e di Gesù Cristo (Lc 1,5-22.26-38).

Raffaele, «Dio ha curato», compare nel libro di Tobia come accompagnatore nel viaggio del giovane Tobia e come portatore di salvezza al vecchio padre cieco.San Luca mostra sovente l’intervento degli angeli nelle origini della Chiesa perché con la venuta di Cristo l’umanità è entrata nell’èra definitiva in cui Dio è vicino all’uomo e il cielo è unito alla terra. Essi vengono da Dio «inviati in servizio, a vantaggio di coloro che devono essere salvati» (Ebr1,14). La nostra «azione di grazie», l’ Eucaristia, è una «concelebrazione» (cf LG 50) in cui ci uniamo agli Angeli nel triplice canto: «Santo, Santo, Santo il Signore Dio dell’universo».

L'appellativo «angelo» designa l'ufficio, non la natura

Dalle «Omelie sui vangeli» di san Gregorio Magno, papa
(Om. 34, 8-9; PL 76, 1250-1251)

E' da sapere che il termine «angelo» denota l'ufficio, non la natura. Infatti quei santi spiriti della patria celeste sono sempre spiriti, ma non si possono chiamare sempre angeli, poiché solo allora sono angeli, quando per mezzo loro viene dato un annunzio. Quelli che recano annunzi ordinari sono detti angeli, quelli invece che annunziano i più grandi eventi son chiamati arcangeli.
Per questo alla Vergine Maria non viene inviato un angelo qualsiasi, ma l'arcangelo Gabriele. Era ben giusto, infatti, che per questa missione fosse inviato un angelo tra i maggiori, per recare il più grande degli annunzi.
A essi vengono attribuiti nomi particolari, perché anche dal modo di chiamarli appaia quale tipo di ministero è loro affidato. Nella santa città del cielo, resa perfetta dalla piena conoscenza che scaturisce dalla visione di Dio onnipotente, gli angeli non hanno nomi particolari, che contraddistinguano le loro persone. Ma quando vengono a noi per qualche missione, prendono anche il nome dall'ufficio che esercitano.
Così Michele significa: Chi è come Dio?, Gabriele: Fortezza di Dio, e Raffaele: Medicina di Dio.
Quando deve compiersi qualcosa che richiede grande coraggio e forza, si dice che è mandato Michele, perché si possa comprendere, dall'azione e dal nome, che nessuno può agire come Dio. L'antico avversario che bramò, nella sua superbia, di essere simile a Dio, dicendo: Salirò in cielo (cfr. Is 14, 13-14), sulle stelle di Dio innalzerò il trono, mi farò uguale all'Altissimo, alla fine del mondo sarà abbandonato a se stesso e condannato all'estremo supplizio. Orbene egli viene presentato in atto di combattere con l'arcangelo Michele, come è detto da Giovanni: «Scoppiò una guerra nel cielo: Michele e i suoi angeli combattevano contro il drago» (Ap 12, 7).
A Maria è mandato Gabriele, che è chiamato Fortezza di Dio; egli veniva ad annunziare colui che si degnò di apparire nell'umiltà per debellare le potenze maligne dell'aria. Doveva dunque essere annunziato da «Fortezza di Dio» colui che veniva quale Signore degli eserciti e forte guerriero.
Raffaele, come abbiamo detto, significa Medicina di Dio. Egli infatti toccò gli occhi di Tobia, quasi in atto di medicarli, e dissipò le tenebre della sua cecità. Fu giusto dunque che venisse chiamato «Medicina di Dio» colui che venne inviato a operare guarigioni.

Santi Arcangeli  San Michele Arcangelo da Oasi del pensiero

 Arcangeli
Il nome dei vari Arcangeli ha dei significati interessanti, 
 finiscono con “EL” che significa “DIO” !

 

S. Michele Arcangelo da Angelocustode

MICHELE vuol dire “CHI COME Dio” . Fu questo il grido di battaglia con cui debello’ Lucifero e gli angeli ribelli suoi seguaci e riuni’ sotto la sua bandiera tutti gli Angeli fedeli. Il suo stesso nome e’ percio’ una protesta di fedelta’, un grido di amore, un programma di vita. “qui ut deus?” sia anche per noi la divisa di fedele servitore di Cristo per opporlo al “non serviam” degli schiavi di satana, del mondo, delle passioni. S. Michele era il grande protettore della sinagoga ed ora e’ il protettore della chiesa.
LucaGiordanoSanMichele S. Michele Arcangelo

PREGHIERA

San Michele Arcangelo, difendici nella battaglia; sii tu nostro sostegno contro la perfidia e le insidie del diavolo, che Dio eserciti il suo dominio su di lui,  te ne preghiamo supplichevoli; e tu o Principe della milizia celeste, con la potenza divina, ricaccia nell’inferno satana e gli altri spiriti maligni i quali errano nel mondo per perdere le anime. Amen

LITANIE DI S.MICHELE ARCANGELO

Signore, pieta'Signore, pieta'
Cristo, pieta'Cristo, pieta'
Signore, pieta'Signore, pieta'
Cristo, ascoltaciCristo, ascoltaci
Cristo, esaudisciciCristo, esaudiscici
Padre celeste, che sei Dioabbi pieta' di noi
Figlio redentore del mondo, che sei Dioabbi pieta' di noi
Spirito Santo, che sei Dioabbi pieta' di noi
Santa Trinita', unico Dioabbi pieta' di noi
Santa Mariaprega per noi
S. Michele Arcangeloprega per noi
S. Michele Principe dei Serafiniprega per noi
S. Michele Ambasciatore del Signore, Dio d'Israeleprega per noi
S. Michele Assessore della SS. Trinita'prega per noi
S. Michele Preposito del Paradisoprega per noi
S. Michele chiarissima stella dell'ordine angelicoprega per noi
S. Michele Mediatore delle divine grazieprega per noi
S. Michele sole splendissimo di carita'prega per noi
S. Michele primo modello di umilta'prega per noi
S. Michele esempio di mansuetudineprega per noi
S. Michele prima fiamma di ardentissimo zeloprega per noi
S. Michele degno di ammirazioneprega per noi
S. Michele degno di venerazioneprega per noi
S. Michele degno di lodeprega per noi
S. Michele ministro della divina clemenzaprega per noi
S. Michele duce fortissimoprega per noi
S. Michele consolatore degli sfiduciatiprega per noi
S. Michele Angelo di paceprega per noi
S. Michele consolatore dei malatiprega per noi
S. Michele guida degli errantiprega per noi
S. Michele sostegno di coloro che speranoprega per noi
S. Michele custode di chi ha fedeprega per noi
S. Michele protettore della Chiesaprega per noi
S. Michele dispensatore generosoprega per noi
S. Michele rifugio dei poveriprega per noi
S. Michele sollievo degli oppressiprega per noi
S. Michele vincitore dei demoniprega per noi
S. Michele nostra fortezzaprega per noi
S. Michele nostro rifugioprega per noi
S. Michele nostro difensoreprega per noi
S. Michele duce degli angeliprega per noi
S. Michele conforto dei Patriarchiprega per noi
S. Michele guida dei Profetiprega per noi
S. Michele guida degli Apostoliprega per noi
S. Michele sollievo dei Martiriprega per noi
S. Michele letizia dei Confessoriprega per noi
S. Michele custode delle Verginiprega per noi
S. Michele onore di tutti i Santiprega per noi



san michele arcangelo r8 S. Michele ArcangeloPREGHIAMO

O Signore, la potente intercessione del tuo Arcangelo Michele ci protegga sempre e in ogni luogo: ci liberi da ogni male e ci conduca alla vita eterna. Per Cristo nostro Signore. Amen





ATTO DI CONSACRAZIONE A SAN MICHELE ARCANGELO

image023 S. Michele ArcangeloPrincipe nobilissimo delle angeliche Gerarchie, valoroso guerriero dell’Altissimo amatore zelante della gloria del Signore, terrore degli angeli ribelli, amore e delizia di tutti gli Angeli giusti, mio dilettissimo Arcangelo S. Michele, desiderando io di essere nel numero dei tuoi devoti e dei tuoi servi, a Te oggi per tale mi offro, mi dono e mi consacro. Pongo me stesso, la mia famiglia e quanto a me appartiene sotto la tua potentissima protezione.
E’ piccola l’offerta della mia servitu’, essendo io un miserabile peccatore, ma Tu gradisci l’affetto del mio cuore. Ricordati che se da oggi avanti sono sotto il tuo Patrocinio, Tu devi in tutta la mia vita assistermi, procurarmi il perdono dei miei e molti gravi peccati, la grazia di amare di cuore il mio Dio, il mio caro salvatore Gesu’ e la mia dolce Madre Maria, ed impetrarmi quegli aiuti che mi sono necessari per arrivare alla corona della gloria.
Difendimi sempre dai nemici dell’anima mia specialmente nel punto estremo della mia vita.
Vieni, allora, o Principe gloriosissimo ed assistimi nell’ultima lotta e con la tua arma potente respingi lontano da me, negli abissi d’inferno, quell’angelo prevaricatore e superbo che prostrasti un di’ nel combattimento in Cielo. Amen
S. Michele Arcangelo, difendici nella lotta affinche’ non periamo nell’estremo giudizio.