L'Annuncio della nostra felicità
di Angelo Busetto
Nel cielo del Natale brillano tante luci. Le luminarie dei negozi e delle strade fanno festa alla gente che cammina indaffarata. Qualcuno si muove guardingo per non farsi toccare dai segni cristiani, tentando di godersi la festa anche senza neve. Un amico mi manda esterrefatto l’avviso dell’asilo nido della sua bambina, dove i genitori sono invitati con una lettera che chiede di venire proprio tutti, «perché è un momento slegato da ogni significato religioso» (sì, dice proprio così e la chiamano… Festa di Natale!); alla fine della festa c’è stata la cerimonia del lancio delle lanterne cinesi. «Ogni lanterna è piena di tanti desideri», dicevano, e qualche genitore provava a spiegarlo al suo bambino, che – poveretto – ci guardava dentro e non ci trovava granché.
Nonostante tutto, il Natale si impone, risalendo ancora fino a noi da quella sperduta provinciadell’Impero dove è sorta la luce di Betlemme, prima con la nascita del Battista dalla mamma anziana e sterile, ora con la nascita di Gesù dalla giovane mamma vergine. Il fatto accaduto è più forte di ogni malinconica e fredda ideologia e di ogni preconcetto che ansima da una scuola all’altra, da un giornale a una piazza. Ci raggiunge da tutti gli angoli e viene riconosciuto da ogni sguardo di bimbo. Siamo ben circondati da testimoni. Le due bambinette di scuola materna, accompagnate dai genitori, mi consegnano una busta per pagare le bollette dei poveri, e sussurrano come una filastrocca l’annuncio dell’Angelo a Maria, dopo l’affollatissimo spettacolo di Natale che tutti i bambini hanno presentato nella grande chiesa.
I ragazzi più grandicelli domandano uno “spazietto” per le loro canzonette natalizie da cantare nella Veglia della Notte Santa. E intanto il Giubileo ha aperto uno sterminato numero di porte sante, da Chioggia a Cosenza, e maree di persone hanno intrapreso il cammino della misericordia. É possibile che riviva la domanda di perdono nel sacramento della confessione? Timidamente, ma decisamente proponiamo a genitori e figli la confessione che libera il grande territorio della vita e ritempra le energie, spegne le rappresaglie quotidiane, le piccole vendette che azzoppano i rapporti e le grandi invidie che li rendono tristi; scioglie le pesantezze che incupiscono, e abilita il cuore ad amare e a sperare. Anche le letture che andiamo a piluccare qua e là per siti e giornali e che echeggeranno con i canti nella Veglia di Natale, ci segnano la strada, un po’ come il canto degli angeli ai pastori e la stella che ha guidato i magi verso il presepio di Gesù.
Con l’accompagnamento degli auguri natalizi di una persona amica: «Annuncia l'unica cosa che cirende felici davvero. Dillo a tutti che solo Cristo rende felici, non gioiosi o spensierati, ma felici. Felici anche dentro tutte le difficoltà. Felici perché il nostro cuore si appoggia al Bambinello che solo può darci la vita che non finisce. Cristo mia luce e mia salvezza: che bello il Natale che riconosce Cristo! Festeggiamo Gesù che nasce e ci fa compagnia con tenerezza e misericordia». Gloria a Dio nell’alto dei cieli! E qui in terra!!
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Natale, e se ci salvasse un’omelia?
di Tonino Cantelmi
Si può essere infelici a causa del Natale? No, eppure sì. L’infelicità del Natale è un’infelicità subdola, terribile, stridente e inaccettabile. Le luminarie del Natale commerciale, le pubblicità gioiose, l’ineluttabile rito dei regali, le vetrine scintillanti e gli auguri ridondanti e inutili di persone con il sorriso “gastrico” sembrano capaci di illuminare tutte le imperfezioni della nostra vita e il fatto che ciò capiti in un periodo che, invece, sin da bambini, si è stati educati a vivere come un momento magico, felice e allegro provoca un ineluttabile e terrificante senso di colpa.
E nel frattempo milioni di biglietti augurali, mail, sms, post e roba simile invaderanno i nostri computer e i nostri telefonini, tutti augurando feste eccezionali e sicuramente un nuovo strepitoso, anzi straordinario, anzi supereccezionale anno, magari con frasi celebri, passi della Scrittura o con ridicole e patetiche frasi fatte. E invece proprio quando sei “obbligato” ad essere felice, il tuo malumore, le tue ferite, le tue angosce non ce la fanno. E’ proprio a Natale, in alcune terrificanti “riunioni” di famiglia che esplodono i conflitti, le gelosie e le rivalità. E’ a Natale che i figli di genitori separati sono sommersi dai sensi di colpa o dilaniati da sottili, e a volte neanche sottili, tensioni tra genitori conflittuali. E’ a Natale che i dolori più profondi chiedono luce. E questo perché? Perché abbiamo fatto del Natale una caricatura, trasformandolo in una macchina infernale, carica di ipocrisia. Già, perché abbiamo staccato la felicità del Natale dal suo vero e unico significato. Come insetti impazziti corriamo nelle nostre città praticando laici riti coercitivi, il cui vero significato non ci appartiene più.
Cosicché il Natale è divenuto una deforme rincorsa a una felicità artificiale, un po’ come la chirurgia estetica. Spiacente, ma quando costruiamo felicità artificiali in realtà costruiamo immense infelicità. E infatti, tra i riti di queste feste c’è quello dell’oroscopo: saremo sommersi di oroscopi e di previsioni sul prossimo anno, sull’amore, sul lavoro, sulla salute. Insomma qualche consolazione ce la meritiamo pure! E allora vorrei fare io un augurio. L’augurio è quello di ascoltare una bella omelia la notte di Natale (tra i riti laici c’è pure la Messa: ancora oggi la stragrande maggioranza degli italiani, che magari ha dimenticato il proprio battesimo, cerca un perché spirituale durante le feste natalizie, fosse anche per abitudine, tradizione o inerzia). Una omelia? Sì, abbiamo bisogno di una Parola che dia un senso, un significato, una cornice di comprensione a quei dolori profondi che le caricature del Natale stanno per far esplodere dentro di noi. Perciò cari preti, tocca a voi. Una omelia ci salverà!
Come dice il grande sociologo Baumann, nel buio di questa postmodernità il recupero della spiritualità sarà la ciambella di salvataggio dell’umano che è in noi. L’appuntamento dunque per tutti è a mezzanotte del 24 dicembre.
fonte: SIR
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