Santa Maria,

Santa Maria,
...donna del primo sguardo, donaci la grazia dello stupore.

martedì 31 gennaio 2017

MUOVERE ENERGIA




Un sasso può restare per secoli immerso nell’acqua del torrente senza assorbire una sola goccia d’acqua. I popoli si possono accalcare per milioni di anni attorno a Dio, attraverso le più svariate forme di religiosità, senza assorbire e trasmettere una sola goccia della sua potenza e del suo amore.
Un piccolo singolo cuore può assorbire in un istante più energia, sapienza, amore divini da Dio che un intero popolo lungo una storia di millenni. Solo ciò che unisce permette la trasmissione dell’energia divina. Quando c’è divisione, non c’è solo divisione; non c’è soprattutto trasmissione di energia divina. La competizione divide in gabbie sociali, chi ha di più e chi ha di meno, chi è primo e chi è ultimo. La vanità, assoldando consenso d’immagine, crea opinioni e separa con le mode. Il successo assembla applausi e separa in appartenenze edonistiche e di classe. Il potere politico ordina dipendenza e costituisce sudditanza, partizionando le genti in partiti e ideologie. La famiglia poi determina i legami e i cordoni ombelicali più potenti e crea le divisioni più profonde e primordiali all’origine di tutte le altre divisioni. Tutto ciò che separa è terribile e mortale, perché impedisce la circolazione dell’amore, dell’energia stessa di Dio. Un gruppo di famiglie si unisce in tribù, ma si separa dalle altre tribù, un paese si unisce ad altri paesi per fare una città e si separa dalle altre città, così per le nazioni racchiuse nei confini di stato. La patria, la bandiera, la squadra sportiva, il partito, la classe sociale, tutti si uniscono per essere uniti alla propria appartenenza e si separano così da tutti gli altri. Così un figlio stravede per il padre e maledice il suo vicino di casa, una madre è in totale ansia amorosa per suo figlio e nella più cosmica indifferenza per tutti gli altri giovani del suo quartiere. Un governo, per garantire la propria sicurezza nazionale, arriva a ingaggiare una guerra assolutamente distruttiva per un altro popolo. Gli aguzzini nei campi di concentramento e nelle prigioni torturano tutto il giorno, senza fare una piega, uomini, donne e bambini, e poi alla sera quando tornano a casa accarezzano i loro figli e amano le loro mogli. 
Tra migliaia di persone accalcate attorno a Gesù e perfettamente isolate tra loro e separate da Gesù, quel giorno una sola, una sola donna l’ha toccato con amore, si è unita a lui con amore, senza paura, senza separazione alcuna e allora e solo allora l’energia divina che tutto può sanare è stata sviscerata e trasmessa.
By Jimmi 


PROMEMORIA



SAN FILIPPO NERI


Il Santo della Gioia
Storia di San Filippo Neri



Padri  Filippini di Vicenza 
P. Roberto Gennaro - Preposito
P. Paolo Zanutel 
P. Claudio Pegoraro  
P. Casimiro 

P. Mark Williams
Ch. Massimo Zulian

 Congregazione dell’Oratorio S. FILIPPO NERI
  Stradella dei Filippini 2 - Vicenza     Tel. 0444544339 – 0444326933  

  www.padrifilippinivicenza.it

LECTIO : Siracide 14-15


           

1 Chi teme il Signore farà tutto questo, chi è saldo nella legge otterrà la sapienza. 2 Ella gli andrà incontro come una madre, lo accoglierà come una vergine sposa; 3 lo nutrirà con il pane dell’intelligenza e lo disseterà con l’acqua della sapienza. 4 Egli si appoggerà a lei e non vacillerà, a lei si affiderà e non resterà confuso. 5 Ella lo innalzerà sopra i suoi compagni e gli farà aprire bocca in mezzo all’assemblea. 6 Troverà gioia e una corona di esultanza e un nome eterno egli erediterà. 7 Gli stolti non raggiungeranno mai la sapienza e i peccatori non la contempleranno mai. 8 Ella sta lontana dagli arroganti, e i bugiardi non si ricorderanno di lei. 9 La lode non si addice in bocca al peccatore, perché non gli è stata concessa dal Signore. 10 La lode infatti va celebrata con sapienza ed è il Signore che la dirige. 11 Non dire: «A causa del Signore sono venuto meno», perché egli non fa quello che detesta. 12 Non dire: «Egli mi ha tratto in errore», perché non ha bisogno di un peccatore. 13 Il Signore odia ogni abominio: esso non è amato da quelli che lo temono. 14 Da principio Dio creò l’uomo e lo lasciò in balìa del suo proprio volere. 15 Se tu vuoi, puoi osservare i comandamenti; l’essere fedele dipende dalla tua buona volontà. 16 Egli ti ha posto davanti fuoco e acqua: là dove vuoi tendi la tua mano. 17 Davanti agli uomini stanno la vita e la morte: a ognuno sarà dato ciò che a lui piacerà. 18 Grande infatti è la sapienza del Signore; forte e potente, egli vede ogni cosa. 19 I suoi occhi sono su coloro che lo temono, egli conosce ogni opera degli uomini. 20 A nessuno ha comandato di essere empio e a nessuno ha dato il permesso di peccare. 


COMMENTO DI GIOVANNI 

www.famigliedellavisitazione.it

Fortemente collegato ai versetti precedenti di Sir.14,20-27, il nostro brano ci offre un linguaggio e contenuti in grande riferimento a Genesi 2 e al racconto della creazione della donna.

Soprattutto sembra illuminare profondamente quello che Genesi afferma dicendo che in tutta la creazione non si trova un “aiuto”, e un aiuto adeguato, che possa stare di fronte all’uomo, finchè Dio non crea la donna! 

Qui dunque la “sapienza”, grande ricerca dell’uomo per trovare la sua piena signoria e la sua piena comunione con Dio, ci viene donata con questa “figura” ricca di immagini nuziali! 

E una nuzialità che non descrive la sposa in termini di inferiorità, ma se mai al contrario! 

Ho trovato utile per questo riprendere il testo di Proverbi 31,10-31, che vi consiglio di osservare un momento, sempre se avete tempo!

Nel nostro brano è mirabile l’intreccio tra la dolce e potente “affettuosità” di questo incontro con la sapienza che dell’uomo è madre e sposa (ver.2), e che lo nutre con il suo pane e lo disseta con la sua acqua (ver.3)! 

Ma anche crea per lui una storia nuova e ricca come ascoltiamo ai vers.4-6! 

L’uomo la meriterà, se non sarà né stolto né arrogante né bugiardo, né peccatore! (vers.7-10)! 

Ed ella sarà per l’uomo condizione di gioia e di esultanza, e per questo “un nome eterno egli erediterà” (ver.6)! 

Proprio a partire da questo dono divino e dalla sua potenza, viene dato all’uomo il bene supremo della libertà! 

A me è parso prezioso quindi collegare strettamente la prima parte del nostro testo, a partire dal capitolo precedente (Sir.14,20-15,10) con la seconda parte del nostro brano, cioè i vers.11-20. 

La severità di queste parole mi sembra giustificata e generata dalla parte precedente. Il dono di Dio è anche questo supremo dono della libertà, dono del quale l’uomo diventa responsabile. 

Dunque, non una sua capacità, ma la condizione nuova e piena che Dio gli dona!

Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.

Siracide 14

1 Beato l’uomo che non ha peccato con la sua bocca e non è tormentato dal rimorso dei peccati. 2 Beato chi non ha nulla da rimproverarsi e chi non ha perduto la sua speranza. 3 A un uomo gretto non va bene la ricchezza, a che cosa servono gli averi a un uomo avaro? 4 Chi accumula a forza di privazioni, accumula per altri; con i suoi beni faranno festa gli estranei. 5 Chi è cattivo con se stesso con chi sarà buono? Certo non godrà delle sue ricchezze. 6 Nessuno è peggiore di chi danneggia se stesso, e questa è la ricompensa della sua malizia: 7 anche se fa il bene, lo fa per distrazione, e alla fine sarà manifesta la sua malizia. 8 È malvagio l’uomo dall’occhio invidioso, volge lo sguardo altrove e disprezza la vita altrui. 9 L’occhio dell’avaro non si accontenta della sua parte, una malvagia ingiustizia gli inaridisce l’anima. 10 Un occhio cattivo è invidioso anche del pane ed è proprio questo che manca sulla sua tavola. 11 Figlio, per quanto ti è possibile, tràttati bene e presenta al Signore le offerte dovute. 12 Ricòrdati che la morte non tarderà e il decreto degli inferi non ti è stato rivelato. 13 Prima di morire fa’ del bene all’amico, secondo le tue possibilità sii generoso con lui. 14 Non privarti di un giorno felice, non ti sfugga nulla di un legittimo desiderio. 15 Non lascerai forse a un altro i frutti del tuo lavoro, e le tue fatiche per essere divise fra gli eredi? 16 Regala e accetta regali, e divèrtiti, perché negli inferi non si ricerca l’allegria. 17 Ogni corpo invecchia come un abito, è una legge da sempre: «Devi morire!». 18 Come foglie verdi su un albero frondoso, alcune cadono e altre germogliano, così sono le generazioni umane: una muore e un’altra nasce. 19 Ogni opera corruttibile scompare e chi la compie se ne andrà con essa. 20 Beato l’uomo che si dedica alla sapienza e riflette con la sua intelligenza, 21 che medita nel cuore le sue vie e con la mente ne penetra i segreti. 22 La insegue come un cacciatore, si apposta sui suoi sentieri. 23 Egli spia alle sue finestre e sta ad ascoltare alla sua porta. 24 Sosta vicino alla sua casa e fissa il picchetto nelle sue pareti, 25 alza la propria tenda presso di lei e si ripara in un rifugio di benessere, 26 mette i propri figli sotto la sua protezione e sotto i suoi rami soggiorna; 27 da lei è protetto contro il caldo, e nella sua gloria egli abita.

COmmento DI GIOVANNI.


Avverto in questo brano  il contrasto severo tra una esistenza chiusa  ed avida e una  vita ricca di  relazione  e comunione.
L'uomo gretto e avaro é infine  cattivo  con  se stesso  (vers.3-7),  e il suo occhio invidioso  e  cattivo  é causa della  sua miseria (vers.8-10).
Per chi vive in  relazione  e comunione persino  l'inevitabile  prospettiva  della  morte  diventa  orizzonte e via per un'esistenza  buona  e felice.
  I vers. 20-27  ritornano al dono prezioso della sapienza  come il bene supremo  da ricercare, addirittura con l'appassionata  abilità  del  cacciatore  e l'attenzione quasi aggressiva  dell'amante.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.


Da: Giovanni Nicolini
Inviato: 30/01/2017 05:20
A: Francesco Scimè

Famiglie della visitazione 

http://www.famigliedellavisitazione.it/wp/category/la-lectio-quotidiana

Non temere: soltanto abbi fede.


BUONGIORNO. POSSIAMO TOCCARE CRISTO PRESENTE NELLA SUA PAROLA CON LA FEDE CHE NASCE DALLA NOSTRA IMPOTENZA.

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QUI SU YOUTUBE
https://youtu.be/ML0VVF66Kkc

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Dal Vangelo secondo Marco 5,21-43 

In quel tempo, essendo passato di nuovo Gesù all'altra riva, gli si radunò attorno molta folla, ed egli stava lungo il mare. Si recò da lui uno dei capi della sinagoga, di nome Giairo, il quale, vedutolo, gli si gettò ai piedi e lo pregava con insistenza: "La mia figlioletta è agli estremi; vieni a imporle le mani perché sia guarita e viva". Gesù andò con lui. Molta folla lo seguiva e gli si stringeva intorno. 
Or una donna, che da dodici anni era affetta da emorragia e aveva molto sofferto per opera di molti medici, spendendo tutti i suoi averi senza nessun vantaggio, anzi peggiorando, udito parlare di Gesù, venne tra la folla, alle sue spalle, e gli toccò il mantello. Diceva infatti: "Se riuscirò anche solo a toccare il suo mantello, sarò guarita".
E all'istante le si fermò il flusso di sangue, e sentì nel suo corpo che era stata guarita da quel male. Ma subito Gesù, avvertita la potenza che era uscita da lui, si voltò alla folla dicendo: "Chi mi ha toccato il mantello?". I discepoli gli dissero: "Tu vedi la folla che ti si stringe attorno e dici: Chi mi ha toccato?". Egli intanto guardava intorno, per vedere colei che aveva fatto questo. E la donna impaurita e tremante, sapendo ciò che le era accaduto, venne, gli si gettò davanti e gli disse tutta la verità. Gesù rispose: "Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va' in pace e sii guarita dal tuo male".
Mentre ancora parlava, dalla casa del capo della sinagoga vennero a dirgli: "Tua figlia è morta. Perché disturbi ancora il Maestro?". Ma Gesù, udito quanto dicevano, disse al capo della sinagoga: "Non temere, continua solo ad aver fede!". E non permise a nessuno di seguirlo fuorché a Pietro, Giacomo e Giovanni, fratello di Giacomo. Giunsero alla casa del capo della sinagoga ed egli vide trambusto e gente che piangeva e urlava. Entrato, disse loro: "Perché fate tanto strepito e piangete? La bambina non è morta, ma dorme". Ed essi lo deridevano. Ma egli, cacciati tutti fuori, prese con sé il padre e la madre della fanciulla e quelli che erano con lui, ed entrò dove era la bambina. Presa la mano della bambina, le disse: "Talità kum", che significa: "Fanciulla, io ti dico, alzati!". Subito la fanciulla si alzò e si mise a camminare; aveva dodici anni. Essi furono presi da grande stupore. Gesù raccomandò loro con insistenza che nessuno venisse a saperlo e ordinò di darle da mangiare. 

 

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DAI FALLIMENTI NASCE LA FEDE CHE CI SALVA SPINGENDOCI AD ABBANDONARCI A CRISTO TOCCANDOLO NELLA SUA PAROLA 

Il flusso del sangue è, nella Bibbia, vita che si perde e morte che lambisce l'esistenza. Per questo l'emorragia rendeva impuri, impedendo il culto, e quindi la relazione con Dio e con il prossimo, come un anticipo dell'inferno. Non ci stiamo dentro anche noi, soli, dopo aver “dilapidato ogni avere” rincorrendo una pienezza e una pace mai trovate. Forse oggi, con pochissima vita dentro come l'emorroissa, stiamo “peggiorando”, perché l'emorragia ci ha prosciugato la forza per perdonare e chiedere perdono, per amare e donarci. Ma il Signore è vicino a noi e passa beneficando; si tratta semplicemente di raggiungerlo e toccarlo, perché forse non lo abbiamo mai fatto. Da piccoli chissà, al catechismo, ma poi la scuola, gli amici, i giornali, ci hanno succhiato il sangue con ideologie e ragionamenti, e abbiamo creduto che ce l’avremmo fatta molto meglio da soli, senza preti e tabù. O forse in Chiesa ci siamo rimasti, toccando Cristo con una mano, mentre con l’altra abbracciavamo il mondo, consegnandogli la vita reale di ogni giorno. Comunque sia, di fronte alla sofferenza ci siamo accorti di non avere forza e risposte, perché dentro non abbiamo vita eterna, più forte della morte. Sino ad oggi, infatti, abbiamo toccato Gesù come “la folla”, superficialmente. Diversamente dall’emorroissa. Per lei toccare il lembo del mantello di Cristo era questione di vita o di morte. Per questo si avvicina umile ma con audacia, sa che deve rischiare il tutto per tutto, e lo tocca con la mano che è la carne offerta al suo dolore e alla sua impotenza. Impura tocca il puro, infrangendo la legge. Per questo Gesù si accorge di lei: "Chi mi ha toccato?", chi mi ha attirato dentro alla sua impurità? Ecco, questo significa toccare davvero Cristo: attirarlo dentro di sé, sino al fondo dei propri peccati, perché li distrugga nel perdono. Solo così si può guarire davvero, essere cioè “salvati”. Solo se Cristo scende nel nostro intimo può arrestare alla fonte il flusso di morte che ci avvelena la vita. Essa, infatti, “è solo addormentata, non è morta!”. "Agli estremi" si trova, finalmente, l'uomo vecchio, mentre è pronto a nascere in noi l'uomo nuovo, ricreato in Cristo. Nulla di quanto speravamo e desideravamo è destinato alla corruzione; tutto si addormenta nella debolezza della carne per risvegliarsi e trasfigurarsi nell'incontro con Cristo. Lui cerca la debolezza, l'inutilità, la povertà, i peccati, quello che nessuno vuole. Per questo è l’unico che ci ama davvero. Coraggio allora, tocchiamo il lembo del suo mantello. Come? Ascoltando la sua Parola, di cui sono immagine i filatteri che pendevano dal lembo del mantello di un rabbì; e accostandoci ai sacramenti, nei quali il flusso dei nostri peccati può raggiungere Cristo perché da Lui esca la “potenza” che ci risuscita.

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Don Antonello Iapicca

E' certo più facile irritarsi che pazientare, minacciare un fanciullo che persuaderlo: direi ancora che è più comodo alla nostra impazienza ed alla nostra superbia castigare quelli che resistono, che correggerli col sopportarli con fermezza e con benignità.



By leggoerifletto:

Raccomandazioni ai missionari - San Giovanni Bosco1. Cercate anime non denari;2. Usate carità e somma cortesia con tutti;3. Prendete cura degli ammalati, dei fanciulli, dei vecchi e dei poveri e guadagnerete la benedizione di Dio e la benevolenza degli uomini;4. Fate che il mondo conosca che siete poveri negli abiti, nel vitto, nelle abitazioni e voi sarete ricchi in faccia a Dio e diverrete padroni del cuore degli uomini;5. Fra di voi amatevi, consigliatevi, correggetevi ma non portatevi mai né invidia, né rancore, anzi il bene di uno sia il bene di tutti, le pene e le sofferenze di uno considerate come pene e sofferenze di tutti e ciascuno studi di allontanarle o almeno mitigarle;6. Ogni mattino raccomandate a Dio le occupazioni della giornata.

- San Giovanni Bosco -

Sii con Dio come l'uccello che sente tremare il ramo e continua a cantare, perché sa di avere le ali.
- San Giovanni Bosco -

E' certo più facile irritarsi che pazientare, minacciare un fanciullo che persuaderlo: direi ancora che è più comodo alla nostra impazienza ed alla nostra superbia castigare quelli che resistono, che correggerli col sopportarli con fermezza e con benignità.
- San Giovanni Bosco -

lunedì 30 gennaio 2017

Salire e scendere...


L’altro giorno, dopo diverso tempo, sono salito al sacro monte. Una giornata bellissima, tersa, e mentre salivo sentivo i muscoli tendersi, il respiro farsi rumoroso. Ma se gli occhi hanno davanti la bellezza, non te ne accorgi della fatica.
La montagna ci avvicina al cielo, e forse per questo che ci si spinge in alto per trovare un po’ di pace, per togliersi dalla folla, dal trambusto, come ha fatto Gesù quel giorno: stare con la folla è come scendere in basso, andare dentro di se è salire verso l’alto, per essere solo con Dio.
Ogni giorno avremmo bisogno della nostra montagna, della solitudine, della propria stanza…per riposare tu e Dio insieme.
Gesù si è appartato per parlare con i suoi amici, come facciamo noi quando abbiamo bisogno di dire qualche segreto, qualche pensiero intimo, ci si regala una serata, una passeggiata…quando parlo con le persone e il tempo lo permette, preferisco passeggiare, ma poi si trova una panchina e ci si guarda negli occhi, cosa che non fai se passeggi.
Che bello quando Gesù confida i suoi segreti, come si fa tra amici (‘non vi chiamo servi ma amici perché ciò che ho udito dal padre ve l’ho fatto conoscere’)
Con i suoi discepoli Gesù può ‘volare alto’, e loro volare con lui. Forse non sono ancora capaci, ma ci provano, si fidano e lo seguono ovunque vada. 
Il maestro vola con Dio, i discepoli volano col maestro: chissà che non sia il giorno giusto per spiccare il volo, salire un po’ più su, in alto, e starcene anche noi un po’ con Lui. Un segreto, ne sono certo, ce lo rivelerà.
fra Giorgio Bonati
❤️🍀🌻❄️🌹🌞🔆


Tolkien e l'Italia

Tolkien collection

Tolkien e l'Italia di Oronzo Cilli: la rassegna stampa


In questa pagina si segnalano le recensioni al mio libro "Tolkien e l'Italia" (il Cerchio, 2016). Clicca sull'immagine per leggere il testo dell'articolo. *QUOTIDIANI* Il primo articolo che anticipava la ricerca che mi avrebbe poi portato a pubblicare il libro, uscì su *il Giornale* il 27 giugno 2014 a firma di *Gianfranco de Turris*, che avrebbe poi, due anni dopo firmato l'introduzione. Il quotidiano *Libero*, a firma di *Miska Ruggeri*, presenta il volume sulle sue pagine culturali l'11 gennaio 2017 Domenica 22 maggio 2017 è *Massimo Novelli* a recensire il libro su *il Fatto Q...                               altro »

 Oronzo Cillia         Tolkieniano  logspot.com

Aver qualcuno da amare è, per una donna, metà della sua felicità; sentire d'essere amata è l'altra metà.

My Blog LeggiAmo La Bibbia
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Oscar Wilde (1854 Dublino – 1900 Parigi) 

Pensiero del giornio


Aver qualcuno da amare è, per una donna, metà della sua
felicità; sentire d'essere amata è l'altra metà.

(Brano tratto da "Per te fidanzato e giovane marito", di Pierre Dufoyer,
Edizioni Paoline).
 
By cordialiter.blogspot.it

sabato 28 gennaio 2017

Allontaniamo la sensazione del "questa la so", perché la Parola proclamata non è la lettura di un libro per imparare qualcosa in più, ma il Signore che ci parla, e il Signore non ripete mai le stesse cose.

InCammino

DON Tonino Lasconi," Identikit di Gesù, identikit dei suoi discepoli"

IV Domenica del tempo Ordinario - Anno A - 2017
Questa IV domenica ci ripropone il brano delle Beatitudini. Allontaniamo la sensazione del "questa la so", perché la Parola proclamata non è la lettura di un libro per imparare qualcosa in più, ma il Signore che ci parla, e il Signore non ripete mai le stesse cose.Questa volta accogliamo il conosciutissimo testo non come il Decalogo della Nuova Alleanza, cioè come una legge con la quale confrontarci, ma come una sintesi della vita dell'uomo Gesù, quasi un suo identikit, offerto ai discepoli affinché essi possano "comportarsi come lui si è comportato" (1 Gv 2,6).Certamente Gesù è stato povero in spirito. Non perché fosse povero socialmente. Non era ricco, ma come artigiano non era in fondo alla scala della società del tempo. Il suo gruppo aveva una cassa comune (Gv 12,6), affidata - mistero! - a Giuda, per le spese e per le elemosine (Gv 13,29), e il supporto di donne facoltose che "li servivano con i loro beni" (Lc 8,2-3). Non aveva "una pietra dove posare il capo" (Lc 9,58), perché aveva scelto di vivere percorrendo "tutte le città e i villaggi, insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il vangelo del Regno e guarendo ogni malattia e ogni infermità" (Mt 9,35). Essere poveri in spirito significa condividere il dono della vita con gli altri, fino a darla completamente. Non è una condizione sociale, ma una scelta che deve fare sia chi ha tanti soldi, sia chi è povero in canna.Gesù è stato mite. Lo dichiara egli stesso: "Imparate da me che sono mite e umile di cuore" (Mt 11,29), ma non debole e remissivo di fronte a chi si approfittava dei deboli: "Guai anche a voi, dottori della Legge, che caricate gli uomini di pesi insopportabili, e quei pesi voi non li toccate nemmeno con un dito! " (Lc 11,46). La sua mitezza non gli impedito di fare una frusta di cordicelle per rovesciare i tavoli dei mercanti del tempio (Gv 2,15).Gesù è stato nel pianto? Chi più di lui? Non si è mai rifugiato nel lamento e non è fuggito davanti alle lacrime, nemmeno davanti alla morte di croce. Gesù è stato puro di cuore, perché la sua vita, senza tentennamenti e furbizie "non fu «sì» e «no», ma in lui vi fu il «sì» (2Cor 1-19).Gesù ha avuto fame e sete di giustizia, cioè della volontà del Padre che non vuole che alcuni suoi figli sfruttino gli altri. Per questa "giustizia" Gesù è nato, per essa è vissuto, per essa è stato perseguitato, per essa è stato crocifisso.Gesù è stato un operatore di pace, ma della "sua" pace (Gv 14,27), che non è pensare ai fatti propri, stando buoni e zitti di fronte a chi commette ingiustizia per non rischiare guai, ma è combattere per la giustizia con la nonviolenza, intransigenti con il peccato e misericordiosi con il peccatore.Con un identikit di Gesù così come deve essere quello dei suoi discepoli? Essi devono essere generosi, leali, impegnati a creare giustizia e a costruire pace, senza paura, senza durezza, senza violenza, ma con decisione, senza lasciarsi fermare dalla difficoltà, dalle opposizioni e persino dalle persecuzioni.Siamo così noi che ci consideriamo cristiani?Dobbiamo fare molto di più. C'è troppa differenza tra la grandezza della vita di Gesù e la nostra. Prendiamone atto, non solo per fare "mea culpa", ma per rafforzare la nostra capacità di seguirlo, consapevoli che più si cerca di vivere come lui, più aumentano i contrasti. Chi non vorrebbe, infatti, essere generoso, leale, giusto, coraggioso, mite e misericordioso, operatori di pace? Il problema è che per vivere così è necessario rinunciare a essere "sapienti, potenti, nobili" per il mondo, ed entrare nel "popolo umile e povero" che cerca il Signore, consapevole che "quello che è stolto per il mondo, Dio lo ha scelto per confondere i sapienti; quello che è debole per il mondo, Dio lo ha scelto per confondere i forti; quello che è ignobile e disprezzato per il mondo, quello che è nulla, Dio lo ha scelto per ridurre al nulla le cose che sono, perché nessuno possa vantarsi di fronte a Dio".Questo capovolgimento di mentalità è duro, ma possiamo farlo, perché Gesù non ci chiede soltanto di imitarlo, ma ci consente di vivere in lui per grazia.
Fonte:http://www.paoline.it/
...

venerdì 27 gennaio 2017

Giorno della Memoria


#giornatadellamemoria


Di nuovo l’orrore ha colpito il ghetto,
un male crudele che ne scaccia ogni altro.
La morte, demone folle, brandisce una gelida falce
che decapita intorno le sue vittime.
I cuori dei padri battono oggi di paura
e le madri nascondono il viso nel grembo.
La vipera del tifo strangola i bambini
e preleva le sue decime dal branco.
Oggi il mio sangue pulsa ancora,
ma i miei compagni mi muoiono accanto.
Piuttosto di vederli morire
vorrei io stesso trovare la morte.
Ma no, mio Dio, noi vogliamo vivere!
Non vogliamo vuoti nelle nostre file.
Il mondo è nostro e noi lo vogliamo migliore.
Vogliamo fare qualcosa. E’ vietato morire!


- Eva Picková  -
nata nel 1931, morta nel 1943 (12 anni)


>>>leggoerifletto.blogspot.it



E’ stato un appuntamento fisso per qualche anno, portare i miei ragazzi dell’oratorio in pellegrinaggio nei campi di sterminio.Mostrare ai ragazzi di cosa siamo capaci se al posto di ponti costruiamo muri!Condivido con te una pagina che scrissi 10 anni fa.“La vera Auschwitz quest’anno l’abbiamo trovata sotto una chiesa: dopo 50 anni di silenzio, un ex deportato polacco si mette a disegnare e immortalare (mai parola fu così indovinata) i suoi ricordi, o forse è meglio chiamarli incubi, fantasmi del passato. Migliaia di volti senza capelli, smagriti e con occhi grandi sono appesi in questa cripta sotto la chiesa delle suore missionarie di S. Massimiliano Kolbe a Hermeze, un paesino a pochi chilometri da Auschwitz. Questi volti ti guardano e continuano a guardarti in ogni metro di questo “labirinto della mente” di Marian Kolodzej che “racchiude le sue parole nei disegni”.E’ molto più indescrivibile quello che c’è nella mente di un uomo di tutto quello che può succedere al di fuori: quegli occhi, vi assicuro, parlano di più delle baracche vuote, o dei forni crematori, o degli stanzoni pieni dei capelli dei deportati, o delle loro scarpe o spazzolini o valigie o occhiali o protesi....In diversi suoi disegni si vede Gesù che si stacca dalla croce per abbracciare un povero cristo internato nel campo...e Gesù ha le stesse sembianze corporali di un deportato e col suo immenso amore avvolge tra le braccia suo fratello.Questa immagine mi richiama alla mente il Cristo che stacca un braccio dalla croce per avvolgere S. Francesco anche lui col corpo segnato da tante penitenze, con le stigmate, quasi cieco, che ha solo bisogno di un abbraccio per essere portato in Paradiso.”La luce stamane stenta, sembra quasi rallentare tormentata dalle nuvole all’orizzonte. Forse anche lei fa memoria.fra Giorgio Bonati

Beati! di Enzo Bianchi


Enzo Bianchi lascia la guida di Bose, Luciano Manicardi priore

Dopo 52 anni alla guida della Comunità di Bose, il fondatore, della famiglia monastica, Enzo Bianchi, all’età di quasi 74 anni, ha lasciato la carica di priore. Per ricoprire questo ruolo i confratelli hanno scelto Luciano Manicardi, già vicepriore.

Da RadioVaticana: https://goo.gl/krjpZL

Questo video fa parte della playlist "Enzo Bianchi" https://goo.gl/oZl6Md e della playlist "Enzo Bianchi"https://goo.gl/oZl6Md

Sito di riferimento: http://alzogliocchiversoilcielo.blogs...




IV domenica del tempo ordinario 

Commento al Vangelo 
di ENZO BIANCHI
Brevi note sulle altre letture bibliche

Sofonia 2,3; 3,12-13

Il profeta Sofonia annuncia il giorno del Signore (jom ’Adonai), del Veniente, perciò invita alla consolazione, rivolgendosi innanzitutto agli “umili della terra”, quei credenti curvati, umiliati e poveri che attendono la salvezza dal Signore. Se costoro confermano il loro impegno nell’adempiere la volontà di Dio e cercano la sua giustizia, mai confidando in se stessi, allora saranno al riparo nel giorno del Signore. Questi fratelli e sorelle sono una minoranza, un resto, non sono tutto Israele, ma proprio a loro è annunciato e promesso il futuro nella pace e nella pienezza della vita, perché sono i prediletti da Dio. Questi poveri non sono solo destinatari delle scelte di Dio, ma a causa della loro condotta sono esemplari per tutta la comunità dei figli di Israele.

Mt. 5,1-12
1In quel tempo Vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. 2 Si mise a parlare e insegnava loro dicendo:

3 «Beati i poveri in spirito,
perché di essi è il regno dei cieli.
4 Beati quelli che sono nel pianto,
perché saranno consolati.
5 Beati i miti,
perché avranno in eredità la terra.
6 Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia,
perché saranno saziati.
7 Beati i misericordiosi,
perché troveranno misericordia.
8 Beati i puri di cuore,
perché vedranno Dio.
9 Beati gli operatori di pace,
perché saranno chiamati figli di Dio.
10 Beati i perseguitati per la giustizia,
perché di essi è il regno dei cieli.
11 Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. 12Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli.

Il vangelo secondo Matteo, dopo aver testimoniato l’inizio della predicazione di Gesù in Galilea (cf. Mt 4,17) e aver annotato che molti si sentono attratti da lui nella speranza di essere guariti da diversi mali e dunque cominciano a seguirlo (cf. Mt 4,23-25), ci presenta Gesù che agisce come Mosè, quale maestro e liberatore di chi è alienato, in schiavitù. Si tratta del primo dei cinque discorsi di Gesù che Matteo riferisce nella sua opera (cf. Mt 5-7; 10; 13; 18; 24-25).

Siamo di fronte a una scena grande e solenne: seguito dalle folle, Gesù sale sulla montagna e, postosi là a sedere in posizione di maestro, dona il suo insegnamento attraverso un lungo discorso, che è Vangelo, cioè buona notizia per i poveri e gli umili, quei credenti non orgogliosamente autosufficienti i quali non confidano in se stessi ma nel Signore, cercando la sua giustizia e attendendo la salvezza da lui solo. Costoro sono il resto di Israele, secondo lo sguardo di Dio rivelato dai profeti (si veda la prima lettura: Sof 2,3; 3,12-13).

Gesù apre il discorso con alcune acclamazioni ripetute: “Beati!” (makárioi in greco, ’ashré in ebraico). Come tradurre questo grido? Felici? In cammino, secondo la scelta di André Chouraqui? Certo, l’aggettivo “beato” non esclude contraddizioni, fatiche e sofferenze, anzi è indirizzato proprio a chi vive una situazione di bisogno: povertà, pianto, persecuzione…, a chi a caro prezzo rinuncia alla violenza e all’aggressività, rinuncia alla vendetta, alla menzogna e all’ipocrisia del cuore. Beati! Per otto volte risuona questo grido di Gesù, che raggiunge gli ascoltatori chiedendo loro di leggere la propria situazione, di discernere con chi si collocano nel mondo e dunque di convertirsi, di cambiare modo di pensare e di comportarsi. Purtroppo lo dimentichiamo, ma le beatitudini hanno inscritta in sé la necessità urgente della conversione e, attraverso di essa, di conseguire la promessa che fa da cornice alle acclamazioni: “perché di essi è il regno dei cieli”.

Sì, il regno dei cieli è loro perché, se sono o diventano poveri, piangenti, miti, affamati e assetati di giustizia, misericordiosi, puri di cuore, operatori di pace, perseguitati per la giustizia, già ora nella vita sulla terra permettono a Dio di regnare su di loro, dunque il regno di Dio per loro è venuto, è la loro “porzione” (cf. Sal 16,5). Questa realtà sarà evidente nel mondo che verrà, ma la forza di Dio e la speranza del credente trasfigurano già il presente. Che cos’è il regno di Dio? Possiamo dire con semplicità che è l’amore di Dio che vince il male e la morte, e questa azione avviene già ora nei credenti che vivono la logica del Regno. Ma attenzione: il discorso della montagna aperto dalle beatitudini non è una carta o un codice, ma vuole essere un orientamento indicativo per una comunità che fa di Gesù Cristo il solo interprete della Legge di Dio e il solo giudice del comportamento umano. Perciò è un discorso che fa uso di iperboli, che può sembrare paradossale, che è in continuità con la Legge data a Mosè e nel contempo la trascende: nulla della Legge è contraddetto o svuotato (cf. Mt 5,18), ma tutto è sottomesso all’interpretazione fornitane da Gesù, l’interprete definitivo.

Cerchiamo dunque di ascoltare con semplicità le beatitudini, leggendole e rileggendole più volte, nella fede che la parola di Dio contenuta in esse può raggiungere senza commenti il nostro cuore e concederci non una conoscenza intellettuale, ma una sovraconoscenza (epígnosis), nell’adesione a Gesù, nella speranza che solo lui può innestare in noi, nella carità che è il suo Spirito santo effuso nei nostri cuori (cf. Rm 5,5). In questo senso, procediamo con una parafrasi delle beatitudini, per non svuotarle o, peggio ancora, fraintenderne il significato.

“Beati i poveri nello spirito”. Felicitazioni a quelli che sono poveri anche nello spirito (tô pneúmati), nel cuore, quelli che sono poveri materialmente ma leggono la loro condizione come un grido rivolto a Dio, che attende da lui esaudimento. Costoro, che sono curvati (‘anawim) dagli umani, davanti a Dio si sentono in attesa; hanno fede in Gesù, volto definitivo di Dio, colui che “da ricco che era, si è fatto povero per noi” (cf. 2Cor 8,9), che si è svuotato (cf. Fil 2,7) e dunque può accogliere i poveri nella sua comunione. Potremmo dire che questa prima beatitudine riassume tutte le altre.

“Beati quelli che piangono”, che sotto il peso del duro mestiere di vivere sono afflitti, feriti fino a doversi lamentare o, semplicemente, a piangere. Ci sono uomini e donne per i quali la vita difficilmente appare come un dono che li rallegra e che noi non sappiamo o non vogliamo consolare. Felicitazioni perché è certo che “saranno consolati” da Dio stesso (passivo divino) e già ora attraverso lo Spirito santo possono dare un senso alla loro sofferenza e non disperare. Secondo il profeta Isaia, anche consolare gli afflitti fa parte della missione del Messia (cf. Is 61,2), ma non si dimentichi che piangente è stato anche Gesù, nella sua vita (cf. Lc 19,41) e nella sua passione (cf. Eb 5,7).

“Beati i miti”. Ecco un commento alla prima acclamazione (per questo alcuni manoscritti la collocano al secondo posto). Infatti nel Sal 37,11 l’originale ebraico parla di “poveri”, termine reso con “miti” dalla versione greca dei LXX. Il regno di Dio non forse come sinonimo “la terra promessa” da ereditare? Ascoltando questo grido di Gesù, inoltre, si ricordano le parole con cui egli incarna tale beatitudine: “Io sono mite e umile di cuore” (Mt 11,29), come il Servo del Signore profetizzato da Isaia, profeta non violento, uomo che non si impone (cf. Mt 12,15-21; Is 42,1-4).

“Beati quelli che hanno fame e sete di giustizia”, che nel cuore hanno il desiderio che si compia non la propria giustizia ma quella di Dio, la giustizia che Dio vuole e fa, rendendo giusto il credente umile. È una giustizia che salva e che opera come nel Messia, reso da Dio “giusto e salvato” (nosha‘: Zc 9,9; cf. Mt 21,5). Non si può restringere questa beatitudine ai soli cristiani: molte persone che non hanno conosciuto Cristo hanno questa fame e per essa lottano, spendono la vita, restando “giusti”, coerenti con la loro passione. Chi può contestare questa felicitazione di Gesù? Chi può restringerla? Beati, perché Dio li sazierà con la giustizia definitiva del Regno, perché ci sarà il giudizio finale del Figlio dell’uomo e chi avrà avuto questa fame e agito di conseguenza sarà proclamato benedetto e invitato nel Regno (cf. Mt 25,34).

“Beati i misericordiosi”, quelli che praticano questo atteggiamento, carico di tenerezza e di perdono verso gli altri: tutti sono debitori verso gli altri, tutti hanno qualcosa che deve essere perdonato. E allora Gesù annuncia: felicitazioni a chi fa misericordia, perché Dio farà misericordia a lui (cf. Mt 6,14-15; 7,2; 18,35; Gc 2,13). Misericordia è cuore per i miseri, è perdono per chi ha peccato, è cura per chi si trova nel bisogno e nella sofferenza. Proprio su questa beatitudine saremo giudicati alla fine dei tempi: chi avrà omesso di fare misericordia all’affamato, all’assetato, allo straniero, all’ignudo, al malato, al prigioniero, non troverà misericordia (cf. Mt 25,41-45).

“Beati i puri di cuore”, quelli che hanno il cuore, fonte del loro sentire e operare, integro, indiviso, conforme a quello di Gesù. A Dio si chiede di avere un cuore unificato (cf. Sal 86,11), di togliere il cuore di pietra e donare un cuore di carne (cf. Ez 11,19; 36,26), in modo da non avere un cuore doppio (cf. Sal 12,3). Se c’è questa trasparenza, questa integrità, allora si ha il dono di vedere Dio nella fede e di vederlo nel Regno faccia a faccia.

“Beati gli operatori di pace”, quelli che lavorano per la riconciliazione, per la comunione tra i fratelli e le sorelle, tra tutti gli esseri umani; quelli che fanno cadere i muri, non erigono barriere, costruiscono ponti, rinnovano con convinzione il dialogo, si esercitano nella comunicazione mite e sincera. Costoro sono chiamati figli di Dio perché questa è la prima azione di Dio verso l’umanità: radunarla nella pace, riconciliarla.

Infine, “beati i perseguitati per la giustizia”, beatitudine sviluppata con una parola rivolta direttamente ai discepoli: “Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno”… Felicitazioni alle vittime dell’ingiustizia, dell’oppressione e della tirannia, perché hanno saputo fare resistenza e dunque affermare la giustizia di Dio contro l’ingiustizia di questo mondo. I discepoli devono saperlo: in un mondo ingiusto, il giusto è di imbarazzo, quindi è osteggiato e, se necessario, anche ucciso (cf. Sap 2,1-20). Come è accaduto ai profeti, come è accaduto a Giovanni il Battista, com’è accaduto a Gesù, così accade a chi segue la loro via. Ma, paradossalmente, felicitazioni, perché hanno piena comunione con Gesù in tutto, anche nelle sofferenze!

E così san Basilio può commentare: “Ogni nostra lotta per vivere le beatitudini è stata iniziata da Gesù Cristo stesso, che ce ne ha dato l’esempio”. Sì, è lui il primo a cui sono indirizzate le beatitudini.



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