Santa Maria,

Santa Maria,
...donna del primo sguardo, donaci la grazia dello stupore.

mercoledì 29 agosto 2012

Martirio di s. Giovanni Battista (m)


Mercoledì, 29 Agosto 2012 - Martirio di s. Giovanni Battista (m)
Liturgia di oggi: Ger 1,17-19; Sal 70; Mc 6,17-29 - La mia bocca, Signore, racconterà la tua salvezza


Liturgia di oggi:
 Ger 1,17-19; Sal 70; Mc 6,17-29 ><

La mia bocca, Signore, racconterà la tua salvezza
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Da santibeati.it

Da : LA PAROLA DI OGGI 29 agosto 2012
Mercoledì
Martirio di S. Giovanni Battista (m)
XXI tempo ordinario - (B) - P

PREGHIERA DEL MATTINOTi lodo, Signore, per il lavoro dell'uomo, che, essendo partecipazione alla tua opera continua di creazione, porta a compimento il mondo che tu costruisci come una cattedrale.
Non lasciare che i tuoi figli siano oppressi dal peso di un lavoro divenuto disumano, o peggio, in cui ci si adopera per la morte. Abbi pietà dell'alterazione dell'immagine di Dio nei tuoi figli quando il lavoro non è più originato nell'amore e non mira più alla realizzazione di ogni tuo figlio, ma piuttosto alla tirannia, quando il denaro è Dio.
Signore, ascolta i tuoi figli e le loro grida, come già li ascoltasti un tempo in Egitto. Posa la tua mano di Salvatore sulla terra, continuamente in fase di creazione.

ANTIFONA D'INGRESSOSignore, ho parlato dei tuoi insegnamenti davanti ai re, senza arrossire: mia gioia sono stati i tuoi precetti, e io li ho intensamente amati. (Sal 119,46-47)

COLLETTAO Dio, che a Cristo tuo Figlio hai dato come precursore, nella nascita e nella morte, san Giovanni Battista, concedi anche a noi di impegnarci generosamente nella testimonianza del tuo Vangelo, come egli immolò la sua vita per la verità e la giustizia. Per il nostro Signore Gesù Cristo...

PRIMA LETTURA (Ger 1,17-19)
Alzati e di' loro ciò che ti ordinerò.
Dal libro del profeta GeremiaIn quei giorni, mi fu rivolta questa parola del Signore: "Tu stringi la veste ai fianchi, àlzati e di' loro tutto ciò che ti ordinerò; non spaventarti di fronte a loro, altrimenti sarò io a farti paura davanti a loro. Ed ecco, oggi io faccio di te come una città fortificata, una colonna di ferro e un muro di bronzo contro tutto il paese, contro i re di Giuda e i suoi capi, contro i suoi sacerdoti e il popolo del paese. Ti faranno guerra, ma non ti vinceranno, perché io sono con te per salvarti".
Parola di Dio.

SALMO RESPONSORIALE (Dal Salmo 70)
R. La mia bocca, Signore, racconterà la tua salvezza.In te, Signore, mi sono rifugiato,
mai sarò deluso.
Per la tua giustizia, liberami e difendimi,
tendi a me il tuo orecchio e salvami.
R.Sii tu la mia roccia,
una dimora sempre accessibile;
hai deciso di darmi salvezza:
davvero mia rupe e mia fortezza tu sei!
Mio Dio, liberami dalle mani del malvagio.
R.Sei tu, mio Signore, la mia speranza,
la mia fiducia, Signore, fin dalla mia giovinezza.
Su di te mi appoggiai fin dal grembo materno,
dal seno di mia madre sei tu il mio sostegno.
R.La mia bocca racconterà la tua giustizia,
ogni giorno la tua salvezza.
Fin dalla giovinezza, o Dio, mi hai istruito
e oggi ancora proclamo le tue meraviglie.
R.

CANTO AL VANGELO
(cf. Mt 5,10)
R. Alleluia, alleluia.Beati i perseguitati per la giustizia,
perché di essi è il regno dei cieli.
R. Alleluia.

VANGELO
(Mc 6,17-29)
Voglio che tu mi dia adesso, su un vassoio, la testa di Giovanni il Battista.
+
Dal Vangelo secondo MarcoIn quel tempo, Erode aveva mandato ad arrestare Giovanni e lo aveva messo in prigione a causa di Erodìade, moglie di suo fratello Filippo, perché l'aveva sposata. Giovanni infatti diceva a Erode: «Non ti è lecito tenere con te la moglie di tuo fratello». Per questo Erodìade lo odiava e voleva farlo uccidere, ma non poteva, perché Erode temeva Giovanni, sapendolo uomo giusto e santo, e vigilava su di lui; nell'ascoltarlo restava molto perplesso, tuttavia lo ascoltava volentieri.
Venne però il giorno propizio, quando Erode, per il suo compleanno, fece un banchetto per i più alti funzionari della sua corte, gli ufficiali dell'esercito e i notabili della Galilea. Entrata la figlia della stessa Erodìade, danzò e piacque a Erode e ai commensali. Allora il re disse alla fanciulla: «Chiedimi quello che vuoi e io te lo darò». E le giurò più volte: «Qualsiasi cosa mi chiederai, te la darò, fosse anche la metà del mio regno». Ella uscì e disse alla madre: «Che cosa devo chiedere?». Quella rispose: «La testa di Giovanni il Battista». E subito, entrata di corsa dal re, fece la richiesta, dicendo: «Voglio che tu mi dia adesso, su un vassoio, la testa di Giovanni il Battista». Il re, fattosi molto triste, a motivo del giuramento e dei commensali non volle opporle un rifiuto.
E subito il re mandò una guardia e ordinò che gli fosse portata la testa di Giovanni. La guardia andò, lo decapitò in prigione e ne portò la testa su un vassoio, la diede alla fanciulla e la fanciulla la diede a sua madre. I discepoli di Giovanni, saputo il fatto, vennero, ne presero il cadavere e lo posero in un sepolcro.
Parola del Signore.

OMELIANel martirio di Giovanni il Battista si manifesta tutta la potenza del peccato, quando esso entra in un cuore e si stabilizza per sempre. Un solo peccato prende dimora in noi e subito una moltitudine di altri peccati vengono commessi, quasi con naturalezza.
Se all'inizio la coscienza ha qualche fremito a causa del timore del Signore, che come tenue luce ancora la illumina, con il passare del tempo questa luce si spegne e l'uomo si abbandona al male in un crescendo inarrestabile.
Per questo urge mettere ogni attenzione a non cadere mai nel primo peccato. Questa sovente è anche la nostra intenzione: quella di non giungere mai al peccato mortale. Se questa è la nostra volontà, perché poi irrimediabilmente si cade e si precipita di peccato in peccato, fino a giungere ai più odiosi crimini e nefandezze?
La risposta ce la offre il Libro del Siracide. Esso così insegna: "Qui spernit mòdica paulatim dècidet". "Chi disprezza le piccole cose cadrà a poco a poco" (Sir 19,1-2). Si comincia sempre dalle piccole cose, dai piccoli peccati veniali, dalle piccole trasgressioni. Si comincia da ciò che non fa paura, perché non mette in allarme la coscienza. Si inizia con le piccole cose, poi queste divengono sempre più grandi, fino al tonfo irreparabile, fino alla morte dell'anima e della stessa coscienza, che giunge a soffocare la verità nell'ingiustizia.
Il peccato poi si fa struttura, coalizione, progetto, attesa dell'ora propizia e conveniente. Una volta che si cade in questa rete e trappola di morte, anche se uno volesse tornare indietro non può, non ce la fa. È obbligato dal suo peccato a commettere altri peccati. Per cui è il peccato stesso che richiede ed esige una moltitudine si altri peccati, quasi come a coprire quelli precedenti, ignorando che mai un peccato potrà coprire un altro peccato, anzi il peccato successivo altro non fa' che ingrandire quello precedente.
Erode ha commesso un peccato di adulterio. Si è presa in moglie la moglie di suo fratello ancora vivente. Questo non era consentito da alcuna legge. Si portò il peccato nella sua casa. Con il peccato conviveva. Ecco a cosa lo spinge questo peccato: ad uccidere Giovanni il Battista. Da solo l'adulterio non sarebbe stato sufficiente. Ad esso si aggiunge la malizia della figlia di Erodiade, della stessa Erodiade congiuntamente all'impudicizia dello stesso Erode e della sua stoltezza ed insipienza. Sempre si comincia con il poco. Poi però non ci si ferma più.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Donna purissima, che non hai conosciuto neanche il più piccolo peccato veniale, Angeli e Santi Dio, aiutateci a non disprezzare i piccoli peccati veniali. Sono essi che ci aprono la via verso la perdizione eterna.
(Movimento Apostolico)

PREGHIERA SULLE OFFERTEAccogli, o Padre, le nostre offerte, e fa' che camminiamo sempre nella via di santità, che san Giovanni Battista proclamò con voce profetica nel deserto, e confermò con il suo sangue. Per Cristo nostro Signore.

ANTIFONA ALLA COMUNIONEGiovanni rispose: "Lui deve crescere, io invece diminuire". (Gv 3,27.30)

PREGHIERA DOPO LA COMUNIONEO Dio, che ci hai riuniti alla tua mensa nel glorioso ricordo del martirio di san Giovanni Battista, donaci di venerare con fede viva il mistero che abbiamo celebrato e di raccogliere con gioia il frutto di salvezza. Per Cristo nostro Signore.

PREGHIERA DELLA SERAQuesta sera voglio aprirmi a te, dispiegare davanti a te tutta la mia vita. Tu leggi in me come se fossi un libro aperto.
Signore, non permettere che io sia un "sepolcro imbiancato, riempito di ogni putredine". Nessuna scappatoia, nessuna tentazione di fuga, nessun orgoglio segreto alteri la rettitudine delle mie intenzioni, fin nei loro angoli più reconditi. Fammi dono di un cuore libero. Re-inventami, ricreami, restaurami, purificami: nella mia vita semplificata possa la tua Parola trasfigurare i miei giorni. Che ti siano offerti in un'offerta a te gradita, conforme ai tuoi desideri.

Giovanni Paolo II, Angelus nella Festa del Martirio di San Giovanni Battista

GIOVANNI PAOLO II
ANGELUS
Castel Gandolfo
Domenica, 29 agosto 2004
1. Quest’oggi, 29 agosto, la tradizione cristiana fa memoria del martirio di San Giovanni Battista, "il più grande fra i nati di donna", secondo l’elogio del Messia stesso (cfr Lc 7, 28). Egli rese a Dio la suprema testimonianza del sangue immolando la sua esistenza per la verità e la giustizia; fu infatti decapitato per ordine di Erode, al quale aveva osato dire che non gli era lecito tenere la moglie di suo fratello (cfr Mt 6, 17 – 29).
2. Nell’Enciclica Veritatis splendor, ricordando il sacrificio di Giovanni Battista (cfr n.91), notavo che il martirio è "un segno preclaro della santità della Chiesa" (n.93). Esso infatti "rappresenta il vertice della testimonianza alla verità morale" (ibid.). Se relativamente pochi sono chiamati al sacrificio supremo, vi è però "una coerente testimonianza che tutti i cristiani devono esser pronti a dare ogni giorno anche a costo di sofferenze e di gravi sacrifici" (ibid.). Ci vuole davvero un impegno talvolta eroico per non cedere, anche nella vita quotidiana, alle difficoltà che spingono al compromesso e per vivere il Vangelo "sine glossa".
3. L’eroico esempio di Giovanni Battista fa pensare ai martiri della fede che lungo i secoli hanno seguito coraggiosamente le sue orme. In modo speciale, mi tornano alla mente i numerosi cristiani, che nel secolo scorso sono stati vittime dell’odio religioso in diverse nazioni d’Europa. Anche oggi, in alcune parti del mondo, i credenti continuano ad essere sottoposti a dure prove per la loro adesione a Cristo e alla sua Chiesa.
Sentano questi nostri fratelli e sorelle la piena solidarietà dell’intera comunità ecclesiale! Li affidiamo alla Vergine Santa, Regina dei martiri, che ora insieme invochiamo.


Martirio di San Giovanni Battista. Commenti Patristici

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29 agosto

Martirio di san Giovanni Battista

1
Dalla Lettera a Donato di san Cipriano di Cartagine.
Epist. I. ad Donatum, 3-6. 14 . PL 4,198-205. 220-221.
Un tempo io giacevo nelle tenebre di una notte buia; mi trovavo come sballottato sul mare del mondo che mi gettava in tutte le direzioni; incerto delle vie che mi si paravano innanzi, vagavo in balia di me stesso e non ero consapevole della mia vita.
Lontano dalla verità e dalla luce, ritenevo che fosse davvero difficile e duro, per i miei sentimenti di quel periodo, ciò che la misericordia di Dio mi pro­metteva per portarmi alla salvezza.
Reputavo fosse difficile poter nuovamente rinasce­re e deporre le abitudini precedenti, anche se il batte­simo nell’acqua della salvezza mi rinnovava a nuova vita. Stimavo ugualmente difficile che un uomo potesse cambiare la mente e l’animo senza mutare nel suo fisico.
Continuavo a dirmi: “Come sarà possibile una conversione così grande da liberarmi tutto ad un tratto da ciò che fin dalla nascita si solidificò come quando si colloca del materiale e lo si ammucchia in depositi? Come sarà possibile liberarmi di quelle abitudini che ho indebitamente contratte?”.
2
Spesso mi trovavo con questi pensieri. Ero legato dai moltissimi errori della mia vita passata e non crede­vo di potermene liberare. I vizi aderivano alla mia vita e io continuavo ad assecondarli. Non pensavo più di poter raggiungere i beni migliori; per questo favorivo ciò che mi nuoceva come se fosse qualcosa che ormai mi appartenesse e fosse cresciuto con me.
Ma sopraggiunse l’aiuto dell’acqua che rigenera. La corruzione della vita precedente venne cancellata e dall’alto si diffuse una luce nel mio cuore purificato e mondo. Ricevetti dal cielo lo Spirito e attraverso una seconda nascita diventai un uomo nuovo.
Dopo questo evento, ciò che era segnato dal dub­bio improvvisamente divenne, in modo che non saprei descrivere, una certezza; quello che era impenetrabile e pieno di tenebra mi apparve accessibile e luminoso.
Potevo raggiungere quello che prima mi sembrava assurdo e fare quello che finora ritenevo impossibile. Avevo così la possibilità di capire come fosse terreno l’uomo di prima, nato dalla carne e schiavo dei vizi.
3
Comprendevo che cominciava ad appartenere a Dio quello che lo Spirito Santo aveva già animato. Sai bene anche tu, e lo ammetti con me, ciò che questa morte del peccato, ciò che questa vita di virtù mi hanno rispettivamente tolto e donato. Lo sai e non insisto; è odioso lodare se stessi, anche se non può essere millanteria ma gratitudine ciò che attri­buiamo al dono di Dio e non alla nostra capacità umana. Infatti ammettiamo quale effetto della fede il non peccare, e quale effetto dell’errore umano il peccato.
È opera di Dio, lo ripeto, è opera di Dio tutto ciò che noi possiamo. Da lui abbiamo la vita e il vigo­re; grazie alla capacità che ci dona, possiamo pregusta­re qualcosa dei beni futuri, anche se siamo ancora su questa terra. Ci deve essere solo il timore come custode della nostra innocenza, perché il Signore, che si è riversato nei nostri cuori con il tocco della sua bontà e del suo perdono celeste, si fermi nel nostro animo, allietato dalla buona ospitalità delle nostre opere sante.
4
Se tu riesci a camminare con passo sicuro sulla via dell’innocenza e della salvezza, se tu, unito a Dio con tutte le forze e con tutto il cuore, rimani sempli­cemente quello che hai cominciato ad essere, ti sarà concessa possibilità di agire in proporzione di quanto crescerà in te la grazia dello Spirito.
Nell’usufruire dei doni di Dio non vi è nessuna misura o limite, come invece accade per i benefici terreni. Lo Spirito si effonde abbondante e non viene costretto da confini, non è obbligato entro limiti, non viene frenato in spazi circoscritti. Lo Spirito scaturisce senza posa, fluisce traboccando; occorre solo che il nostro cuore abbia sete e si apra.
Attingeremo l’abbondante grazia in proporzione della nostra capacità di fede. Dallo Spirito scende a noi la possibilità di vivere una vita sobria e casta, di avere sinceri pensieri e una parola altrettanto since­ra. Grazie allo Spirito possiamo superare vittoriosi i mortali veleni quando veniamo colpiti; da lui abbiamo la capacità di ritornare in salute e di eliminare le brutture del nostro animo quando sbagliamo.
5
È lo Spirito che ci permette di far diventare paci­fici coloro che sono sconvolti dall’ira e dall’odio e di ridurre i violenti a mitezza. È lo Spirito che ci dona la forza di minacciare e umiliare gli spiriti immondi che si aggirano intorno e penetrano negli uomini per corromperli. Con lo Spirito possiamo sferzare terribilmente questi spiriti e costrin­gerli ad andarsene o abbatterli mentre oppongono resistenza, lamenti e gemiti, aumentandone le sofferen­ze. Con lo stesso Spirito li flagelliamo e li tormentiamo con il fuoco. È una battaglia che si combatte e non si vede: i colpi sono invisibili ma la pena è manifesta.
Lo Spirito che abbiamo ricevuto agisce con la sua potenza, perché noi partecipiamo ad una vita nuova. Non abbiamo però ancora cambiato il corpo e le mem­bra; per questo la vista umana resta ancora nel buio, perché il sensibile si frappone come una nube.
6
Che potenza spirituale, che forza è questa! Non solo sottrarsi ai contatti perniciosi del mondo, ma non lasciarsi più contagiare dalla corruttela del nemico che rinnova i suoi assalti, purificati come siamo. L’ani­mo si rinvigorisce e si rinsalda nelle proprie forze tanto da dominare imperiosamente tutto l’esercito del nemico che viene all’assalto.
Perché gli effetti della presenza divina ti appaiano più luminosi, cercherò di illuminarti svelandoti la veri­tà. Dopo aver dissipato la caligine del male, ti mostrerò le tenebre che avvolgono il mondo.
Immagina di essere sollevato su una delle cime più alte di un monte scosceso e di osservare da lassù le cose che si estendono ai tuoi piedi. Gira lo sguardo in diverse direzioni e contempla il turbinare che scon­volge il mondo, mentre tu sei libero da ogni contatto terreno.
7
Avrai allora compassione per questo mondo e maggiormente consapevole della tua situazione, ne sarai tanto più riconoscente a Dio e con gioia più viva lo ringrazierai di esserne scampato. Osserva: le strade sono infestate da rapinatori, i pirati percorrono i mari, dappertutto l’orrore del sangue sparso e dei campi di guerra. Il mondo gronda di sangue fraterno: l’omici­dio, considerato un delitto quando è commesso dai singoli, diventa virtù se compiuto in nome dello stato! A questo livello, l’impunità non è garantita dall’innocen­za, ma dall’atrocità della ferocia.
Esiste una sola tranquillità certa e serena, una sola sicurezza stabile su cui si possa contare: quella di chi si ritrae dal turbinio di questo mondo inquieto e, gettata per sempre l’ancora nel porto della salvezza, eleva lo sguardo dalla terra verso il cielo. Ammesso a godere del tesoro divino, tale uomo è ormai interiormente ac­canto al suo Dio. Si vanta di non avere più occhi per le cose terrene che ad altri appaiono grandi e sublimi.
8
Chi è superiore al mondo non può ormai attendere o desiderare qualcosa dalla società mondana. Essere sciolto dai lacci del mondo circostante, purificato dalla feccia terrena sotto la luce dell’eterna immortali­tà, significa avere garantita una protezione continua e irreversibile e il sostegno celeste per giungere ai beni eterni.
Allora ci si rende conto fino a che punto il nemico con i suoi attacchi tramava insidiosamente a nostra rovina. Così siamo spinti ad amare quel che saremo, tanto più che ci è possibile conoscere e condannare quello che eravamo. Non abbiamo bisogno per questo di denaro, di raggiri e di forza, come se si trattasse di procurarci una grandissima dignità. E’ dono di Dio gratuito e facile. Come spontaneamente il sole diffonde i suoi raggi, il giorno porta la luce, la fonte zampilla d’acqua, la pioggia irrora la terra, così lo Spirito celeste si diffonde in noi.
Dopo che l’uomo si è rivolto verso il cielo e ha conosciuto il suo Creatore, si innalza sopra il sole e ogni potenza terrena, cominciando ad essere ciò che sa di essere.
9
Dal vangelo secondo Marco.
6,17-29
Erode aveva fatto arrestare Giovanni e lo aveva messo in prigione a causa di Erodiade, moglie di sua fratello Filippo, che egli aveva sposato.
Dal Discorso di Giovanni Giusto Lanspergio per la festa del martirio di san Giovanni Battista.
Sermo in festo Decollationis s.Joannis Baptistæ. Opera omnia, Monsterolii, 1889, t. II, 514-515. 518-519.
La morte di Cristo è all’origine di una innumerevole folla di credenti. Per la potenza del Signore Gesù e grazie alla sua bontà, la morte preziosa dei suoi martiri e dei suoi santi ha fatto nascere una gran moltitudine di fedeli. Infatti, la religione cristiana non ha potuto essere distrutta dalla persecuzione dei tiranni e dalla morte ingiusta di innocenti; ogni volta invece ne ha ricevuto un accrescimento vigoroso.
Ne abbiamo un esempio di san Giovanni che ha battezzato Cristo e che noi oggi festeggiamo come martire. Erode, questo re infedele, per fedeltà al suo giuramento, volle sopprimere in modo radicale dalla memoria degli uomini il ricordo di Giovanni. Ora non soltanto il Battista non fu dimenticato, ma migliaia di uomini, infiammati dal suo esempio accolsero con gioia la morte per la giustizia e la verità. Così, l’ignominia di cui il tiranno voleva coprirlo, in realtà lo rese ancora più illustre. Quale cristiano, degno di questo nome, non venera oggi Giovani, il battezzatore di Cristo? Ovunque nel mondo i fedeli venerano la sua memoria, tutte le generazioni lo proclamano beato e le sue virtù riempiono di profumo la Chiesa.
10
Giovanni non visse soltanto per se stesso, e neppure morì solo per sé. Quanti uomini, carichi di peccati, la sua vita dura e austera seppe trarre a conversione! Quante persone la sua morte immeritata incoraggiò a sopportare le avversità! E a noi, da dove viene oggi l’occasione di rendere grazie a Dio con fede se non dal ricordo di san Giovanni ucciso per la giustizia, cioè per Cristo?
Egli non amò la sua anima, cioè la parte sensitiva che cerca il piacere e rifugge l’austerità, ma la odiò nel senso che non volle affatto acconsentire alle voglie istintive. Così odiandola, o meglio amandola in modo vero e religioso, l’ha conservata per la vita eterna. E non ha salvato soltanto se stesso, ma col suo esempio ha coinvolto moltissimi nella difesa della giustizia.
11
Che cosa mai possiamo dire in lode di Giovanni Battista? Come non ci fu uno più santo di lui, così è indubitabile che tutto il suo essere in modo meraviglioso anelò alla visione immediata del volto di Dio. Fu in seguito al suo esempio che alcuni martiri desiderarono dare la vita per Dio e per la giustizia arrivarono a offrire volontariamente se stessi in olocausto.
Infine, tutti i santi hanno un tale desiderio di Dio che, in attesa esso venga appagato, si consolano rivolgendosi al Signore in preghiera continua, ascoltando la sua Parola nella Scrittura, facendo memoria dei suoi doni e benefici. Soprattutto si accostano con grande frequenza alla santa Comunione, che offre a noi il segno più alto e mirabile dell’amore divino: qui incontrano davvero presente colui che amano, quantunque nessuno potrebbe avere esperienza e godimento di lui così come Egli è.
Possiamo quindi tirare questa conclusione: se uno ha spento dentro di sé gli effimeri desideri della terra, mentre avvampa per quelli del cielo; se uno si auspica la morte per poter in tal modo essere sempre con Cristo, e da nulla trae tanto conforto come da questo adorabile sacramento, costui può andar certo di essere abitato dall’amore di Dio.
12
La caratteristica primaria di un cuore incendiato dall’amore divino consiste nel far dono di sé e di tutto ciò che è suo al Signore per onorarlo e seguire la sua volontà. Arriva al punto che preferirebbe morire — il che sarebbe anche necessario per la salvezza — piuttosto che commettere un peccato mortale che offenda Dio in modo gravissimo. Comunque, l’amore perfetto non evita soltanto la colpa mortale, ma si impegna nell’adesione operosa del beneplacito divino.
Così, appunto, Giovanni Battista ha sacrificato generosamente la vita quaggiù per amore di Cristo; ha scelto di disprezzare gli ordini del tiranno piuttosto che quelli di Dio. Questo esempio ci insegna che nulla deve esserci più caro della volontà di Dio. Piacere agli uomini non serve a gran cosa; anzi, spesso proprio questo ci nuoce moltissimo. Ma offendere Dio non può che portare cattive conseguenze Perciò, con tutti gli amici di Dio moriamo ai nostri peccati e alle nostre passioni, calpestiamo il nostro amor proprio sviato e impegniamoci a lasciar crescere in noi l’amore fervente di Cristo: quanto più fervido esso avvamperà in noi, tanto più in cielo saremo beati e uniti con Cristo

domenica 26 agosto 2012

Ultimo messaggio da Medjugorje


Messaggio del 25 agosto 2012 dato a Marija: 
Cari figli! Anche oggi con la speranza nel cuore prego per voi e ringrazio l’Altissimo per tutti voi che vivete col cuore i miei messaggi.
Ringraziate l’amore di Dio affinché Io possa amare e guidare ciascuno di voi per mezzo del mio Cuore Immacolato anche verso la conversione.
Aprite i vostri cuori e decidetevi per la santità e la speranza farà nascere la gioia nei vostri cuori. Grazie per aver risposto alla mia chiamata.

mercoledì 22 agosto 2012

Lectio Quotidiana Vangelo di Luca cap.10


Leggiamo insieme la Scrittura giorno per giorno:
 il vincolo di unità e di pace per tutti noi!

22 agosto 2012 – Lc 10,1-16 10 

     1Dopo questi fatti il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi. 2Diceva loro: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe! 3Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi; 4non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada. 5In qualunque casa entriate, prima dite: “Pace a questa casa!”. 6Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. 7Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché chi lavora ha diritto alla sua ricompensa. Non passate da una casa all’altra. 8Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà offerto, 9guarite i malati che vi si trovano, e dite loro: “È vicino a voi il regno di Dio”. 10Ma quando entrerete in una città e non vi accoglieranno, uscite sulle sue piazze e dite: 11“Anche la polvere della vostra città, che si è attaccata ai nostri piedi, noi la scuotiamo contro di voi; sappiate però che il regno di Dio è vicino”. 12Io vi dico che, in quel giorno, Sòdoma sarà trattata meno duramente di quella città.13Guai a te, Corazìn, guai a te, Betsàida! Perché, se a Tiro e a Sidone fossero avvenuti i prodigi che avvennero in mezzo a voi, già da tempo, vestite di sacco e cosparse di cenere, si sarebbero convertite. 14Ebbene, nel giudizio, Tiro e Sidone saranno trattate meno duramente di voi. 15E tu, Cafàrnao, sarai forse innalzata fino al cielo? Fino agli inferi precipiterai!16Chi ascolta voi ascolta me, chi disprezza voi disprezza me. E chi disprezza me disprezza colui che mi ha mandato».

COMMENTO DI GIOVANNI

E’ propria del solo Luca la dilatazione del compito missionario dai Dodici ai Settantadue (o Settanta. In altri codici). La tradizione spiega l’allargamento con la destinazione universale della Parola di salvezza, del Vangelo di Gesù. Settanta, o settantadue, erano considerate dalla tradizione biblica le nazioni del mondo. A me piace molto l’affermazione del ver.1: “..e li inviò a due a due davanti a Sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi”. Mi piace considerarla non solo come un compito di preparazione e di attesa, ma anche e soprattutto come l’annuncio del Vangelo. Tale annuncio, infatti, non è in se stesso il dono di Dio, quello che solo Di stesso può fare, ma appunto una strada, un orizzonte, un’apertura di attesa e di accoglienza nei confronti del Signore stesso. La fede, propriamente, non si trasmette. Se ne trasmettono i contenuti, con l’annuncio e la testimonianza. Ma la fede è sempre e solo dono di Dio. Grazia. Questo non toglie niente all’importanza, alla necessità di tale opera. Per questo, il ver.2 mostra quanto sia necessario chiedere che molti operai siano mandati dal Signore per un compito enorme. E qui mi piace anche notare che questi settantadue o settanta non vengono qualificati come lo sono stati i Dodici in Luca 9,1-6. Nel nostro linguaggio, potremmo dunque dire che si tratta di “cristiani semplici”, o semplici cristiani. I vers.3-4 descrivono una condizione e un modo che vivamente rispecchiano il mistero stesso di Gesù: mandati “come agnelli in mezzo a lupi”, dice un atteggiamento del tutto mite e spoglio di ogni potere o risorsa mondani. E così pure la povertà personale, così importante per chi deve testimoniare la povertà del Figlio di Dio! Raccolgo il significato dei vers.5-15 nell’affermazione di un’economia della salvezza che si manifesta e si compie come “responsabilità del dono ricevuto”. A me questo sembra molto importante: Se tale dono uno non l’ha ricevuto, o l’ha ricevuto in piccola misura, come possiamo pensare per il riferimento alla città di Sodoma nella memoria di Genesi 18, o alle città pagane contemporanee all’età evangelica, come Tiro e Sidone, la sua risposta è certamente meno impegnativa di quella che ci si deve attendere da città come Cafarnao e come gli altri luoghi che hanno direttamente conosciuto il Signore e la sua opera di salvezza. Il ver.16 mi sembra confermare la rilevanza e la relatività dell’opera missionaria dell’annuncio evangelico, nella sua assoluta connessione con l’opera salvifica compiuta dal Signore Gesù, in totale comunione con il Padre.
 Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.


23 agosto 2012 – Lc 10,17-20

17I settantadue tornarono pieni di gioia, dicendo: «Signore, anche i demòni si sottomettono a noi nel tuo nome». 18Egli disse loro: «Vedevo Satana cadere dal cielo come una folgore. 19Ecco, io vi ho dato il potere di camminare sopra serpenti e scorpioni e sopra tutta la potenza del nemico: nulla potrà danneggiarvi. 20Non rallegratevi però perché i demòni si sottomettono a voi; rallegratevi piuttosto perché i vostri nomi sono scritti nei cieli».

 COMMENTO DI GIOVANNI

 Solo l’evangelista Luca ricorda in termini precisi questo dialogo tra Gesù e i settantadue che Egli ha mandato a portare il suo Vangelo. La “gioia” è il sentimento che domina il nostro testo, e quindi l’insegnamento sapienziale del Signore circa i motivi più profondi della gioia cristiana. “Pieni di gioia”(ver.17) tornano i discepoli, e ancora di gioia si parla al ver.20 con il verbo reso in italiano con “rallegratevi”. I discepoli sono pieni di gioia per quello che essi hanno sperimentato non come potenza loro, ma come frutto della missione loro affidata da Gesù: “.. anche i demoni si sottomettono a noi nel tuo nome”. E Gesù non solo conferma, ma ulteriormente esalta l’evento dicendo di aver visto “Satana cadere dal cielo come una folgore”. E, al ver.19, aggiunge una nuova assicurazione sul potere dato loro: “…nulla potrà danneggiarvi”. A questo punto però Egli dà un orientamento al loro pensiero e al loro sentimento che costituisce una nota essenziale della vita cristiana: l’elezione divina! Mi permetto di suggerirvi di tornare ancora e sempre al testo fondamentale dell’annunciazione a Maria in Luca 1,26-38.  Tutto parte sempre dal dono di Dio. Maria, con il suo essere chiamata “piena di grazia”, è veramente la madre e il segno supremo dell’elezione divina, che i padri ebrei hanno custodito nel loro cammino di preparazione e di profezia verso il Messia del Signore, e che ora conferma e porta a pienezza il senso e il mistero di ogni vita umana visitata dall’annuncio evangelico. ”Rallegratevi perché i vostri nomi sono scritti nei cieli” ascoltiamo oggi al ver.20, e in questo vediamo la fecondità e la conferma della Parola dell’Angelo a Nazaret: “Rallegrati, piena di grazia: il Signore è con te” al ver.20 del nostro brano. Questo è il punto fondamentale della nostra vita: l’elezione d’amore, il dono della vita di fede. In questa vita ci sono mansioni, compiti, doni ulteriori, peccati nostri, pentimenti….Ma tutto è dentro al dono di Dio. Tutto ne è lo svolgimento e il compimento. Questo dono universale è quello che porta la Chiesa a pensarsi non più e non tanto in senso “piramidale” – Dio, Cristo, Madonna, Papa, Vescovi, Preti, Frati, Suore, semplici poveri fedeli… - ma come popolo, come assemblea, come unica grande famiglia dei figli di Dio, dove, a partire dalla grazia che ci accomuna, vi sono doni e ministeri diversi. Rallegriamoci di questo! Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.

24 agosto 2012 – Lc 10,21-24

 21In quella stessa ora Gesù esultò di gioia nello Spirito Santo e disse: «Ti rendo lode, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. 22Tutto è stato dato a me dal Padre mio e nessuno sa chi è il Figlio se non il Padre, né chi è il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo».23E, rivolto ai discepoli, in disparte, disse: «Beati gli occhi che vedono ciò che voi vedete. 24Io vi dico che molti profeti e re hanno voluto vedere ciò che voi guardate, ma non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo ascoltarono».

 COMMENTO DI GIOVANNI

Gesù, che nei versetti precedenti ha accolto e commentato la gioia dei discepoli ritornati dalla loro missione, e ha fondato tale gioia al livello più profondo – l’elezione divina e i nomi scritti nel libro della vita – ora Lui stesso gioisce: “esultò di gioia nello Spirito Santo”. E fa questo, interpretando e universalizzando la gioia dei discepoli che riconosce e proclama come quei “piccoli” ai quali Dio rivela il suo mistero di salvezza. La fede, la rivelazione, la salvezza, la vita nuova…tutto è grazia! Tutto è dono! La comunione con Dio non è frutto di percorsi intellettuali, sapienziali, etici…, ma, appunto, pura grazia! Per questo Gesù arriva ad affermare che tali cose Dio le ha nascoste ai sapienti e ai dotti, per rivelarle ai piccoli, a quelli cioè che non hanno nessuna “dote”, nè capacità, né possibilità di   raggiungere questi apici della verità e della sapienza di Dio. Mi permetto di aggiungere che questo non esclude i sapienti e i dotti da tale dono, ma stabilisce che solo se e come “piccoli” anche loro potranno ricevere il dono. Oggi possiamo cogliere questo elemento fondamentale della fede cristiana, ripercorrendo le persone e gli eventi che abbiamo incontrato in tutta questa prima parte del Vangelo secondo Luca! Ed è mirabile la conseguenza che subito Gesù ne trae! Se è così, se il Vangelo è donato ai piccoli, veramente Egli può dire che “tutto è stato dato a me dal Padre mio, e nessuno sa chi è il Figlio se non il Padre. Né chi è il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo”(ver.22). Nessuno tra i piccoli è più piccolo di Gesù! Per questo Egli può dire che “tutto è stato dato a me dal Padre mio”. La piccolezza di Gesù è il cuore e il segreto della sua assoluta e unica comunione con il Padre. In un clima di grande intimità, ai vers.23-24, Gesù esalta la condizione dei suoi piccoli discepoli,  proclamando la loro beatitudine: “Beati gli occhi che vedono ciò che voi vedete”. E sono gli occhi di tutti coloro che, come questi discepoli, riceveranno il dono riservato ai piccoli. Ora essi vedono quello che nella storia della salvezza “molti profeti e re hanno voluto vedere e ascoltare”, ma non l’hanno visto e ascoltato, perché questo era riservato e preparato per il popolo messianico, che è veramente un popolo di piccoli e di poveri.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.

25 agosto 2012 – Lc 10,25-37

25Ed ecco, un dottore della Legge si alzò per metterlo alla prova e chiese: «Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?». 26Gesù gli disse: «Che cosa sta scritto nella Legge? Come leggi?». 27Costui rispose: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come te stesso». 28Gli disse: «Hai risposto bene; fa’ questo e vivrai».
29Ma quello, volendo giustificarsi, disse a Gesù: «E chi è mio prossimo?». 30Gesù riprese: «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e cadde nelle mani dei briganti, che gli portarono via tutto, lo percossero a sangue e se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. 31Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e, quando lo vide, passò oltre.32Anche un levita, giunto in quel luogo, vide e passò oltre.33Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione. 34Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un albergo e si prese cura di lui. 35Il giorno seguente, tirò fuori due denari e li diede all’albergatore, dicendo: “Abbi cura di lui; ciò che spenderai in più, te lo pagherò al mio ritorno”. 36Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?».37Quello rispose: «Chi ha avuto compassione di lui». Gesù gli disse: «Va’ e anche tu fa’ così».

COMMENTO DI GIOVANNI

Di questa parola, troppo ricca perchè io possa coglierne tutto lo splendore – ma dovrei dire così di ogni Parola delle Scritture! – proverò a segnalare alcuni passaggi che mi sembra di cogliere particolarmente nella mia povera preghiera di oggi.

Al ver.25, è “la Legge” rappresentata da questo “dottore”, che “mette alla prova” Gesù. Al di là delle intenzioni del tentatore, l’affermazione è importante, perché verificherà due cose insieme: da una parte la “fedeltà”, cioè la coerenza e in certo modo l’obbedienza piena di Gesù alla Parola donata da Dio al suo antico popolo; dall’altra metterà in evidenza l’assoluta “novità” della parola e dell’opera di Gesù, il Figlio dell’uomo , il Figlio di Dio. Proprio per questo Gesù esordisce nella sua risposta con una domanda al dottore, circa le Scritture: Che cosa sta scritto e come leggi? Diversamente dai testi paralleli di Matteo 22,35-40 e di Marco 12,28-31, il dottore della Legge trova da solo l’intera risposta. Allora, perchè ha posto la domanda? Tra le varie ipotesi io preferisco sottolineare un senso possibile di quel “volendo giustificarsi” del ver.29, come l’individuazione semplice e chiara circa il prossimo che bisogna amare. Questa richiesta genera da parte di Gesù la parabola che solo Luca tra gli evangelisti ricorda.

Dico subito quale mi sembra sia la risposta che Gesù in questo modo dà al dottore: il prossimo è prima di tutto quello che “si fa prossimo a me” per soccorrermi! Poi, questo mi richiederà quel “Va’ e anche tu fa’ così” del versetto conclusivo del nostro brano. L’esperienza fondante è questa “salvezza”, che come tale non può che essere ricevuta! L’uomo ferito sulla strada era già “mezzo morto”(ver.30), e forse per questo nè il sacerdote né il levita si fermano a soccorrerlo perché il loro ministero esige che non abbiano contatto con morti. A questi si aggiunge l’immagine simbolica di una strada in precipitosa discesa e di un violento assalto negativo subìto da quell’uomo. Inevitabile vicenda di “ogni uomo”?

E questo tutto si raccoglie verso la figura gigantesca del Samaritano! Uno straniero, un eretico, un nemico. Una figura disprezzata da ogni ebreo osservante. E’ in Lui che si raccoglie tutta la potenza della misericordia divina! Nella sua “compassione”(ver.33). Nella cura che si prende del suo avversario ferito e mezzo morto (vers.34-35). Quello straniero eretico è il Figlio di Dio. Il Samaritano è la figura di Dio che in Gesù si fa prossimo a noi per salvarci e per inaugurare la nuova signoria della misericordia di Dio e della misericordia tra tutti noi, di qualunque appartenenza, fede o non fede, cultura, razza, tradizione….


Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni. 

 27 agosto 2012 – Lc 10,38-42

 38Mentre erano in cammino, entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo ospitò. 39Ella aveva una sorella, di nome Maria, la quale, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola. 40Marta invece era distolta per i molti servizi. Allora si fece avanti e disse: «Signore, non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti». 41Ma il Signore le rispose: «Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, 42ma di una cosa sola c’è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta».


COMMENTO DI GIOVANNI

 Ancora una volta mi sembra che la via più semplice e diretta per accogliere la Parola che conclude Luca 10 sia quello di proseguire il nostro cammino sulla strada che ci ha condotto fin qui nel Vangelo secondo Luca; e quindi in grande continuità con la parabola del Samaritano, anche noi mettiamoci “in cammino”(ver.38), con Gesù e i discepoli, fino al villaggio dove abitano Marta e Maria. Un rapido ascolto di Giovanni 12,1-11 ci dice che Betania è questo villaggio, e ci dona una versione affascinante dell’episodio che Luca ci offre oggi.  Secolarmente questi versetti sono stati interpretati come l’indicazione di due vie del rapporto con Gesù, soprattutto per la vita “consacrata”, per la vita degli uomini e delle donne che vivono fuori dal matrimonio, l’unione nuziale con lo Sposo Gesù, nei voti dell’obbedienza, della povertà e della castità. E qui, con un certo imbarazzo per la Chiesa d’occidente, per la Chiesa Cattolica, l’affermazione della superiorità della vita “contemplativa”, sulla vita “attiva”, rappresentate una da Maria e l’altra da Marta. Le nuove edizioni delle bibbie mettono in nota qualche dubbio su questa interpretazione. Il discorso sarebbe lungo!  Mi sembra si possa e si debba dire che il nostro testo, in grande continuità con la parabola del Samaritano, vuole esaltare quel “Va’ e anche tu fa’ così” dell’ultimo versetto del testo precedente. La comunione d’amore di Gesù con la nostra povera umanità ferita, appunto la vicenda del Samaritano e dell’ebreo ferito, sono ormai il volto profondo dell’esistenza del credente. Dalla comunione d’amore che Gesù ha stabilito con noi, alla comunione d’amore che ci unisce ad ogni uomo e donna della terra. Il primato, dunque della comunione d’amore. Gesù dolcemente rimprovera Marta richiamandola al fatto che tutto deve essere ormai celebrazione di tale comunione d’amore. Marta certamente voleva servire e amare il suo Ospite Gesù, ma l’affanno per le cose da fare per Lui rischiava di far dimenticare che tutto era fatto per Lui. Il pericolo è che le cose da fare diventino più importanti del segno d’amore e di comunione che esse contengono. La vita cristiana è chiamata ad essere un unico atto d’amore, ricevuto dalla bontà di Dio e comunicato al prossimo che abbiamo accanto. Voler bene e volersi bene è il senso della vita.

 Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.

domenica 19 agosto 2012

Ultimo messaggio da Medjugorje; dato a Ivan

ultimo messaggio medjugorje
Immagine Da ultimomessaggiomedjugorje.blogspot.it

Messaggio dato a Ivan, 17 agosto 2012

Cari figli, anche oggi in modo particolare vi invito a pregare per i miei sacerdoti, per i miei diletti, a pregare per i Vescovi e per il Santo Padre. Pregate, cari figli, per i miei pastori, pregate più che mai.
 La Madre prega insieme con voi ed è con voi. Perciò perseverate nella preghiera e pregate insieme con me per le mie intenzioni.
 Grazie, cari figli, anche oggi per aver risposto alla mia chiamata.

giovedì 16 agosto 2012

Lectio quotidiana Vangelo di Luca cap. 9 (aggiornato giorno per giorno)


Leggiamo insieme la Scrittura giorno per giorno: il vincolo di unità e di pace per tutti noi!
COMMENTO Don Giovanni Nicolini

Lc 9,1-9

1Convocò i Dodici e diede loro forza e potere su tutti i demòni e di guarire le malattie. 2E li mandò ad annunciare il regno di Dio e a guarire gli infermi. 3Disse loro: «Non prendete nulla per il viaggio, né bastone, né sacca, né pane, né denaro, e non portatevi due tuniche. 4In qualunque casa entriate, rimanete là, e di là poi ripartite. 5Quanto a coloro che non vi accolgono, uscite dalla loro città e scuotete la polvere dai vostri piedi come testimonianza contro di loro». 6Allora essi uscirono e giravano di villaggio in villaggio, ovunque annunciando la buona notizia e operando guarigioni.
7Il tetrarca Erode sentì parlare di tutti questi avvenimenti e non sapeva che cosa pensare, perché alcuni dicevano: «Giovanni è risorto dai morti», 8altri: «È apparso Elia», e altri ancora: «È risorto uno degli antichi profeti». 9Ma Erode diceva: «Giovanni, l’ho fatto decapitare io; chi è dunque costui, del quale sento dire queste cose?». E cercava di vederlo.



COMMENTO DI GIOVANNI

Il cap.9 si apre con l’inaugurazione del grande compito cristiano: ”annunciare il regno di Dio e guarire gli infermi”. Mi piace fissare qui la mia attenzione più profonda, perché mi sembra ci sia una grande bisogno di purificare, liberare e semplificare il senso e lo scopo dell’opera cristiana. Tale compito è reso possibile dalla forza e dalla potenza che, come ascoltiamo al ver.1, Gesù dona ai Dodici, e donerà ai settantadue – tante erano considerate le nazioni del mondo – all’inizio del cap.10: “.. diede loro forza e potere su tutti i demoni e di curare (così, alla lettera) le malattie”. Ci troviamo davanti al grande mistero del male, sul quale la Bibbia non ci dà informazioni sul perché della sua esistenza, ma che ci dice la realtà del grande nemico di Dio e dell’umanità, nemico dal quale Egli vuole liberarci.

L’immensità del compito è rigorosamente intrecciata, al ver.3, con la prescrizione di una assoluta “povertà”. Corredarsi di potenza che non sia solamente quella che Gesù consegna ai Dodici per mandarli, sarebbe non solo inutile, ma anche controproducente, illusoria e alla fine dannosa, come ben sperimentiamo anche noi con tutti i nostri apparati di ogni tipo. La gente cui i Dodici sono inviati non potrebbe capire la potenza divina di liberazione che essi portano, se questa fosse mischiata e intrecciata con poteri e risorse della mondanità. Non è questione di buono o cattivo, ma di verità e di inganno, o illusione, o menzogna.

Il verbo “accogliere” che incontriamo al ver.5, l’abbiamo già ascoltato in Luca 2,28, dove si dice che Simeone “accolse tra le braccia” Gesù Bambino, un Dio che si è fatto piccolissimo per la salvezza del mondo. La non accoglienza di questo Dio piccolino è il giudizio evangelico su tutte le potenze mondane che non colgono e non accolgono il mistero dell’Amore di Dio fino alla carne e alla croce di Gesù. Siamo ancora dentro il grande precetto della povertà della Chiesa come essenziale annuncio e testimonianza della povertà del Figlio di Dio. Il ver.6 annuncia l’avvenimento del Vangelo e della sua potenza di bene.

E’ interessante l’accostamento nel nostro brano dei vers.7-9 che ci portano, come a contrasto, in un mondo che è del  tutto opposto, e chiuso a quanto abbiamo ascoltato. Anche qui mi sembra di vedere che non si tratta di buono o cattivo, ma, più radicalmente, di un altro mondo! Erode riuscirà a vedere Gesù, con “scarsi risultati”, in Luca 23, dentro agli eventi supremi della Pasqua, della Croce e della Gloria del Salvatore.

Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.

Lc 9,10-17

10 Al loro ritorno, gli apostoli raccontarono a Gesù tutto quello che avevano fatto. Allora li prese con sé e si ritirò in disparte, verso una città chiamata Betsàida. 11 Ma le folle vennero a saperlo e lo seguirono. Egli le accolse e prese a parlare loro del regno di Dio e a guarire quanti avevano bisogno di cure. 12 Il giorno cominciava a declinare e i Dodici gli si avvicinarono dicendo: «Congeda la folla perché vada nei villaggi e nelle campagne dei dintorni, per alloggiare e trovare cibo: qui siamo in una zona deserta». 13 Gesù disse loro: «Voi stessi date loro da mangiare». Ma essi risposero: «Non abbiamo che cinque pani e due pesci, a meno che non andiamo noi a comprare viveri per tutta questa gente». 14 C’erano infatti circa cinquemila uomini. Egli disse ai suoi discepoli: «Fateli sedere a gruppi di cinquanta circa». 15 Fecero così e li fecero sedere tutti quanti. 16 Egli prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò su di essi la benedizione, li spezzò e li dava ai discepoli perché li distribuissero alla folla. 17 Tutti mangiarono a sazietà e furono portati via i pezzi loro avanzati: dodici ceste.


COMMENTO DI GIOVANNI

Nella Parola che ieri apriva il cap.9 del Vangelo secondo Luca ci sembrava di veder emergere come tema fondamentale quello della povertà, che, nelle disposizioni date da Gesù per la missione apostolica, non sembrava un semplice ornamento o un’esaltazione morale, ma un dato essenziale, intimamente connesso con l’annuncio evangelico. Oggi questo si conferma e si dilata. Cito subito il fatto che, mentre i discepoli chiedevano di congedare la folla perché potesse procurarsi con i suoi mezzi quanto occorreva, Gesù dice: “Voi stessi date loro da mangiare”(ver.13). Dunque non ci si trovava in una situazione di difficoltà che solo un miracolo poteva risolvere. Ma Lui insiste perché questa cena siano loro ad offrirla alla gente. Una cena speciale, quindi, non per stretta necessità, ma perché ricca di significato, essenziale per l’annuncio evangelico e per la vita nuova.

Ai vers.10-11 gli apostoli riferiscono a Gesù “tutto quello che avevano fatto”. Egli si ritira con loro, ma le folle non li lasciano, ed “Egli le accolse”, e riprende il suo insegnamento e la sua opera di salvezza. Sono i Dodici a domandargli di congedare la folla, e Lui, come dicevamo, chiede di essere loro a provvedere per tutti. Ecco allora la dichiarazione esplicita della povertà dei loro mezzi, e quindi dell’evidente sproporzione colossale tra il pochissimo che hanno e quello che Gesù chiede loro. Forse Gesù sta chiedendo che essi vadano “a comperare viveri per tutta questa gente”(ver.13)?

Ed ecco, allora il miracolo di questa mensa dotata di così poco che nutrirà i cinquemila e lascerà avanzate dodici ceste di pezzi avanzati dalla loro sazietà! Come avverrà tale prodigio? Forse Gesù moltiplicherà i cinque pani e i due pesci? No! Dopo aver fatto sedere tutti a gruppi di cinquanta, Egli “prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò su di essi la benedizione, li spezzò e li dava ai discepoli perché li distribuissero alla folla”. Tenete ben fermo che questi e solo questi sono i gesti che vengono compiuti.

Dei cinque pani benedetti e spezzati avanzano dodici ceste! I Dodici ai quali Gesù ha passato pani e pesci da dare ai cinquemila hanno una cesta ciascuno per continuare a nutrire tutte le generazioni cristiane.

Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.

Lc 9,18-22

18 Un giorno Gesù si trovava in un luogo solitario a pregare. I discepoli erano con lui ed egli pose loro questa domanda: «Le folle, chi dicono che io sia?». 19 Essi risposero: «Giovanni il Battista; altri dicono Elia; altri uno degli antichi profeti che è risorto». 20 Allora domandò loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro rispose: «Il Cristo di Dio». 21 Egli ordinò loro severamente di non riferirlo ad alcuno. 22 «Il Figlio dell’uomo – disse – deve soffrire molto, essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e risorgere il terzo giorno».


COMMENTO DI GIOVANNI

Mi piace oggi pensare la preghiera con le parole del ver.18: la preghiera è sempre la preghiera di Gesù al Padre. La mia e la nostra preghiera è questo “essere con lui”, essere con Gesù che prega il Padre. La nostra comunione con Lui nella sua suprema comunione con il Padre: la preghiera, appunto. Così anche per noi è la vera e piana preghiera dei figli al Padre. La preghiera è per chiedere, per ringraziare, per ricordare… ed è soprattutto comunione di Dio con noi e di noi con Dio. I padri ebrei ci insegnano a pregare Dio con la Parola che Egli ci ha rivelato e comunicato. Noi facciamo questo nel modo più alto e profondo quando preghiamo “in Gesù”. Ascoltando le parole dei testi paralleli di Matteo 16,13 e di Marco 8,27, vedremo che solamente Luca colloca l’avvenimento non in un luogo, ma appunto nella preghiera di Gesù.

Mi permetto di suggerirvi  di considerare la domanda di Gesù come essenziale, e in certo senso “decisiva”, nel nostro rapporto con Gesù, e, in Lui con tutto l’orizzonte della fede ebraico-cristiana. In questo senso è bene accogliere anche la prima domanda del Signore, relativa alle folle: “Le folle, chi dicono che io sia?”. Le risposte date non sono la risposta giusta, ma ci aiutano a cogliere come la domanda sia decisiva e raccolga tutta la storia della preparazione e della profezia di Israele. Certamente gli antichi profeti, fino ad Elia, e Giovanni Battista in modo eminente, hanno “profetizzato” il Cristo di Dio, ma Gesù, come risponde Pietro al ver.20, è “il Cristo di Dio” che appunto il Popolo di Dio, e con lui  tutta l’umanità, attende per la sua salvezza. Ebbene, la domanda di Gesù e la nostra risposta, nostra e di ciascuno di noi, dobbiamo porcela, oggi e sempre, con sempre più grande insistenza, supplica e speranza. E’ Lui infatti ad unificare e a illuminare tutta la Parola che Dio ha donato fino a Lui. Ed è Lui che unifica e illumina tutta la creazione e tutta la storia di tutta l’umanità. E il senso profondo di ogni esistenza, e centralmente l’esistenza di ogni uomo e donna di ogni tempo e di ogni luogo, come tensione, attesa e misteriosa speranza verso di Lui, il Salvatore del mondo. Senza di Lui tutto è ancora sospeso nell’a precarietà e nell’incertezza. Con Lui e in Lui tutto entra nel mistero di Dio.

Ma tutto questo “Egli ordinò severamente di non riferirlo ad alcuno”(ver.21). Le note delle bibbie tendono a suggerire che la proibizione sia per evitare il rischio di una “mondanizzazione” del Messia. Dopo la sua Pasqua di morte e risurrezione lo si annuncerà. Io mi permetto di suggerire che non si tratta solo di una questione di tempo. E’ che proprio la sua Pasqua, da Gesù vividamente descritta al ver.22, è la rivelazione e la pienezza del Cristo di Dio. Quando il mondo lo rifiuterà e lo ucciderà, allora finalmente sarà piena e pienamente data la grazia della presenza e della potenza del Cristo di Dio nella storia e nella vita dell’intera umanità. Nella sua Pasqua d’amore sta tutta la sua potenza.

Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.


Lc 9,23-27

23 Poi, a tutti, diceva: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua. 24 Chi vuole salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia, la salverà. 25 Infatti, quale vantaggio ha un uomo che guadagna il mondo intero, ma perde o rovina se stesso? 26 Chi si vergognerà di me e delle mie parole, di lui si vergognerà il Figlio dell’uomo quando verrà nella gloria sua e del Padre e degli angeli santi. 27 In verità io vi dico: vi sono alcuni, qui presenti, che non morranno prima di aver visto il regno di Dio».


COMMENTO DI GIOVANNI

Ancora una volta la Lectio continua della Parola ci consente di cogliere la meraviglia del cammino! Così quello che ieri ascoltavamo della Persona del Signore, oggi Lui lo estende a noi, facendoci partecipi di Sé e della sua strada nel “regno di Dio”, come è detto al ver.27 del nostro brano. E lo estende a noi “tutti”: “a tutti diceva”(ver.23). Facciamo attenzione a quel “se stesso” del ver.23 e del ver.25. Che farne di questo “se stesso”? Non lasciamolo a se stesso! Con atteggiamento di assoluta libertà – “se qualcuno vuole venire dietro a me..” – rinneghiamolo nella sua solitudine e seguiamo Colui che ci ha fatto dono di Sé e si è posto in relazione d’amore con noi. Questo mi sembra il significato di quel “rinneghi se stesso”: è come innamorarsi e sposarsi. Nella “croce” mi sembra di vedere la vita, la vita di ciascuno di noi, con tutti i limiti della nostra persona, e con tutte le vicende e le prove. Ognuno prende non “la croce”, ma “la sua croce”. Però, dire “croce”, significa aver già ricevuto una direzione, un significato, uno scopo. E’ il desiderio e  il progetto di fare della propria vita un cammino di amore. Di offerta. La croce dice quindi una convergenza di tutto nell’unico senso dell’amore. Seguire Gesù in questo modo vuol dire mettersi al seguito del suo Vangelo, “ogni giorno”! Amo molto il ver.10 del Salmo 35(36): “E’ in Te la sorgente della vita, alla tua luce vediamo la luce”. E’ citato dalla liturgia della Trasfigurazione, il miracolo che, se Dio vorrà, incontreremo posdomani. E mi sembra molto “illuminante” anche della Parola di oggi.

Al ver.24 l’ “innamoramento” incalza, come quando si dice “ti voglio un bene da morire”: “chi perderà la propria vita per causa mia, la salverà”. Non la lascerà in preda alla morte. Seguendo Gesù, non si muore più: si dà la vita! Ora ci si salva dalla morte e da tutte le sue manifestazioni dando la vita! Si può anche comperare il mondo intero, dice al ver.25, ma per non perdere o rovinare “se stesso”, ognuno di noi riceve in dono l’essere discepolo di Gesù. Il nostro unico e vero vanto è il Vangelo di Gesù. Usando lo stesso verbo “vergognarsi” che troviamo in Romani 1,16 Paolo dice: “Io non mi vergogno del Vangelo, perchè è potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede, del Giudeo prima, come del Greco”. Il verbo vuol dire propriamente “arrossire”: pensate al nostro carissimo “Figlio dell’uomo”, se dovesse “arrossire” di noi nel giorno della “gloria sua e del Padre e degli angeli santi”. Oso dire che il Padre, vedendolo arrossire per colpa nostra, capirebbe quanto Gesù ami noi che siamo arrossiti di Lui, e forse ci salverebbe per amore del suo straordinario Figlio.

Ieri sera, quando la mia quotidiana angoscia pomeridiana mi lasciava, tutto si illuminava e mi sembrava proprio di vedere il regno di Dio, come oggi ascoltiamo al ver.27. Perdonate la mia vanità. Però quando ci capitano questi momenti, capiamo bene che sono assolutamente solo grazia del Signore. Non roba nostra.

Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.

Lc 9,28-36

28 Circa otto giorni dopo questi discorsi, Gesù prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare. 29 Mentre pregava, il suo volto cambiò d’aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante. 30 Ed ecco, due uomini conversavano con lui: erano Mosè ed Elia, 31 apparsi nella gloria, e parlavano del suo esodo, che stava per compiersi a Gerusalemme. 32 Pietro e i suoi compagni erano oppressi dal sonno; ma, quando si svegliarono, videro la sua gloria e i due uomini che stavano con lui. 33 Mentre questi si separavano da lui, Pietro disse a Gesù: «Maestro, è bello per noi essere qui. Facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Egli non sapeva quello che diceva. 34 Mentre parlava così, venne una nube e li coprì con la sua ombra. All’entrare nella nube, ebbero paura. 35 E dalla nube uscì una voce, che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo!». 36 Appena la voce cessò, restò Gesù solo. Essi tacquero e in quei giorni non riferirono a nessuno ciò che avevano visto.


COMMENTO DI GIOVANNI

L’accenno al legame tra i “discorsi” fatti da Gesù nei testi precedenti e l’episodio odierno della sua preghiera e della sua illuminazione mi portano a pensare che questo miracolo sia da ricevere come un’ikona di quella comunione che annuncia e offre quando chiede di rinnegare il proprio “sé” solitario per andare dietro a Lui. Se vale questa ipotesi, oggi la preghiera viene annunciata e mostrata come evento supremo di  tale comunione con Lui e tra di noi. Di tale evento Gesù rende partecipi Pietro, Giacomo e Giovanni prendendoli con Sé. Il confronto con i testi paralleli di Matteo 17,1 e di Marco 9,2 evidenzia la particolarità di Luca che lega intimamente alla preghiera di Gesù quello che accade sul monte: “… il suo volto cambiò d’aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante”(ver.29). E’ la luce divina che avvolge Gesù che prega. E’ la sua luminosa comunione con il Padre

La comunione con il Padre si popola di altre presenze: “Mosè ed Elia, apparsi nella gloria, parlavano con Lui del suo esodo che stava per compiersi a Gerusalemme”(ver.30). La preghiera è ingresso nell’universo della Parola e della storia della salvezza. La preghiera è viaggio verso la Pasqua, verso l’ “esodo” che, in adempimento a tutte le Scritture, si compie per Gesù a Gerusalemme. Ma questo che stiamo ascoltando nella nostra povera preghiera, è ciò che accade anche a noi! Anche per noi, come per chiunque viene da Gesù portato nella preghiera, questa è illuminazione della nostra umile persona e cammino verso la nostra Pasqua. Dunque, Gesù ci rivela nella sua persona quello che è donato anche a tutti noi nella preghiera.

Pietro e i suoi compagni erano “oppressi dal sonno”, ma “quando si svegliarono, videro…”: sorgono dal sonno e risorgono nella preghiera che consente loro di vedere sia la gloria di Gesù, sia “i due uomini che stavano con Lui”(ver.32).Infatti la preghiera, non solo annuncia la Pasqua, ma è in se stessa evento pasquale, vittoria sulla morte, sull’assenza e sull’oscurità. E’ ingresso nel mistero della vita divina. E’ svegliarsi, è risorgere alla comunione con Lui. “E’ bello per noi essere qui”: al ver.33 Pietro propone di stabilizzare l’evento costruendo le tre capanne. Perché il testo ci dice che “non sapeva quello che diceva”? Forse, penso, perché nella preghiera non siamo noi a costruire capanne, ma è Lui che ci fa entrare nella sua tenda, nella “nube che li coprì con la sua ombra”. La nube che scendeva sulla tenda del convegno quando i nostri padri camminavano nel deserto del loro esodo verso la Terra promessa, è il segno della presenza di Dio.Per questo, qundo dice che “ebbero paura”, penso soprattutto al “timor di Dio” piuttosto che alla paura. Da quella nube “uscì una voce che diceva: Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo!”(ver.35). Tutta la preghiera cristiana si raccoglie nella Persona e nella Parola di Gesù. Per questo “appena la voce cessò, restò Gesù solo”(ver.36). L’espressione non vuole parlarci di solitudine, ma che in Lui e solo in Lui si raccoglie tutto il mistero di Dio e tutto il mistero della storia della salvezza. Nella preghiera di Gesù sta tutta la nostra comunione con Dio e con tutta la storia della nostra salvezza.


Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.

Lc 9,37-43a

37 Il giorno seguente, quando furono discesi dal monte, una grande folla gli venne incontro. 38A un tratto, dalla folla un uomo si mise a gridare: «Maestro, ti prego, volgi lo sguardo a mio figlio, perché è l’unico che ho! 39 Ecco, uno spirito lo afferra e improvvisamente si mette a gridare, lo scuote, provocandogli bava alla bocca, se ne allontana a stento e lo lascia sfinito. 40 Ho pregato i tuoi discepoli di scacciarlo, ma non ci sono riusciti». 41 Gesù rispose: «O generazione incredula e perversa, fino a quando sarò con voi e vi sopporterò? Conduci qui tuo figlio». 42 Mentre questi si avvicinava, il demonio lo gettò a terra scuotendolo con convulsioni. Gesù minacciò lo spirito impuro, guarì il fanciullo e lo consegnò a suo padre. 43 E tutti restavano stupiti di fronte alla grandezza di Dio.


COMMENTO DI GIOVANNI

La Parola che oggi accogliamo dalla bontà del Signore rimarrebbe, mi sembra, enigmatica, se non avessimo la grazia di questo cammino nel Vangelo, versetto per versetto e parola per parola, e con la possibilità, e oggi direi l’opportunità, non solo  di ripercorrere il cammino già compiuto, ma anche di dare uno sguardo a quello che abbiamo davanti per i prossimi giorni. Vedremo quanto incalzante si sta facendo l’annuncio che Gesù afferma circa il suo sacrificio d’amore che già abbiamo ascoltato nei giorni scorsi al ver.22 di questo capitolo. Qual è il senso della “protesta” di Gesù, quando gli viene detto che i discepoli, pregati di scacciare lo spirito che invade il fanciullo, “non ci sono riusciti”, alla lettera, “non hanno potuto”, o, meglio ancora, “non ne hanno avuto la potenza”(ver.40)? Mi sembra evidente che Gesù giudica colpevole tale impotenza, colpa attribuita forse non solo ai suoi discepoli, ma a tutti quelli che lo hanno incontrato e ascoltato: una “generazione incredula e perversa ( o, forse meglio, deviata)”(ver41).

Dobbiamo quindi pensare che Gesù ha già indicato la via divina della potenza che salva l’umanità! Ha già comunicato qual è la strada che Lui sta percorrendo: qual è il suo “esodo”! E’ quello che, secondo la Parola che ieri abbiamo ascoltata e celebrata,  “stava compiendosi a Gerusalemme”, o meglio, “Egli stava per compiere a Gerusalemme”: la sua Pasqua di morte e di gloria: Il suo sacrificio d’amore per la salvezza di tutta l’umanità. Questo è il segreto della sua potenza: l’Amore. Questa è la potenza che Egli consegna ai suoi discepoli, che non sono né dei maghi, né degli scienziati, nè sono dotati delle potenze tipiche del mondo. Sono mandati ad annunciare e a comunicare la Parola potente dell’Amore di Dio per ogni uomo e donna della terra. Questa è la potenza che scaccia ogni demonio, ogni male. Questa è dunque la ragione della impotenza di cui ora questo padre si rammarica.

E’ interessante la chiusura del nostro brano al ver.43: “E tutti restavano stupiti di fronte alla grandezza di Dio”. La potenza dell’Amore  è la “grandezza” di Dio. Una potenza illimitata e stupefacente. Mi batte il cuore mentre scrivo queste parole, perché sono consapevole della mia totale impotenza, per come poco accolgo il dono dell’amore di Dio e quindi poco posso comunicarlo. Così oggi vi chiedo di pregare un po’ per me.

Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.


18 agosto 2012 – Lc 9,43b-50

Mentre tutti erano ammirati di tutte le cose che faceva, disse ai suoi discepoli: 44«Mettetevi bene in mente queste parole: il Figlio dell’uomo sta per essere consegnato nelle mani degli uomini». 45Essi però non capivano queste parole: restavano per loro così misteriose che non ne coglievano il senso, e avevano timore di interrogarlo su questo argomento.
46Nacque poi una discussione tra loro, chi di loro fosse più grande. 47Allora Gesù, conoscendo il pensiero del loro cuore, prese un bambino, se lo mise vicino 48e disse loro: «Chi accoglierà questo bambino nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, accoglie colui che mi ha mandato. Chi infatti è il più piccolo fra tutti voi, questi è grande».
49Giovanni prese la parola dicendo: «Maestro, abbiamo visto uno che scacciava demòni nel tuo nome e glielo abbiamo impedito, perché non ti segue insieme con noi». 50Ma Gesù gli rispose: «Non lo impedite, perché chi non è contro di voi, è per voi».

COMMENTO DI GIOVANNI

Segnalo una grande opportunità che oggi viene offerta dalla Parola che ascoltiamo e celebriamo. Quando al ver.44 Gesù dice che bisogna mettersi ben in mente queste parole – alla lettera sarebbe “ponete nelle vostre orecchie queste parole” – non bisogna pensare che questo fosse un problema riguardante solamente gli ascoltatori di allora. Noi siamo nella loro stessa condizione e l’avvertimento insistente di Gesù riguarda noi oggi, è rivolto a noi. Siamo noi quelli che “non capivano queste parole: restavano per loro così misteriose che non ne coglievano il senso e avevano timore di interrogarlo su questo argomento”(ver.45). Non sarebbe difficile mostrare l’evidenza di questa situazione nell’attuale vicenda della comunità cristiana, e anche in ciascuno di noi! Per questo seguiremo con grande attenzione l’argomentare di Gesù, che ritorna sule tema pressante della sua Pasqua, sia direttamente, sia approfittando dei pensieri dei discepoli e di singoli episodi che Egli riconduce tutti a quello che vuole far entrare nella nostra mente e nel nostro cuore.

Ecco allora, ai vers.46-48, una discussione tra i discepoli che conferma a Gesù “il pensiero del loro cuore”, e cioè quale sia il più profondo istinto del loro modo di pensare. “Chi fosse il più grande” era l’argomento del loro dibattere: anche qui non sarà difficile a tutti noi cogliere la portata globale di questo interrogativo, e cioè di come questa “competizione” riguardi innumerevoli passaggi e vicende tra cui passiamo, e che, magari quasi inconsapevolmente ripropongono la discussione e la competizione su “chi sia il più grande”. Gesù entra nel dibattito con un gesto: “prese un bambino, se lo mise vicino”. Nei testi paralleli di Matteo 18,1-5 e di Marco 9,33-37, si dice che il bambino lo pone in mezzo a loro. Luca, dicendo che se lo mette vicino vuole forse evidenziare la prossimità tra la piccolezza del bambino e la piccolezza dello stesso Gesù. Accogliere Lui, Gesù, è accogliere una realtà e una condizione segnata dalla “piccolezza” che Egli vuole mostrare attraverso la vicinanza tra Lui e il piccolino. Ma c’è di più: “…e chi accoglie me, accoglie colui che mi ha mandato”. Ma è Dio Colui che ha mandato Gesù! Come dunque è Dio? Come Gesù e quel bambino? Come è Dio? A questo punto vi propongo una sosta tornando al ver.44: notate come Gesù ha parlato ai suoi: “il Figlio dell’uomo sta per essere consegnato nelle mani degli uomini”. Non dice qui anche della risurrezione! Dice solo della sua consegna per essere crocifisso! Dice solo la piccolezza immane della morte e non la gloria della risurrezione! Certamente vi è compresa…eppure qui non la cita. Qui vuole mettere in evidenza solo lo scandalo e la follia della croce! E adesso torniamo al punto di prima per entrare nella dichiarazione conclusiva di Gesù: “Chi infatti è il più piccolo fra tutti voi, questi è grande”(ver.48). Certamente ognuno degli ascoltatori può e deve riferire a qualcuno la frase. Ma, in realtà, chi è questo “più piccolo tra tutti voi”? Non è forse Lui stesso, Gesù? Se hanno senso queste considerazioni, dobbiamo renderci conto che il tema della “piccolezza” non è solo la descrizione di un atteggiamento di umiltà, ma è “teologia”, e riguarda dunque l’essere stesso di Dio. E’ allora il Crocifisso l’immagine perfetta di Dio?

E ancora, a coronamento di tutto, l’episodio che Giovanni racconta a Gesù circa l’impedimento dato a un tale che hanno visto scacciare i demoni nel nome di Gesù, ma “non ti segue insieme a noi”(ver.49)! Non fa parte del gruppo! Ma Gesù propone e impone una reazione ben diversa, tutta segnata dall’umiltà e dalla benevolenza, e tutta orientata a togliere ogni pretesa di verifica di appartenenza e di diritto di giudicare la relazione che esiste con ogni situazione: “Non lo impedite, perché chi non é contro di voi, è per voi”. Può essere interessante correre un momento avanti, per trovare in Luca 11,23, un’affermazione ben diversa, che tuttavia conferma e rafforza il pensiero che non noi, ma solo Gesù stesso stabilisce l’appartenenza e la condizione profonda di ogni persona e di ogni vicenda al mondo.


Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.

20 agosto 2012 – Lc 9,51-56
 51Mentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato elevato in alto, egli prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme 52e mandò messaggeri davanti a sé. Questi si incamminarono ed entrarono in un villaggio di Samaritani per preparargli l’ingresso. 53Ma essi non vollero riceverlo, perché era chiaramente in cammino verso Gerusalemme. 54Quando videro ciò, i discepoli Giacomo e Giovanni dissero: «Signore, vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?». 55Si voltò e li rimproverò. 56E si misero in cammino verso un altro villaggio.

 COMMENTO DI GIOVANNI
 La strada che stiamo percorrendo insieme in questa parte del Vangelo secondo Luca mi sembra tutta molto collegata alla meta pasquale di Gesù, e quindi al fine di tutto questo suo cammino per noi e con noi. Per questo faccio riferimento al ver.44 di questo capitolo, dove Gesù diceva che “il Figlio dell’uomo sta per essere consegnato nelle mani degli uomini”. Nel commento fatto insieme a Messa ci siamo alla fine meravigliati per il significato “doppio” che la frase propone: da una parte è certamente la prospettiva della sua passione e della sua morte, ma dall’altra proclama che proprio questo sarà l’evento che lo condurrà nella storia come Salvatore di tutta l’umanità. Per questo sono portato a interpretare secondo tale prospettiva tutto quello che stiamo ascoltando. Ogni situazione e ogni vicenda diventa “destinazione” di salvezza che Gesù vuole realizzare. Come ai versetti 49-50 Egli non approva che si impedisca a qualcuno di operare nel suo nome, così ora si oppone all’ipotesi di un giudizio di condanna per i samaritani che non li vogliono accogliere nel loro villaggio. Anche a loro è destinato il Vangelo della salvezza! Il ver.51, in parte ripreso al ver.53, descrive il viaggio di Gesù e dei discepoli con termini di grande solennità e potenza: si tratta proprio del grande cammino di Gesù verso gli eventi della salvezza del mondo! Il suo essere “elevato in alto” sarà sia l’innalzamento sulla croce, sia la sua ascensione al Padre. Gesù salirà a Gerusalemme, città che i Samaritani rifiutano come cuore della loro fede - ricordiamo la polemica della donna samaritana in Giovanni 4! - ma ormai queste rivalità devono finire per la potenza universale di salvezza del mistero pasquale del Signore. Per questo Gesù rifiuta con severità l’ipotesi di un giudizio divino da invocare contro quella gente. Qui la mitezza e la forza sono intimamente intrecciate tra loro. Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.

21 agosto 2012 – Lc 9,57-62

 57Mentre camminavano per la strada, un tale gli disse: «Ti seguirò dovunque tu vada». 58E Gesù gli rispose: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo». 59A un altro disse: «Seguimi». E costui rispose: «Signore, permettimi di andare prima a seppellire mio padre». 60Gli replicò: «Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu invece va’ e annuncia il regno di Dio». 61Un altro disse: «Ti seguirò, Signore; prima però lascia che io mi congedi da quelli di casa mia». 62Ma Gesù gli rispose: «Nessuno che mette mano all’aratro e poi si volge indietro è adatto per il regno di Dio».

 COMMENTO DI GIOVANNI
Mi chiedo se queste linee radicali e severe siano non solo esigenze morali, ma rivelino piuttosto la novità e la particolarità dell’esperienza cristiana rispetto ad altre sapienze e ad altre interpretazioni della vita. La prima affermazione di Gesù, ai vers.57-58, di risposta a chi si offriva di farsi suo discepolo, sembra voler dire un cammino senza sosta e senza fine. Il Vangelo di Gesù non si può fissare in una dottrina e in un fermo codice etico, perchè cammina incessantemente nella storia, ed esige un ascolto e un’obbedienza senza fine da parte del singolo come da parte della comunità credente. Il discepolo del Figlio dell’uomo non ha la possibilità di rifugiarsi in una formula fissa e definitiva, perché lo Spirito lo muove incessantemente dentro alla perenne novità del Vangelo che visita la storia. I vers.59-60 esigono che anche la morte e la sepoltura di un padre siano per suo figlio che è stato chiamato alla sequela del Signore, colte e vissute come eventi e segni del regno di Dio, e non siano realtà diverse da nessun fatto della vita, anche quello che si presenta come di supremo rilievo. Ricordo con commozione che mio papà mi diceva sorridendo che al suo funerale avrei chiesto alla gente presente di partecipare lietamente a quel giorno di festa. E così ho tentato di fare quando questo è avvenuto. Per questo motivo, mi sembra dicano i vers.61-62, per il discepolo non c’è più un “prima” rispetto al “regno di Dio”. Ogni pensiero, o dovere o opportunità viene vissuto non come preliminare, ma come obbedienza e attuazione della volontà del Signore. Chiedo scusa per la banalità e la confusione. Spero che possiamo in ogni modo cogliere e accogliere la divina bellezza di questa Parola come illuminante la nostra felice condizione di persone piccole e povere, e chiamate dalla potenza e dalla sapienza del Vangelo di Gesù.
 Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.