Santa Maria,

Santa Maria,
...donna del primo sguardo, donaci la grazia dello stupore.

giovedì 31 marzo 2016

Gianmaria Testa, un poeta che cantava

La poesia e lo spirito

Potrà questa bellezza rovesciare il mondo?

Gianmaria Testa, un poeta che cantava


testa FOTO
di Guido Michelone
Ci volevano i francesi, circa vent’anni fa, per scoprire il talento di un nuovo protagonista della canzone d’autore italiana, non più giovanissimo: Gianmaria Testa, cuneese di Cavallermaggiore (dove nasce il 17 ottobre 1958 da una famiglia contadina), vive nel tipico borgo collinare tra Savigliano e Racconigi, ma muore ad Alba, ormai sua città adottiva, il 30 marzo 2016, dopo una dolorosa malattia.
Cantante, compositore, chitarrista, scrittore di poesie, fiabe, racconti, Testa registra il suo primo album, Mongolfières, nel 1995, nell’Hexagone, ad Amiens, con una prestigiosa etichetta d’Oltralpe come Label Bleu, per merito della produttrice Nicole Courtois; assieme a lui, a condividere la direzione artistica, a curare gli arrangiamenti e a suonare sassofoni e clarinetti c’è il giovane Piero Ponzo, a sua volta conteso dai Treliu (gruppo folk) e da Carlo Actis Dato (free jazz). Sono, del resto, proprio il folk e il jazz le chiavi di lettura per capire l’assoluta genialità del Testa folk-singer e story-teller.
Le tredici canzoni di Mongolfières, tutte in italiano, nella miglior tradizione autoctona, ricevono unanimi, positivi consensi dal giornalismo musicale parigino, mentre da noi qualcuno snobisticamente tira fuori i nomi di Paolo Conte, Ivano Fossati, Luigi Tenco, persino Fabrizio De André, quasi a voler rimarcare un déjà vu inesistente, fino a dimostrare superficialità e pressapochismo nell’ascolto di Testa, poiché Gianmaria è tutto fuorché un clone di questo o quel cantautore rinomato.
Il ‘’cantastorie’ piemontese e cosmopolita, glocal e universale al tempo stesso, è infatti unico e singolarissimo fin dall’esordio e resta ancora precipuamente ‘alla Gianmaria Testa’, dopo altri otto dischi: Extra-Muros(1996), Lampo (1999), Il valzer di un giorno (2000), Altre latitudini (2003),Da questa parte del mare (2006), Solo dal vivo (2009), Vitamia (2011),Men At Work (2013), quattro dvd e migliaia di concerti in tutto il mondo.
Certo, come ogni cantautore, nessuno crea ex novo, e anche per Testa non è difficile individuare i modelli prediletti: le influenze, ancora una volta, come nella tradizione dei cantautori più sofferti, delicati, intimi, profondi e narrativi, sono francesi più che italiane, quasi a riaffermare una certa priorità, nel gusto e nei richiami, ai vari George Brassens, Jacques Brel, George Moustaki, Leo Ferré.
Tuttavia, alle radici della poetica di Testa, risulta evidente il legame con il territorio, nel senso di terra e di territorialità: sul piano musicale accetta le regole della forma-canzone, in chiave modernamente cantautoriale, aprendo ad esempio ai ritmi e alle armonie delle sonorità afroamericane novecentesche, ma guardando parimenti alla lezione dei menestrelli urbani statunitensi e magari, indirettamente, alle culture occitaniche facenti parti della cosiddetta Pruvincia Granda, il Cuneese: autentica subregione di confine, che lambisce Francia, Liguria, Monferrato, Astigiano, Torinese, Alessandrino.
E parlando di Cuneese, come non dimenticare le Langhe con la letteratura di Beppe Fenoglio e di Cesare Pavese? A volte in Testa sembrano evocati personaggi, figure, località, scorci paesaggistici, che transitano anche dalle pagine di questi grandi romanzieri. Ma il tema del viaggio, che resta una costante del cantautore, è anche frutto di un’altra peculiarità dell’uomo e dell’artista: per lunghi anni Testa lavora quale capostazione e, nella memoria collettiva, i treni, i binari, le ferrovie, le sale d’attesa permangono quali moderni archetipi a rimarcare la suggestione dell’abbandono, della lontananza, della via di fuga, di arrivi e partenze che si rinnovano e si ripetono nelle storie di ciascun essere.
E ora un nuovo viaggio attende Gianmaria Testa: un viaggio da solo, a tu per tu con il Trascendente, a sentire un poeta che cantava.
lapoesiaelospirito.wordpress.com

I Frati di Assisi annunciano un nuovo incontro tra tutti i capi delle religioni del mondo ad Assisi, dal 18, al 20 settembre

PIETRE VIVE:





I Frati di Assisi annunciano un nuovo incontro tra tutti i capi delle religioni del mondo ad Assisi, dal 18, al 20 settembre e propongono un decalogo contro la “terza guerra mondiale“

Padre Mauro Gambetti Custode Sacro Convento Assisi entra nel merito dei fatti di terrorismo e guerre che caratterizzano questi ultimi anni e che infiammano il pianeta e annuncia un nuovo incontro tra tutti i capi delle religioni del mondo ad Assisi, dal 18, al 20 settembre. L’evento potrebbe essere anche l’occasione del ritorno di Papa Francesco ad Assisi. 

Ecco il testo integrale dell’annuncio ufficiale dell’incontro.


A ciò che sta accadendo non possiamo rispondere con il silenzio. È in atto la ‘terza guerra mondiale’ e l’Europa, colpita al cuore e sfidata ripetutamente, non può più rimanere alla finestra a guardare quello che accade nell’Asia medio orientale, in Africa o in altri paesi apparentemente lontani. Non può nemmeno limitarsi ad aggiornare programmi e convenzioni per l’accoglienza dei profughi.
Il terrorismo trasversale, infuocato dai proclami di una “guerra santa”, costringe i governi e i cittadini a prendere posizione: nascondersi come topi o uscire allo scoperto. Guerra santa? Misericordia.

Ci torna alla mente Giovanni Paolo II che nel 1986, in piena guerra fredda, convocò ad Assisi i leader mondiali delle religioni per invocare la pace nel mondo.


Guarda il video dell'incontro internazionale di pace ad Assisi 1986 con Papa Giovanni Paolo II. 


Le intenzioni belligeranti di Usa e Urss furono squadernate e l’appello a far tacere le armi per un giorno si concluse con le parole attribuite a Francesco: ‘Dove è odio fa che io porti amore, dove è guerra che io porti la pace’. Dopo crollarono molti muri. Durante il conflitto tra Bosnia ed Erzegovina, nel 1993, il Papa convocò nuovamente i leader religiosi delle principali fede monoteiste. Anche qui il Santo Padre intervenne additando la via della riconciliazione. Dopo gli attacchi alle Twin Towers, cristiani e musulmani parvero voler alzare il proprio Dio a vessillo per sconfiggere l’altro, uccidendosi a vicenda. Ancora una volta il Papa, stanco e provato ma perseverante, convocava nuovamente ad Assisi tutte le religioni del mondo. Alto si levò il grido unisono di tutti i leader: ‘Mai più violenza! Mai più guerra! Mai più terrorismo!’ In nome di Dio ogni religione porti sulla terra giustizia e pace, perdono e vita, amore!’



Guarda il video della Giornata di Preghiera per la Pace fra i Popoli nel mondo 
voluta da Papa Giovanni Paolo II ad Assisi il 24 Gennaio 2002

Quest’anno corre il trentennale di quel primo incontro e i frati francescani di Assisi, insieme alla Comunità di Sant’Egidio e alla Diocesi, escono allo scoperto e spalancano le porte per un nuovo incontro tra i leader mondiali delle religioni. Una preghiera corale e una parola unanime, frutto di una riflessione condivisa, questa la risposta che vorremmo suscitare. Dal 18 al 20 settembre, due giorni di tavole rotonde e una giornata di preghiera. Con i leader religiosi sono invitati uomini politici, esponenti del mondo scientifico e della cultura, operatori di pace e tutti gli uomini di buona volontà. Chi vuole venga in Assisi.

Guarda il video del pellegrinaggio "della verità e della pace" 
voluto da Benedetto XVI ad Assisi il 28 ottobre 2011

Insieme ci domanderemo: quali sono i principi riconosciuti da tutte le religioni per una coesistenza pacifica? Quale contributo la politica, la scienza, le culture in genere possono proporre per la definizione di un decalogo dell’umana convivenza? Davanti all’insensata violenza che imperversa, le religioni devono donare al mondo un messaggio convergente. La politica deve compiere lo sforzo di tracciare un percorso verso l’obiettivo della giustizia e della pace tra i popoli, coniugando ogni progetto con la sostenibilità ambientale.

Nelle principali piazze del mondo, da Oriente a Occidente, faremo conoscere il pensiero che scaturirà dagli incontri e dai dialoghi di Assisi. E coltiviamo un sogno: che l’Italia assurga ad esempio di integrazione delle culture, assumendo il decalogo che verrà scritto in Assisi nell’ordinamento legislativo e nei decreti attuativi. Forse, si potrà estendere tale modello agli Stati europei e poi a tutti gli Stati membri dell’Onu. Crediamo che la strada di Assisi, quella della fraternità umile tracciata da Francesco, vissuta sulla strada prima ancora che nei conventi, caratterizzata dalla “reciproca sottomissione”, sia la risposta da dare.

LA PACE CHE SGORGA DALLE FERITE DI CRISTO PURIFICA OGNI NOSTRO PENSIERO

Il Vangelo del giorno

Giovedì in Albis


αποφθεγμα Apoftegma

Non abbiate paura, sono proprio io. 
Vi ho chiamati per mezzo della grazia, 
vi ho scelti nel mio perdono, 
vi ho sostenuti con la mia compassione, 
vi ho portati nel mio amore, 
e vi accolgo oggi, a motivo della mia sola bontà.

San Pietro Crisologo Discorsi, 81 











L'ANNUNCIO
Dal Vangelo secondo Luca 24,35-48.

Essi poi riferirono ciò che era accaduto lungo la via e come l'avevano riconosciuto nello spezzare il pane. Mentre essi parlavano di queste cose, Gesù in persona apparve in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». Stupiti e spaventati credevano di vedere un fantasma. Ma egli disse: «Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa come vedete che io ho». Dicendo questo, mostrò loro le mani e i piedi. Ma poiché per la grande gioia ancora non credevano ed erano stupefatti, disse: «Avete qui qualche cosa da mangiare?». Gli offrirono una porzione di pesce arrostito; egli lo prese e lo mangiò davanti a loro. Poi disse: «Sono queste le parole che vi dicevo quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella Legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi». Allora aprì loro la mente all'intelligenza delle Scritture e disse: «Così sta scritto: il Cristo dovrà patire e risuscitare dai morti il terzo giorno e nel suo nome saranno predicati a tutte le genti la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni. 






LA PACE CHE SGORGA DALLE FERITE DI CRISTO PURIFICA OGNI NOSTRO PENSIERO


"Pace a voi!", Shalom, il modo attraverso il quale la risurrezione di Gesù giunge a ciascuno di noi. Shalom, la prima parola di Gesù risuscitato nel Cenacolo della comunità cristiana, è l'incipit della nuova creazione. Gesù non è venuto a ristabilire il Regno di Israele, ma a dare inizio, in ogni regno della terra, al suo Regno celeste. Perché "pace" significa innanzitutto che ogni muro di inimicizia che ci separava dai fratelli e dal mondo è stato abbattuto nella sua carne crocifissa e risorta; "Egli infatti è la nostra pace" e "per mezzo della croce" ha distrutto "in se stesso l'inimicizia". Non siamo nel regno dell'utopia, popolato e agitato da sogni e chimere, ideali e fantasmi, siamo entrati nella nuova creazione. Non spaventiamoci se proprio l'apparire di Gesù risorto fa emergere "dubbi" in noi. Il termine originale greco significa letteralmente "pensieri", quelli che ci assalgono di continuo. Sono i veri dominatori di questo mondo, le vestigia dell'uomo vecchio destinato a corrompersi. Diceva un Padre del deserto: "Un fratello interrogò un anziano: ‘Che devo fare poiché molti pensieri mi combattono e io non so come combatterli?’. Gli disse l’anziano: ‘Non combattere contro tutti, ma contro uno solo, perché tutti i pensieri del monaco hanno un capo. ‘E' necessario osservare chi sia questo capo e di che genere, combatterlo e così si umiliano anche gli altri pensieri’” (Nau 219)". Ogni pensiero che combatte e toglie la pace nasconde il volto del nemico più pericoloso: la "philautia", l’amore di sé che ci trasforma in "amici di sé contro sé stessi" (Massimo il Confessore). E' l'orgoglio che imprigiona la carne e la rende impotente, ne umilia la capacità di aprirsi e accogliere lo Spirito di Vita che la può condurre a compiere l'impossibile. Per questo i Padri dicevano: "Sii il portinaio del tuo cuore, affinché lo straniero non entri, chiedendo ad ogni pensiero che ti assale “Sei dei nostri o vieni dall’Avversario?”. Te lo dirà certamente! ‘Poni alla porta del tuo cuore un cherubino con la spada infuocata” (Nau 99). Antonio il Grande raccomandava ai suoi monaci: “Qualunque immagine appaia, colui che la vede non cada in trepidazione, ma piuttosto interroghi con sicurezza dicendo dapprima: “Chi sei tu e da dove vieni?… Se si tratta di una potenza diabolica, subito si indebolirà vedendo un animo sicuro e vigoroso. La domanda “chi sei tu e da dove vieni?” è infatti segno di un animo non turbato” (Vita Antonii, 43, 1-3). 




Nel Vangelo di oggi è adombrato questo combattimento decisivo; nella vita appaiono sempre le due vie sulle quali ci si può incamminare: il bene e il male, la verità o la menzogna. I dubbi sono i pensieri che attaccano al cuore la purezza capace di discernere per scegliere, liberamente, la via buona, quella della volontà di Dio, la eukodia nel greco neotestamentario, ovvero una volontà magnanima, buona, di bene. Quando appare Cristo risorto il demonio ci insinua i pensieri nemici della Croce che vorrebbero indurci a non credere dipingendoci il Signore con i tratti di un fantasma. Per questo l'apparizione del Signore nel Cenacolo segna il 'momento nel quale attaccare l'orizzonte che si schiude dinanzi. Un pochino come la tattica di alcune squadre di calcio nelle quali il centravanti è lo spazio. Non restare cioè fissi su schemi obsoleti figli dei pensieri che, nascendo dalla carne, vogliono nella vita un centravanti vecchia maniera, il centravanti boa, il terminale d'attacco dove far convergere ogni pallone nella speranza che lo metta in gol. No, si tratta di abbandonare le false certezze per lasciare libertà alla fantasia e alla creatività dello Spirito Santo, come il Barcellona, che attacca dalle fasce e dal centro, aggredendo lo spazio come fosse il centravanti; la novità è proprio questo entrare senza indugio nei fatti che la storia preparata da Dio ci pone dinanzi, facendo di essi il "centravanti" capace di infilzare la porta dell'avversario. La storia è infatti lo "spazio" dove il Signore appare vittorioso nella partita con il demonio, con i dubbi da lui insinuati e i peccati che, immancabilmente, ne conseguono




Ci troviamo dunque nel momento decisivo in cui discernere se i pensieri che ci assalgono sono dei nostri o del nemico, se sono dei "sì" o dei "no" all'amore. Discernere, infatti, deriva dal latino cernere, da cui la parola cerníta o scelta tra diversi elementi. Senza discernimento non si può attuare. Si è agitati da pulsioni contrastanti, si cercano vie e possibilità, come soddisfare i propri progetti, il proprio piacere, spesso verniciato con idee che appaiono buonissime e santissime. Discernere è distinguere, scoprire, tra molti, il pensiero di Dio per acconsentirvi. Il Signore conosce i nostri limiti, e ci viene in aiuto mostrandoci le sue ferite, il segno del suo Amore. In quelle ferite vi è scritto il racconto dei nostri fallimenti, la mappa della via di morte che lo ha crocifisso. Nelle sue ferite vi è ciascuno di noi con il suo carico di peccati e l'amore sino alla fine che li ha presi e distrutti. In quelle ferite vi è la garanzia del perdono, che il suo amore ha vinto, è stato più forte di ogni peccato e della morte. Attraverso le sue ferite giunge agli apostoli e a ciascuno di noi la luce capace di aiutarci a considerare e a discernere, a rifiutare ogni pensiero del nemico, ad uscire dall'incredulità e a lanciarci sul cammino della Vita. Le sue ferite e il suo corpo risorto, trasfigurato, ma così vicino a noi, così intimo da prendere cibo con noi, di nutrirsi del nostro stesso alimento, sono un segno inequivocabile della concretezza della sua risurrezione; Gesù mangia, Gesù non è un fantasma, si può accon-sentire, sentire con Lui perché Lui, risorto dai morti, sente con noi, acconsente a farci suoi fratelli, carne della sua carne e sangue del suo sangue. Si può credere, rigettando ogni dubbio, ogni pensiero come menzogna subdola e velenosa che ci spinge alla morte. 




Proprio incastonata nelle sue ferite, sigillata dalla sua carne che ha oltrepassato le barriere della morte, giunge agli apostoli la pace; shalom, secondo la Scrittura, è il dono del Messia, ed è la primizia del Regno eterno, il respiro della vita immortale; la pace dolce e succosa come il grappolo d'uva che Cristo ci porta quale segno della Terra promessa, la vera, l'eterna, che ha esplorato per noi entrandovi con la nostra stessa carne, dove ci ha preparato un posto; la pace di Gesù è tutt'altro che un pensiero. "Penso dunque sono" è l'approdo moderno del cammino all'emancipazione inauguratosi nel giardino dell'Eden davanti all'albero del bene e del male. Pensare non significa essere, ma, semplicemente, scivolare sull'essere, illudendosi di afferrare tutto attraverso il ragionamento, ma con la libertà incatenata, e l'effetto certo d'una sofferenza senza limite, recata dai pensieri raggomitolati sull'io, per quanto intelligente e capace esso sia. Per san Tommaso non è il pensare a decidere dell'esistenza, ma è l'esistenza, l'"esse", a decidere del pensare. L'esistenza nuova inaugurata da Cristo risorto diviene il criterio decisivo di ogni pensiero. Così il pensiero, da veicolo razionale del dubbio, diviene frutto libero della fede. Pensare lo stesso pensiero di Cristo, dimorare nella sua risurrezione che dà consistenza e autenticità ad ogni pensiero. Pensare pensieri di pace, perché Lui è risorto! La pace messianica è semplicità, ordine e sobrietà, pienezza di vita, salute integrale dell'uomo, realizzazione completa d'ogni aspirazione più profonda. La pace è la stessa vita di Dio tradotta nel concreto dipanarsi del tempo. La pace di Gesù è un frammento di Cielo, il lievito eterno che informa di sé ogni grumo di vita. La pace è il gusto dell'eternità in ogni nostro istante. La pace sbriciola le costruzioni del pensiero umano, le torri di Babele dell'arroganza, i monumenti all'orgoglio nei quali ci cimentiamo ogni giorno. La pace è la pietra scartata da noi costruttori di effimere cattedrali al nostro ego. 




Dostoevskij affermava: "Tutta la legge dell'esistenza umana consiste in questo: che l'uomo possa inchinarsi sempre dinanzi all'infinitamente grande. Se gli uomini venissero privati dell'infinitamente grande, essi non potrebbero più vivere e morrebbero in preda alla disperazione". La pace dunque è un miracolo perchè consiste, per grazia, nel lasciare ogni pensiero nella mente di Dio, arrendersi e pensare solo con il pensiero di Cristo. Ed esso ha il sapore della Croce. Non v'è altro pensiero in Gesù, ogni istante, ogni situazione, ogni relazione, ogni persona, tutto è visto, letto, tradotto con la grammatica della Croce. Le mani e i piedi crocifissi, le membra del Signore passate nel crogiuolo della morte e trasfigurate nella luce della risurrezione. La Croce è la porta della pace. Gesù giunge a porte chiuse proprio perchè la Croce ha scardinato la porta della morte, e nessun altro impedimento ormai lo può distogliere dai suoi fratelli. La pace oltrepassa i muri, ed è vera, reale, concreta, come mangiare un po' di pesce arrostito. Gesù è oggi dinanzi a noi come la via della vita, l'unica verità cui consegnarsi, il fondamento autentico dell'esistenza. La pace che ci annuncia è il frutto di una vita santa; il Signore risorto è la fonte della gioia, l'infinitamente grande cui inchinarsi perchè prenda possesso di noi. Scriveva S. Agostino agli eretici pelagiani: "Questo è l'orrendo e occulto veleno del vostro errore: che pretendiate di far consistere la grazia di Cristo nel Suo esempio e non nel dono della Sua Persona" (sant’Agostino, Contra Iulianum. Opus imperfectum). E' Lui la nostra pace, il perdono di ogni peccato, la fine definitiva d'ogni male, la malizia strappata dai cuori, un nuovo sguardo, puro, sul mondo. Lo sguardo di Gesù dentro i nostri occhi, il più bello, il più autentico annuncio del Vangelo destinato, nel suo Nome, a tutte le genti. I nostri occhi testimoni della pace incarnata nel Signore risorto: "Vorrei mettere in chiaro che essere sostenuti da un grande Amore e da una rivelazione non è un fardello, ma sono ali" (Benedetto XVI). Vedere e riconoscere Cristo risorto significa volare in ogni luogo ad annunciare la sua Pace, il perdono dei peccati nel suo Nome, testimoniato nelle nostre vite.






Paolo VI, papa dal 1963 al 1978 


Allocuzione del 9/4/1975
« Pace a voi »

Fermiamo la nostra attenzione sull'improvviso saluto, tre volte ripetuto nel medesimo contesto evangelico, di Gesù risorto, apparso ai suoi discepoli, raccolti e chiusi nel Cenacolo per paura dei Giudei ; il saluto che doveva essere allora consueto, ma che nelle circostanze in cui è pronunciato acquista una pienezza stupefacente ; lo ricordate, è questo : « Pace a voi ! » Un saluto che era risuonato nel canto angelico del Natale (Lc 2, 14) : « Pace in terra » ; un saluto biblico, già preannunciato come promessa effettiva del regno messianico (Gv 14, 27), ma ora comunicato come una realtà che è inaugurata da quel primo nucleo di Chiesa nascente : la pace, la pace di Cristo vittorioso della morte e delle sue cause vicine e lontane, dei suoi effetti tremendi ed ignoti. Gesù risorto annuncia, anzi infonde la pace agli animi smarriti dei suoi discepoli. È la pace del Signore nel suo primo significato, quello personale, quello interiore, quello che S. Paolo iscrive nella lista dei frutti dello Spirito, dopo la carità e il gaudio, quasi confuso con essi (Ga 5, 22). Che cosa v'è di meglio per un uomo cosciente ed onesto ? La pace della coscienza non è il migliore conforto che noi possiamo trovare in noi stessi ? ... La pace della coscienza è la prima autentica felicità. Essa aiuta ad essere forti nelle avversità ; essa conserva la nobiltà e la libertà della persona umana nelle condizioni peggiori, in cui essa si può trovare ; la pace della coscienza per di più rimane la fune di salvataggio, cioè la speranza, ... quando la disperazione dovrebbe avere il sopravvento nel giudizio di sé. ... È il primo dono fatto da Cristo risorto ai suoi, cioè il sacramento del perdono, un perdono che risuscita. 


San Pietro Crisologo (circa 406-450), vescovo di Ravenna, dottore della Chies
Discorsi, 81 ; PL 52, 427
« Gesù in persona apparve in mezzo a loro e disse : ‘ Pace a voi ’ »

La Giudea nella ribellione aveva scacciato la pace via dalla terra... e gettato l’universo nel caos originale... Persino fra i discepoli, la guerra infieriva; la fede e il dubbio si davano assalti furiosi... I loro cuori, nei quali infuriava la tempesta, non potevano trovare nessun rifugio, nessun porto tranquillo. A questa vista, Cristo che scruta i cuori, che comanda ai venti, che doma le tempeste, e con un solo segno muta il temporale in un cielo sereno, li ha stabiliti della sua pace dicendo: “Pace a voi! Sono io; non temete nulla. Sono io, il crocifisso, colui che era morto, che era sepolto. Sono io, il vostro Dio divenuto uomo per voi. Sono io. Non uno spirito rivestito di un corpo, bensì la verità stessa fatta uomo. Sono io, che la morte ha fuggito, che gli inferi hanno temuto. Nel suo spavento, l’inferno mi ha proclamato Dio. Non avere paura, Pietro, che mi hai rinnegato, né tu, Giovanni, che ti sei dato alla fuga, né voi tutti che mi avete abbandonato, che non avete pensato ad altro che a tradirmi, che non credete ancora in me, neppure ora che mi vedete. Non abbiate paura, sono proprio io. Vi ho chiamati per mezzo della grazia, vi ho scelti nel mio perdono, vi ho sostenuti con la mia compassione, vi ho portati nel mio amore, e vi accolgo oggi, a motivo della mia sola bontà.

la fede non si riduce a sentimento privato, da nascondere quando diventa scomodo, ma implica la testimonianza anche in ambito pubblico in favore dell’uomo, della giustizia e della Verità".

By leggoerifletto



Da: "Un vescovo contro Hitler" - Clemens Von Galen

«Eccellenza, anch’io fino a questo momento ho lasciato correre tutto questo senza pronunciare la protesta pubblica. Io ho tranquillizzato la mia coscienza dicendo a me stesso: se il cardinale Bertram e tanti vescovi, che mi superano per esperienza e per virtù, di fronte a tutto ciò restano tranquilli e si contentano di proteste cartacee e inefficaci, completamente ignorate dall’opinione pubblica, o dalle proteste, anch’esse sconosciute della Conferenza di Fulda, sarebbe arrogante, sarebbe disdicevole per la dignità degli altri illustri e reverendissimi signori, sarebbe forse anche pazzesco, se fossi io a lanciarmi in una “fuga nella pubblicità”. Mi mostrerei antipatico, probabilmente provocherei misure ancora più gravi nei confronti della Chiesa. Ma la mia coscienza non sopporta di essere messa in pace con questi argomentiex auctoritate. Penso spesso a San Tommaso Moro e al suo comportamento a proposito dell’argomentoex auctoritate. Mi torna in mente la parola di Isaia a proposito dei “canes muti non valentes latrare”; egli stesso soggiunse poi: “Ipsi pastores ignoraverunt intelligentiam”. 
Queste cose accadevano dunque solo nell’ Antico Testamento?»

Da: "Un vescovo contro Hitler", Von Galen, Pio XII e la resistenza al nazismo, di Stefania Falasca, San Paolo, p. 129



Un estratto della lettera che il beato Clemens Von Galen (1878-1946), vescovo di Münster, scrisse a Wilhelm Berning , vescovo di Osnabrück, il 26 maggio 1941. Pochi mesi dopo Von Galen ruppe gli indugi e salì sul pulpito proununciando una serie di memorabili omelie anti-naziste. 



Gigantesco in tutti i sensi, moralmente e fisicamente: il “Leone di Munster”, beato cardinale conte August von Galen. Fu colui che dal pulpito, sin dal primo momento, apertis verbis denunciò senza censura alcuna la radicale “anticristianità” del nazismo: o la Croce di Cristo o la croce di Hitler, dinanzi a questa altenativa poneva i suoi fedeli. Odiatissimo da Hitler, molteplici furono i piani per assassinarlo. Ma furono tutti accantonati: enorme era la sua popolarità nella Baviera cattolicissima, già di per sè freddissima nei confronti del nazismo. Non si potevano provocare oltre i cattolici bavaresi: uccidere il loro arcivescovo significava alienarseli tutti definitivamente.



"Non possiamo rinunciare a confessare che esiste qualcuno di più elevato della razza, del popolo e della nazione: l’Onnipotente ed eterno Creatore dei popoli e delle nazioni, al quale tutti i popoli devono adorazione e servizio, Colui che è Egli stesso il fine ultimo di ogni cosa".

- Beato Clemens August von Galen - 




“Questo è il messaggio del Beato Von Galen: la fede non si riduce a sentimento privato, da nascondere quando diventa scomodo, ma implica la testimonianza anche in ambito pubblico in favore dell’uomo, della giustizia e della Verità".

- papa Benedetto XVI -






“Noi siamo l’incudine, non il martello. Rimanete forti e irremovibili come l’incudine sotto l’imperversare dei colpi che si abbattono su di noi… Ma siate anche pronti al supremo sacrificio, secondo la parola: “Bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini!”… Diventate duri, diventate irremovibili! Come un incudine sotto i colpi del martello! Può darsi che l’obbedienza a Dio, la fedeltà alla coscienza costi a me e a voi la vita, la libertà, l’esilio”. 

- Beato Clemens August von Galen - 





De profùndis clamàvi ad te, Dòmine;
Dòmine, exàudi vocem meam.
Fiant àures tuæ intendèntes
in vocem deprecatiònis meæ.
Si iniquitàtes observàveris, Dòmine,
Dòmine, quis sustinèbit?
Quia apud te propitiàtio est
et propter legem tuam sustìnui te, Dòmine.
Sustìnuit ànima mea in verbo ejus,
speràvit ànima mea in Dòmino.
A custòdia matutìna usque ad noctem,
speret Ìsraël in Dòmino,
quia apud Dòminum misericòrdia,
et copiòsa apud eum redèmptio.
Et ipse rèdimet Ìsraël ex òmnibus iniquitàtibus ejus.


Buona giornata a tutti. :-)

mercoledì 30 marzo 2016

Buon viaggio, grande uomo... a Gianmaria

Omaggio a Gianmaria... Buon viaggio, grande uomo! resterai sempre con noi...


Gianmaria Testa, Il viaggio



Come le onde del mare - Gianmaria Testa

Ti ho conosciuto così...
Ma certe nostre sere hanno un colore che non sapresti dire, sospese fra l'azzurro e l'amaranto e vibrano di un ritmo lento, lento...

e noi che le stiamo ad aspettare, noi le sappiamo prigioniere come le onde del mare, come le stelle del mare...

si muovono e c'incantano le ore di certe nostre sere e sanno di partenza e di tramonto

e di sorvolare lento, lento...

ma noi che le sappiamo prigioniere, non le possiamo liberare come le onde dal mare, come le stelle dal mare
  Come quando ti ho rincontrato...

sul blog di Romena ( che non conoscevo)


L'inizio del concerto di Gianmaria Testa alla Pieve di Romena il 21 settembre 2013 nell'ambito dell'incontro "Una fede nuda". Il concerto viene introdotto dalla presentazione di don Luigi Verdi, responsabile della Fraternità di Romena.


Così ti ricorda oggi   ROMENA


     Prendi il largo

"Addio Gianmaria", Romena ricorda Gianmaria Testa, grande artista e amico della fraternità 


testa1
“Gianmaria se n’è andato senza fare rumore. Restano le sue canzoni, le sue parole. Resta il suo essere stato uomo dritto, padre, figlio, marito, fratello, amico”.Poche parole, scelte con cura, così come quelle che Gianmaria Testa distillava per le sue canzoni. Parole per confessare un addio.Lo sappiamo adesso, dalla sua pagina Facebook. Lo temevamo da un po’. La malattia era entrata irruenta nella sua vita, e Gianmaria l’aveva affrontata con coraggio, non permettendole di rinunciare alla speranza di superarla, e al sogno di continuare, con la sua vita, con la sua musica. Quel filo che si è spezzato ci addolora, ci amareggia. Rende questa terra più triste, senza quella voce calda, inconfondibile, che sapeva cantarla.  Scriveva Erri de Luca, amico storico di Gianmaria: “Esiste una musica odierna ultraleggera, più dell’aria, come i gas inerti coi quali si gonfiano palloncini. E poi esiste una musica che dà peso al vento e gli fa riempire le chiome degli alberi e delle donne. Gian Maria fa questa”.gianmaria testa 5La musica di Gianmaria era anche la nostra. La musica dei nostri incontri, dei nostri momenti di preghiera, dei nostri silenzi. “Dentro la tasca di un qualunque mattino”,“Seminatori di grano” Nuovo” sembravano scritte per risuonare negli spazi semplici della Fraternità: quelle canzoni sembravano conoscere, con purezza, la via del cuore. Gianmaria lo sapeva. Glielo avevamo detto. E lui, in tutta risposta quelle canzoni era venuto a portarcele di persona, in pieve.Ricordo benissimo quella mattina di primavera del 2013 in cui Gianmaria, con la moglie Paola, entrò per la prima volta a Romena. “Qui vorrei proprio suonarci”, ci disse con la sua voce calda,inconfondibile. “Naturalmente gratis” aggiunse con una sottile linea di complicità sotto il baffo. Pochi mesi dopo avrebbe mantenuto la promessa: con il concerto Gianmaria volle contribuire ai lavori di ristrutturazione della fattoria e alla realizzazione dell’auditorium.
In questi giorni, immagino, potrete leggere tanti contributi su questo meraviglioso artista che faceva il capostazione e che l’Italia scoprì solo dopo il suo trionfo in un tempio della musica mondiale, l’Olympia di Parigi. A noi di Romena piace ricordare quella sera di settembre, in cui Gianmaria ci portò la sua musica. La portò qui dove quella musica già abitava. Un incontro indimenticabile.

Gian Maria Testa - Dentro la Tasca di un Qualunque Mattino - Musiculura 2005


Le traiettorie delle mongolfiere - Gianmaria Testa

By LeggiAmo .