Takamatsu, 26 Ottobre 2013 (Zenit.org) Don Antonello Iapicca Ascolti Papa Francesco e ti appare chiaro e compiuto il Vangelo. Ci stupisce, semina sgomento, in fondo abbiamo sempre pensato alla Chiesa come la nostra casa. Calda, accogliente, le cose in ordine, sempre allo stesso posto, e, soprattutto sicura. Allarme, cani e inferriate a presidiare quello che abbiamo costruito... leggi tutto
Messaggio del giorno 13/11/2013
Talvolta la cosa che ci lascia più attoniti non è solo il bene ricevuto, ma soprattutto il fatto di averlo ricevuto gratuitamente.
Mercoledì della XXXII settimana del Tempo Ordinario
Sarebbe di grande utilità promuovere una sorta di pedagogia del desiderio,
sia per il cammino di chi ancora non crede,
sia per chi ha già ricevuto il dono della fede...
per non accontentarsi mai di quanto si è raggiunto.
Tutti abbiamo bisogno di percorrere
un cammino di purificazione e di guarigione del desiderio.
Siamo pellegrini verso la patria celeste,
verso quel bene pieno, eterno, che nulla ci potrà più strappare.
Benedetto XVI
Dal Vangelo secondo Luca 17,11-19.
Durante il viaggio verso Gerusalemme, Gesù attraversò la Samaria e la Galilea.
Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi i quali, fermatisi a distanza,
alzarono la voce, dicendo: «Gesù maestro, abbi pietà di noi!».
Appena li vide, Gesù disse: «Andate a presentarvi ai sacerdoti». E mentre essi andavano, furono sanati.
Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce;
e si gettò ai piedi di Gesù per ringraziarlo. Era un Samaritano.
Ma Gesù osservò: «Non sono stati guariti tutti e dieci? E gli altri nove dove sono?
Non si è trovato chi tornasse a render gloria a Dio, all'infuori di questo straniero?». E gli disse:
«Alzati e và; la tua fede ti ha salvato!».
Il commento
In "dieci" si fanno incontro a Gesù, il numero minimo di adulti necessari per il servizio della sinagoga, immagine di ogni comunità cristiana. Tutti "gridano" ad una sola voce riconoscendo in Gesù un "maestro", un "epistatès" - "colui che sta in alto" - nella speranza che si chini su di loro per guarirli. Avendo in comune la stessa lebbra parlano la stessa lingua e desiderano la stessa cosa, perché la comunione nella Chiesa si radica innanzitutto nel riconoscersi tutti deboli, afflitti dalla medesima malattia, bisognosi dello stesso medico. E' il primo passo, molti non fanno neppure questo, ma non basta. La lebbra è un'infermità evidente che non si può nascondere, marca un'impurità che "fermava a distanza" segregando i lebbrosi dal resto del popolo; altrettanto evidente era la fama di Gesù, che si estendeva in tutto Israele. L'incontro tra il desiderio dei lebbrosi e l'amore e il potere di Gesù era dunque quasi naturale, l'evidenza rivelava che erano fatti gli uni per l'Altro. E' la nostra stessa esperienza. Quando sono apparse le pustole sulla pelle del matrimonio, dell'amicizia, del lavoro, abbiamo cominciato a frequentare con più assiduità la Chiesa, avendo visto in altri il potere del Signore. Come i lebbrosi, lo abbiamo implorato di "avere pietà di noi" e di guarirci. E Gesù, prontamente, ci ha accolti, senza distinzioni e preferenze. Ma a modo suo, mettendoci in cammino con un annuncio che è insieme profezia e compimento: "Andate a presentarvi ai sacerdoti". Il Levitico, infatti, prescriveva che se il lebbroso fosse stato sanato, doveva andare a mostrarsi ai sacerdoti perché ne certificassero la guarigione riammettendolo così alla vita e al culto del popolo.
Pieni di speranza, abbiamo obbedito alla Buona Notizia, e ci siamo incamminati. Conoscendo l'estrema vulnerabilità e incostanza del cuore dell'uomo, il Signore ha preparato per noi un lungo e serio percorso di conversione, "un cammino di purificazione e di guarigione del desiderio" (Benedetto XVI). In esso possiamo incontrarlo al di là dell'evidenza superficiale, scoprendo nel profondo del cuore la radice delle nostre malattie e lì sperimentarvi il suo potere, per fondare la nostra vita in Lui. Non basta essere "guariti", occorre "vedere" con occhi nuovi i propri peccati per consegnarli a Cristo ed essere "salvati". La "fede" autentica e adulta accoglie la "salvezza" che si manifesta nella "gratitudine", l' "eucarestia" che fa del lebbroso e Gesù un'unica carne, capace di donarsi senza riserve. Ad essa approda l'unico tra i dieci che, dopo aver "veduto" e sperimentato l'amore di Gesù che lo ha "guarito", "torna indietro", si converte, e passa dalla schiavitù alla libertà, dalla supplica alla "lode". E' l'incontro decisivo: non si vergogna di "prostrarsi" davanti a Gesù mostrandosi nella sua povertà; riconosce in Lui non solo il Maestro ma anche l'unico Sacerdote che, dopo averlo "guarito", può certificare la "salvezza" del suo cuore. Solo chi ha scoperto di essere stato un "samaritano", eretico, malato e lontano, ma amato gratuitamente da Gesù, che per salvarlo si è fatto "straniero" sulla Croce, non si accontenta della guarigione ma, nel vagito della "fede" che "salva", desidera solo di essere con Lui: "quando nel desiderio si apre la finestra verso Dio, questo è già segno della presenza della fede nell’animo" (Benedetto XVI). E noi, "dove siamo" oggi? Il Signore ci cerca come ha cercato gli altri "nove" lebbrosi. Siamo andati via sazi dei miracoli con i quali ha sistemato le nostre cose? Ci sentiamo, in fondo, in diritto d'essere guariti, perché abbiamo vissuto i problemi e le difficoltà come un'ingiustizia a cui il Signore doveva porre rimedio? In questo caso, come per gli altri nove lebbrosi, anche se riammessi nella società dai sacerdoti, la "guarigione" non ci servirà a nulla. Per questo il Signore ci invita ad accogliere la "fede" nella quale "vedere" i segni che ha deposto nella nostra vita come una chiamata per consegnarci a Lui, perché ci salvi alzandoci dal peccato e ci faccia "andare" in una vita nuova.
Sarebbe di grande utilità promuovere una sorta di pedagogia del desiderio,
sia per il cammino di chi ancora non crede,
sia per chi ha già ricevuto il dono della fede...
per non accontentarsi mai di quanto si è raggiunto.
Tutti abbiamo bisogno di percorrere
un cammino di purificazione e di guarigione del desiderio.
Siamo pellegrini verso la patria celeste,
verso quel bene pieno, eterno, che nulla ci potrà più strappare.
Benedetto XVI
Dal Vangelo secondo Luca 17,11-19.
Durante il viaggio verso Gerusalemme, Gesù attraversò la Samaria e la Galilea.
Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi i quali, fermatisi a distanza,
alzarono la voce, dicendo: «Gesù maestro, abbi pietà di noi!».
Appena li vide, Gesù disse: «Andate a presentarvi ai sacerdoti». E mentre essi andavano, furono sanati.
Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce;
e si gettò ai piedi di Gesù per ringraziarlo. Era un Samaritano.
Ma Gesù osservò: «Non sono stati guariti tutti e dieci? E gli altri nove dove sono?
Non si è trovato chi tornasse a render gloria a Dio, all'infuori di questo straniero?». E gli disse:
«Alzati e và; la tua fede ti ha salvato!».
Il commento
In "dieci" si fanno incontro a Gesù, il numero minimo di adulti necessari per il servizio della sinagoga, immagine di ogni comunità cristiana. Tutti "gridano" ad una sola voce riconoscendo in Gesù un "maestro", un "epistatès" - "colui che sta in alto" - nella speranza che si chini su di loro per guarirli. Avendo in comune la stessa lebbra parlano la stessa lingua e desiderano la stessa cosa, perché la comunione nella Chiesa si radica innanzitutto nel riconoscersi tutti deboli, afflitti dalla medesima malattia, bisognosi dello stesso medico. E' il primo passo, molti non fanno neppure questo, ma non basta. La lebbra è un'infermità evidente che non si può nascondere, marca un'impurità che "fermava a distanza" segregando i lebbrosi dal resto del popolo; altrettanto evidente era la fama di Gesù, che si estendeva in tutto Israele. L'incontro tra il desiderio dei lebbrosi e l'amore e il potere di Gesù era dunque quasi naturale, l'evidenza rivelava che erano fatti gli uni per l'Altro. E' la nostra stessa esperienza. Quando sono apparse le pustole sulla pelle del matrimonio, dell'amicizia, del lavoro, abbiamo cominciato a frequentare con più assiduità la Chiesa, avendo visto in altri il potere del Signore. Come i lebbrosi, lo abbiamo implorato di "avere pietà di noi" e di guarirci. E Gesù, prontamente, ci ha accolti, senza distinzioni e preferenze. Ma a modo suo, mettendoci in cammino con un annuncio che è insieme profezia e compimento: "Andate a presentarvi ai sacerdoti". Il Levitico, infatti, prescriveva che se il lebbroso fosse stato sanato, doveva andare a mostrarsi ai sacerdoti perché ne certificassero la guarigione riammettendolo così alla vita e al culto del popolo.
Pieni di speranza, abbiamo obbedito alla Buona Notizia, e ci siamo incamminati. Conoscendo l'estrema vulnerabilità e incostanza del cuore dell'uomo, il Signore ha preparato per noi un lungo e serio percorso di conversione, "un cammino di purificazione e di guarigione del desiderio" (Benedetto XVI). In esso possiamo incontrarlo al di là dell'evidenza superficiale, scoprendo nel profondo del cuore la radice delle nostre malattie e lì sperimentarvi il suo potere, per fondare la nostra vita in Lui. Non basta essere "guariti", occorre "vedere" con occhi nuovi i propri peccati per essere "salvati". La "fede" autentica e adulta, infatti, si manifesta nella "gratitudine", l' "eucarestia" che fa del lebbroso e Gesù un'unica carne, capace di donarsi senza riserve. Ad essa approda l'unico tra i dieci che, dopo aver "veduto" e sperimentato l'amore di Gesù che lo ha "guarito", "torna indietro", si converte, e passa dalla schiavitù alla libertà, dalla supplica alla "lode". E' l'incontro decisivo: non si vergogna di "prostrarsi" davanti a Gesù mostrandosi nella sua povertà; riconosce in Lui non solo il Maestro ma anche l'unico Sacerdote che, dopo averlo "guarito", può certificare la "salvezza" del suo cuore. Solo chi ha scoperto di essere stato un "samaritano", eretico, malato e lontano, ma amato gratuitamente da Gesù, che per salvarlo si è fatto "straniero" sulla Croce, non si accontenta della guarigione ma, nel vagito della "fede" che "salva", desidera solo di essere con Lui: "quando nel desiderio si apre la finestra verso Dio, questo è già segno della presenza della fede nell’animo" (Benedetto XVI). E noi, "dove siamo" oggi? Il Signore ci cerca come ha cercato gli altri "nove" lebbrosi. Siamo andati via sazi dei miracoli con i quali ha sistemato le nostre cose? Ci sentiamo, in fondo, in diritto d'essere guariti, perché abbiamo vissuto i problemi e le difficoltà come un'ingiustizia a cui il Signore doveva porre rimedio? In questo caso, come per gli altri nove lebbrosi, anche se riammessi nella società dai sacerdoti, la "guarigione" non ci servirà a nulla. Per questo il Signore ci invita ad accogliere la "fede" nella quale "vedere" i segni che ha deposto nella nostra vita come una chiamata per consegnarci a Lui, perché ci salvi alzandoci dal peccato e ci faccia "andare" in una vita nuova.
Benedetto XVI. La purificazione del desiderio
Sarebbe di grande utilità promuovere una sorta di pedagogia del desiderio, sia per il cammino di chi ancora non crede, sia per chi ha già ricevuto il dono della fede... per non accontentarsi mai di quanto si è raggiunto.
Proprio le gioie più vere sono capaci di liberare in noi quella sana inquietudine che porta ad essere più esigenti
– volere un bene più alto, più profondo – e insieme a percepire con sempre maggiore chiarezza che nulla di finito può colmare il nostro cuore. Impareremo così a tendere, disarmati, verso quel bene che non possiamo costruire o procurarci con le nostre forze; a non lasciarci scoraggiare dalla fatica o dagli ostacoli che vengono dal nostro peccato. Tutti, del resto, abbiamo bisogno di percorrere un cammino di purificazione e di guarigione del desiderio. Siamo pellegrini verso la patria celeste, verso quel bene pieno, eterno, che nulla ci potrà più strappare. Non si tratta, dunque, di soffocare il desiderio che è nel cuore dell’uomo, ma di liberarlo, affinché possa raggiungere la sua vera altezza.
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