Santa Maria,

Santa Maria,
...donna del primo sguardo, donaci la grazia dello stupore.

giovedì 31 dicembre 2015

Affascinati dalla Parola

AlzogliOcchiversoilCielo

Rosalba Manes Affascinati dalla Parola



pugliese, consacrata ordo virginum, ha conseguito il dottorato in Teologia biblica presso la Pontificia Università Gregoriana, dove insegna. Tiene corsi di Sacra Scrittura presso diversi istituti di formazione teologica ed è impegnata in varie forme di apostolato biblico.


19 marzo 2015 Affascinati dalla Parola


23 aprile 2015 Convertiti dalla Parola


28 maggio 2015 Consacrati alla Parola

Ascoltava, guardava, e obbediva: 1 Gennaio. Maria Santissima Madre di Dio

Il Vangelo del giorno. 

1 Gennaio. Maria Santissima Madre di Dio



Carissimi, che Dio vi benedica in questo nuovo anno. 
Che possiate viverlo ogni giorno protetti dal manto di Maria. 
Solo così sarà una meraviglia, il più bello mai vissuto, 
un passo in più verso il Cielo.
Pregate per me
Antonello Pbro





Ascoltava, guardava, e obbediva



Nonostante tutto, all’aurora di un nuovo anno, il Signore ci invita a non aver paura del futuro, perché nei giorni che ci attendono “farà brillare il suo volto e ci sarà propizio”. Proprio come sperimentarono i pastori entrando nella grotta, dove contemplarono il volto di Dio splendere in una famiglia, “Maria e Giuseppe” che fasciavano con le loro cure amorevoli "il Bambino deposto in una mangiatoia". Il “segno” che Dio anche oggi offre al mondo è dunque la Santa Famiglia di Nazaret. Per questo ci chiama ad incamminarci “senza indugio” nella storia, perché la Santa Famiglia, immagine della comunità cristiana, accoglie anche noi per aiutarci ad accogliere Cristo nella nostra vita. Anche negli angoli oscuri, dove non capiamo nulla di ciò che ci accade, e vorremmo cambiare gli eventi, le persone, noi stessi. Accanto a Gesù, infatti, come una porta verso di Lui dischiusa dinanzi a noi, c’è Maria. Non c’è altro cammino a Cristo che sua Madre, la Chiesa: Maria, che ha accolto Dio nel suo cuore prima che nel suo grembo, e non ha mai smesso di gestarlo nel suo intimo, dove l’uomo è davvero se stesso e, al riparo dai condizionamenti, decide se obbedire o no. E Maria ha obbedito. Ascoltava, guardava, e obbediva, perché nel suo cuore “serbava e meditava tutte le cose” di suo Figlio; "sumbállousa" recita il greco, che letteralmente significa "mettere insieme": come componendo un puzzle, Maria metteva insieme nel suo cuore, uno ad uno, i frammenti che andavano componendo il volto radiante e misericordioso che Dio rivolgeva sull'umanità imprimendolo nella carne di Gesù: il suo amore infinito deposto in Lei e che le cresceva in grembo; che nasceva, si faceva uomo, e Parola, e segni; e poi insulti e rifiuti, sino all’istante in cui una spada ha trafitto il suo cuore. In quel momento la lama le conficcava nel cuore il dolore di ogni uomo; e lo univa a “tutte le cose” di suo Figlio, custodendo nella memoria quello che non comprendeva, perché l’impossibile non restasse fuori dalla sua vita. E ora, ai piedi della Croce, accoglieva nel suo cuore le nostre angosce, ogni evento che non abbiamo capito e accettato, perché la sofferenza non ci allontanasse da suo Figlio. E così, accogliendoci nel dolore di Gesù, diventava nostra Madre



Per entrare nel nuovo anno non abbiamo bisogno di fare propositi buoni solo per essere smentiti. Ma di convertirci e deporre l’uomo vecchio figlio dell’inganno di satana per rivestire il nuovo dei figli di Dio. Ma come si diventa figli di Dio? Accostandoci alla Croce piantata nella nostra storia, perché anche oggi da essa Gesù ci affida a sua Madre. Accogliamola oggi e ogni giorno, per imparare ad accogliere senza riserve la volontà di Dio, nella quale “il Signore volge a noi il suo volto e ci concede la Pace”. Non è questa desideriamo? Essa ci viene incontro con Cristo risorto nell’annuncio della Chiesa. Per chi in essa impara ad ascoltare e a “meditare nel cuore” la Parola di Dio, ogni istante è un frammento della “pienezza del tempo” sbocciata nel grembo di Maria, nel quale la morte è già vinta e si può amare oltre il limite che impone il peccato. Dio continua a “mandare suo Figlio” per nascere nel seno della comunità, “sotto la legge” che nessuno può compiere, e per questo siamo così frustrati e sfiduciati. Ma sulla soglia di questo nuovo anno, Maria ci attende per donarci suo Figlio, l'unico che può “riscattarci” e farci “adottare come figli” dal Padre. Attraverso le liturgie, la predicazione e i sacramenti Dio “manda nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio che grida: Abbà, Papà!”. Esso è la “prova” deposta nella nostra carne che siamo diventati figli di Dio nonostante le debolezze che ci umiliano. Con la sua forza possiamo entrare nella storia liberi e senza timore per amare sino alla fine, custodendo nel cuore la certezza di “ereditare” il Cielo. Buon anno allora, buona vita avvolta da Maria con le fasce dello Spirito Santo. Ogni suo giorno sarà per noi un “tornare” nel mondo dalla grotta per “glorificare e lodare Dio” incarnato in noi, prova regina che “tutto quello che abbiamo visto e udito” nella Chiesa è vero. E così offrire a tutti la stessa gioiosa speranza di salvezza, “Gesù”, il nome nuovo nel quale Dio ci ha benedetti.





La Parola che dà carne a ogni nostro desiderio di amare

Il Vangelo del giorno


31 Dicembre





αποφθεγμα Apoftegma

Impara, perché per questo Cristo è nella carne:
perché bisognava che questa nostra carne maledetta fosse santificata;
debole fosse fortificata;
lontana fosse riconciliata con Dio;
caduta dal Paradiso fosse fatta risalire in Cielo.

San Basilio


QUI IL COMMENTO AUDIO




L'ANNUNCIO
Dal Vangelo secondo Giovanni, 1,1-18
In principio era il Verbo, il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. 
Egli era in principio presso Dio: 
tutto è stato fatto per mezzo di lui, e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste. 
In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; 
la luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non l'hanno accolta. 
Venne un uomo mandato da Dio e il suo nome era Giovanni. 
Egli venne come testimone per rendere testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. 
Egli non era la luce, ma doveva render testimonianza alla luce. 
Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo. 
Egli era nel mondo, e il mondo fu fatto per mezzo di lui, eppure il mondo non lo riconobbe. 
Venne fra la sua gente, ma i suoi non l'hanno accolto. 
A quanti però l'hanno accolto, ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, 
i quali non da sangue, né da volere di carne, né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati. 
E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi vedemmo la sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verità. 
Giovanni gli rende testimonianza e grida: «Ecco l'uomo di cui io dissi: Colui che viene dopo di me mi è passato avanti, perché era prima di me». 
Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto e grazia su grazia. 
Perché la legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo. 
Dio nessuno l'ha mai visto: proprio il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, lui lo ha rivelato. 


La Parola che dà carne a ogni nostro desiderio di amare


Oggi, ultimo giorno dell'anno, nel quale si è soliti fare un bilancio di ciò che è trascorso e si è vissuto, scopriremo di aver detto tante, troppe parole senza essere stati capaci di dar loro carne e vita. Sì, tante volte non siamo riusciti a compiere quello che il nostro cuore avrebbe voluto... Ma proprio su questa soglia che ci introduce in un anno nuovo, la Chiesa ci proclama di nuovo la Parola che ci ha creato e salvato. Che sapienza, e che misericordia! La Parola predicata è pronta a incarnarsi di nuovo nella nostra debolezza. Essa viene a cercare le nostre parole sussurrate, gridate, pregate, a volte macchiate sino a farsi imprecazione. Viene per purificarle, perché Dio non si scandalizza delle parole che gettiamo alla rinfusa nei giorni, seminando nelle relazioni illusioni e frustrazioni, ferite e dolore, gioia e speranza. Sì, Dio viene di nuovo a far bella la nostra vita nell’amore, perché l’Incarnazione esaltata nel Prologo del Vangelo di Giovanni canta la “Sapienza della Croce” piantata nella storia. E’ sulla Croce, infatti, che Gesù doveva portare la nostra carne per salvarla rivelandoci il Padre che sconfessa quello che ci ha generati nella menzogna e nel peccato. Stendendo le braccia per accogliere nel perdono ogni uomo, la Parola spiega chi sia il Padre disegnandone l'immagine con ogni goccia di sangue versata gratuitamente. Per questo sulla Croce è stato un nuovo “principio”, la prima Parola della nuova creazione. Finalmente la “Gloria”, ovvero la presenza amorevole di Dio, si è fatta carne nelle membra doloranti del Signore che portavano il peccato dell'umanità. Su di essa anche per noi può inaugurarsi una vita nuova.

Basta lasciare che Dio inchiodi il nostro uomo vecchio e "il documento scritto del nostro debito, le cui condizioni ci erano sfavorevoli", per farci rinascere figli di Dio a sua immagine e somiglianza, “non per volere umano”, ma per la sua elezione gratuita. Infatti, nessuna “carne o sangue” ferita dal peccato può capire e tanto meno accettare la Croce. Dio sa che, senza la Parola fatta carne nella propria vita, nessuno può compiere la Legge consegnataci attraverso Mosè. Per questo nella Chiesa, di nuovo si compie il mistero dell’Incarnazione, gratuitamente, perché nel suo grembo materno siamo da Lui “generati come figli”. La “luce” che ha vinto le tenebre del peccato, infatti, risplende su di noi quando la Parola che la Chiesa ci predica “si fa carne” nei sacramenti e nel Popolo Santo di Dio, “per abitare in mezzo a noi”. Coraggio allora, perché anche quest'anno, con Cristo, "Dio ha dato vita anche a noi, che eravamo morti" molte volte "per i nostri peccati e per l'incirconcisione della nostra carne, perdonandoci tutti i peccati".  Guardiamo oggi ad ogni momento dell'anno che abbiamo vissuto, e scopriremo che Gesù, "avendo privato della loro forza i Principati e le Potestà ne ha fatto pubblico spettacolo dietro al corteo trionfale di Cristo". Ecco, quest'anno è stato proprio il corteo del trionfo della Parola fatta carne su ogni peccato compiuto nella nostra carne: Gesù infatti, ha tolto al demonio il potere di ingannarci, distruggerci e gettarci nella disperazione, perché, come accadeva ai nemici che gli imperatori e gli ufficiali romani avevano sconfitto durante i cortei con cui entravano vittoriosi a Roma, fa oggi dinanzi a noi, alla nostra famiglia, alla Chiesa e al mondo, "pubblico spettacolo" di ogni nostro peccato, dei tradimenti, delle menzogne, delle concupiscenze. Stasera, mentre canteremo il Te Deum, potremo davvero benedire, lodare, ringraziare il Signore perché ci ha perdonato infinite volte, facendo di ogni nostro peccato il segno della vittoria del suo amore. L'anno trascorso è stato un mosaico meraviglioso dove ogni pezzo d'amore mancante a causa dei nostri peccati è stato deposto nel momento e nel posto giusto dall'amore che ha vinto il peccato. Una sinfonia meravigliosa composta dalle note di ogni secondo, e oggi è come il suo gran finale, nel quale i diversi temi musicali si riassumono in un crescendo che mette i brividi: Santo, Santo, Santo sei stato con me Signore, sempre! Non manca nulla, perché su tutto è scesa la misericordia rigeneratrice di Dio! In ogni istante si è fatta carne la Parola che ha dato vita ad ogni nostro secondo. Anche se non ce ne siamo accorti...  No, non dobbiamo buttare nulla, anzi! Anche i momenti che vorremmo cancellare sono preziosi, perché proprio essi segnano le vittorie più belle del Signore. Ripensiamo allora a quello che, di quest'anno, vorremmo dimenticare e buttare dalla finestra. E chiediamo a Dio la "luce" per vederli risplendere nella "grazia" e nella "verità" della Parola che proprio allora ci ha ricreati facendosi carne nella nostra debolezza. I momenti dove essa si rivela distruggendo l'ipocrisia sono quelli più preziosi, nei quali finalmente possiamo smettere di illuderci di non avere bisogno di Lui. Proprio quando scopriamo di essere nulla, infatti, “dalla sua pienezza tutti abbiamo ricevuto, stiamo ricevendo e riceveremo grazia su grazia” per entrare nella storia che Dio ha preparato per noi. 

mercoledì 30 dicembre 2015

IL CALENDARIO 2016 DELLA MISSIONE IN GIAPPONE Don Antonello

UN REGALO PER VOI:

IL CALENDARIO 2016 

DELLA MISSIONE IN GIAPPONE

SE VI PIACE POTETE SCARICARLO

 (CLICCANDO IL LINK IN BASSO),

STAMPARLO (FORMATO A4)

E POI RILEGARLO


COSI' CI POTRETE ACCOMPAGNARE

 CON LA PREGHIERA NELLA MISSIONE


CLICCA QUI 

PER SCARICARE IL CALENDARIO




Il cammino che conduce alla benedizione

Il Vangelo del giorno.

30 Dicembre. Commento audio

https://www.youtube.com/watch?time_continue=1&v=wKF-0_-LuOo




αποφθεγμα Apoftegma


La fede nasce dall’incontro con l’amore originario di Dio 
in cui appare il senso e la bontà della nostra vita. 
La luce della fede è in grado di valorizzare la ricchezza delle relazioni umane, 
la loro capacità di mantenersi, di essere affidabili, 
di arricchire la vita comune. 
La fede non allontana dal mondo 
e non risulta estranea all’impegno concreto dei nostri contemporanei.

Papa Francesco   


QUI IL COMMENTO AUDIO 




L'ANNUNCIO
Dal Vangelo secondo Luca 2.36-40. 

C'era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuèle, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto col marito sette anni dal tempo in cui era ragazza, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme. Quando ebbero tutto compiuto secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nazaret. Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era sopra di lui.



Il cammino che conduce alla benedizione


Anna, che significa “oggetto della Grazia divina”, era della tribù di Aser, l’ottavo figlio di Giacobbe; in principio “benedetta più di tutte le altre”, intrappolata poi nei beni e nell’idolatria, si era allontanata dal culto di Israele, sino a scomparire nell’invasione Assira. Erede di un tradimento, Anna ne portava le stigmate nella sua vedovanza che si protraeva da moltissimi anni. Un’altra ‘anawim, tra le più povere: senza tribù e senza marito, “non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere”. Suo padre si chiamava Fanuele, che significa “il volto di Dio”, ed era una memoria della lotta di Giacobbe con l’Angelo al guado di Jabbok, il luogo che “Giacobbe chiamò Peniel, perché disse: Ho visto Dio faccia a faccia”. E la vita di Anna era trascorsa proprio come in quel guado, lunghi anni di lotta nella preghiera per conservare, in mezzo alle difficoltà, la fede che i suoi padri avevano svenduto. Come Giacobbe era stata colpita in quanto aveva di più caro, e come lui aveva imparato a fare della sua debolezza la terra buona dove l’attesa confidente della salvezza stendeva le sue radici. Per questo, i suoi occhi purificati dalla sofferenza sapevano discernere la volontà di Dio celata nelle prove più dure, e dalle sue labbra scaturivano parole profetiche a cui attingevano i poveri come lei. Non poteva quindi che “sopraggiungere in quell’ora”, mentre il Messia era offerto a Dio e al mondo. Non era stata inutile la sua vita, anzi. Come non sono inutili gli anni che ci invecchiano nelle preghiere che sembrano evaporare inascoltate; tutte sono raccolte nelle mani di Dio, e daranno frutto a suo tempo. Per questo la vecchiaia è feconda in una carica profetica dirompente. I calli del cuore solcati da lavoro e orazione plasmano preghiere e parole sapide, autentiche, capaci di conficcarsi in terra come in Cielo, nel cuore degli uomini e in quelli di Dio. Quanti anziani, invece, vivono ai bordi della società, o peggio, dimenticati in un ospizio, scivolando nella nostalgia di ore senza senso, ingoiati dalla mormorazione e dal risentimento. No, la vecchiaia è il tempo della preghiera più intensa, dell’intimità che attende il compimento di tutta una vita. Gli anziani sono le antenne che ricevono ansie, speranze, angosce e desideri di tutta la famiglia per ritrasmetterle a Dio; e che ascoltano le sue parole per annunciarle profeticamente ai più giovani. Non sono soli, sono lasciati liberi per Dio. E possono accogliere Gesù con un’umiltà che la gioventù non ha e non può avere; è necessario, infatti, cadere molto e molto rialzarsi per imparare ad accogliere la Luce capace di diradare le nebbie dell’illusione

Anna dunque, è immagine del culmine della vita, la parte migliore, la più saggia, la più santa, la più feconda perché adulta nella fede. Proprio in quel tratto di vita il Dio Bambino è apparso a lei ritornata bambina sul cammino di umiliazione della vita, percorso nell’ascolto della Parola e nutrendosi dei sacramenti. Per questo le sue labbra si sciolgono nella "lode a Dio" per la sua fedeltà e per "parlare del Bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme"; come gli anziani cresciuti nella fede parlano di Gesù a figli e nipoti, nuore e generi afferrati e distratti da mille impegni. Come la Chiesa che annuncia il Vangelo al mondo che, spesso equivocandosi, attende la felicità nelle proprie città. Così Dio incontra i suoi figli. Così Maria accompagna Gesù a scovarci nel tempio della nostra vedovanza, dove non riusciamo ad amare perché abbiamo perduto l’amore dello sposo. Viene nella Chiesa con il Vangelo e la testimonianza dei fratelli dove stiamo digiunando affamati di felicità, mentre la storia ci obbliga a piegare la testa e le ginocchia nell’umiltà. Viene ogni giorno Maria ad insegnarci la fede perché Lei ha creduto anche per noi increduli dinanzi alle prove della vita. Ha “compiuto tutto secondo la Legge” per noi che nulla siamo stati capaci di compiere. Viene perché siamo creditori della Grazia fratelli, come Anna ci annuncia oggi: non dobbiamo far altro che convertirci, “tornare” cioè con Gesù nella “Galilea” della nostra Nazaret, la città dove la volontà di Dio ci ha deposto. E qui diventare bambini alla scuola della Santa Famiglia che è la comunità cristiana. Solo in essa possiamo “crescere e fortificarci, pieni di sapienza” per diventare “anziani”, ovvero adulti nella fede; è il luogo dove “la Grazia di Dio scende sopra di noi” per farci figli di Dio, "profeti" che annunciano e testimoniano l'amore di Dio a chi ha perduto la speranza. Il Signore ci chiama a "non allontanarci mai dal tempio", cioè a camminare fedelmente nella Chiesa per lunghi anni come Anna: fuori siamo tutti come vedove, senza diritti anche se ci sembra di poterli accaparrare tutti. Non dimentichiamolo, anche noi siamo figli di una generazione che ha abbandonato Dio. Ma Lui non dimentica di averci assegnato una porzione della Terra Promessa tra le più feconde, come quella della tribù di Aser. Questa giungeva sino al Carmelo, il giardino profumato e fertile di frutti squisiti (in ebraico karmel significa proprio “frutteto – giardino”). Apriamo il cuore, perché lo Sposo scende anche oggi a cercare la sposa nel suo giardino, per inebriarla con il suo profumo di misericordia, e trasformarla in un frutto d’amore per il mondo.




lunedì 28 dicembre 2015

Simeone, l'ascolto che vede la salvezza

Il Vangelo del giorno






αποφθεγμα Apoftegma


Simeone Provava così e testimoniava 
che davvero la pace di Dio appartiene ai suoi servitori, 
che essi gioiscono per la dolcezza della pace e della libertà quando, 
sottratti ai tormenti del mondo, 
raggiungono il rifugio e la sicurezza eterni... 
Solo allora l'anima trova la vera pace, 
il riposo completo, 
la sicurezza che non finisce mai.

San Cipriano





L'ANNUNCIO
Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, [Maria e Giuseppe] portarono il bambino [Gesù] a Gerusalemme per presentarlo al Signore – come è scritto nella legge del Signore: «Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore» – e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore. Ora a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d’Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore. Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch’egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo: «Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada in pace, secondo la tua parola, perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli: luce per rivelarti alle genti e gloria del tuo popolo, Israele». Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: «Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione – e anche a te una spada trafiggerà l’anima -, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori»
 (DAL VANGELO SECONDO LUCA 2, 22-35)




Simeone, l'ascolto che vede la salvezza



Simeone, l'attesa che ascolta per vedere il Cielo. Simeone, la storia di Israele come la storia di ogni uomo racchiusa in una promessa. Simeone, orecchi e occhi sulla soglia del suo compimento. Simeone, infatti, è la traduzione di "Shime'on", nome ebraico tratto da "sh'ma", che significa ascoltare: "Shemà Israel, Ascolta Israele, il Signore è nostro Dio, il Signore è uno. Amerai il Signore Dio tuo con tutte la mente, con tutto il cuore e con tutte le forze, e il prossimo come te stesso. Fa questo e avrai la vita eterna". Come ogni ebreo, Simeone sapeva che il compimento dello Shemà era la salvezza, ma la carne glielo rendeva impossibile. Per questo "attendeva la consolazione", qualcuno che fosse con-lui per compierlo. Lo Spirito Santo, infatti, gli aveva assicurato "che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore": non sarebbe cioè morto senza aver obbedito allo Shemà, perché prima avrebbe visto il Messia realizzare con esso la sua "salvezza". Così, eccolo andare verso il Tempio a vedere ciò che aveva ascoltato. E la salvezza non poteva essere che quel Bambino accompagnato da Giuseppe e Maria, 'anawim come lui che era "un uomo giusto e pio". Proprio quella Famiglia santa era, ai suoi occhi pieni di Spirito Santo, il "segno" che l'"ora" del Messia era giunta. Niente trombe e fanfare, solo e semplicemente una povera Famiglia che entrava, come "luce", nel Tempio. Ed era giusto così: per salvare ciò che era perduto il Messia doveva essere un "segno di contraddizione", uno scandalo che "rivelasse i pensieri di molti cuori" ingannati dal demonio. Non poteva adeguarsi agli schemi e ai progetti umani. Si doveva fare peccato perché la "spada" della profezia di Ezechiele giungesse sulla sua carne e risparmiasse i peccatori. Eccola infatti sua Madre, il Bambino in braccio accanto alla sua anima immacolata che avrebbe accolto con suo Figlio la "spada" destinata all'umanità. Quel Bambino giunto nel Tempio avrebbe introdotto l'umanità redenta nel Tempio del Cielo con la sua carne crocifissa e risorta a Gerusalemme. Con Lui sarebbero "caduti" nella morte i peccatori per "risuscitare" in una vita nuova. Per questo, "ora", dopo quaranta giorni dalla sua nascita, come dopo i quarant'anni passati dal popolo neonato nel deserto, Simeone "accoglieva tra le braccia" la Pasqua compiuta. Quel Bambino era già la Terra Promessa a Israele come un segno della "salvezza preparata da Dio davanti a tutti i Popoli". E Simeone, abbracciando Gesù, vi entrava dicendo: "Ora lascia, o Signore, che il tuo servo vada in pace, secondo la tua parola, perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli". Nel volto di Gesù Simeone aveva visto ciascuno di noi, salvati da quel Bambino. Accogliamolo allora, perché la salvezza si può vedere ascoltando l'annuncio del Vangelo. E' giunto il tempo in cui lo Spirito Santo ci apre gli occhi sul Bambino che Maria, immagine della Chiesa, ci offre nel Tempio che è la comunità cristiana. Abbracciandolo ci sentiremo abbracciati. No, niente sentimentalismi... Dio s'è fatto carne non un cioccolatino! Si è donato a noi sulla Croce per farci sperimentare il perdono dei peccati, la "salvezza" appunto. La possiamo "vedere" lasciando che lo Spirito Santo ci illumini e ci faccia inginocchiare confessando i peccati per accogliere il perdono. E "vedremo" la salvezza farsi carne in noi, liberandoci dalla schiavitù ai vizi e alle menzogne, alle ipocrisie e agli idoli. Sarai sincero, spegnerai il PC e starai con tua moglie e i tuoi figli, donerai te stesso, il tuo tempo e i tuoi soldi. Perché la salvezza si "vede" stringendo quello che il peccato ci impediva di guardare. Accogliendo ciò che ci appare piccolo come un bambino, i fatti che ci umiliano. Vuoi "vedere" la tua vita compiuta al punto di benedire Dio come Simeone nella "pace" di chi non manca di nulla e non desidera altro che il Cielo? Guarda Maria "ora", mentre ti sta consegnando la tua vita nella quale si è fatto carne Dio. E "ascolta" il suo annuncio, perché Cristo è risorto davvero, ha vinto ogni peccato che ti impedisce di amare; aspetta solo che tu l'accolga per compiere in te lo Shemà che ti farà gustare il Paradiso, oggi.