Santa Maria,

Santa Maria,
...donna del primo sguardo, donaci la grazia dello stupore.

mercoledì 9 dicembre 2015

Ammansiti

Il Vangelo del giorno.

Mercoledì della II settimana di Avvento




αποφθεγμα Apoftegma


Il frutto del silenzio è la preghiera, 
il frutto della preghiera è la fede, 
il frutto della fede è l'amore, 
il frutto dell'amore è il servizio, 
il frutto del servizio è la pace. 

Madre Teresa di Calcutta







L'ANNUNCIO
Dal Vangelo secondo Matteo 11, 28-30

In quel tempo, rispondendo Gesù disse: «Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò.
Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime. Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero».





Ammansiti


Mite è colui che è stato domato, che cioè ha "imparato" ad obbedire. Etimologicamente la mansuetudine, la mitezza è caratteristica dell'animale ammansito perché sia docile nel sottoporsi al giogo. Gesù ci conosce e sa che, di mite in noi, proprio nulla. Siamo sottoposti ventiquattro ore al giorno per 365 giorni all'anno a una voce fastidiosa ma così suadente che ci ripete: no! Perché devi obbedire, piegarti, sottometterti, servire? E' un vero e proprio stress. E soccombiamo, e la ascoltiamo, in fondo va a toccare sempre i nervi scoperti dalle piccole e grande ingiustizie che subiamo o crediamo di subire. Ma Gesù sa anche che, da un altra parte, come i piccoli del suo popolo, siamo affaticati e oppressi da leggi e moralismi impossibili da imparare. Idealmente, a volte tracciano anche il cammino dell'uomo giusto, ma siamo deboli e debilitati, dal fondo dove il demonio ci trascina con le sue tentazioni di superbia, proprio non ce la facciamo a recepire regole e modi di comportarsi opposti a quelli per noi ormai abituali. Spesso neanche riusciamo a sintonizzarci su chi ci rimprovera. Sì, anche questo Gesù sa, perché sa che siamo fatti per imparare da Lui, attraverso il suo "giogo soave" che rende soave carne, cuore e mente. Solo Lui può domare l'animale selvatico che è in noi. Non siamo, infatti, tra quelli domestici: l'orgoglio ci ha gettato fuori di casa, e, come il figlio prodigo, ci siamo inselvatichiti: esistono ormai solo i bisogni primari, mangiare, bere, dormire, fare sesso e soddisfare tutto ciò che, istintivamente, stuzzica la carne. Non c'è più unità in noi: carne, mente e spirito sono slegati, e lo vediamo nella confusione che appare in tutto, dai pantaloni strappati che indossiamo e che abbiamo pagato un occhio della testa, al parossismo con cui digitiamo messaggi, alla compulsione che ci fa guardare ogni istante lo smartphone. Vaghiamo lontano da casa, proprio come animali allo stato brado: cerchiamo nutrimento ovunque, e non ci rendiamo conto che stiamo rovistando tra i rifiuti, incapaci di ascoltare e obbedire. Non ti meravigliare se tuo figlio sembra uno yeti, incapace di stare fermo, parlare e ascoltare: ridotti così non serviamo a nulla, come gli animali selvatici. In questa situazione solo Gesù può salvarci; solo la sua voce ha il potere di raggiungerci e destarci. Perché? Perché è la voce dell'unico che, per amore nostro, si è sottoposto al giogo: infatti, "è chiaro che solo la consapevolezza di essere amati infinitamente ci fa venire il desiderio di ascoltare una voce che non sia la nostra" (Costanza Miriano). Gesù non ci impone nulla, non insegna dall'alto della sicumera. No, Lui si è fatto mettere il giogo per accoglierci e camminare con noi sulla via della conversione. Il suo giogo non ci fa sbandare, non ci strattona, non ci fa cadere. E' "dolce" perché è perfetto per ciascuno di noi: innanzitutto perché è fatto con il Legno impregnato del sangue di Cristo. E che cosa c'è di più dolce dell'amore distillato in quel sangue colato per cancellare ogni nostro peccato e riportarci tra le braccia del Padre, a casa nostra, per essere mansueti come agnellini? Inoltre, il suo "carico è leggero" perché lo ha portato Lui per primo, e non smette di portarlo, anzi. Gesù, infatti, è sceso, e scende anche oggi, esattamente dove siamo, spogliandosi di tutto pur di farsi come noi, eccetto il peccato. Come noi in questo momento, capite? Come sei ora, come stai? Ebbene Lui si è già fatto come te, per starti accanto, senza scandalizzarsi per come ti sei ridotto. Per questo, la Croce con la quale ci ammaestra ha le nostre misure di oggi: è adatta a tutte le manifestazioni del nostro orgoglio, parole, progetti, schemi, atteggiamenti, per potarle dolcemente nel suo amore. Se Lui è accanto a noi portando il giogo con noi, significa che ogni passo che faremo sarà immerso nella misericordia e nell'amore. Per il mondo è paradossalmente, ma è proprio la Croce l'unica scuola adatta a noi; ciò che ci sembra assurdo e inaccettabile nella nostra vita è l'unico giogo adeguato a noi. I fatti grandi che ci umiliano, e quelli nei quali la stessa umiliazione risuona, pronta ad essere afferrata dal demonio per trasformarcela in occasione di ribellione. Sì, la frecciata insolente, lo sguardo ironico, il letto dei bambini da rifare mentre stai già per uscire, il dentista sadico, o l'amministratore di condominio che ti viene a chiedere i soldi giusto quando avevi dimenticato la sua esistenza e già stavi pensando di cambiare finalmente il frigorifero. 

Per questo, l'umiltà e la mitezza si "ascoltano" nella storia attraverso la quale il Signore ci parla e dove scende per raggiungerci; e si accolgono, come Parole di Dio che hanno il potere di realizzarsi. "Imparate da me": il termine adottato rimanda a un rapporto, a una relazione profonda, ben al di là d'una superficiale conoscenza, quella tra Didaskalo e Discepolo, tra il Maestro e l'allievo. Imparare è la coniugazione di un'intimità. E' conoscersi, secondo la pregnante etimologia biblica del termine; è donare e ricevere, è amare nell'amore con cui si è amatiRimanete nel mio amore prendendo il mio giogo sopra di voi, ecco le Parole di Gesù per noi oggi. Solo imparando da Lui potremo trovare "ristoro", la pace che il mondo non conosce. Imparare, infatti, è restare ai suoi piedi, come Maria, lasciandosi attirare dalla Parte Buona, l'unica eredità che dà la Vita. Un figlio, per quanto santo e giusto, è forse il ristoro? Una figlia che si sposa con l'uomo ideale, cristiano, di sani valori, con la testa sulle spalle, è forse il riposo? La moglie, il marito, al chiudersi della giornata, è forse il porto sospirato? Unirsi, quando è concesso, è forse il capolinea di tanta fatica? Non ci si ritrova poi, comunque, soli? Carne della propria carne, è vero, ma è pur sempre qualcosa di parziale, incompleto, che rimanda a un di più, a qualcosa che superi le barriere del tempo e dello spazio. E una buona semina del Vangelo, i miracoli nei cristiani affidati, le vite ricostruite, il potere di Cristo operante nei fratelli, è questo il riposo per il quale siamo venuti al mondo, per cui siamo preti, apostoli, missionari? No, e lo sappiamo per esperienza. L'unico ristoro autentico è l'amore di Cristo, immutabile, che c'è e ci colma a prescindere da ogni attivitàE' Lui l'unica Vita, l'unica Via, l'unica Verità. Non dobbiamo far altro che imparare sulle sue orme, laddove e come Lui ha imparato, ovvero dalle cose che patì. Sì, sulla croce di oggi, portandola per imparare l'obbedienza, unica porta la vero riposo. Diversamente saremo sempre assaliti da scrupoli e dubbi. Chi non obbedisce non è mai certo di fare la cosa giusta. In nulla. Perché solo chi obbedisce ama. La strada che conduce all'altro, infatti, è sempre quella che a porgere l'orecchio all'ascolto e al compimento della volontà di Dio che significa il bene dell'altro. E passa sempre dal Golgota, con Cristo, in un'intimità che è essere con Lui crocifissi, oggi, nella storia concretissima che ci attende. Uniti al punto che sia Lui a vivere in noi. Il suo giogo, abbassato al nostro collo. L'unico giogo che non pesa, l'unico carico leggero, l'unico adatto a noi. Gesù Cristo, l'unico per noiLa Croce, dove siamo figli nel Figlio, il giogo leggero e soave nel quale troviamo la nostra unica realizzazione: la volontà di Dio, l'unica pace, il vero riposo. Siamo chiamati a distendere le nostre braccia con le sue, per la moglie, il marito, i figli e per ogni uomo. Questo Avvento ci chiama a offrire il nostro giogo - quello tuo e di Gesù - a chi ci è accanto. Scendendo ovunque si trovi, adattandolo alle sue misure. Anche questo è attendere il ritorno di Gesù, perché Lui arriva anche così, con il suo giogo, per noi e per tutti. Oggi, nella semplicità delle ore che ci accolgono, negli incontri, nelle cose da fare e ripetere mille volte, si compie una liturgia d'amore. Come il Cireneo porteremo la Croce con Cristo. Forse inconsapevoli, ma aggrappati alla sua Croce; mentre crediamo di portarla scopriremo che è proprio essa a portarci alla pace e al riposo: "Ho capito che c'è solo un modo per essere felici: essere agnelli. Prendere su di sé anche il male degli altri, oltre al proprio, non entrare in risonanza con le malignità, porgere mitemente il collo. L'agnello lo fa non perché sia masochista e gli piaccia soffrire, né quando sia represso. Lo fa quando ha un pastore buono che gli vuole bene veramente e si prende cura di lui. Allora niente che succeda può portarci via la contentezza" (Costanza Miriano). Che meraviglia, abbiamo un Pastore che, per condurci al pascolo, prende il giogo con noi! E' questo il bastone con cui ci pasce. Mai visto vero? Credimi, lo vedrai anche oggi, e ogni giorno, sino a quando verrà a prenderti sull'ultimo giogo per portarti in Cielo.



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