Santa Maria,

Santa Maria,
...donna del primo sguardo, donaci la grazia dello stupore.

mercoledì 16 maggio 2018

Paolo IV vs Lefebvre


“Santità, io non sono il capo dei tradizionalisti”. “Lei ha aggravato la crisi della Chiesa”

Ecco il verbale (senza censure) dell'incontro-scontro tra Paolo VI e monsignor Lefebvre a Castelgandolfo 

Papa Montini l’11 settembre 1976 ricevette a Castel Gandolfo l’arcivescovo francese Marcel Lefebvre, capo della “Fraternità San Pio X” e grande contestatore del Concilio.

La trascrizione di quel colloquio – tra il Papa che aveva condotto a termine il Concilio e aveva promulgato la riforma liturgica, e il vescovo ribelle che sfidava l’autorità del Pontefice – viene pubblicata ora nel libro “La barca di Paolo” scritto dal reggente della Casa Pontificia, padreLeonardo Sapienza. Ne dà anticipazione 

La Stampa (16 maggio)

lunedì 7 maggio 2018

Risalire verso la Sorgente

MARTEDÌ 8 MAGGIO VIDEOCONFERENZA in DIRETTA STREAMING alle ORE 21 sul tema "Ascensione. Risalire verso la Sorgente" (Mc 16,15-20)La vita è un Viaggio in ascesa, per scoprire la Sorgente che è in noi. A cura della Parrocchia dell'Invisibile.
Il brano e video musicale consigliato è il suggestivo "Trovare Dio" dei Nomadi. A cura di Sauro Secci.  

TROVARE DIO - NOMADI

domenica 6 maggio 2018

La creatività non è un sostantivo e nemmeno un verbo: è un Luogo, un'unione, un raduno....


 L'immagine può contenere: testo e spazio all'aperto
E’ diverso spalancarsi alla vita in un’alba ricolma di sole e colori. C’è qualcosa che dagli occhi entra dentro, fino a quello sguardo interiore che accarezza cuore e mente. E’ come un’energia che spinge, che risolleva un corpo assonnato e ancora intorpidito e lo invita ad aprirsi, ad abbracciare il nuovo che arriva.“La creatività non è un sostantivo e nemmeno un verbo: è un Luogo, un'unione, un raduno. Onorare la nostra creatività vuol dire osservare, risvegliarci, non essere più solo consumatori del nostro tempo, delle nostre relazioni, delle cose che abbiamo a disposizione, ma anche divenire a nostra volta partecipi, creatori di legami profondi con il mondo e con le cose. L'immaginazione è centrale in questo processo: ci desta dal torpore. Se non nutriamo la nostra immaginazione viva, la nostra anima non sente più, si addormenta, si anestetizza, si allontana dalla commozione, dallo stupore. Occorre rischiare, amare anche nel pericolo, ritrovare il coraggio, il desiderio, la passione.”Non ricordo dove ho trovato queste parole, ma stamane si incastonano alla perfezione nel gioiello prezioso che è il mio incominciare, il mio guardare la vita e sognare…Vita!Ogni giorno essere creatori con Dio di vita nuova, di vita buona e bella.Non ho altro desiderio in cuore.
Giorgio Bonati 

CAMMINO NEOCATECUMENALE, 50° ANNIVERSARIO DI FONDAZIONE.


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Cammino Neocatecumenale.
Il Papa: per annunciare bisogna rinunciare al mondo
Gianni Cardinale sabato 5 maggio 2018
Papa Francesco sul palco a Tor Vergata (Siciliani)
La missione è la “priorità” della “Chiesa oggi”. E per essere missionaria la Chiesa deve essere “svincolata da potere e denaro, libera da trionfalismi e clericalismi”, deve essere “sorella dell’umanità” evitando il “proselitismo”, e deve “amare le culture e le tradizioni dei popoli, senza applicare modelli prestabiliti”.
È stata una piccola enciclica sull’evangelizzazione e la missione il discorso che papa Francesco ha tenuto questa mattina nella spianata di Tor Vergata (TESTO INTEGRALE), a Roma, dove ha avuto luogo l’Incontro del Cammino Neocatecumenale, in occasione del 50° anniversario di fondazione. Davanti a oltre 100milamembri del movimento provenienti da tutto il mondo, papa Francesco ha benedetto le croci e consegnato ai responsabili 34 nuove missio ad gentes che porteranno il Vangelo nelle varie parti del mondo. Inoltre, il Papa ha inviato alcune comunità delle parrocchie di Roma a portare la loro missione di fede e di aiuto nelle periferie della capitale.
All’evento, animato dal fondatore Kiko Arguello, hanno partecipato 16 cardinali e una novantina di vescovi.
Nel suo discorso, interrotto più volte dagli applausi, papa Francesco si è detto “felice” dell’incontro e ha ringraziato Dio e i presenti per “il ‘sì’ che avete detto, per aver accolto la chiamata del Signore a vivere il Vangelo e ad evangelizzare”. “Un grande grazie” poi lo ha rivolto “anche a chi ha iniziato il Cammino neocatecumenale cinquant’anni fa”. E poi “un grazie importante” a quanti stanno per andare in missione. E a questo proposito il pontefice ha voluto appunto dire qualcosa “sulla missione, sull’evangelizzazione, che è la priorità della Chiesa oggi”. Lo ha fatto prendendo spunto da un versetto del Vangelo di Matteo, quando Gesù dice: “Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli”.

“Andate”, dice Gesù. Perché “la missione chiede di partire”, anche se “nella vita è forte la tentazione di restare, di non prendere rischi, di accontentarsi di avere la situazione sotto controllo”. Non è un invito che “autorizza trasferte ridotte o viaggi rimborsati”. Quello di Gesù è “un invito chiaro a essere sempre in uscita, pellegrini nel mondo alla ricerca del fratello che ancora non conosce la gioia dell’amore di Dio”. Ma per andare “bisogna essere agili, non si possono portar dietro tutte le suppellettili di casa”, “bisogna essere leggeri”. Insomma:“per annunciare bisogna rinunciare”. Infatti “solo una Chiesa che rinuncia al mondo annuncia bene il Signore”. Solo una Chiesa “svincolata da potere e denaro, libera da trionfalismi e clericalismi testimonia in modo credibile che Cristo libera l’uomo”. E “chi, per suo amore, impara a rinunciare alle cose che passano, abbraccia questo grande tesoro: la libertà”.
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“Andate”, la parola di Gesù, ha aggiunto il Papa, “ci dice ancora una cosa: che si coniuga al plurale”. Infatti è “pienamente missionario non è chi va da solo, ma chi cammina insieme”. Così nella fede e nella missione “si va avanti insieme, senza isolarsi e senza imporre il proprio senso di marcia, uniti, come Chiesa, coi Pastori, con tutti i fratelli, senza fughe in avanti e senza lamentarsi di chi ha il passo più lento”. E si va avanti “con cura e rispetto per il cammino di ciascuno e senza forzare la crescita di nessuno, perché la risposta a Dio matura solo nella libertà autentica e sincera”.
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A questo punto il Pontefice è passato alla seconda parte del versetto di Gesù riportato da Matteo: “Fate discepoli”. “Ecco la missione” – ha commentato – Non dice: conquistate, occupate, ma ‘fate discepoli’, cioè condividete con gli altri il dono che avete ricevuto, l’incontro d’amore che vi ha cambiato la vita”. Missione è “riscoprirsi parte di una Chiesa discepola”. Perché “la Chiesa è maestra, ma non può essere maestra se prima non è discepola, così come non può esser madre se prima non è figlia”. “Ecco la nostra Madre: una Chiesa umile, figlia del Padre e discepola del Maestro, felice di essere sorella dell’umanità. – ha aggiunto Papa Francesco – E questa dinamica del discepolato – il discepolo che fa discepoli – è totalmente diversa dalla dinamica del proselitismo”. Infatti “non contano gli argomenti che convincono, ma la vita che attrae; non la capacità di imporsi, ma il coraggio di servire”. “E voi – ha proseguito rivolgendosi ai neocatecumenali – avete nel vostro “DNA” questa vocazione ad annunciare vi vendo in famiglia, sull’esempio della santa Famiglia: in umiltà, semplicità e lode. Portate quest’atmosfera familiare in tanti luoghi desolati e privi di affetto. Fatevi riconoscere come gli amici di Gesù. Tutti chiamate amici e di tutti siate amici”.
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“Andate e fate discepoli tutti i popoli”, ha detto Gesù. E “quando Gesù dice tutti sembra voler sottolineare che nel suo cuore c’è posto per ogni popolo”, ha spiegato Papa Francesco. Di qui l’invito ad essere “appassionati di umanità, collaboratori della gioia di tutti”, ad essere “autorevoli perché prossimi, ascoltabili perché vicini”. “Amate le culture e le tradizioni dei popoli, senza applicare modelli prestabiliti. – ha sottolineato – Non partite dalle teorie e dagli schemi, ma dalle situazioni concrete: sarà così lo Spirito a plasmare l’annuncio secondo i suoi tempi e i suoi modi. E la Chiesa crescerà a sua immagine: unita nella diversità dei popoli, dei doni e dei carismi”.
Infine Papa Francesco ha ribadito che il carisma dei neocatecumenali “è un grande dono di Dio per la Chiesa del nostro tempo”. E ha concluso: “Ringraziamo il Signore per questi cinquant’anni. E guardando alla sua amorevole fedeltà, non perdete mai la fiducia: Egli vi custodirà, spronandovi al tempo stesso ad andare, come discepoli amati, verso tutti i popoli, con umile semplicità. Vi accompagno e vi incoraggio: andate avanti! E, per favore, non dimenticatevi di pregare per me. Grazie!”.

sabato 5 maggio 2018

Medaglia di san Benedetto & Croce di san Benedetto

www.centrosangiorgio.com

Medaglia di San Benedetto o Croce di San Benedetto, fronte.

Medaglia di San Benedetto in versione giubilare
(lato San Benedetto).

Medaglia di San Benedetto o Croce di San Benedetto, retro.

Medaglia di San Benedetto in versione giubilare (lato Croce).

Medaglia di san Benedetto
Croce di san Benedetto

Croce del Santo Padre Benedetto.
Non sia il demonio il mio condottiero;
la Santa Croce sia la mia luce.
Allontanati, satana!
Non mi attirare alle vanità;
sono mali le tue bevande.
Bevi tu stesso i tuoi veleni.
San Benedetto su questo sito:

Croce o Medaglia di san Benedetto: l’indulgenza

A fronte del costante aumento della devozione a san Benedetto, con un breve del 1742 papa Benedetto XIV approvò la medaglia, concendendo che ad essa e alcrocifisso che la vede incastonata (anche noto come “Crocifisso della Buona Morte”) venisse connessa un’indulgenza plenaria, specialmente in punto di morte, facendo dei due oggetti dei sacramentali della Chiesa Cattolica («si chiamano sacramentali i sacri segni istituiti dalla Chiesa il cui scopo è di preparare gli uomini a ricevere il frutto dei sacramenti e di santificare le varie circostanze della vita», Catechismo della Chiesa Cattolica, 1677).

San Benedetto da Norcia

Sul fronte è la raffigurazione di san Benedetto da Norcia in abiti monastici, reggente nella mano destra la Croce(simbolo cristiano e di Salvezza per eccellenza) e nella mano sinistra un libro aperto, a rappresentare la Regola.
Ai lati del santo sono ricordati due episodi significativi della sua vita, riferiti nell'agiografia che di san Benedettoredasse papa Gregorio Magno nei Dialoghi: alla sua destra una coppa con un serpente e alla sua sinistra unpane e un corvo. In entrambi i casi, il riferimento è ai tentativi di avvelenamento attuati contro san Benedetto, ad opera di alcuni monaci presso Vicovaro, il primo, per mano del sacerdote Fiorenzo, il secondo. I primi perché preoccupati che «sotto la sua direzione le cose illecite non erano assolutamente permesse e d'altra parte le inveterate abitudini non se la sentivano davvero di abbandonarle» (Gregorio Magno, Dialoghi, II, 3), il secondo perché accecato «d'invidia per i progressi virtuosi dell'uomo di Dio» (ibid., II, 8).
Ai lati della figura di san Benedetto, sopra la coppa e il corvo, sono poste le parole "Crux S[ancti] Patris Benedicti" ("Croce del santo padre Benedetto"). Tutt'intorno alla medaglia corre la scritta "Eius in obitu n[ost]ro praesentia muniamur" ("Ci difenda nella nostra morte con la sua presenza"), che rimanda al ruolo riconosciuto asan Benedetto nella "buona morte". Ai piedi del santo è posta la scritta "ex S M Casino MDCCCLXXX" (dal Santo Monte Cassino 1880), che commemora, nell'anno del Giubileo 1880, il 1400esimo anniversario della nascita di san Benedetto (480).

La Croce

La Medaglia mostra al verso la raffigurazione di una croce, sormontata dalla scritta "Pax" (Pace), motto dell'ordine benedettino. Attorno alla croce sono inscritte le lettere a composizione della già menzionata preghiera, fra le più note preghiere di esorcismo contro i i veleni spirituali che il Maligno incessantemente somministra alle anime degli uomini.

Croce o Medaglia di san Benedetto: la benedizione

Essendo la croce o medaglia di san Benedettoindossolubilmente legata alla realtà benedettina, è frequente che la benedizione dei sacramentali sia conferita dai monaci sacerdoti appartenenti all’ordine di San Benedetto, anche se ciò non è da considerarsi un’esclusiva. Ciò non toglie che, come ogni benedizione, questa sia comunque strettamente riservata ad un Sacerdote o ad un Diacono (Inter oecumenici, 26 settembre 1964, c. 3, per l’esecuzione della costituzioneSacrosantum Concilium Apre una nuova finestra, 4 dicembre 1963) e mai ai laici. Stante questo divieto e considerata la serietà (e la gravità) della materia, il cristiano saggio eviterà di cimentarsi in formule di benedizione, spesso più che improbabili, reperite presso fonti incerte.

Croce o Medaglia di san Benedetto: esoterismo, amuleto, magia?

Basta una breve navigata nella Rete per accorgersi di come la Croce o Medaglia di san Benedetto non attiri soltanto devozioni, ma anche curiosità e pratiche decisamente meno pie, finendo addirittura con l’essere ritenuta unoggetto “magico” o “esoterico”. Inutile dire quanto questo tipo di interpretazioni siano non soloinfondate e nemiche di Cristo e della Sua Chiesa ma anche all’opposto del significato di questo oggetto di devozione asan Benedetto, esorcista e patrono degli esorcisti (e anche d’Europa, e tutti vediamo quanto ogni giorno ne cresca sempre più la necessità).

Medaglia o Croce di san Benedetto: benefici, conversione e cambiamento di vita

Le benedizioni connesse alla croce o medaglia di san Benedetto si ricollegano alla vita del santo: salute spirituale e fisica; aiuto nel combattimento spirituale contro il lavorìo diabolico, le tentazioni e ogni genere di vessazione demoniaca; conversione dei peccatori (primo fra tutti di colui che la porta con devozione); distruzione o vanificazione della minaccia di veleni, pestilenze e simili.
Naturalmente è bene precisare che di per sé la medaglia non ha “poteri magici”, ma il vero miracolo è compiuto dalla grazia di Dio abbinata alla Sua inesauribile Misericordia, alla fede e ad una vita giusta condotta dal cristiano, che provvederà, per quanto la sua fragile natura umana glielo renderà possibile, ad evitare le insidie e gli inganni del diavolo e a mantenersi sulla buona via, potendo in ciò contare su una speciale intercessione da parte di san Benedetto e su un particolare legame spirituale con i monaci dell’ordine benedettino, nella comune ispirazione al santo di Norcia.
Il fedele è chiamato ad orientare la propria vita, i propri pensieri e le proprie opere al modello evangelico e agli insegnamenti dell’unico Maestro, Cristo, beneficiando dell’appoggio e dell’esempio di san Benedetto. Lo ricorda l’antica orazione della festa di San Benedetto (che ricorre il 21 marzo per la nascita al Cielo e l’11 luglio come patrono d’Europa):
O Dio, che ti degnasti di riempire dello spirito di tutti i giusti il Tuo santissimo confessore Benedetto, concedi a noi, Tuoi servi, che celebriamo la sua solennità, di compiere fedelmente quello che abbiamo promesso, ricolmi del suo spirito e soccorsi dalla Tua grazia. Croce Amen.

La storia della medaglia di San Benedetto

Il grande potere liberatore della Medaglia di San Benedetto

Per chi non conosce la Medaglia di San Benedetto, è un sacramentale riconosciuto dalla Chiesa cattolica con grande potere di esorcismo e di liberazione dalle influenze demoniache. Come ogni sacramentale, il suo potere non risiede nel fatto che sia una medaglia bella e benedetta e contenga una preghiera incisa. Non cadiamo in questa superstizione!
Il suo potere risiede in Cristo stesso, che lo concede alla Chiesa attraverso la fervente disposizione di chi usa la medaglia. Agisci con fede! Ricordate l’emorroissa che pensava che solo toccando il mantello di Gesù sarebbe guarita? E che mi dite delle persone che venivano guarite ed esorcizzate attraverso panni o teli che erano stati a contatto con San Paolo?
“Dio intanto operava prodigi non comuni per opera di Paolo, al punto che si mettevano sopra i malati fazzoletti o grembiuli che erano stati a contatto con lui e le malattie cessavano e gli spiriti cattivi fuggivano” (Atti 19,12)
Ricordiamo il potere che Cristo ha lasciato ai suoi apostoli: “Tutto quello che scioglierete sopra la terra sarà sciolto anche in cielo” (Matteo 18,18). È un potere che Cristo ha conferito alla sua Chiesa perché tutto ciò che si decreti in favore del riscatto delle anime venga riconosciuto da Cristo come un’opera buona.
Analizzando la medaglia
Hai mai guardato questa medaglia, e ti sei chiesto cosa significavano tutte quelle iscrizioni? Ok, cominciamo:
La fronte e il retro sono coperti di lettere che non sembrano avere alcun senso. In realtà il significato completo di questa medaglia è rimasto un mistero per molti anni, fin quando nel 1647 è stata effettuata un’importante scoperta nell’abbazia di Metten, in Baviera. È stato infatti ritrovato un manoscritto del 1415 che spiega la simbologia inscritta nella medaglia.
medaglia_fronte_retro
Decifrando il significato della medaglia
Fronte: San Benedetto appare al centro della medaglia. Nella mano destra tiene una croce, che rappresenta il potere salvatore di Cristo e l’opera di evangelizzazione dei benedettini nel corso dei secoli
Alla sua destra c’è una tazza rotta. Si diceva che questa coppa fosse stata avvelenata da alcuni monaci ribelli che non si trovavano bene con San Benedetto. La coppa si ruppe quando San Benedetto fece un segno della croce su di essa. Alla sua sinistra c’è un corvo, che ha una pagnotta avvelenata che i monaci hanno cercato di dare a San Benedetto.
Sopra la testa ci sono queste parole: Crux Sancti Patris Benedicti (Croce del Santo Padre Benedetto). Intorno al bordo ci sono le parole Ejus en obitu nostro praesentia muniamus (Che nella nostra morte siamo rafforzati dalla sua presenza). Sotto i suoi piedi ci sono le lettere EX SM CASINO MDCCCLXX (Dal santo Monte Cassino, 1880).
Retro: La parte posteriore della medaglia è dominata da una grande croce.
  • In ciascuno dei quattro lati della croce:
    C. S. P. B. (Crux Sancti Patris Benedicti): “Croce del Santo Padre Benedetto”
  • Nella linea verticale della croce:
    C. S. S. M. L. (Crux Sacra Sit Mihi Lux): “La Santa Croce sia la mia luce”
  • Nella linea orizzontale della croce:
    N. D. S. M. D. (Non Draco Sit Mihi Dux): “Il demonio non sia la mia guida”
Iniziando dalla parte superiore, in senso orario, e intorno al bordo appaiono le iniziali della preghiera di esorcismo:
  • V. R. S. (Vade Retro Satana): “Allontanati Satana”
  • N. S. M. V. (Non Suade Mihi Vana): “Non suggerirmi vanità”
  • S. M. Q. L. (Sunt Mala Quae Libas): “Quelle che offri sono cose negative”
  • I. V. B. (Ipse Venena Bibas): “Bevi tu stesso il tuo veleno”
  • PAX: Pace
Si recita così: “La Santa Croce sia la mia luce, e il Demonio non sia la mia guida. Allontanati, Satana. Non suggerirmi vanità. Quelle che offri sono cose negative. Bevi tu stesso il tuo veleno. Pace”.
Indulgenze e benedizioni speciali
La Medaglia in sé, come abbiamo già detto, non ha potere. Chi la porta deve fare attenzione a non cadere in atti di superstizione. La Medaglia è semplicemente un segno visibile della devozione interiore e della fiducia che il fedele ha in Gesù e nel suo servo, San Benedetto. “Agisci per fede!”
La Medaglia include un’indulgenza incondizionata per qualsiasi persona al momento della morte che “usi, baci o tenga la Medaglia tra le mani con venerazione”. Si concede anche se la persona affida la propria anima a Dio, fa una buona confessione o riceve la Santa Comunione. Se la persona non può farlo, può invocare con le labbra il Santo Nome di Gesù con profondo senso di contrizione, o con il cuore se la persona non può parlare.
Indulgenze plenarie: Se la persona si confessa, riceve l’Eucaristia, prega per il Santo Padre nelle grandi feste e durante quella settimana recita il Santo Rosario, visita i malati, aiuta i poveri, insegna la fede ai bambini o partecipa alla Santa Messa, può ricevere questa indulgenza. Le grandi feste sono Natale, Epifania, Pasqua di Resurrezione, Ascensione, Pentecoste, Santissima Trinità, Corpus Domini, Assunzione, Immacolata Concezione, nascita di Maria, Tutti i Santi e festa di San Benedetto.
Non è perché alcuni non conoscono questo sacramentale e non praticano la sua devozione che non ha potere. Ricordiamo che Cristo stesso ha conferito il potere attraverso il suo mandato in Matteo 18, 18.
Dio vi benedica
Qriswell J. Quero
[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]
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San Benedetto e l'abate Giovanni, Montecassino
di Martín DE ELIZALDE, O.S.B,
Titolo originale: “La cruz de San Benito” –  estratto da:«Coloquio»,
 Revista de la Abadia de San Benito. Lujan (Argentina), I, 4, Sección Espiritualidad (1998).
(libera traduzione dallo spagnolo)

Una delle devozioni più diffuse, e non solo grazie all’influenza dei monasteri benedettini, è la Croce di San Benedetto, specialmente nella forma più frequente di medaglia. Presenteremo brevemente il suo significato e faremo la sua storia, per venire incontro al desiderio di molti amici e devoti di San Benedetto.
La medaglia
La medaglia presenta, su un lato, l’immagine del Santo Patriarca, e sull’altro, una croce, al cui interno e attorno alla quale si trovano le lettere iniziali di un’orazione o esorcismo, che recita così (in latino e in italiano)
Crux Sancti Patris Benedicti

Croce del Santo Padre Benedetto
Crux Sacra Sit Mihi Lux
La Santa Croce sia la mia luce,
Non Draco Sit Mihi Dux
Non sia il demonio mio condottiero
Vade Retro Satana 
Fatti indietro, Satana
Numquam Suade Mibi Vana 
Non mi attirare alle vanità,
Sunt Mala Quae Libas 
Sono mali le tue bevande
Ipse Venena Bibas 
Bevi tu stesso il tuo veleno.

Come si può apprezzare dalle iniziali distribuite nella Croce, questa è sempre accompagnata dal testo della preghiera e contemporaneamente è un aiuto per la recitazione della stessa. Il testo latino si compone, dopo il titolo “Crux Sancti Patris Benedicti (C.S.P.B.)”, di tre distici che racchiudono un’invocazione alla Santa Croce, con il desiderio supplicante di averla come guida ed appoggio, e l’espressione di ripudio verso Satana, al quale viene comandato di allontanarsi – con le parole di Gesù quando fu tentato da lui (Mt 4, 10) -, manifestando che non verrà prestato orecchio ai suoi suggerimenti, poiché è cattivo quello che offre. E’ un’autentica professione di fede e di amore verso Cristo, oltre che una rinuncia al maligno. 
Il battesimo e la croce
Notiamo che in questo breve testo, la vittoria sul demonio viene attribuita alla croce di Gesù Cristo, che è luce e guida per il fedele, e che si oppone al veleno ed alla cattiveria del tentatore. E’ un’eco della consacrazione battesimale, dove si impone la croce al neofito, che è lavato con l’acqua della rigenerazione e riceve la luce del Cristo Risuscitato; nello stesso tempo pronuncia le parole di rinuncia al demonio e conferma la fede.
Grazie al battesimo, il cristiano che porta la medaglia non lo fa con una preoccupazione superstiziosa per allontanare gli spiriti maligni, ma cosciente che è per la presenza del Signore Gesù Cristo e tramite una vita improntata alla grazia, che potrà tenere lontano il diavolo e le sue tentazioni. Il frutto di questa pratica di devozione, la protezione di Dio, si ottiene con una vita che sia una risposta coerente al Vangelo. Dove c’è la grazia di Dio, il demonio non si può avvicinare. Però al fedele non mancheranno le insidie e le tentazioni diaboliche, poiché il Maligno cerca di impedire il suo cammino verso Dio. Ed è allora che la preghiera, il segno della croce, l’invocazione di Cristo Nostro Signore e dei Santi sono necessari. Scrive Dom Guéranger: “Non è necessario spiegare a lungo al lettore cristiano la forza di queste armi, che oppongono a Satana, con i suoi artifici e violenze, ciò che gli causa il più grande timore: la croce, il santo nome di Gesù, le stesse parole del Salvatore quando fu tentato, ed infine, il ricordo delle vittorie che il grande Patriarca San Benedetto ottenne sul dragone infernale” (1).
L’esempio di San Benedetto
L’origine della Croce di San Benedetto non può attribuirsi con certezza allo stesso. Più avanti vedremo le circostanze storiche nella quale appare e si diffonde questa devozione. Ma il suo senso è profondamente coerente con la spiritualità che ispirava il Padre dei monaci dell’Occidente e che seppe trasmettere ai suoi figli. La vocazione alla vita eterna è la chiamate di Dio alla salvezza in Gesù Cristo, e questa chiamata attende una risposta, non solo con le labbra , ma con il cuore. Nella Regola scritta per i suoi monaci San Benedetto trasmise i suoi insegnamenti: “Ascolta, o figlio, i precetti del Maestro e inchina l’orecchio del tuo cuore agli ammonimenti del tuo Padre amoroso e con ogni potere li adempi, affinché tu ritorni con fatica di obbedienza a colui dal quale ti eri allontanato per l’accidia della disobbedienza” (2). La “fatica di obbedienza” è la risposta sollecita di chi ama Dio e fa la sua volontà; è il frutto della carità, dell’amore generoso e disinteressato. La disobbedienza è il risultato della tentazione nel Paradiso terrestre, dove il demonio fu il suggeritore di Adamo ed Eva che esercitarono la propria volontà, soddisfacendo i loro desideri e aspirazioni di potere. Questo peccato dei nostri antenati, lasciò le sue conseguenze su tutti i loro discendenti e anche se il sacrificio di Cristo ci riconciliò col Padre dei cieli, siamo sempre suoi debitori e nasciamo col peccato originale. Il battesimo ci purifica dal peccato originale, ci rende figli di Dio e ci da la vita della Grazia. La vocazione del cristiano nasce nel battesimo e in questo modo ha la forza per resistere al demonio, se è fedele e coerente ai doni ricevuti. Giustamente tuttavia deve rispondere a questa vocazione e ai doni di Dio con amore filiale e con le sue opere; senza di Lui questa vocazione potrebbe essere colpita dalle cattive tentazioni. Il demonio, nonostante sia stato allontanato, tende tuttavia le sue trappole, e molte volte incontra in noi un orecchio che si lascia sedurre. Perciò San Benedetto ci esorta a non dar retta a questa voce che ci suggerisce cose malvagie, e ad ascoltare di più quella che ci viene da Dio, attraverso il Vangelo e tutta la Scrittura, attraverso la Chiesa e la preghiera, e tramite i maestri esperti nella vita dello spirito.
E’ innanzitutto in questo modo che dobbiamo considerare la protezione contro il demonio, che Dio ci offre per intercessione dei suoi Santi. Satana sarà meno forte contro coloro che vivono in comunione con Dio e si sforzano di operare il bene. E questo si deve alla virtù del battesimo, dal quale procede la vita del cristiano e da dove nasce e si svolge la vocazione alla perfezione e alla vita monastica. Scrive un autore:” Chiunque…. se si lancia risolutamente alla ricerca delle realtà soprannaturali, sentirà molto presto che dentro di sé si scontrano Dio e il diavolo. Ogni impegno per Dio comporta poi la necessità di armarsi contro “l’angelo decaduto”. Ciò è chiaramente visibile fin dal primo impegno cristiano, che sanziona il sacramento del Battesimo: la rinuncia a Satana va di pari passo con l’ingresso nella Chiesa (3).
Il segno della croce e la protezione contro il demonio

nella vita di San Benedetto
Con questo segno di salvezza, San Benedetto si liberò dal veleno che alcuni cattivi monaci gli offrirono: “…a mensa, secondo una loro usanza, presentarono all’abate per la benedizione il recipiente di vetro che conteneva la mortale bevanda. Benedetto alzò la mano e tracciò il segno della croce. Il recipiente era sorretto in mano ad una certa distanza: il santo segno ridusse in frantumi quel vaso di morte, come se al posto di una benedizione vi fosse stata scagliata una pietra. Comprese subito l’uomo di Dio che quel vaso non poteva contenere che una bevanda di morte, perché non aveva potuto resistere al segno che dona la vita.” (4). L’episodio, secondo il racconto di San Gregorio Magno, dovette ispirare le parole dell’esorcismo riferite alla bevanda che è offerta dal Maligno, così come la protezione attribuita al segno della croce.
Tuttavia gli attacchi del demonio si lanciarono contro l’abate di Montecassino e i suoi monaci: “l’antico nemico”, molto contrariato dalla conversione dei pagani della regione, attratti dalla predicazione del Santo, si presentava ai suoi occhi per minacciarlo ed intimorire i suoi fedeli: “L’antico nemico, però, non poté tollerare questa attività e non più occultamente o in sogno, ma con palesi apparizioni prese a disturbare la tranquillità del Padre. Con alte grida si lamentava della violenza che subiva e i suoi urli giungevano fino alle orecchie dei fratelli, pur senza vederne la figura. Egli stesso poi, il venerando Padre, raccontava ai suoi discepoli che l’antico nemico gli appariva davanti agli occhi orridissimo e furibondo, e con bocca ed occhi di fuoco faceva mossa di lanciarglisi contro. Quello poi che diceva, qualche volta poterono udirlo tutti: prima lo chiamava per nome e siccome il santo non dava risposta, si sfogava allora con furiose contumelie. Urlava a gran voce: “Benedetto! Benedetto!”, ma aspettando invano una risposta, subito soggiungeva: “Maledetto, non Benedetto! Si può sapere che hai con me? Si può sapere perché mi perseguiti?”. (5). Questi attacchi diretti, questi combattimenti accaniti col demonio, sono una costante nella vita di San Benedetto, e furono per lui altrettante occasioni di nuove vittorie, come dice San Gregorio poco dopo.
Già dall’inizio della permanenza a Subiaco, il demonio rompe la campanella che serviva al monaco Romano per avvisare il nostro Santo del momento in cui doveva ricevere i suoi alimenti (6). Leggiamo anche che il demonio, sotto forma di un uccello nero, provocò terribili tentazioni allo stesso Benedetto (7), e distrasse dalla preghiera un altro monaco, portandolo a vagabondare (8). Un fratello viene portato a mostrarsi superbo, invogliato dai cattivi pensieri che il demonio gli suggerisce; significativamente, Benedetto, accortosi del suo turbamento, gli ordina: “Traccia una croce sul tuo cuore, fratello” (9). Il demonio è l’ispiratore del presbitero Fiorenzo che, geloso, perseguita Benedetto ed i suoi discepoli (10), cercando sempre di rendere difficile la vita del monastero, tanto quella  materiale, che quella spirituale, suscitando inconvenienti di ogni tipo, come la morte di un adolescente (11).
Questi episodi, riportati da Papa San Gregorio Magno, mostrano come San Benedetto combatté il demonio, che lo attaccava incessantemente, in qualità di avversario di ogni opera buona. Un incontro col demonio chiarisce l’atteggiamento: “Saliva un giorno all’oratorio del Beato Giovanni, situato sulla cima di un monte, quando gli si fece incontro l’antico nemico in sembianze nientemeno che di veterinario, con in mano la cassetta dei medicinali e una corda. Benedetto gli domandò: “Dove vai?”. Rispose: “Sto andando dai monaci, a dare una piccola purga”. Il venerabile Padre proseguì lo stesso verso l’oratorio e terminata la preghiera, prese in gran fretta la via di ritorno. Il cattivo spirito intanto si era incontrato con un vecchio monaco che attingeva acqua, in un lampo era entrato in lui, lo aveva gettato a terra, e lo strapazzava con feroce crudeltà.” Di ritorno dalla preghiera, nel vedere il poveretto tormentato con tanta violenza, il servo di Dio gli appioppò senz’altro uno schiaffo, e tanto bastò per scacciare immediatamente lo spirito, che non si azzardò mai più a rifarglisi nuovamente vicino.”(12).
La sua migliore difesa era, con la preghiera, la fedeltà al Signore e la fiducia in Lui, la carità, la costanza nel fare il bene, la pratica della giustizia. Una vita santa provoca da una parte l’inimicizia del demonio, ma d’altra parte è la migliore difesa contro lo stesso, poiché dove c’è Dio con la sua grazia, non può entrare a dominare il terribile nemico.

I monaci del deserto
Non sorprende allora che la devozione tradizionale ricorresse all’intercessione e all’esempio del Santo Abate, per opporsi al demonio, col segno della croce e le parole della preghiera. Ma è necessario considerare tutto questo nel suo insieme: gli attacchi diabolici mostrano l’impotenza del suo autore davanti allo sviluppo della fede ed il suo rafforzamento; cercano di spaventare i fedeli, li tentano e sollecitano, per allontanarli dalla buon strada. La migliore difesa contro questi attacchi è fidarsi di Dio e mantenersi fermi nel proposito della fede e de compiere opere di bene, perché dove sta la grazia e la santità, il demonio non può far nulla. La vita monastica, vita devota a Dio nella preghiera, il ritiro ed il lavoro, è il campo dei più duri combattimenti contro il male. Già nella vita del primo dei monaci, Sant’ Antonio Abate, scritta da Sant’ Atanasio, vescovo di Alessandria d’Egitto, nel secolo IV, si descrivono i combattimenti che soffrì il solitario, e che acquisiscono un valore di attestazione e di esempio: il monaco si addentra nel deserto, dove abitano i demoni, per sloggiarli di lì e guadagnare quegli spazi a Cristo.
L’episodio narrato nel cap. 30 del II° libro dei Dialoghi che abbiamo trascritto più su – il diavolo che si dirige con alcune misteriose bibite al monastero per tentare i fratelli – ha il precedente di un incontro simile che accadde ad abba Macario: vide Satana in figura umana, portando alcuni piccoli contenitori con distinte pozioni per offrirle ai fratelli: queste pozioni erano altrettante tentazioni, (13).
Ricordiamo qui un altro testo eloquente. Negli “Apophtegmata Patrum“o “Detti dei Padri del deserto” si legge il seguente aneddoto: “Un fratello andò a visitare abba Poemen, perché desiderava confidargli i suoi pensieri, ma non ebbe il coraggio di aprirgli il suo cuore, malgrado ci provasse molte volte. L’anziano se ne accorse, e insistette affinché parlasse, ed il fratello gli disse che lo tormentava una tentazione molto forte di bestemmiare. L’anziano gli rispose: Non ti turbare per questo pensiero. I combattimenti carnali ci arrivano molte volte per colpa della nostra negligenza, ma questo pensiero non procede dalla negligenza, ma è un suggerimento del serpente. Quando arriva il pensiero, alzati, prega e fa’ il segno della croce, dicendoti a te stesso come se ti dirigessi al nemico: “Sia anatema tu e la tua tentazione! Cada la tua bestemmia su te, Satana, perché io credo fermamente che Dio è previdente con tutti: Questo pensiero non viene da me stesso, bensì della tua cattiva volontà!” (14). Le parole usate ci ricordano la preghiera che accompagna la Croce di San Benedetto, le quali, col segno della croce, si confermano come l’arma più efficace per mantenere allontanato il demonio e le sue tentazioni.
Origine e diffusione
della Croce e Medaglia di San Benedetto
 (15)
Più sopra dicevamo che non può dimostrarsi che la Croce e Medaglia di San Benedetto risalga allo stesso Santo. La sua diffusione cominciò a causa di un processo per stregoneria in Baviera, nel 1647. Nella località di Natternberg, alcune donne furono giudicate come streghe, e nel processo dichiararono che non avevano potuto danneggiare l’abbazia benedettina di Metten, perché era protetta dal segno della Santa Croce. Si cercò allora nel monastero e si trovarono dipinte rappresentazioni della croce, con l’iscrizione che conosciamo già, la stessa che accompagna sempre anche la medaglia. Ma quelle iniziali misteriose non potevano essere interpretate, fino a che, in un manoscritto della biblioteca, ritrovato nello stesso monastero di Metten nel 1414 e conservato oggi nella Biblioteca Statale di Monaco (Clm 8201), si notò un’immagine di San Benedetto, con quelle parole. Un manoscritto anteriore, del secolo XIV° e proveniente dall’Austria, e che si trova nella biblioteca di Wolfenbüttel (Helmst 2°,  35j), sembra essere stato l’origine dell’immagine e del testo. Nel secolo XVII J. B. Thiers, erudito francese, la giudicò superstiziosa, per gli enigmatici caratteri che l’accompagnano, ma il Papa Benedetto XIV l’approvò nel 1742 e la formula della sua benedizione si incorporò al Rituale Romano.
Nel secolo XIX si verificò un rinnovato fervore per la Croce-medaglia, sviluppato in Francia grazie allo zelo di Léon-Papin Dupont (1797-1876), chiamato il “santo uomo di Tours”. Uomo molto fervoroso, con molte relazioni negli ambienti ecclesiastici e dotato di gran generosità e carità, diffuse la devozione per il Sacro Volto, e propagò anche l’uso della medaglia di San Benedetto. Nell’opera già citata di Dom Guéranger si riferiscono grazie e miracoli attribuiti all’invocazione del Santo ed alla medaglia. La prima edizione dello scritto dell’abate di Solesmes risale a 1862, ma è anteriore, del 1849, un’opera dell’abate di San Paolo fuori le Mura, D. Francesco Leopoldo Zelli Iacobuzzi (1818-1895) (16), la quale, fu pubblicata in francese per l’iniziativa di Dupont e che Dom Guéranger usò nel suo proprio lavoro. In quest’opera, l’autore, che fu tra i sostenitori degli sforzi di riforma monastica nella sua patria, fa la storia della medaglia ricorrendo ad autori di fama, e questo testo ebbe influenza su coloro che scrissero sulla questione in Francia. È conosciuta l’importanza che il cenobio ostiense ebbe nella restaurazione benedettino del secolo XIX: qui emise la professione Dom Guéranger, ed i fratelli Mauro e Placido Wolter, che in seguito stabiliranno la loro vita monastica in Beuron e Maredsous, passarono lì parte del proprio periodo di formazione. Anche, alcuni giovani arrivarono dal Brasile, con la speranza di professare a Roma la Regola benedettina e trasferirsi dopo nel loro paese per incorporarsi ai monasteri esistenti, che non potevano ricevere novizi (17). Non è da rimpiangere, allora, che in quel più vasto piano di rinnovamento spirituale, dal monastero paolino, convertito in una specie di centro di irradiazione del fervore benedettino, si diffondesse unanimemente la devozione alla medaglia di San Benedetto. In realtà, la rappresentazione più popolare della stessa è la cosiddetta “medaglia” del giubileo, disegnata dal monaco di Beuron, Desiderio Lenz, l’artista ispiratore del famoso stile che porta il nome della “scuola beuronense”, e coniata in particolare per il Giubileo benedettino del 1880. Si celebrava quell’anno il XIV centenario della nascita di San Benedetto da Norcia, e gli abati di tutto il mondo si riunirono in Montecassino, da dove l’immagine si disseminò per tutto il mondo.
Una curiosità bibliografica è l’opuscolo “La santa Cruz de San Benito Abad en México”, prima edizione spagnola redatta da Manuel M. di Legarreta – Messico, Stampa Guadalupana di Reyes Velasco 1895, che è la traduzione spagnola della versione francese dell’opera menzionata dell’abate di San Paolo fuori le Mura, Don Francesco Leopoldo Zelli-Iacobuzzi. Nell’avvertenza che la precede, e che si trova nell’edizione francese, si dice che Dupont, il “santo uomo di Tours”, conosceva l’originale italiano e lo fece tradurre nella sua lingua. Partendo dalla sesta edizione in lingua francese(1882), si fece la prima in lingua spagnola in Messico, che è quella che conosciamo (18). Nel suo prologo si raccontano gli inizi della devozione benedettina in quel paese, dovuta allo zelo di un sacerdote, il Padre Domingo Ortiz, a partire dal 1878, ed alla “Legione della Santa Croce di San Benedetto Abate” che il Papa Leone XIII riconobbe con una “Breve” del 20 dicembre 1895. È interessante questa introduzione della devozione che è anteriore di circa 20 anni all’arrivo dei benedettini in Messico.