Il Papa che bussa per aprire il cuore
Chi stenta ad accettare Papa Francesco forse stenta ad accettare la Chiesa, così come il Signore l'ha fondata e il Papa ci aiuta a comprendere.
Takamatsu, (Zenit.org) Don Antonello Iapicca
Ascolti Papa Francesco e ti appare chiaro e compiuto il Vangelo. Ci stupisce, semina sgomento, in fondo abbiamo sempre pensato alla Chiesa come la nostra casa. Calda, accogliente, le cose in ordine, sempre allo stesso posto, e, soprattutto sicura. Allarme, cani e inferriate a presidiare quello che abbiamo costruito...leggi tutto
"Gesù è Signore perché ha amato sino alla fine"
Takamatsu, (Zenit.org) Don Antonello Iapicca
La risurrezione è certa perché esiste un "altro mondo" che si rivela in coloro che "ne sono giudicati degni": la vita soprannaturale che in loro si manifesta ne è la garanzia; un uomo il cui corpo non è più schiavo della concupiscenza, ad esempio, è come una primizia della resurrezione: quel corpo ha già conosciuto qui sulla terra una forza capace di strapparlo alla corruzione... LEGGI TUTTO
MESSALE
Antifona d'Ingresso Sal 87,3
La mia preghiera giunga fino a te;
tendi, o Signore, l'orecchio
alla mia preghiera.
La mia preghiera giunga fino a te;
tendi, o Signore, l'orecchio
alla mia preghiera.
Colletta
Dio grande e misericordioso, allontana ogni ostacolo nel nostro cammino verso di te, perché, nella serenità del corpo e dello spirito, possiamo dedicarci liberamente al tuo servizio. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo...
Dio grande e misericordioso, allontana ogni ostacolo nel nostro cammino verso di te, perché, nella serenità del corpo e dello spirito, possiamo dedicarci liberamente al tuo servizio. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo...
Oppure:
O Dio, Padre della vita e autore della risurrezione, davanti a te anche i morti vivono; fa' che la parola del tuo Figlio seminata nei nostri cuori, germogli e fruttifichi in ogni opera buona, perché in vita e in morte siamo confermati nella speranza della gloria. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
LITURGIA DELLA PAROLA
Prima Lettura 2 Mac 7, 1-2. 9-14
Il re dell'universo ci risusciterà a vita nuova ed eterna.
Dal secondo libro dei Maccabèi
In quei giorni, ci fu il caso di sette fratelli che, presi insieme alla loro madre, furono costretti dal re, a forza di flagelli e nerbate, a cibarsi di carni suine proibite.
Uno di loro, facendosi interprete di tutti, disse: «Che cosa cerchi o vuoi sapere da noi? Siamo pronti a morire piuttosto che trasgredire le leggi dei padri». [E il secondo,] giunto all’ultimo respiro, disse: «Tu, o scellerato, ci elimini dalla vita presente, ma il re dell’universo, dopo che saremo morti per le sue leggi, ci risusciterà a vita nuova ed eterna».
Dopo costui fu torturato il terzo, che alla loro richiesta mise fuori prontamente la lingua e stese con coraggio le mani, dicendo dignitosamente: «Dal Cielo ho queste membra e per le sue leggi le disprezzo, perché da lui spero di riaverle di nuovo». Lo stesso re e i suoi dignitari rimasero colpiti dalla fierezza di questo giovane, che non teneva in nessun conto le torture.
Fatto morire anche questo, si misero a straziare il quarto con gli stessi tormenti. Ridotto in fin di vita, egli diceva: «È preferibile morire per mano degli uomini, quando da Dio si ha la speranza di essere da lui di nuovo risuscitati; ma per te non ci sarà davvero risurrezione per la vita».
Salmo Responsoriale Dal Salmo 16
Ci sazieremo, Signore, contemplando il tuo volto.Ascolta, Signore, la mia giusta causa,
sii attento al mio grido.
Porgi l’orecchio alla mia preghiera:
sulle mie labbra non c’è inganno.
Tieni saldi i miei passi sulle tue vie
e i miei piedi non vacilleranno.
Io t’invoco poiché tu mi rispondi, o Dio;
tendi a me l’orecchio, ascolta le mie parole.
Custodiscimi come pupilla degli occhi,
all’ombra delle tue ali nascondimi,
io nella giustizia contemplerò il tuo volto,
al risveglio mi sazierò della tua immagine.
Seconda Lettura 2 Ts 2, 16 - 3, 5Il Signore vi confermi in ogni opera e parola di bene.
Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai TessalonicésiFratelli, lo stesso Signore nostro Gesù Cristo e Dio, Padre nostro, che ci ha amati e ci ha dato, per sua grazia, una consolazione eterna e una buona speranza, conforti i vostri cuori e li confermi in ogni opera e parola di bene.
Per il resto, fratelli, pregate per noi, perché la parola del Signore corra e sia glorificata, come lo è anche tra voi, e veniamo liberati dagli uomini corrotti e malvagi. La fede infatti non è di tutti. Ma il Signore è fedele: egli vi confermerà e vi custodirà dal Maligno.
Riguardo a voi, abbiamo questa fiducia nel Signore: che quanto noi vi ordiniamo già lo facciate e continuerete a farlo. Il Signore guidi i vostri cuori all’amore di Dio e alla pazienza di Cristo.
Canto al Vangelo Ap 1,5.6
Alleluia, alleluia.
Gesù Cristo è il primogenito dei morti:
a lui la gloria e la potenza nei secoli dei secoli.
Alleluia.
Vangelo Lc 20, 27-38 Forma breve Lc 20, 27.34-38
Dio non è dei morti, ma dei viventi.
Dal vangelo secondo Luca
[ In quel tempo, si avvicinarono a Gesù alcuni sadducèi – i quali dicono che non c’è risurrezione ] – e gli posero questa domanda: «Maestro, Mosè ci ha prescritto: “Se muore il fratello di qualcuno che ha moglie, ma è senza figli, suo fratello prenda la moglie e dia una discendenza al proprio fratello”. C’erano dunque sette fratelli: il primo, dopo aver preso moglie, morì senza figli. Allora la prese il secondo e poi il terzo e così tutti e sette morirono senza lasciare figli. Da ultimo morì anche la donna. La donna dunque, alla risurrezione, di chi sarà moglie? Poiché tutti e sette l’hanno avuta in moglie».
Gesù rispose loro: [ «I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; ma quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito: infatti non possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio. Che poi i morti risorgano, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando dice: “Il Signore è il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe”. Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui». ]
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COMMENTI
"Gesù è Signore perché ha amato sino alla fine"
Commento al Vangelo della XXXII Domenica del Tempo Ordinario. Anno C
La risurrezione è certa perché esiste un "altro mondo" che si rivela in coloro che "ne sono giudicati degni": la vita soprannaturale che in loro si manifesta ne è la garanzia; un uomo il cui corpo non è più schiavo della concupiscenza, ad esempio, è come una primizia della resurrezione: quel corpo ha già conosciuto qui sulla terra una forza capace di strapparlo alla corruzione.
Per annunciare la resurrezione Gesù insegna storia perché è in essa che Dio si rivela e depone i semi della risurrezione: Egli ricorda i memoriali legati ai Patriarchi, e, in modo particolare riconduce i sadducei all'alba della Pasqua, profezia di quella che Lui avrebbe vissuto nella sua morte e risurrezione.
E giunge al mistero del roveto ardente, immagine della sua vita che non ha subito la corruzione nelle fiamme degli inferi. E qui vi trova la risposta per i sadducei, perché "non osino più" mettere in dubbio il destino di resurrezione che attende ogni uomo. La loro domanda, infatti, è una traduzione della domanda di Mosè: "Chi sei?". In quel roveto che non si consuma appare la risposta: Io sono colui che sono. La resurrezione non è un'ipotesi, una speculazione, è Dio che si rivela a Mosè, ardendo in un amore che non si consuma, ma brucia la morte e il peccato.
La resurrezione è quel Rabbì che avevano di fronte, nel quale appariva ai loro occhi l'Eterno incorruttibile in una carne del tutto simile alla loro. Chi poteva avere tanto potere da liberare gli Ebrei, quel manipolo di poveri uomini dal giogo di ferro del Faraone, più potente dei re della terra? Allo stesso modo, "nella resurrezione, chi sarà il marito" di una donna che ne ha avuti sette, in virtù della legge del levirato che doveva garantire una discendenza? La risposta è identica: Io sono colui che sono ha il potere di liberare gli schiavi del Faraone e quelli sottoposti agli angusti confini della carne.
Lui è Dio, Lui è Kyrios: Gesù Cristo è il Signore! Non a caso vi è un uso profano del termine kyrios che indica ancheil marito. E’ Lui il marito autentico, non c’entra nulla la successione dei sette mariti avuti in terra. Che cos’è un matrimonio se non un raggio dell’amore che vi è tra Cristo e la Chiesa e che tocca la vita delle persone? Ogni matrimonio riflette il Cielo qui sulla terra, nel perdono che rivela l’amore infinito che unisce il Figlio al Padre!
Nella risposta di Dio a Mosè e in quella di Gesù ai sadducei non vi è né passato né futuro, solo il presente eterno reso possibile da Cristo che ha sconfitto la morte e il peccato ed è risuscitato.
Gesù è stato giudicato degno dell'altro mondo per essersi umiliato sino alla morte di croce, per non essersi difeso, per aver offerto la propria vita. E' kyrios perché ha amato sino alla fine. Come scrive S. Giovanni nel prologo del suo Vangelo, "a coloro che lo hanno accolto (Gesù) ha dato il potere di divenire figli di Dio", "figli della risurrezione" nel Figlio che ha vinto la morte. Essi partecipano ormai della natura e della vita divina, e sono qui in questo tempo e in questo mondo "giudicati degni di un altro mondo e della risurrezione dai morti"; vivono ogni relazione in modo diverso, celeste perché "sono uguali agli angeli", anche se profeticamente e non ancora in pienezza: "hanno moglie come se non l'avessero... possiedono come se non possedessero, usano del mondo senza usarne appieno" .
Per questo Gesù dice che "non prendono moglie né marito": nei loro peccati hanno visto già "passare la scena di questo mondo", e sanno che, con la risurrezione di Cristo che li ha liberati, "il tempo si è fatto breve" come la distanza che ormai li separa dal Cielo. "Non possono più morire" e per questo non si difendono più come i figli di questo mondo, che afferrano cose e persone per stordire la paura della morte, tendando così di allungare il tempo nell'illusione di allontanare la tomba.
In loro è vivo il "Dio dei vivi" che vuole trasfigurare anche la nostra carne incapace di andare oltre la biologia ferita dal peccato, come la donna data in sposa a sette mariti. Sette, come i peccati capitali, come gli sposi di Sara morti nella prima notte di nozze. Ma Gesù ha vinto il peccato e la morte e viene oggi ad unirsi a ciascuno di noi come Tobia: è Lui il Marito al quale siamo stati promessi sin dall'eternità.
Egli ha inaugurato per noi l'"ottavo" giorno, del quale con i sadducei di ogni tempo anche tutti noi, schiacciati nel dubbio di fronte al dolore e alla morte, non potevamo sospettarne l'esistenza. E’ vero, siamo schiavi di una carne incapace di andare oltre la biologia ferita dal peccato. Siamo noi questa sposa data in sposa a sette mariti: sette mariti, e nessun figlio. Siamo sterili, le tentiamo tutte, ma la vita ci scappa di mano. Il lavoro, il matrimonio, le amicizie, sono mariti incapaci di darci una discendenza, il sigillo dell'eternità, l'amore che sfugga alla corruzione.
Ma siamo chiamati a ben altro! La vita di Dio plana sulla terra e stravolge l'equilibrio precario dettato dalla corruzione figlia del peccato: possiamo vivere una vita feconda di frutti che rimangano, in un amore che, tra le fiamme della storia, non si consumi, e sia capace di perdonare. Esiste la risurrezione perché proprio noi "esistiamo per Lui"; in tutto si vede che il Dio dei vivi che è sempre con noi, come è stato nella storia della salvezza con Abramo, Isacco e Giacobbe, come ha soccorso e risuscitato il suo Figlio per fare della nostra storia un frammento dell'eternità.
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Monsignor Francesco Follo, osservatore permanente della Santa Sede presso l'UNESCO a Parigi, offre oggi la seguente riflessione sulle letture liturgiche per la XXXII.ma domenica del Tempo Ordinario – Anno C.
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Il Dio del fiore vivo e non dei morti pensieri
Rito romano
XXXII Domenica del Tempo Ordinario – Anno C – 10 novembre 2013
2 Mac 7, 1-2. 9-14; Sal 16; 2 Ts 2,16-3,5; Lc 20, 27-38
1) La vita non ci è tolta, ma trasformata.
Alcuni sadducei[1] vanno da Gesù (Lc 20,27-38) per metterLo contro le Scritture Sacre e, forse, perché anche il loro cuore è attratto da Gesù. A Lui si accostano tutti, pur con intenzioni diverse. Oggi sono gli appartenenti a questa corrente politico-religiosa, che -a partire dalle loro teorie- fanno una domanda importante circa la risurrezione dei morti, per difendere la loro interpretazione delle Scritture. Il caso che sottopongono riguarda una donna che è stata moglie di sette fratelli. Uno dopo l'altro essi sono morti senza figli[2] e questa vedova, presa e lasciata 7 volte, non solo è sterile ma è condannata ad una vita incerta e infeconda. La conclusione dei sadducei è ironica e tremenda: “Voi dite che c'è la risurrezione. E come la mettiamo con questa donna? Ha avuto sette mariti. Di chi sarà moglie nell’aldilà? Spetta a tutti e sette?”.
Con la pazienza tipica di chi ama, Gesù risponde allargando la prospettiva e portando pian piano alla logica della Vita. I criteri della vita attuale non si possono applicare alla vita futura, perché la differenza è sostanziale: “non è questione di cibo o di bevanda, ma è giustizia, pace e gioia nello Spirito Santo” (cfr Rm 14,17), per sempre: Cambia completamente la dimensione dove “su ogni istante gravita l’eterno” (Ada Negri), “La grandezza dell’uomo, la sua gloria e la sua maestà consistono nel conoscere ciò che è veramente grande, nell’attaccarsi ad esso e nel chiedere la gloria dal Signore della gloria” (San Basilio, Omelia 20 sull’umiltà, cap.3).
Infatti rispondendo, Gesù cita la Scrittura ma sorprendentemente fa riferimento ad Esodo3,6 che è un testo su Dio e non sulla risurrezione: “Che poi i morti risorgono, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando chiama il Signore: Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe. Dio non è Dio dei morti, ma dei vivi; perché tutti vivono per lui”. Dove sta in ciò la prova che i morti risorgono? Se Dio si definisce “Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe” ed è un Dio dei vivi, non dei morti, allora vuol dire che Abramo, Isacco e Giacobbe vivono da qualche parte, anche se, al momento in cui Dio parla a Mosè, essi sono morti da secoli.
Rispondendo ai sadducei, Gesù ne approfitta anche per correggere le idee di quei farisei, che concepivano la risurrezione in termini materiali, prestandosi in tal modo all'ironia degli spiriti più liberali, ironia di cui il brano evangelico di oggi parla: Una donna ebbe sette mariti, nella risurrezione di chi sarà moglie? Gesù afferma che la vita dei morti sfugge agli schemi di questo mondo presente: è una vita diversa perché divina ed eterna: verrebbe da somigliarla a quella degli angeli (cfr Lc 20,36).
Gli angeli[3] non sono le creature gentili e un po' evanescenti del nostro immaginario. Nella Bibbia gli angeli hanno la potenza di Dio, un dinamismo che trapassa, sale, penetra, che vola nella luce, nell'amore, nella bellezza. Il loro compito è di custodire, illuminare, reggere, rendere bello l'amore. Gli angeli, che contemplano incessantemente Dio, sono gli stessi a cui la pietà celeste ci ha affidati in custodia, che illuminano, ci proteggono costantemente nella vita e ci conducono nelle vie del Signore verso la dimora definitiva. Noi siamo chiamati ad una vita angelica qui e ora, e per l’eternità. L’effimero[4] diventa eterno. Con la Croce Cristo non si è liberato dall’effimero, per “fuggire” verso l’eternità, ma ha seminato il seme dell’eternità nel cielo del mondo, per far germogliare il Regno di Dio e introdurre nel mondo una vita angelica.
2) La vita angelica della vita consacrata.
Prima di accennare a come la vita consacrata è vita angelica e trasforma l’effimero in eterno vorrei precisare che quelli che sostengono che il matrimonio non ha alcun seguito in cielo interpretano in modo errato la risposta che Gesù da ai Sadducei. Con l’affermazione: “I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; ma quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito: infatti non possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio” (Lc 20, 34-35) Gesù rigetta l’idea caricaturale che i sadducei presentano dell’al di là, come fosse un semplice proseguimento dei rapporti terreni tra i coniugi; non esclude che essi possano ritrovare, in Dio, il vincolo li ha uniti sulla terra[5].
Oltre alla famiglia, c’è un altro “luogo” che è scuola dell’amore: è la vita consacrata che “educa” trasformando l’esistenza delle persone in un canto di pura lode al Signore: come la vita degli angeli, come la vita dei santi. Ma perché tutto questo avvenga bisogna accordare l'arpa, bisogna acquistare la purezza di cuore e le persone consacrate lo fanno con il voto e la pratica della verginità. La natura pretende dall’uomo che scriva qualcosa di definitivo sulla superficie di un materiale effimero. Mediante l’Eucaristia l’effimero del pane e del vino diventa eterno.
Analogamente accade nella consacrazione verginale. Quando le vergini si consacrano il loro ideale “in se stesso veramente alto, non esige tuttavia alcun particolare cambiamento esteriore. Normalmente ciascuna consacrata rimane nel proprio contesto di vita. È una via che sembra priva delle caratteristiche specifiche della vita religiosa, soprattutto dell’obbedienza. Ma per voi l’amore si fa sequela: il vostro carisma comporta una donazione totale a Cristo, una assimilazione allo Sposo che richiede implicitamente l’osservanza dei consigli evangelici, per custodire integra la fedeltà a Lui (cfr RCV, 47)… Vi esorto ad andare oltre il modo di apparire, cogliendo il mistero della tenerezza di Dio che ciascuna porta in sé e riconoscendovi sorelle, pur nella vostra diversità” (Benedetto XVI, Discorso alle Partecipanti al Congresso dell’”Ordo Virginum”, 15 maggio 2008).
In questo modo testimoniano con la loro esistenza che la tenera grazia di Dio vale più della vita (cfr Sal. 62/63, 4).
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NOTE
[1] I Sadducei costituirono un'importante corrente spirituale del giudaismo ed anche un preciso gruppo politico, composto dall'aristocrazia delle antiche famiglie, nell'ambito delle quali venivano reclutati i sacerdoti dei ranghi più alti, come anche, in particolare, il Sommo Sacerdote. Cercavano di vivere un giudaismo illuminato, e quindi di trovare un compromesso anche con il potere romano.
Non conosciamo molto dei sadducei e della loro spiritualità, perché la loro fazione, ritenuta colpevole di collaborazionismo nei confronti dei Romani, fu letteralmente sterminata, durante la rivolta giudaica del I secolo dopo Cristo. Sul piano dottrinale, si ritiene, in base alle scarse informazioni pervenuteci, che i sadducei, a differenza dei farisei, considerassero vincolante solamente la cosiddetta Legge scritta, ossia quanto tramandato nei primi cinque libri (Pentateuco) della Bibbia o Torah. Al contrario, i farisei sostenevano che avesse pari importanza, la Legge orale ossia la tradizione interpretativa della Torah, trasmessa in maniera verbale.
Al contrario dei farisei, i sadducei non credevano alla resurrezione dei morti. Tuttavia, è lecito dubitare che avessero, al riguardo, una posizione di netta preclusione, sia perché ciò non si concilierebbe con il contenuto della stessa Legge scritta, sia perché l'evidenza archeologica delle modalità di sepoltura seguite dai sadducei attesta, in ogni caso, una fede nella esistenza di un mondo ultraterreno del quale il defunto, alla morte, entra a far parte.
[2] L’essere senza figli per gli Ebrei era considerato come una vergogna grande (cfr, per es,Lc 1, 25) e come un castigo di Dio (cfr, per es., Os 9, 14)
[3] Il Catechismo della Chiesa Cattolica (CCC) afferma l’esistenza degli Angeli, come "verità di fede", testimoniata dalla Scrittura e dalla Tradizione (CCC n.328). La loro creazione avvenne dal nulla, secondo il pronunciamento del Concilio Lateranense IV del 1215 (CCC n.327).
Sempre il CCC specifica inoltre l’identità degli Angeli: sono creature spirituali, dotate di intelligenza e volontà e sono superiori alle creature visibili (CCC n.330). La missione degli Angeli consiste nell’essere servitori e messaggeri di Dio e potenti esecutori dei suoi comandi (CCC n.329).
Non va dimenticata la relazione degli Angeli con il mistero di Cristo: "Cristo è il centro del mondo angelico" (CCC n.331). Gli Angeli, insieme all’intera creazione, sono stati creati per mezzo di Lui e in vista di Lui, e inoltre, essi sono messaggeri del suo disegno di salvezza (CCC n.331).
Il CCC delinea una catechesi biblica sugli angeli e sulla loro missione nell’AT e nel NT. Gli episodi scelti dall’AT (CCC n.332) nominano i Cherubini che, dopo la cacciata dell’uomo, custodiscono il giardino dell’Eden e l’albero della vita (Gn 3,24); gli Angeli che proteggono Lot (Gn 19); l’Angelo che salva Agar e il suo bambino assetati e smarriti nel deserto (Gn 21,17); quello che ferma la mano di Abramo in procinto di immolare Isacco (Gn 22,11-12); l’Angelo che guida il popolo nel deserto (Es 23,20-23); quello che annuncia la nascita di Sansone (Gdc 13); l’Angelo che annunzia la vocazione di Gedeone (Gdc 6,11-24); l’Angelo che assiste Elia in fuga e impaurito, con una focaccia e un orcio d’acqua (1Re 19,5-7).
Gli episodi scelti dal NT menzionano, anzitutto, Gabriele che annuncia la nascita del Battista e di Gesù (CCC n332). Si ricordano poi gli interventi degli Angeli che cantano l’inno di lode per la nascita del Salvatore, ne proteggono l’infanzia, lo servono nel deserto, lo confortano nell’agonia, annunciano la buona novella della resurrezione, lo serviranno nell’ultimo giudizio (CCC n.333).
Per una buona e sintetica presentazione si veda la voce Angeli nel Dizionario critico di Teologia (Roma 2006 – [Paris 2007 3ème édition]) pubblicato sotto la direzione di Jean-Yves Lacoste.
[4] effìmero (o efìmero) è un aggettivo [dal latino tardo ephemĕrus, gr. ἐϕήμερος, comp. di ἐπί «sopra» e ἡμέρα «giorno»], che indica ciò che dura un solo giorno e, per estensione, ciò che ha breve durata: fama, gloria, grandezza effimera; illusioni, speranze effimere le ricchezze materiali sono effimere.
[5] A questo riguardo P. Raniero Cantalamessa, OFM Capp., Predicatore della Casa Pontificia scrive: “È possibile che due sposi, dopo una vita che li ha associati a Dio nel miracolo della creazione, nella vita eterna non abbiamo più niente in comune, come se tutto fosse dimenticato, perduto? Non sarebbe questo in contrasto con la parola di Cristo che non si deve dividere ciò che Dio ha unito? Se Dio li ha uniti sulla terra, come potrebbe dividerli in cielo? Può tutta una vita insieme finire nel nulla senza che si smentisca il senso stesso della vita di quaggiù che è di preparare l’avvento del regno, i cieli nuovi e la terra nuova?”. È la Scrittura stessa – non solo il naturale desiderio degli sposi -, ad appoggiare questa speranza. Il matrimonio, dice la Scrittura, è “un grande sacramento” perché simboleggia l’unione tra Cristo e la Chiesa (Ef 5, 32). Possibile dunque che esso sia cancellato proprio nella Gerusalemme celeste, dove si celebra l’eterno banchetto nuziale tra Cristo e la Chiesa, di cui esso è immagine?
Secondo questa visione, il matrimonio non finisce del tutto con la morte, ma viene trasfigurato, spiritualizzato, sottratto a tutti quei limiti che segnano la vita sulla terra, come, del resto, non sono dimenticati i vincoli esistenti tra genitori e figli o tra amici. Nel prefazio della Messa dei defunti la liturgia dice che con la morte “la vita è mutata, non è tolta”; lo stesso si deve dire del matrimonio che è parte integrante della vita.”
*
Lettura Patristica
Sant’Agostino d’Ippona
ESPOSIZIONE SUL SALMO 65
DISCORSO AL POPOLO
La resurrezione del Capo anticipa la resurrezione delle membra.
1.[v 1.] Questo salmo reca nel titolo: Sino alla fine, cantico del salmo della resurrezione.Quando si canta un salmo, se udite le parole sino alla fine, intendetele " fino a Cristo ". Dice infatti l'Apostolo: Fine della legge è Cristo, a giustificazione di ogni credente 1. Ascoltate dunque quale sia la resurrezione di cui si canta nel salmo, e chi sia il risorto. Ve ne parleremo apertamente nella misura di cui egli stesso ce ne avrà fatto dono. Noi cristiani sappiamo che la resurrezione si ègià compiuta nel nostro capo, e che si compirà nelle membra. Capo della Chiesa è Cristo, membra di Cristo èla Chiesa 2. Ciòche prima èaccaduto nel capo accadrà poi nel corpo. Questa èla nostra speranza; per la quale preghiamo, per la quale resistiamo e perseveriamo pur in mezzo alla dilagante malvagità di questo mondo. Questa speranza ci consola, finché la stessa speranza non sia divenuta realtà. Sarà infatti realtà quando anche noi risorgeremo, e, trasformati in esseri celesti, diverremo uguali agli angeli. Chi avrebbe osato sperare tanto, senza la promessa della Verità? Una tale speranza, loro promessa, i giudei tenevano gelosamente per se stessi, e si gloriavano assai delle loro opere buone e quasi giuste. Avevano infatti ricevuto la legge e, se fossero vissuti secondo questa legge, avrebbero qui posseduto beni materiali e poi, nella resurrezione dei morti, potevano sperarne altri, analoghi a quelli di cui qui avevano goduto. Per questo i giudei non erano capaci di rispondere ai sadducei, che negavano la futura resurrezione, quando proponevano loro la stessa questione che più tardi avrebbero proposta anche al Signore. Ci rendiamo conto che essi non erano stati capaci di risolvere tale questione dal fatto che ammirarono il Signore quando la risolse. Proponevano dunque i sadducei la questione di una donna che aveva avuto sette mariti, non tutti insieme, ma uno dopo l'altro. Infatti la legge per assicurare la diffusione del popolo stabiliva che, se qualcuno fosse morto senza figli, il fratello di lui, se ne aveva, doveva prendere in sposa la moglie, per dare una discendenza al fratello defunto 3. Proposero dunque la questione di una donna che aveva avuto sette mariti, tutti morti senza figli, i quali, uno dopo l'altro, avevano sposato la moglie del fratello per adempiere al precetto della legge. Chiedendo un chiarimento della difficoltà, dissero: Di quale di loro sarà sposa dopo la resurrezione? Senza dubbio, i giudei non sarebbero rimasti frastornati né si sarebbero arresi in tale questione, se nella resurrezione non avessero sperato di godere gli stessi beni di cui godevano in questa vita. Ma il Signore, che prometteva l'uguaglianza con gli angeli, non un'altra vita umana carnale e corruttibile, poté senza esitazione rispondere: Sbagliate, non conoscendo né le Scritture né la potenza di Dio. Nella resurrezione, infatti, non prenderanno marito né prenderanno moglie: e neppure moriranno, ma saranno uguali agli angeli di Dio 4. Dimostrò così che l'avvicendamento è necessario solo là ove si danno i luttuosi casi di morte; mentre lassù, dove nessuno morrà, non ci si dovrà neppure preoccupare dei successori. Per questo aggiunse: Non moriranno. Igiudei pertanto, i quali speravano, anche se carnalmente, nella futura resurrezione, si rallegrarono per la risposta data ai sadducei, con i quali essi discutevano su tale dubbiosa ed oscura questione. I giudei speravano dunque nella resurrezione dei morti; ma speravano di risorgere essi soli alla vita eterna: in forza delle opere della legge e delle giustificazioni delle Scritture, che i soli giudei possedevano e i gentili non possedevano. Da quando però Cristo è stato crocifisso, una specie di cecità è capitata a una parte di Israele, affinché entrasse la totalità delle genti 5, come dice l'Apostolo. Da allora la resurrezione dei morti si è cominciato a prometterla anche alle genti, purché credano in Gesù Cristo e alla sua resurrezione. Ecco perché questo salmo si oppone alla presunzione e alla superbia dei giudei, schierandosi a favore delle genti chiamate, per la fede, a quella stessa speranza nella resurrezione.
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