Santa Maria,

Santa Maria,
...donna del primo sguardo, donaci la grazia dello stupore.

sabato 30 novembre 2013

L'ANNUNCIO “Seguitemi, vi farò pescatori di uomini”.

Commento al Vangelo della I Domenica di Avvento. Anno 






Takamatsu, 28 Novembre 2013 (Zenit.org) Don Antonello Iapicca




"Se il padrone di casa sapesse a che ora viene il ladro...". Con queste parole inizia l'Avvento. Il Padrone di casa, Papa Francesco, insieme alla Chiesa, lo sa eccome…. Per questo può …leggi tutto

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L'ANNUNCIO

Sono tante le "reti" con le quali ogni giorno cerchiamo di guadagnarci da vivere. Le gettiamo sperando di pescare un branco di amici, di quelli che ci potrebbero saziare d'affetto, stima e comprensione. Ma troppo spesso ne restiamo impigliati. La rete, non si chiama così quel pozzo senza fondo che, attraverso lo schermo di un computer, ci afferra nell'illusione d'essere in contatto col mondo intero e di farci un mondo di amici che ci seguano? Internet, la rete, una piroetta virtuale che sfiora la realtà senza viverla, anche se dicono che ci fanno le rivoluzioni. Social networks, chat, video e notizie, sono le maglie di una rete che rapisce il cuore, sottrae il tempo, evapora i profili, scolora le relazioni in una menzogna travestita di vuota pienezza. Giovani e meno giovani come pesci indifesi, pescati e sottratti all'acqua autentica della volontà divina. Sempre connessi, è il mantra ripetuto ovunque, perché la rete ci insegue con il wi-fi che si insinua nei computer di casa, nei portatili, nei tablet e negli smartphone, sempre più piccoli, sempre più veloci, sempre con noi. Sempre connessi per dimenticare d'essere disconnessi dal vero, dal bello e dal buono, l'essenziale che ci fa vivi, felici e realizzati. Sempre connessi eppure profondamente soli, con il cuore che naviga lontano da Cristo, scappando dalla Croce, l'unico Link autentico che connette alla vita piena che non si corrompe, come tralci staccati dalla vite. Viviamo, soprattutto i più giovani, definiti ormai come i "nativi digitali", nell'illusione che basti un click per parlare, relazionarsi, amare; un secondo e i desideri sembrano realizzarsi, e tutto il mondo, cose e persone, giungono a portata di mano; immagini e parole prese nella rete, spesso con la violenza della curiosità e della concupiscenza, senza renderci conto d'essere stati "pescati" noi per primi per consumare sempre di più, sempre peggio, accendendo nella carne una compulsione insaziabile che confonde la realtà con il sogno ed esige da essa l'impossibile. Tutto in un click, dimenticando la fatica e il sudore dell'amore autentico, il sacrificio del donarsi, i chiodi che trafiggono il link eterno, l'amore che non può essere che crocifisso. Il mondo di internet è, come il mare di Galilea con le sue barche e le sue reti, la metafora della nostra vita affondata nella spirale che ci irretisce mentre ci sforziamo di irretire, come quando buttiamo ore ed energie a sporcare occhi, cuore e mente davanti ad un PC. Non a caso i siti in assoluto più visitati sono quelli pornografici... Ma, nel fondo di tutto questo "gettare reti e riassettarle", si cela un unico desiderio, il grido strozzato in gola al termine di giornate avare di pesce e di gioia. Non può nulla neanche nostro "padre"; come quello di Andrea, è sempre lì, accanto a noi, a ricordarci la nostra storia, il passato che, spesso, è un peso che ci distrugge. Ma Gesù "cammina" anche oggi sulle rive del "mare" nel quale cerchiamo vita e felicità: sul corridoio di casa, in ascensore mentre giungiamo in ufficio, sulla metropolitana e in ambulatorio, al supermercato e in classe. Gesù passa e la sua voce mette a tacere ogni altra voce, il suo sguardo fulmina lo schermo del computer, e il suo amore ci attira irresistibilmente a seguirlo, strappandoci dalle maglie della rete. Come accadde ad Andrea, spinto da quelle parole che erano calamite, a "lasciare barca, reti e padre" per "seguire" senza indugio il Signore. Lasciare e seguire, perché è Lui che il cuore di ogni uomo desidera ardentemente, magari cercandolo maldestramente su Google; solo nelle sue parole, infatti, c'è una forza così dirompente da cambiare la vita nello spazio di un istante. Proprio ora, che stiamo rincorrendo sogni e utopie, piaceri virtuali che vorremmo esigere da chi ci è accanto. Passa Gesù a sgonfiare la menzogna che sovrappone illusione alla realtà e ci fa vivere sempre lontano dalla storia, dai pensieri e criteri del coniuge, dalla debolezza dei figli, dai peccati dei colleghi. Da noi stessi. Gesù passa e ci chiama e la sua voce percuote e perfora la pietra del nostro cuore, impegnato in giudizi e mormorazioni, incapace di aprirsi alla verità che ci attende nella realtà. Gesù "vede" Andrea, Giacomo, Simone, Giovanni, tu ed io, e li riconosce: sono i suoi "fratelli", "chiamati" ad essere "pescatori di uomini" come Lui, che avrebbe gettato la propria vita come una "rete" nel mare della morte. L'incontro con il Signore e la sua sequela, infatti, portano a compimento la vita di ciascuno. Andrea e gli altri "erano pescatori" e per questo "gettavano le reti in mare"; chiamandoli a seguirlo, Gesù li ha riportati alla vocazione originaria, trasfigurando ogni aspetto della loro esistenza: hanno continuato ad essere pescatori ma nella libertà di chi, pescando, "getta" non più una rete per saziare i propri appetiti, seguendo sogni e chimere servendosi degli altri, ma la sua stessa vita per la salvezza degli "uomini". Il Signore "chiama" anche noi oggi per trasfigurarci, e volgere all'amore la nostra vita; non dovremo lasciare d'essere quello che siamo, solo accogliere la Parola di Gesù che trasforma quello che siamo in un dono per chiunque. Avvocati, operai, medici e infermieri, professori e studenti, casalinghe e pensionati, mamme e papà, tutti siamo chiamati a vivere quello che facciamo perché siamo amati, istante dopo istante. Chiamati a a seguirlo per imparare ad amare in tutto; a offrire tutto quello che abbiamo messo al servizio della carne, nell'amore che cerca la felicità dell'altro, "lasciando" le reti sulla barca, come un computer abbandonato e disconnesso.

..gettavano la rete in mare, poiché erano pescatori. E disse loro: “Seguitemi, vi farò pescatori di uomini”. Ed essi subito, lasciate le reti, lo seguirono.


30 Novembre. Sant'Andrea Apostolo




Ottavio Vannini, vocazione di sant'Andrea e san Pietro




Ma si vede che, stando là ore e ore ad ascoltare quell’uomo, 
vedendolo, guardandolo parlare – chi è che parlava così? 
Chi aveva mai parlato così? Chi aveva detto quelle cose? 
Mai sentite! Mai visto uno così! 
–, lentamente dentro il loro animo si faceva strada l’espressione: 
«Se non credo a quest’uomo non credo più a nessuno, 
neanche ai miei occhi».
Ma era stato così ovvio nella eccezionalità dell’annuncio, 
che loro hanno portato via quella affermazione 
come se fosse una cosa semplice 
– era una cosa semplice! –, 
come se fosse una cosa facile da capire. 


Mons. Luigi Giussani


Dal Vangelo secondo Mt 4,18-22 



In quel tempo, mentre camminava lungo il mare di Galilea, Gesù vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello, che gettavano la rete in mare, poiché erano pescatori. E disse loro: “Seguitemi, vi farò pescatori di uomini”. Ed essi subito, lasciate le reti, lo seguirono.
Andando oltre, vide altri due fratelli, Giacomo di Zebedeo e Giovanni suo fratello, che nella barca insieme con Zebedeo, loro padre, riassettavano le reti; e li chiamò. Ed essi subito, lasciata la barca e il padre, lo seguirono.


Il commento


Che cosa ha spinto Andrea, di cui oggi ricorre la festa, e Pietro, e Giacomo e Giovanni a lasciare barca, reti e padre e seguire subito il Signore, senza indugio alcuno? Subito. Non v'è stato tempo per riordinare le idee, per fare due calcoli, neanche per soppesare pro e contro di una scelta. Lasciare e partire. Lasciare e seguire. Che magnetismo negli occhi di Gesù. Poche parole, quelle giuste.


Gesù. Forse non c'è molto da pensare, da scandagliare per cercare di capire come realmente sia andata. C'era Gesù. E questo basta. Lui passava quel giorno lungo il mare di Galilea. Lui vide quegli uomini, quei ragazzi. Lui li chiamò, e furono la sua voce, il suo sguardo. Per questo lasciarono tutto e lo seguirono. Perché era Lui, il Signore Gesù. Solo Lui ha questo potere, solo nelle sue parole c'è una forza così dirompente da esser capace di cambiare la vita nello spazio un istante. Solo Lui ama sino al più intimo d'ogni uomo. Solo Lui ha dato la vita per i Suoi carnefici. Solo nei suoi occhi vi è la Misericordia infinita. L'amore senza condizioni, gratuito.


E' solo Lui che il nostro cuore attende davvero. Come il cuore di Andrea e dei suoi compagni. Sono tantissime le reti con le quali ogni giorno cerchiamo di sfangarla. Le gettiamo a carpire un affetto, un po' di considerazione, a guadagnare un posto di lavoro e a difenderlo. Irretiamo e siamo presi nella rete. E reti di contatti, telefoni cellulari pieni di sms, brevi messaggi come reti gettate dal vuoto profondo delle nostre esistenze e dei nostri cuori.


La rete, non si chiama così quel pozzo senza fondo che, attraverso lo schermo di un computer, ci afferra sino a precipitarci nell'illusione d'essere in contatto col mondo intero? Internet, la rete, metafora della nostra vita, una piroetta virtuale che sfiora la realtà senza viverla realmente. Network, links, chat, maglie di una rete che ci rapisce il cuore, sottrae il tempo, evapora i profili, scolora le relazioni in una menzogna travestita di vuota pienezza. Giovani e meno giovani come pesci indifesi, pescati irrimediabilmente e sottratti all'acqua autentica della volontà divina. Sempre connessi, la rete ci insegue ovunque, e ne cadiamo vittime inconsapevolmente, tra computer di casa, e poi portatili, e poi tablet, e poi smartphone, sempre più piccoli, sempre più veloci, sempre con noi. Sempre connessi per dimenticare d'essere disconnessi dall'essenziale, dal vero, dal bello, dal buono. Sempre connessi eppure soli, ed il cuore lontano dall'unico link autentico, come tralci staccati dalla vite, dalla fonte della vita vera. L'illusione che basti un click per parlare, relazionarsi, forse anche amare; un secondo e i desideri si realizzano, ma solo si tratta di qualcosa di virtuale, non vi sono volti, mani, voci, storie. Tutto in un click, dimenticando la fatica e il sudore dell'amore autentico, il sacrificio del donarsi, i chiodi che trafiggono il link eterno, l'amore che non può essere che crocifisso.


Irretiti ci sforziamo di irretire, esattamente come quando buttiamo ore ed energie a sporcare occhi, cuore e mente davanti ad un PC. Ma in fondo, in tutto questo gettar reti e riassettarle, si cela un unico desiderio, un grido come strozzato in gola da giornate di pesca quasi sempre grame. Sempre più soli con le nostre debolezze, con i nostri peccati, insopportabili alla società e a chi ci sta intorno. E nostro padre, come il padre di Andrea, sempre lì accanto a noi, immagine e segno della nostra storia, del nostro passato, spesso un peso che ci distrugge.


E, su tutto, lo sguardo di Gesù. Sui nostri fallimenti. Sulle nostre sofferenze. Sul nostro cuore e sulle nostre mani che ancora stringono una rete, la nostra unica speranza di vita. Le Sue Parole, quelle che abbiamo aspettato da sempre. "Seguimi, ti farò pescatore di uomini". Come dire: "Ti conosco, non temere, sono qui per farti libero, per dare senso alla tua vita, per rimettere ordine, per farti essere ciò per cui ti ho creato. Ti amo, infinitamente". Gesù passa nella nostra vita, dove oggi ci troviamo. E ci ama, senza condizioni. Esattamente dove siamo. Di un amore che ci trasforma, che ci fa capaci di amare, di perdere la vita per gli uomini, di gettare tutto di noi per "pescare" anche un solo uomo. Gesù passa e la sua voce spegne ogni altra voce; il suo sguardo spegne il computer, e ci attira irresistibilmente staccandoci dalle maglie maligne della rete che ci ruba l'anima. Lui passa e riscatta la nostra esistenza, ci ama e ci fa uomini veri. Ci ridona dignità, ci fa liberi. Ci fa felici. Ci colma di quello che abbiamo sempre desiderato, di ciò che, pur facendo di tutto, non abbiamo mai ottenuto.


Lui è l'atteso del nostro cuore; la barca, le reti, nostro padre, seppur importanti, non ci hanno niente altro che preparati all'incontro con Lui. Ogni vita è santa e meravigliosa, ma è data per preparare ogni uomo all'Incontro con il Signore. Quando appare Lui non resta altro che seguirlo. Sono state fin troppo lunghe le giornate, gli anni lontani da Lui. Sulla Parola di Gesù gettare oggi la nostra vita. Senza guardarsi indietro, senza ripensamenti, con una gioia infinita che ti accompagna tutti i giorni che verranno, anche quelli più duri, a Gerusalemme, sulla Croce. Lui ci ama e ci fa sentire amati, perdonati. Realmente, profondamente. Il suo amore fa nuove tutte le cose. Senza disprezzare nulla di ciò che siamo, come Andrea, pescatore, ha continuato ad essere un pescatore, ma ormai trasfigurato, un'altra qualità, un altro senso, la sua natura al servizio di qualcosa di più grande. Così noi, tutto quello che siamo, carattere, parole, debolezze, capacità, nella Sua chiamata tutto si trasfigura, acquisisce un senso che colma e sazia; tutto quello che è stato messo al servizio della nostra povera carne offerto per qualcosa di più grande, l'amore che cerca la felicità dell'altro. La sua chiamata porta a perfezione tutto quello che ci appartiene facendo di ogni istante della nostra vita un angolo di eternità. Anche oggi, anche ora. E le reti lasciate sulla barca, come un computer abbandonato e disconnesso, per entrare nella vita vera.





APPROFONDIMENTI











































venerdì 29 novembre 2013

L'ANNUNCIO "Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno”

Commento al Vangelo della I Domenica di Avvento. Anno C







Takamatsu, 28 Novembre 2013 (Zenit.org) Don Antonello Iapicca




"Se il padrone di casa sapesse a che ora viene il ladro...". Con queste parole inizia l'Avvento. Il Padrone di casa, Papa Francesco, insieme alla Chiesa, lo sa eccome…. Per questo può …leggi tutto



L'ANNUNCIO
"Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno”. La nostra vita subisce costantemente l'attentato di milioni di parole che cercano di prendere possesso dei nostri pensieri, dei nostri sentimenti, delle nostre azioni. Uno sterminato esercito di sentenze, di opinioni, di idee si spintona violentemente per entrare. Ma è proprio nell'estrema confusione che accompagna gli stravolgimenti del mondo, in noi e fuori di noi, che possiamo ritrovare un segno, un'ancora di salvezza. Tutto passa. Un sms cancella immediatamente il contenuto, la "verità" del precedente. Così nella nostra vita. Affetti, lavoro, svaghi, ideali, salute, ogni cosa è precaria. Eppure proprio dentro la transitorietà di quel che viviamo alberga una certezza, qualcosa che fonda, tra i marosi, la nostra esistenza. In ogni istante della nostra vita è nascosto il Mistero Pasquale del Signore, il suo passaggio dalla morte alla vita. "Il cielo e la terra passeranno, ma le Parole del Signore non passeranno". Mai. Mentre tutte le altre parole segnano il passo rivelandosi effimere e transitorie, la sua Parola d'amore, capace di ri-crearci nella misericordia, è l'unica eterna perché attraversa la morte senza esserne assorbita. Così, se nella nostra vita ogni cosa è destinata a passare, è per lasciar posto alla Parola fatta carne, al potere della predicazione, a Cristo vivo nell'annuncio del Vangelo del perdono. Un licenziamento o un taglio sullo stipendio, la depressione della moglie e il carattere del marito in peggioramento cronico. L'adolescenza inguaribile dei figli, il fidanzato che ti ha lasciato; la solitudine e il rifiuto, il dolore e l'angoscia, tutto contribuisce ad aprire a Cristo le porte del nostro cuore. Il passare di tutto riverbera il passaggio pasquale del Signore nella storia che è l'unica verità che non passerà mai: Lui ci ama così come siamo, sempre. Non si butta nulla della nostra vita, perché dove c'è il Signore vi sono frutti che rimangono. Le sofferenze, i problemi, le angosce, il fallire dei progetti, sono i germogli che spuntano sui rami della nostra croce, preannunciano l'estate, non la morte! La Croce purifica gli umori assorbiti dall'inverno degli inganni e dei peccati, e ci prepara ad accogliere l'estate, il Regno dei Cieli ormai vicino. Non a caso il Signore descrive il suo avvento come una mietitura: etimologicamente, in greco, therismós (mietitura) è collegato a theros (estate). Come scriveva San Gregorio di Nissa, la nostra vita è nella primavera, nel cuore della Pasqua: ci troviamo, ogni istante, "al confine tra i due tempi, cioè tra quello della mestizia invernale e quello del godimento dei frutti nell'estate"; ogni evento è un germoglio che ci ricorda anche l'elezione che ci ha presi dal mondo, perché il fico è immagine di Israele: "guardai ai vostri padri come ai primi frutti di un fico” (Os 9,10). Tutto di noi e in noi segna la "primo"-genitura, il senso stesso della nostra vita, che è essere i "primi" frutti dell'umanità. Il Signore ci chiama oggi ad aprire gli occhi alla luce della sua Parola riconoscendo in ogni evento la chiamata ad accogliere il suo amore; e, nella fede che ci appoggia saldamente al potere della sua Parola, ad amare e donarci, facendo così di ogni inverno di morte il seno che custodisce l'estate della vita eterna.

In verità vi dico: non passerà questa generazione finché tutto ciò sia avvenuto.



Venerdì della XXXIV settimana del Tempo Ordinario


Consideravo con stupore gli effetti 
che si sentono quando si è avvicinati da quel fuoco; 
fuoco di vero amore di Dio che par venire dall'alto. 
Benché tanto lo desideri, lo cerchi e mi consumi per averlo, 
sento di non poterne conseguire neppure una scintilla, 
a meno che non si degni di darmela Dio stesso. 
Ma quando viene, il vecchio uomo ne va tutto consunto con i suoi difetti, 
le sue miserie e le sue tiepidezze. 
Al pari della fenice, che, 
rinasce dalle sue ceneri dopo che il fuoco l’ha bruciata, 
così si trasforma l’anima per uscirne con nuovi desideri 
e con più grande coraggio: 
non sembra più quella di prima, 
ma comincia con nuova purezza a battere il cammino di Dio.


S.Teresa d’Avila, Vita cap. 39,22-23




Lc 21,29-33 


In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli una parabola: “Guardate il fico e tutte le piante; quando già germogliano, guardandoli capite da voi stessi che ormai l’estate è vicina. Così pure, quando voi vedrete accadere queste cose, sappiate che il regno di Dio è vicino.
In verità vi dico: non passerà questa generazione finché tutto ciò sia avvenuto. Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno”.


Il commento


La nostra vita subisce costantemente l'attentato di milioni di parole che cercano di prendere possesso dei nostri pensieri, dei nostri sentimenti, delle nostre azioni. Fuori e dentro di noi si scatena una guerra ogni volta più cruenta tra le parole più disparate. E, normalmente, ne portiamo le tristi conseguenze: stanchezza psicologica, stordimento, incapacità di orientarsi e di comprendere. Uno sterminato esercito di sentenze, di opinioni, di idee si affaccia ai nostri padiglioni auricolari e si spintona violentemente per entrare. E siamo ogni volta più confusi. Politica, morale, vita, sport, parole a volontà su ogni aspetto della vita. Parole che dicono tutto e l'esatto contrario.

Ma è proprio dentro l'estrema confusione che accompagna gli stravolgimenti del mondo, in noi e fuori di noi, che possiamo ritrovare un segno, un'ancora di salvezza. Tutto passa. Tutto è destinato ad essere cancellato dal tempo. Un sms cancella immediatamente il contenuto, la "verità" del precedente. Così ogni parola è fagocitata dalla successiva, rivelandone l'assoluta provvisorietà con un ritmo incalzante. Così nella nostra vita. Affetti, lavoro, svaghi, ideali, salute, ogni cosa è precaria. Eppure proprio dentro la transitorietà di quel che viviamo alberga una certezza, qualcosa che fonda, tra i marosi, la nostra esistenza. In ogni istante della nostra vita è nascosto il Mistero Pasquale del Signore, il suo passaggio dalla morte alla vita.

Per questo proprio le rivoluzioni, i fallimenti, le sofferenze della vita, anche le esperienze più drammatiche che ci lasciano tramortiti, forse moribondi, sono un segno dell'opera di Dio. Il cielo e la terra passeranno, ma le Parole del Signore non passeranno. Mai. La sua Parola d'amore, capace di ri-crearci nella misericordia, è una Parola eterna. Lui non mente. Non tradisce. La sua Parola si compie nella nostra vita. Proprio mentre tutte le altre parole segnano il passo rivelandosi effimere e transitorie.

Così, se nella vita ogni cosa è destinata a passare, a sfuggirci, è per lasciar posto all'unica Parola che non passerà in eterno: la Parola fatta carne, il nostro Signore Gesù. Per questo, anche quello che sembra scivolare via è misteriosamente ricapitolato, risanato e come reso eterno dal suo amore. Il passare di tutto riverbera il passaggio pasquale del Signore nella storia. Il fluire delle cose è cristallizzato nel passaggio del Signore, e, misteriosamente, ciò che è corruttibile è assorbito dall'incorruttibile. Questo è il mistero della nostra vita, fatta di eventi, relazioni, storie che apparentemente scorrono via inesorabilmente e senza ritorno, mentre invece tutto è assorbito e santificato dal "passaggio che non passa"; silenziosamente, e spesso nascostamente, tutto di noi è innestato nella Pasqua del Signore nella quale ogni istante è un diadema incastonato nella corona della storia di salvezza che Dio fa con ogni uomo.

In Lui la vita perduta, e tutto quello che sembra smarrito, è ritrovato e trasfigurato. Santificato. Non si butta nulla della nostra vita, perchè dove c'è il Signore vi sono frutti che rimangono. Tutto di noi è Grazia, dono di Lui, che proprio nell'estrema precarietà rivela la nostra unica Roccia: il suo amore infinito. Le sofferenze, i problemi, le angosce, il fallire dei progetti, sono i germogli che spuntano sui rami della nostra croce, preannunciano l'estate, non la morte! Nelle parole del Signore si ode l'eco del Cantico dei Cantici; dure e crude, sono parole d'amore. E' lo Sposo che incede, e vuole destare la sposa, accendere in lei il desiderio di Lui, e schiudere i suoi occhi in un discernimento capace di intercettare i segni del suo avvento imminente. 



Una voce! Il mio diletto! 
Eccolo, viene 
saltando per i monti, 
balzando per le colline. 
Somiglia il mio diletto a un capriolo 
o ad un cerbiatto. 
Eccolo, egli sta 
dietro il nostro muro; 
guarda dalla finestra, 
spia attraverso le inferriate. 
Perché, ecco, l'inverno è passato, 
è cessata la pioggia, se n'è andata; 
i fiori sono apparsi nei campi, 
il tempo del canto è tornato 
e la voce della tortora ancora si fa sentire 
nella nostra campagna. 
Il fico ha messo fuori i primi frutti 
e le viti fiorite spandono fragranza. 
Alzati, amica mia, 
mia bella, e vieni! 


Commentando il Cantico dei Cantici, San Gregorio di Nissa scrive: "Il fico è una pianta che, per effetto del calore, succhia in modo straordinario l'umidità che è nel profondo della terra. E siccome nelle midolla del fico si raccoglie molto umore, per necessità la natura, cuocendo gli umori nella pianta, depone giù dai rami tutta la parte inutile e terrena dell'umore. E questo processo è ripetuto parecchie volte, perchè la pianta possa al momento opportuno produrre il suo frutto genuino e nutriente, purificato di tutto quello che era inutile. Orbene, questo prodotto, che spunta in forma di frutto dalla pianta del fico prima che si formi il vero frutto, dolce e maturo, si chiama "grosso"; anch'esso è commestibile talvolta, per chi lo vuole; ciò nonostante quello non è il frutto: i grossi sono, infatti, preannuncio dei fichi commestibili, e il testo dice che il fico li aveva fatti spuntare... Poichè il testo rappresenta alla sposa la primavera spirituale, e questa stagione sta al confine tra i due tempi, cioè tra quello della mestizia invernale e quello del godimento dei frutti nell'estate, per questo motivo si annuncia esplicitamente che i mali sono passati, anche se non si sono mostrati ancora nella loro pienezza i frutti della virtù, ma essi sono riservati a tempo debito, allorquando sarà stabile l'estate.... Dal momento che la natura umana, in modo analogo al fico di cui qui si parla, ebbe raccolto in gran copia umore dannoso a causa di quell'inverno da noi inteso in senso spirituale, giustamente colui che produce per noi la primavera della nostra anima e con conveniente coltivazione della terra fa sì che la sostanza umana faccia spuntare i suoi alberi, innanzi tutto caccia fuori dalla nostra natura tutto quello che è terrestre e inutile... Quindi, in tal modo, fa spuntare nella nostra vita una certa impronta della beatitudine in cui speriamo per mezzo del comportamento più onesto, e preannuncia per mezzo dei "grossi" la futura dolcezza dei fichi" (Omelie sul Cantico dei cantici, Omelia V). Gli eventi descritti dal Signore nei brani precedenti ci aiutano a riconoscere in essi i germogli che preannunciano la dolcezza dell'incontro con Lui, il premio sperato e atteso. 


La Croce che ci accompagna ogni giorno attraverso gli sconvolgimenti della storia, purifica gli umori assorbiti dall'inverno degli inganni, e ci prepara ad accogliere l'estate, il Regno dei Cieli ormai vicino. Non a caso il suo avvento è descritto dal Signore come una mietitura: etimologicamente, in greco, therismós (mietitura) è collegato a theros (estate). Come scriveva San Gregorio, la nostra vita è nella primavera, nel cuore della Pasqua. Ci troviamo, ogni istante, al confine tra i due tempi, cioè tra quello della mestizia invernale e quello del godimento dei frutti nell'estate; come Natanaele, israelita in cui non vi è inganno, possiamo riposare all'ombra del fico, accogliendo, scrutando e meditando la Parola che non passerà mai. E così, mossi da essa, passare dall'inverno all'estate, entrare nel Regno preparato per noi. Sì, ogni evento è un germoglio che ci ricorda l'elezione che ci ha presi dal mondo, perchè il fico è anche immagine di Israele: "guardai ai vostri padri come ai primi frutti di un fico” (Os 9,10). La storia concreta, le persone che ci sono date, tutto di noi e in noi segna la primo-genitura, il senso stesso della nostra vita, che è essere i primi frutti dell'umanità. E' il Signore che ci chiama, giorno dopo giorno, da dietro il muro che sembra impedirci la felicità. Il muro che ci oppone il coniuge, l'amico, il collega, o la nostra debolezza fisica, la precarietà economica, la fragilità del carattere o i suoi difetti; il muro dei nostri peccati. Dietro a tutto si cela lo Sposo, innamorato e appassionato, che ci chiama ad alzarci; ci guarda con tenerezza, e ci annuncia oggi che è passato l'inverno, che la morte è vinta, che possiamo entrare negli eventi dai quali siamo sempre scappati terrorizzati. Bruciato il passato di morte nel fuoco del suo amore, possiamo correre verso l'estate che ci attende, liberi, e attirare con noi questa generazione.

giovedì 28 novembre 2013

"Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra ..."

"Quando cominceranno ad accadere queste cose, alzatevi e levate il capo, perché la vostra liberazione è vicina"


*L'ANNUNCIO di oggi, 28 novembre*

 Ci aspettano “giorni di vendetta” dove esploderà l’ "ira” di Dio; questo termine, in ebraico, indica anche lo* zelo* e la *gelosia*, l'amore ardente di Dio che non può rassegnarsi nel vedere i suoi figli incapaci di accogliere il Messia, perduti a inseguire idoli falsi e vani. Tutto ciò che Gesù profetizza e accadrà è il segno della sua misericordia che offre sino all'ultimo, in mille modi diversi, anche attraverso le drammatiche conseguenze dei peccati, l'occasione per riconoscere nel suo Figlio il Messia. Nel mondo esiste il male e il peccato, e l'... altro » anche su Kairòs

Giovedì della XXXIV settimana del Tempo Ordinario





Sacco di Gerusalemme, rilievo dall'Arco di Tito a Roma

Il cuore di Dio freme di compassione!
...Il mistero del cuore di un Dio che si commuove
e riversa tutto il suo amore sull'umanità.
Un amore misterioso, che ci viene rivelato
come incommensurabile passione di Dio per l'uomo.
Egli non si arrende dinanzi all'ingratitudine
e nemmeno davanti al rifiuto del popolo che si è scelto;
anzi, con infinita misericordia,
invia nel mondo l'Unigenito suo Figlio
perché prenda su di sé il destino dell'amore distrutto;
perché, sconfiggendo il potere del male e della morte,
possa restituire dignità di figli agli esseri umani resi schiavi dal peccato.
Tutto questo a caro prezzo: il Figlio Unigenito del Padre si immola sulla croce:
"Avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine".
Simbolo di tale amore che va oltre la morte è il suo fianco squarciato da una lancia.


Benedetto XVI, Omelia del 19 giugno 2009

Lc 21,20-28



In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Quando vedrete Gerusalemme circondata da eserciti, sappiate allora che la sua devastazione è vicina. Allora coloro che si trovano nella Giudea fuggano ai monti, coloro che sono dentro la città se ne allontanino, e quelli in campagna non tornino in città; saranno infatti giorni di vendetta, perché tutto ciò che è stato scritto si compia.

Guai alle donne che sono incinte e allattano in quei giorni, perché vi sarà grande calamità nel paese e ira contro questo popolo.

Cadranno a fil di spada e saranno condotti prigionieri tra tutti i popoli; Gerusalemme sarà calpestata dai pagani finché i tempi dei pagani siano compiuti.

Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti, mentre gli uomini moriranno per la paura e per l’attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra. Le potenze dei cieli infatti saranno sconvolte.
Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire su una nube con potenza e gloria grande.
Quando cominceranno ad accadere queste cose, alzatevi e levate il capo, perché la vostra liberazione è vicina”.



Il commento



L'ira nella Scrittura indica qualcosa di molto diverso da quello che normalmente pensiamo. Non è mai un adirarsi fine a se stesso, reagendo per esempio ad un'insubordinazione del Popolo o di un uomo. Non è neanche una pedagogia di Dio, una conseguenza naturale e dovuta ai peccati. L'ira è la gelosia, lo zelo di Dio; in ebraico infatti la stessa parola può avere i tre significati. E la "vendetta" di cui nel vangelo di oggi si parla è piuttosto una conseguenza dell'amore geloso e pieno di zelo di Dio che non può rassegnarsi nel vedere i suoi figli abbandonati alla sequela di idoli falsi e vani, rammolliti e narcotizzati lontani da Lui. Incapaci di accogliere il Messia. Tutto ciò che accade è perché, sino in fondo, sino all'ultimo, Dio offre, in mille modi diversi, l'occasione per riconoscere il Messia nel suo Figlio, e accogliere così la salvezza preparata per ogni uomo. Per questo la vendetta è tutta orientata a ridare la vita, e liberare il Popolo dalla realtà di perdizione e di sofferenza.



Dio appare come un bulldozer che sradica e distrugge tutto quello che trattiene lontana da sé la propria creatura. I propri figli. Quale Padre non si getterebbe tra le fiamme, non farebbe saltare in aria anche superbe meraviglie architettoniche, chi non farebbe follie per il proprio figlio in pericolo? Per questo Gerusalemme, la Santa Gerusalemme, il luogo della dimora stessa di Dio, cadrà in mano dei pagani, il Santo dei Santi sarà distrutto, perché più d'ogni altra cosa, fosse anche la più importante, la più cara al cuore di Dio, il segno stesso della storia d'amore con il Suo popolo, più del Tempio, per Dio è importante l'uomo, la persona, tu ed io. Nulla è più importante dei suoi figli.


Se Gerusalemme è il luogo dell'adulterio e dell'idolatria, se Gerusalemme è diventata il letto d'amore dove Israele si contamina con i suoi amanti, Gerusalemme sarà distrutta. Così, quanto nella nostra esistenza è d'inciampo al Signore, quanto ci allontana da Lui, sarà "necessariamente" oggetto della sua ira, della sua gelosia, del suo infinito zelo per la nostra vita, per la nostra anima, per la nostra salvezza. In quei momenti, quando tutte le nostre certezze, i nostri luoghi familiari, anche quelli cosiddetti "religiosi", saranno ridotti ad un cumulo di macerie fumanti, alziamo gli occhi e solleviamo il capo, perché la libertà è finalmente vicina. Il termine apolytrōsis, liberazione, è infatti affine a lytrōsis, che è il riscatto dalla schiavitù. La libertà che ci strappa dagli inganni del demonio, dalle catene d'una schiavitù che ci obbliga a servire falsi dei, fossero anche così ben camuffati da apparire ammantati di una pia religiosità.

Che poi si tratta di qualcosa di clericale, intrisa di religiosità naturale, che spesso nasconde giudizi e mormorazioni. La religiosità bigotta e farisaica buona solo a metterci in regola con una serie di regolette a cui abbiamo tolto l'anima. La vecchia Gerusalemme, luogo e simbolo dell'Antica Alleanza, fatta di decreti e regole, è stata un importante e buon pedagogo, guida alla verità, ma incapace di salvarci, perché la nostra stessa carne l'ha resa inadeguata e irrimediabilmente limitata.

Fuori dalle porte di Gerusalemme, sulla soglia del Cielo, è piantata una Croce: il sangue dell'Ira, della Gelosia, dello Zelo di Dio, fluendo dalle benedette ferite del Signore, ha lavato ogni peccato, ogni idolatria, ogni adulterio. La Passione di Gesù, consegnato per noi, ci ha aperto il cammino per la Nuova Gerusalemme, la nostra madre, Colei che ci genera a nuova vita. La Gerusalemme celeste che ci fa figli della luce, rinnovati ad immagine del nostro Creatore. Nessuna paura dunque se nella nostra vita accadono sconvolgimenti tali da lasciarci sbalorditi. Se tutto quello su cui fondiamo quotidianamente la vita viene a mancare. E' l'amore infinito e geloso di Dio per noi. E' la passione di Cristo per il nostro cuore che sconvolge addirittura il corso della natura, il sole, la luna, le stelle. E' il Signore che penetra nel fluire naturale dei nostri giorni, e segna amori, lavoro, studio con le stigmate del suo amore.

Quando in famiglia, sul lavoro, nella stessa nostra povera Chiesa, accadranno "tutte queste cose" non c'è da temere. Solo è necessario comprendere l'urgenza del momento favorevole, del tempo speciale che ci è donato, e non perdersi in pensieri e arrovellamenti cercando di salvare il salvabile, casa, lavoro, soldi o ricordi, rientrando nelle stanze o ritornando sui nostri passi. Quando il terremoto dell'amore di Dio sconvolge la vita non c'è tempo per cercare di rimettere insieme i cocci degli errori passati. Arriva il Vino nuovo che necessita di otri nuovi. Lasciamo che i vecchi e consunti otri che abbiamo mille volte cercato di aggiustare, siano distrutti una volta per tutte. Vita nuova! Per questo, quando la nostra vita trema, il Signore è vicino, con la novità capace di ricreare ogni cosa, e fare di noi un prodigio inimmaginabile. Non temiamo se dovremo essere condotti prigionieri, se il nostro uomo vecchio cadrà a fil di spada. Come già fu per il Popolo nel tempo dell'Esilio, ci attende un tempo di purificazione nel quale il Signore vuol riportare alla luce in noi un cuore contrito e umiliato. Dalle ceneri della carne Egli saprà trarre un cuore capace di amare davvero. 

Apriamo anche oggi le nostre porte e lasciamolo entrare. Viene a liberarci e a farci felici, viene sulla nube della sua shekinà, la Gloria della Croce che ha sconfitto ogni nostro peccato. E' Lui che bussa oggi, in questo tempo, alla nostra porta, con la potenza infinita del suo amore. Mentre gli uomini muoiono di paura di fronte ai cataclismi, alla crisi economica, alle conseguenze del peccato che ha voluto cancellare Dio, noi restiamo saldi nell'amore di Dio. Gli occhi della fede sanno riconoscere nella storia i segni della sua presenza e l'inconfondibile modus operandi della sua passione. Dove il mondo vede morte e distruzione, noi alziamo la testa e fissiamo, in noi e fuori di noi, la liberazione. "Guarderanno a Colui che hanno trafitto": nel cuore dei travagli descritti nel Vangelo, si staglia la figura dolente di Cristo crocifisso, il suo costato dischiuso a donare la salvezza. Nella distruzione del mondo sono impresse le piaghe del Signore, porta santa che conduce alla salvezza. Per questo, in ogni evento che sa di morte, è preparata la vita che non muore. Gli occhi dei cristiano sanno riconoscere la passione di Cristo nella passione del mondo. Per questo alzano la testa e vedono quello che nessun occhio può vedere. Essi risuscitano, si levano proprio laddove si abbatte la distruzione. Siamo le avanguardie del Signore, i segni della sua gloriosa potenza incipiente. Essa si manifesta sulla natura e sul male, e nei cristiani, i quali, proprio dove tutto cade, si sollevano in una vita nuova. 

Ed è questa la missione profetica consegnata alla Chiesa, puntare il cielo mentre ogni uomo punta alla terra, guardare il Signore che viene, mentre il mondo schiaccia lo sguardo sulle rovine della carne. Sperare laddove tutti disperano. Il sostantivo synochē, angoscia, significa costrizione, e nei LXX è usato a proposito di un assedio. Aporia, ansia, è letteralmente dubbio, e rimanda ad un passaggio impraticabile, una strada senza uscita: "L'aporia è la difficoltà irrisolvibile che fa riferimento a un determinato procedimento razionale. L'aporia è dunque una impasse logica legata ad uno stato oggettivo del problema, nel quale la realtà che si mostra nell'esperienza entra in conflitto con la realtà mostrata dalla logica" (Dizionario filosofico). Quante volte la logica dei nostri ragionamenti entra in conflitto con l'evidenza amara della realtà! E così nel mondo, dove la logica di teorie politiche e sistemi ideologici non regge l'urto con l'imponderabile che appare nella realtà. Nell'ansia e l'angoscia per l'aporia della vita siamo chiamati ad alzare la testa perché ogni uomo possa imparare a guardare la Verità che supera ogni contraddizione, perché tutte le assume nell'unica logica possibile, quella dell'amore che pone fine al male. Così in un problema matrimoniale, o sul lavoro, in qualsiasi relazione, l'unica logica è quella della Croce. Il verbo a-nakyptō, sollevare, ricorda infatti la descrizione della donna ricurva perché prigioniera di satana, il padre dell'aporia della vita. La Chiesa è, nella storia, questa donna riconsegnata alla dignità, alla "semplicità" dell'amore, per fissare il Cielo da dove arriva il suo Sposo; è Lui, e arde di gelosia per la sua sposa, per ogni istante della nostra vita: Egli viene per aiutarci a vivere senza temere, senza essere più ricurvi sulle giornate e sugli eventi, ma, a testa levata, entrare nella vita come uomini liberi. Come figli.




APPROFONDIMENTI




Giuseppe Ricciotti. La distruzione di Gerusalemme dell’anno 70
Tito e la distruzione di Gerusalemme. Video
J. Ratzinger – Benedetto XVI. Il Discorso escatologico di Gesù. (Da “Gesù di Nazaret” Vol. II)
J. Ratzinger – Benedetto XVI. La fine del Tempio. (Da Gesù di Nazaret. Vol II)
J. Ratzinger – Benedetto XVI. Il tempo dei pagani. (Da Gesù di Nazaret. Vol II)
J. Ratzinger – Benedetto XVI. Profezia e apocalisse nel discorso escatologico
Mappa ragionata della Distruzione di Gerusalemme
Il verbo sollevare ricorda la donna ricurva riconsegnata da Gesù alla sua dignità

mercoledì 27 novembre 2013

Evangelii Gaudium (Papa Francesco)

Ecco realizzato l’ebook dell’Esortazione Apostolica Evangelii Gaudium, 

pubblicata oggi da Papa Francesco.


Cliccate qui per scaricare il file.

Questo post è stato pubblicato da: Davide   www.cammino.info/

EVANGELII GAUDIUM – Vatican.va


Questi sono i link per scaricare il documendo di Papa Francesco direttamente dal sito del Vaticano:

Download PDF -

Leggi l’Esortazione Apostolica su Vatican.va -


da Radio Vaticana – di Sergio Centofanti
“La gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù”: inizia così l’Esortazione apostolica “Evangelii Gaudium”, pubblicata oggi, con cui Papa Francesco sviluppa il tema dell’annuncio del Vangelo nel mondo attuale, raccogliendo, tra l’altro, il contributo dei lavori del Sinodo che si è svolto in Vaticano dal 7 al 28 ottobre 2012 sul tema “La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede”. La sintesi di questo importante documento nel servizio di Sergio Centofanti.
Con questa Esortazione, il Papa indica alcune “vie per il cammino della Chiesa nei prossimi anni”. Ne segnaliamo cinque. Innanzitutto, intende avviare “una nuova tappa evangelizzatrice” caratterizzata dalla gioia. E’ un accorato appello a tutti i battezzati perché con nuovo fervore e dinamismo portino agli altri l’amore di Gesù che sperimentano nella loro vita, la gioia e la bellezza della sua amicizia, in uno “stato permanente di missione”. I cristiani sono chiamati ad essere “evangelizzatori con Spirito” che “pregano e lavorano”: sulla loro bocca deve risuonare il primo annuncio o ‘kerygma’: “Gesù Cristo ti ama, ha dato la sua vita per salvarti, e adesso è vivo al tuo fianco ogni giorno, per illuminarti, per rafforzarti, per liberarti”.
Secondo punto: rinnovamento con creatività e audacia, a partire dal recupero della “freschezza originale del Vangelo”. Occorre “una conversione pastorale e missionaria, che non può lasciare le cose come stanno”, e una “riforma delle strutture” ecclesiali perché “diventino tutte più missionarie”. Il Pontefice pensa anche ad “una conversione del papato” sulla via di una maggiore collegialità e di una “salutare decentralizzazione”. Bisogna trovare “nuove strade” e “metodi creativi”, non avere paura di rivedere consuetudini e norme della Chiesa che non sono “direttamente legate al nucleo del Vangelo, alcune molto radicate nel corso della storia”. Sottolinea la necessità di far crescere la responsabilità dei laici, tenuti “al margine delle decisioni” da “un eccessivo clericalismo”, e di allargare gli spazi per una presenza femminile più incisiva nella Chiesa”, in particolare “nei diversi luoghi dove vengono prese le decisioni importanti”.
Terzo punto: una Chiesa aperta, accogliente e misericordiosa. Il Papa invita la Chiesa ad avere “le porte aperte”. La Chiesa è il luogo della misericordia non della condanna, perché Dio non si stanca mai di perdonare. “Nemmeno le porte dei Sacramenti si dovrebbero chiudere per una ragione qualsiasi”. Così, l’Eucaristia “non è un premio per i perfetti ma un generoso rimedio e un alimento per i deboli. Queste convinzioni hanno anche conseguenze pastorali che siamo chiamati a considerare con prudenza e audacia. Di frequente ci comportiamo come controllori della grazia e non come facilitatori. La Chiesa non è una dogana, è la casa paterna dove c’è posto per ciascuno con la sua vita faticosa”. Papa Francesco ribadisce di preferire una Chiesa “ferita e sporca per essere uscita per le strade, piuttosto che una Chiesa … rinchiusa in un groviglio di ossessioni e procedimenti. Se qualcosa deve santamente inquietarci … è che tanti nostri fratelli vivono” senza l’amicizia di Gesù. L’annuncio del Vangelo deve avere caratteristiche positive: vicinanza, rispetto, compassione, pazienza per la fatica di un cammino di maturazione. Anche le omelie dei sacerdoti devono rifuggire da una “predicazione puramente moralista o indottrinante” ed essere positive per non lasciare “prigionieri della negatività”, ma offrire “sempre speranza”, riuscendo a dire “parole che fanno ardere i cuori”.
Quarto punto. Il dialogo e l’incontro: con gli altri cristiani (l’ecumenismo è “una via imprescindibile dell’evangelizzazione”), con le altre religioni (“condizione necessaria per la pace nel mondo”) e con i non credenti. Il dialogo va condotto “con un’identità chiara e gioiosa”: non oscura l’evangelizzazione. In particolare, il Papa osserva che “in quest’epoca acquista notevole importanza la relazione” con i musulmani. Implora “umilmente” i Paesi di tradizione islamica perché garantiscano la libertà religiosa ai cristiani, anche “tenendo conto della libertà che i credenti dell’Islam godono nei Paesi occidentali!”. Contro il tentativo di privatizzare le religioni, afferma che “il rispetto dovuto alle minoranze di agnostici o di non credenti” non deve mettere “a tacere le convinzioni di maggioranze credenti”.
Quinto punto. La Chiesa sia voce profetica, capace di parlare “con audacia … anche controcorrente”. Ribadisce l’opzione della Chiesa per i poveri. Il Papa chiede “una Chiesa povera per i poveri”. Denuncia l’attuale sistema economico che “è ingiusto alla radice”. “Questa economia uccide” perché prevale la “legge del più forte”. L’attuale cultura dello “scarto” ha creato “qualcosa di nuovo”: “gli esclusi non sono ‘sfruttati’ ma rifiuti, ‘avanzi’”. Le comunità cristiane che si dimenticano dei poveri sono destinate alla dissoluzione. “Tra questi deboli di cui la Chiesa vuole prendersi cura” ci sono “i bambini nascituri, che sono i più indifesi e innocenti di tutti … Non è progressista pretendere di risolvere i problemi eliminando una vita umana”. La famiglia – prosegue il Papa – “attraversa una crisi culturale profonda” che “favorisce uno stile di vita … che snatura i vincoli familiari”. Denuncia le “nuove situazioni di persecuzione dei cristiani”.
L’Esortazione si conclude con una preghiera a Maria “Madre dell’Evangelizzazione”. Guardando alla Madre di Dio “torniamo a credere nella forza rivoluzionaria della tenerezza e dell’affetto”.
Testo proveniente dalla pagina http://it.radiovaticana.va/news/2013/11/26/una_chiesa_dalle_porte_aperte:_pubblicata_lesortazione_apostolica/it1-750040 
del sito Radio Vaticana.


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Come in alta montagnada KAIRòS

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continua ...


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Esortazione apostolica 

Un piccolo compendio dell'esortazione apostolica di papa Francesco scritto da Aldo Maria Valli per