Santa Maria,

Santa Maria,
...donna del primo sguardo, donaci la grazia dello stupore.

sabato 29 ottobre 2016

«Zacchèo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua»

My Blog LeggiAmo La Bibbia

Il Punto Di Vista Di Dio

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DOMENICA 30 ottobre 2016
In quel tempo, Gesù entrò nella città di Gèrico e la stava attraversando, quand’ecco un uomo, di nome Zacchèo, capo dei pubblicani e ricco, cercava di vedere chi era Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, perché era piccolo di statura. Allora corse avanti e, per riuscire a vederlo, salì su un sicomòro, perché doveva passare di là. Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: «Zacchèo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua». Scese in fretta e lo accolse pieno di gioia. Vedendo ciò, tutti mormoravano: «È entrato in casa di un peccatore!». Ma Zacchèo, alzatosi, disse al Signore: «Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto». Gesù gli rispose: «Oggi per questa casa è venuta la salvezza, perché anch’egli è figlio di Abramo. Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto»(dal Vangelo di Luca 19,1-10)
Il film “L’attimo fuggente” (“Dead Poets Society” del 1989, di Peter Weir) ci racconta di un insegnante dai metodi molto originali e controversi, John Keating (interpretato da Robin Williams) che ne 1959 inizia a insegnare letteratura in un collego maschile. In una delle scene più famose del film, il professore improvvisamente sale sulla cattedra, e invita successivamente gli studenti a fare a turno la stessa cosa. Accompagna questo dicendo “faccio questo per ricordarmi di guardare le cose da angolazioni diverse e il mondo appare diverso da quassù…E’ proprio quando credete di sapere qualcosa che dovete guardarla da un’altra prospettiva anche se vi può sembrare sciocco o assurdo ci dovete provare…… guardatevi attorno, ribellatevi… osate cambiare, cercate nuove strade”

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scena dal film “L’attimo fuggente” di Peter Weir


Zaccheo, nel racconto del Vangelo, fa un po’ come questo professore e sale sull’albero di sicomoro per vedere la scena di Gesù che arriva. E’ una prospettiva diversa dal solito quella che sceglie, abituato per l’altezza fisica (“…era piccolo di statura”) e per il lavoro che fa (“…capo dei pubblicani e ricco”) a stare in basso sia dal punto di vista concreto che nella considerazione davanti al popolo, che odiava i pubblicani (e i loro capi) e li considerava maledetti da Dio e impuri.Zaccheo in modo timido cerca di cambiare le cose e di non stare forzatamente in disparte. Il racconto non ci dice direttamente il motivo per il quale questo piccolo uomo compie quel gesto, ma forse lo si può ricavare da una consuetudine di Gesù, tanto odiata dai suoi avversari, che era quella di stare spesso in mezzo a peccatori, pubblicani e prostitute, senza paura di risultare anche lui stesso impuro davanti a Dio. Zaccheo forse si rifà a questo, e decide di salire e vedere la scena da un punto di vista diverso, superiore.Anche Gesù sceglie un punto di vista diverso per guardare agli uomini e anche lo stesso Zaccheo. Non dall’alto ma dal basso (“Gesù alzò lo sguardo”). E anche qui si manifesta un rovesciamento di prospettive abituali.Se ripensiamo la storia di Gesù con lo spunto dato dalle parole del professor Keating del film, possiamo dire che Dio stesso ha voluto scegliere di guardare l’uomo non dalla prospettiva dei cieli incontaminati e perfetti, ma proprio scendendo dall’angolazione dell’uomo. Questo è sembrato sciocco e assurdo ai religiosi del tempo, e per questo hanno condannato Gesù come bestemmiatore. Ma è proprio con questo che Dio ha cambiato le cose e ha aperto nuove strade.Gesù nel racconto finisce a tavola con Zaccheo, il piccolo impuro peccatore! E questo cambia la vita di quest’ultimo aprendola alla carità. Gesù e Zaccheo e i poveri alla fine sono sullo stesso piano, e il mondo in questo modo cambia davvero.In questi giorni ha fatto molto rumore quello che è avvenuto a Goro, un piccolo paese di Ferrara, i cui abitanti hanno eretto barricate per fermare l’arrivo di alcuni profughi assegnati dal prefetto ad una struttura del luogo. E anche se si è subito scoperto che i profughi erano tutte donne di cui una incinta, la protesta e il blocco non si sono fermati.La cosa fa pensare e non può essere liquidata come un evento piccolo e che non si ripete. E’ tutto un clima che, a mio avviso, si sta “deteriorando” nei confronti del dramma della migrazione dei popoli per povertà, guerre e ingiustizie. Accogliere non è facile e non è mai indolore, richiede sicuramente sempre più organizzazione e collaborazione tra città e tra stati. Ma la soluzione delle “porte chiuse”, dei “muri” e “barricate” non è logica e tantomeno cristiana. La società ai tempi di Gesù era piena di barriere e muri, sia dal punto di vista fisico che strettamente religioso. Gesù ha voluto abbattere tutte queste barriere che erano soprattutto dentro le persone. Gesù ci ha dato il “punto di vista di Dio” che vede in tutti, a cominciare proprio da questo Zaccheo, un “figlio di Abramo”, cioè uno come gli altri, anche lui degno di essere amato e accolto prima di tutto. Alzare barriere culturali e religiose è davvero contro quello che ci insegna il Vangelo, e come cristiani non possiamo non sentirci interpellati.Tra meno di due mesi la tradizione ci porta a celebrare il Natale, “Dio che si fa uomo”. Facciamo dunque in modo (non solo con le parole ma con i fatti) che queste celebrazioni non siano così svuotate del loro significato da farci dimenticare che Dio con Gesù nato a Betlemme, dall’alto dei cieli è sceso come ospite e pellegrino in mezzo a noi, per farsi accogliere in ogni uomo e donna della terra.Dio ha osato cambiare le regole e ha cercato nuove strade per amare ogni uomo. E non è un “attimo fuggente” ma la  storia dell’umanità.



'Un cuore che ascolta - lev shomea'

"Concedi al tuo servo un cuore docile, perché sappia rendere giustizia al tuo popolo e sappia distinguere il bene dal male" (1Re 3,9)


Traccia di riflessione
sul Vangelo della domenica
di Santino Coppolino


Vangelo: 
Lc 19,1-10





















Questo brano, unitamente alla parabola del Buon samaritano (10,25-37) e a tutto il capitolo15 del Vangelo di Luca , può essere considerato un "Vangelo nel Vangelo". In Zaccheo infatti vediamo realizzata ancora una volta quella salvezza che sembra impossibile agli occhi degli uomini, ma non agli occhi di Dio, che si attua attraverso l'amore misericordioso di Gesù. Zaccheo (" il puro " opp. "Dio fa memoria") è cifra di quanti sono ritenuti dalla religione persone insalvabili, senza possibilità alcuna di redenzione. Non così però per il Padre, il quale "provvede il cibo anche ai piccoli del corvo che gridano" (Sal 147,9), animali immondi per eccellenza. Zaccheo è figura di quella Gerico inespugnabile le cui mura però crollarono al suono delle trombe, simbolo della voce di Dio; allo stesso modo crollano le false sicurezze del capo dei pubblicani dopo essere stato convocato e visitato da Gesù e avere ascoltato la sua Parola. Il Signore non teme di contaminarsi, lo abbiamo già visto in tante altre occasioni, egli si ferma a casa di Zaccheo perché "deve", perché questo è il progetto del Padre, perché "nessuno dei suoi figli vada perduto"(Gv 17,12) . "Nessun uomo infatti può ormai essere dichiarato impuro (cf. At 10,15), perché il Padre lo ha purificato con il sangue del suo Figlio "(cit.). La risposta di Zaccheo è esemplare, ci insegna cosa significa concretamente rispondere all'amore del Signore ; egli realizza realmente nella sua vita il "che cosa fare per ereditare la vita eterna"(10,25ss). In lui si attua quel radicale cambiamento di mentalità, quella "metanòia" che lo condurrà a fare giustizia, la vera Tzedaqà, a liberarsi di quella satanica zavorra che lo schiaccia così tanto in basso da impedirgli di "vedere Gesù". 
Adesso può finalmente contemplare il volto del Signore ponendosi alla sua sequela verso Gerusalemme, proprio ora che ha conosciuto quanto grande è la misericordia del Padre verso la sua persona, può finalmente cominciare un nuovo cammino per giungere "alla misura della statura della pienezza di Cristo "(Ef 4,13).


"Quando Gesù si autoinvita alla nostra tavola" 

di p. Ermes Ronchi - XXXI Domenica Tempo Ordinario - anno C


Quando Gesù si autoinvita alla nostra tavola

Commento
XXXI Domenica Tempo Ordinario (Anno C)

Letture: Sapienza 11,22-12,2; Salmo 144; 2 Tessalonicesi 1,11-2,2; Luca 19,1-10

In quel tempo, Gesù entrò nella città di Gerico e la stava attraversando, quand'ecco un uomo, di nome Zaccheo, capo dei pubblicani e ricco, cercava di vedere chi era Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, perché era piccolo di statura. Allora corse avanti e, per riuscire a vederlo, salì su un sicomòro, perché doveva passare di là. Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: «Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua». Scese in fretta e lo accolse pieno di gioia. (...) 

Gesù passando alzò lo sguardo. Zaccheo cerca di vedere Gesù e scopre di essere guardato. Il cercatore si accorge di essere cercato: Zaccheo, scendi, oggi devo fermarmi a casa tua. Il nome proprio, prima di tutto. La misericordia è tenerezza che chiama ognuno per nome.
Non dice: Zaccheo, scendi e cambia vita; scendi e andiamo a pregare... Se avesse detto così, non sarebbe successo nulla: quelle parole Zaccheo le aveva già sentite da tutti i pii farisei della città. Zaccheo prima incontra, poi si converte.
Da Gesù nessuna richiesta di confessare o espiare il peccato, come del resto non accade mai nel Vangelo; quello che Gesù dichiara è il suo bisogno di stare con lui: “devo venire a casa tua. Devo, lo desidero, ho bisogno di entrare nel tuo mondo. Non ti voglio portare nel mio mondo, come un qualsiasi predicatore fondamentalista; voglio entrare io nel tuo, parlare con il tuo linguaggio piano e semplice”.
E non pone nessuna condizione all'incontro, perché la misericordia fa così: previene, anticipa, precede. Non pone nessuna clausola, apre sentieri, insegna respiri e orizzonti. È lo scandalo della misericordia incondizionata.
Devo venire a casa tua. Ma poi non basta. Non solo a casa tua, ma alla tua tavola. La tavola che è il luogo dell'amicizia, dove si fa e si rifà la vita, dove ci si nutre gli uni degli altri, dove l'amicizia si rallegra di sguardi e si rafforza di intese; che stabilisce legami, unisce i commensali...
Quelle tavole attorno alle quali Gesù riunisce i peccatori sono lo specchio e la frontiera avanzata del suo programma messianico.
Dio alla mia tavola, come un familiare, intimo come una persona cara, un Dio alla portata di tutti.
Ecco il metodo sconcertante di Gesù: cambia i peccatori mangiando con loro, cioè condividendo cibo e vita; non cala prediche dall'alto del pulpito, ma si ferma ad altezza di occhi, a millimetro di sguardi. Ammonisce senza averne l'aria, con la sorpresa dell'amicizia, che ripara le vite in frantumi.
Zaccheo reagisce alla presenza di Gesù cambiando segno alla sua vita, facendo quello che il maestro non gli aveva neppure chiesto, facendo più di quello che la Legge imponeva: ecco qui, Signore, la metà dei miei beni per i poveri; e se ho rubato, restituisco quattro volte tanto.
Qual è il motore di questa trasformazione? Lo sbalordimento per la misericordia, una impensata, immeritata, non richiesta misericordia; lo stupore per l'amicizia. Gesù non ha elencato gli errori di Zaccheo, non l'ha giudicato, non ha puntato il dito. Ha offerto se stesso in amicizia, gli ha dato credito, un credito totale e immeritato.
Il peccatore si scopre amato. Amato senza meriti, senza un perché. Semplicemente amato. E allora rinasce.
#InCammino: #PANEQUOTIDIANO,



«Zacchèo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua»


 La Liturgia di Domenica 30 Ottobre 2016 VANGELO (Lc 19,1-10) Commento:Rev. D. Joaquim MESEGUER García (Sant Quirze del Vallès, Barcelona, Spagna)In quel tempo, Gesù entrò nella città di Gèrico e la stava attraversando, quand’ecco un uomo, di nome Zacchèo, capo dei pubblicani e ricco, cercava di vedere chi era Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, perché era piccolo di statura. Allora corse avanti e, per riuscire a vederlo, salì su un sicomòro, perché doveva passare di là.Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: «Zacchèo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua». Scese in fretta e lo accolse pieno di gioia. Vedendo ciò, tutti mormoravano: «È entrato in casa di un peccatore!».Ma Zacchèo, alzatosi, disse al Signore: «Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto».Gesù gli rispose: «Oggi per questa casa è venuta la salvezza, perché anch’egli è figlio di Abramo. Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto».Parola del Signore«Zacchèo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua»Rev. D. Joaquim MESEGUER García (Sant Quirze del Vallès, Barcelona, Spagna)Oggi, la storia del Vangelo sembra come il compimento della parabola del fariseo e del pubblicano (cfr Lc 18,9-14). Umile e sincero di cuore, il pubblicano pregava: «O Dio , abbi pietà di me peccatore» (Luca 18:13), e oggi contempliamo come Gesù perdona e ristabilisce Zaccheo , il capo dei pubblicani di Gerico, un uomo ricco e influente, ma odiato e disprezzato dai suoi vicini, che si vedevano estorti da lui: «Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua» (Lc 19,5). Il perdono divino porta Zaccheo alla conversione; ecco quí una delle cose originali del Vangelo: il perdono di Dio è gratis, non tanto a causa della nostra conversione che Dio ci perdona, ma succede in senso inverso: la misericordia di Dio ci muove al ringraziamento e dare una risposta.Come in quell'occasione Gesù, nel suo cammino verso Gerusalemme, passava per Gerico. Oggi e ogni giorno, Gesù passa per la nostra vita e ci chiama per il nostro nome. Zaccheo non aveva mai visto Gesù, aveva sentito parlare di lui ed era curioso di sapere chi fosse quel celebre maestro. Gesù, però, sì conosceva Zaccheo e le miserie della sua vita. Gesù sapeva come si era arricchito e come egli era odiato e ostracizzato dai suoi vicini, per ciò passò per Gerico per tirarlo fuori dal pozzo: «Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto» (Lc 19,10).L’incontro del Maestro con il pubblicano cambiò radicalmente la vita di quest'ultimo. Dopo aver ascoltato il Vangelo, pensa alla possibilità di Dio ti offre oggi e che non devi sprecare: Gesù passa per la tua vita e ti chiama per il nome, perché ti ama e ti vuole salvare, in qual pozzo sei intrappolato? Così come Zaccheo salì su un albero per vedere Gesù, sali tú adesso con Gesù all'albero della croce e saprai chi è Lui, conoscerai l'immensità del suo amore, giacché «sceglie un capo dei pubblicani: chi dispererà di se stesso quando lui raggiunga la grazia?» (S. Ambrogio).evangeli.net La voce di un maestro nello spiritoDiventare gli Amati significa lasciare che la verità dell'essere amati si incarni in ogni cosa che pensiamo, diciamo o facciamo.                                       H. NouwenPubblicato da 

Parrocchia, come stai?Un libro di venti anni fa prendeva spunto da Antonio Rosmini per denunciare “le cinque piaghe della parrocchia italiana”

SPERARE PER TUTTI

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Una diagnosi della parrocchia

La seconda parte dell'incontro che ho tenuto a Castellanza venerdì 27/10. 
Parrocchia, come stai?Un libro di venti anni fa prendeva spunto da Antonio Rosmini per denunciare “le cinque piaghe della parrocchia italiana” e a rileggerle possiamo riconoscerle tutte come attuali. Segno che qualcosa è rimasto fermo troppo a lungo e sarebbe ora di “riaprire il cantiere delle parrocchie”. Il testo compie una analisi coraggiosa dei problemi più urgenti della parrocchia e della sua pastorale e ne sintetizza alcuni, chiamandoli metaforicamente “piaghe”:Prima piaga: missione anemica - Si presta molta attenzione ai pochi che frequentano il tempio e si trascurano i molti che vivono nel territorio. La parrocchia, invece, è nata per essere Chiesa missionaria tra la gente.Seconda piaga: catechesi sclerotizzata - Si è molto intenti ad organizzare la catechesi mentre il popolo di Dio manca oggi di evangelizzazione. Spesso, inoltre, la catechesi è finalizzata ai sacramenti e non è in funzione della vita: in che misura il Vangelo che ascoltiamo ci abilita a vivere le diverse situazioni del nostro esistere? La parrocchia non si fa carico dell’annuncio del vangelo ai lontani e della catechesi permanente degli adulti.Terza piaga: disimpegno socio-pastorale - Si è sempre più impegnati in campo cultuale e sempre meno in quello socio-culturale. La parrocchia non si interessa alla vita del territorio, è poco attenta ai bisogni dell’uomo. Siamo molto bravi e attivi nella carità che risponde alle emergenze, che interviene con aiuti immediati, ma rischia di essere una carità “presbite” che non vede le persone al di là del loro problema e soprattutto non interviene a livello socio-politico. Questo implica anche la capacità d’interloquire e  collaborare con soggetti diversi, esterni o lontani dalla realtà ecclesiale.Quarta piaga: scollamento tra parrocchia, gruppi e movimenti - Manca nella parrocchia il dialogo tra comunità, associazioni, movimenti e gruppi, intesi come membri della stessa famiglia ecclesiale. La parrocchia spesso non è segno di un cammino pastorale armonico e unitario.Quinta piaga: clero non sempre attento alle nuove domande socio-pastoraliIl clero stenta, molte volte, ad uscire dall’”ovile” perché poco allenato al dialogo con il mondo. Il parroco non sempre possiede la formazione umana e pastorale adatta allo svolgimento del suo ministero. Spesso la tendenza diventa quella della ripetizione della conservazione dell’esistente, della ripetizione di copioni consolidati.Alle cinque piaghe individuate da chi ha scritto questa riflessione, ne aggiungerei una sesta: il clericalismo per cui ogni attività, progettualità e iniziativa fa riferimento al prete per cui il ruolo del laico si limita a esser al più esecutivo, senza realizzare una vera partecipazione e corresponsabilità. Parrocchia, dove vai?Di recente, il papa è tornato a ribadire che trovare una parrocchia, e soprattutto una chiesa, chiusa è un fatto triste. Però, ci sono anche tanti preti che magari sono soli, anziani e responsabili di più comunità che dicono: «Non ce la facciamo».Se alla chiesa manca il fiato, non ce la fa a uscire! Può sembrare una battuta, ma dietro c'è una riflessione che m'impegna da tempo e mi suscita preoccupazione.Sono profondamente convinto che la direzione indicata da papa Francesco sia quella giusta: il movimento del Dio biblico e il movimento di Gesù è quello di “uscire”, andare verso gli altri. Gesù era un maestro che “sconfinava”, dice un credente dallo sguardo limpido come don Angelo Casati. Solo così i cristiani riescono a camminare insieme agli altri uomini e donne, anche lungo le loro strade più buie. Solo così possono mettersi in sintonia con ciò che abita la loro immaginazione e il loro cuore per "farli ardere".Il punto è che in molti casi non sembrano esserci più le forze per compiere questo passaggio. Tempo fa, sul mio blog ha avuto molte letture il messaggio di un prete tedesco, brillante e apprezzato, che ha deciso di lasciare il ministero in parrocchia e ritirarsi in monastero dopo aver constatato che la comunità cristiana è vissuta come un’agenzia di servizi religiosi, senza che le persone intraprendano veri percorsi di fede e conversione. In questo periodo, l’arcidiocesi di Chicago, come tante altre nel mondo, sta procedendo a un'operazione di accorpamento e chiusura di parrocchie come avviene in tante chiese locali.Ci sono poi i non pochi preti che vivono forme di fatica, disagio, frustrazione. Tra di loro, quelli che nella pastorale si misurano con la perdita di rilevanza del proprio ruolo e con l'indifferenza della gente, nonché con le proprie problematiche personali. Alcuni si rinserrano in uno spazio controllato e circoscritto facendo della parrocchia un piccolo feudo o fortino, un’isola chiusa che ha scarsi rapporti con il mondo esterno.Tra coloro che svolgono il loro ministero con dedizione, autentico spirito di servizio, umiltà e attenzione alle persone secondo il Vangelo, c’è chi ha doti pastorali e sa creare comunità, anima parrocchie vivaci, calde, ma si misura altresì con un limite sempre più evidente. Quando si arriva al punto di fare un passo “in uscita”, le energie e il tempo non bastano. Conosco parroci davvero validi che vorrebbero andare nelle case e nei luoghi della convivenza, intrecciare nuove relazioni con chi è “lontano” o “sulla soglia”, hanno intuizione preziose, ma non riescono a concretizzarle perché la gestione delle attività tradizionali delle nostre parrocchie assorbe completamente loro e i laici che sono disposti a impegnarsi.L’attuale tendenza ad aumentare le unità o comunità pastorali (o altre denominazioni) segue il più delle volte una logica di aggregazioni e sommatoria dettata dalla necessità di ovviare alla scarsità di preti, senza che ci sia una vera e propria progettualità sottostante.La domanda da porsi, allora, diventa: è in questa chiave di necessità imposta dall’altro che vogliamo vivere le trasformazioni delle nostre parrocchie, oppure vogliamo farne l’occasione per ripensare e rinnovare la realtà parrocchiale.Questa consapevolezza dovrebbe spingerci a operare una diagnosi seria e serena della nostra realtà parrocchiale. Che cosa la fa essere comunità secondo il Vangelo per il nostro territorio, credibile qui e ora? In che cosa vediamo invece mancare il fiato? Con quali situazioni e vissuti abbiamo bisogno di confrontarci per allargare il nostro spazio delle relazioni? E che cosa invece riconosciamo come superfluo e andrebbe abbandonato?
 Christian Albini 

venerdì 28 ottobre 2016

pensieri semplici...


by leggoerifletto

Ricominciare il Meglio di Te

Se sei stanco e la strada ti sembra lunga,
se ti accorgi che hai sbagliato strada,
...Non lasciarti portare dai giorni e dai tempi, Ricomincia.

Se la vita ti sembra troppo assurda,
Se sei deluso da troppe cose e da troppe persone
...Non cercare di capire il perché, Ricomincia.

Se hai provato ad amare ed essere utile,
Se hai conosciuto la povertà dei tuoi limiti,
...Non lasciar là un impegno assolto a metà, Ricomincia.

Se gli altri ti guardano con rimprovero,
Se sono delusi di te, irritati,
...Non ribellarti, non domandar loro nulla, Ricomincia.

Perché l'albero germoglia di nuovo dimenticando l'inverno,
Il ramo fiorisce senza domandare perché,
E l'uccello fa il suo nido senza pensare all'autunno,
Perché la vita è speranza e sempre ricomincia..



Tuffarsi in  se stesse

 Certe volte viviamo all'esterno prese da cose da fare, liste da evadere, programmi da seguire, persone di cui occuparci, progetti da concretizzare…
fino a quando non ci accorgiamo che è giunta l'ora di fare un tuffo… un tuffo in noi stesse.
Proprio quando decidiamo che è giunto il momento tutto sembra fermarsi e noi ci immergiamo nel nostro mondo liquido e accogliente, caldo e avvolgente, un mondo dove i suoni giungono ovattati.
La realtà esterna si allontana come un paesaggio all'orizzonte mentre il pulsare del nostro cuore ci accompagna dentro noi stesse scandisce il nostro volteggiare in mondo interiore ricco di promesse.
Ad ogni respiro un frammento di noi si ricompone, un ricordo si ricongiunge, una carezza ci unisce e la nostra anima galleggia in uno spazio senza forma e senza tempo lo spazio della nostra interiorità ritrovata.

- Simona Oberhammer - 
da: "La via femminile"




Non piangerti addosso.
Ora non è il momento di pensare a quello che non hai.
Pensa a quello che puoi fare con quello che hai.


- Ernest Hemingway -
da: "Il vecchio e il mare"


Memorandum per il bambino fantasioso - Erma Bombeck

Durante i mesi estivi, quando i bambini sono troppo grandi per la baby-sitter e troppo piccoli per cavarsela da soli, io trovo che quello che ci vuole per mettere in chiaro che cosa ci si aspetta da loro sia il Memorandum per il Bambino Fantasioso.

Memorandum per il bambino fantasioso

- Questa è una casa. È proibito portare veicoli in casa.
- È pericoloso e illegale introdurre in questa casa più di duecento persone.
   I contravventori saranno legalmente perseguiti.
- In casa c'è un cane. Si chiama Spot. A Spot piace correre e giocare e riportare il bastoncino. Gli piace anche liberarsi l'intestino e la vescica con una certa regolarità.
Fate attenzione ai segni rivelatori, come salti più alti del soffitto, morsi alla maniglia e tentativi di strisciare sotto la porta.
- Mangiare è bello. Vedete il latte? il burro? gli affettati? Non corrono. Non camminano. Non hanno gambe. Devono essere presi e rimessi in frigorifero altrimenti diventano verdi. Il verde non è un bel colore.
- Sentite il telefono? Sta suonando. Questo significa che qualcuno vuol parlare con voi. Continua a suonare. Quando il telefono suona, sollevate la cornetta e parlateci dentro. Dite «Pronto». Dite «Arrivederci». Dite qualcosa.
- Le stanze da letto sono posti particolari. Cercate il vostro letto tutti i giorni. Provateci. A volte non vi riesce di vederlo perché è coperto di cianfrusaglie. Questo non è igienico. Le stanze ingombre sono disordinate.
I pesci muoiono nelle stanze disordinate. Le mamme non riescono a respirare nelle stanze disordinate.
Le stanze disordinate non sono adatte agli esseri umani. In questa casa ci sono anche esseri umani.
- La stanza da bagno vi vuol bene. È vostra amica. È sempre lì quando ne avete bisogno.
Ai coperchi delle tazze non piace stare alzati in continuazione. Si stancano. Agli asciugamani non piace stare sul pavimento. Non vedono niente. Ugh. 
Al sapone non piace stare a sciogliersi nell'acqua. Bah!
- Ecco la mamma che torna a casa. Ecco il papà che torna a casa. Si trascinano sulle ginocchia. Siate buoni con la mamma e con il papà. «Ehi, mamma, ascolta, Brace è uno stronzo. Glielo sto dicendo, Debbie. Non sono stato io, papà.»
Volete far impazzire la mamma?
Volete che al papà scoppi una vena del collo?
E allora datevi una regolata.

- Emma Bombeck -

Dio non poteva essere ovunque,
è per questo che ha creato le madri.

Detto ebraico



Buona giornata a tutti. :-)




martedì 25 ottobre 2016

"Io sono Zaccheo"...

antoniobortoloso.blogspot.it

JUAN J. BARTOLOME sdb, #Lectio Divina 
30 ottobre 2016 | 31a Domenica T. Ordinario - Anno C 
| Lectio Divina su: LC 19,1-10

Frequentemente, durante il suo ministero pubblico, si poteva vedere Gesù, accompagnato da persone di dubbia reputazione. Era tanto normale che frequentasse cattive compagnie che questo metteva a disagio i suoi discepoli, perplessi dinanzi a simile comportamento, e dava motivi per una dura critica da parte dei suoi avversari, che non potevano capire che un uomo buono potesse convivere con dei malviventi. E se era già abbastanza imbarazzante che Gesù si lasciasse accompagnare da persone non molto buone, risultava ancora peggio che le cercasse appositamente. Oggi il vangelo ci ricorda questo comportamento scioccante di Gesù, che entra in una importante città e sceglie come ospite un noto peccatore. Faremmo male a considerare questo episodio come un semplice aneddoto storico, come se narrasse solo l'incontro casuale di Gesù con un capo dei pubblicani. In realtà, per quanti desideriamo incontrarci un giorno con Gesù, e trovare in lui la nostra salvezza, il racconto ci offre un grande avvertimento e ci parla, nello stesso tempo, di una grande opportunità. E di come approfittarne.In quel tempo, 1Gesù entrò a Gerico, e attraversava la città.2Un uomo di nome Zaccheo, capo dei pubblicani e ricco, 3cercava di distinguere chi era Gesù, ma le persone glielo impedivano perché era piccolo di statura. 4Corse più avanti e salì su un sicomoro per vederlo, perché doveva passare da lì.5 Gesù, arrivato in quel luogo, alzò gli occhi e disse: "Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua".6 Scese, lo seguì e lo accolse con gioia. 7Al veder questo, tutti mormoravano, dicendo: "È andato ospite di un peccatore".8 Ma Zaccheo, in piedi, disse al Signore: "Guarda, la metà dei miei beni, Signore, la do ai poveri; e se ho approfittato di qualcuno, restituisco quattro volte tanto".9 Gesù gli rispose: - "Oggi la salvezza è entrata in questa casa; anche costui è un figlio di Abramo.10 Perché il Figlio dell'uomo è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto". 
1. LEGGERE: capire quello che dice il testo facendo attenzione a come lo diceAvvicinandosi a Gerusalemme (Lc 19,28) e vicino già alla morte, destino finale del suo camminare, Gesù passa da Gerico, suscitando aspettative tra i suoi abitanti. Luca si sofferma a narrare su uno di loro, personaggio importante, anche se non molto popolare tra i suoi concittadini. Prima narra, non senza ironia, l'interesse e l'ingegno che spingono Zaccheo per poter vedere Gesù; essendo piccolo di statura e poco stimato, non era facile trovare un buon posto; e non disdegna il ridicolo di salire su un albero, perché è "da lì che deve passare" Gesù (Lc 19,4). A Gesù non passa inosservata tanta curiosità; "alzando gli occhi" vede Zaccheo e, fermatosi, si fa invitare da lui (Lc 19,5). Zaccheo aveva fatto di tutto per veder passare Gesù e…fu Gesù che lo vide arrampicato sul fico! Zaccheo cercava di scorgere chi era Gesù e Gesù lo scorse facendosi suo ospite. Durante tutto l'episodio, il protagonista non è Zaccheo, ma Gesù: è Gesù che passa per Gerico e che sceglie dove farsi ospitare. E' lui che alza gli occhi e vede chi tanto si era sforzato di vederlo; e sarà Gesù che alla fine giustifica la sua decisione di alloggiare nella casa di Zaccheo: la sua presenza porta con sé la salvezza a questa casa. Per questo, malgrado le mormorazioni, è venuto lì.Benché alla fine del racconto, Luca sveli così il proposito ultimo di Gesù nel suo passaggio per Gerico (Lc 19,10: cercare e salvare ciò che era perduto), non si deve far passare inosservato questo particolare: affinché Gesù scelga di essere nostro ospite, bisogna mettersi lì dove passerà. Il Gesù incontrato è quello che prima è stato cercato con ansia. Chi ha Gesù in casa, ha il cuore pieno di gioia. Zaccheo, capo degli esattori delle tasse in una città importante è un uomo molto conosciuto e poco apprezzato. La decisione di Gesù di essere suo ospite non è compresa da "tutti": non è facile comprendere che un illustre visitatore scelga un riconosciuto peccatore come anfitrione. Però né Gesù né Zaccheo, sembrano preoccuparsi del malessere dei cittadini; o non gliene importa. Oltre la gioia di averlo in casa, Zaccheo sente che deve dare una gioia ai poveri e a coloro che lui aveva maltrattato. Il dono della metà dei beni e la restituzione, quadruplicata, di ciò che aveva rubato è, contante e suonante, la misura della sua conversione (Lc 19,8). L'inattesa e inspiegabile presenza di Gesù in casa di Zaccheo gli riempì innanzitutto il cuore di gioia e poi di generosità verso i derelitti. Gesù, se ospite cercato, porta con sé la salvezza. E la salvezza che lui porta, oltre a beneficiare colui che la riceve, si estende ai più bisognosi. In realtà per questo, solo per questo, solo per chi lo voleva vedere, è passato per Gerico ed è entrato in casa di Zaccheo.2. MEDITARE: applicare alla vita quello che dice il testo!Non è la prima volta che Gesù non evita "le cattive compagnie", quando si tratta di avvicinare il Regno di Dio al cuore dell''uomo (Lc 5,27-32; 15,1-3). Questa volta Gesù si comporta in modo diverso: all'entrata di un paese, si fa invitare da una persona di cattiva reputazione; non è che non evita i cattivi, è che li cerca e vuole stare con loro. Malgrado lo scandalo che provoca, onora con la sua presenza la casa di un peccatore pubblico: Gesù non vuole scontri inutili con i buoni, vuole fare il bene a chi non è buono del tutto. Curioso questo Gesù che per fare il bene a un cattivo sopporta l'incomprensione di tutti e la maldicenza dei buoni! Osa provocare tutto il paese facendosi ospite nella casa del principale esattore delle tasse. Doveva avere una ragione molto buona per fare una scelta tanto discussa. E' molto probabile che chi si sente già buono quando si avvicina a Gesù, non riesca ad averlo mai come ospite in casa. Zaccheo era capo di pubblicani, un esattore di tasse di un certo rango. Logicamente la sua professione non era molto popolare; ancor più, era considerata peccaminosa perché ingiusta. I pubblicani erano soliti arricchirsi con il denaro che esigevano agli altri. Ed è che il sistema di riscossione di quel tempo era tanto semplice come ingiusto: il re incaricava per la riscossione delle tasse un uomo ricco; così gli restava assicurata l'entrata di una certa quantità annuale; questo, a sua volta, affidava ad altri la concessione ricevuta per un prezzo maggiore di quello che doveva consegnare. La catena di intermediari si moltiplicava, moltiplicandosi anche i guadagni e l'ingiustizia: alla fine, il popolo pagava più del dovuto e doveva subire giornalmente l'affronto di vedere che la loro povertà alimentava la crescente ricchezza dei pubblicani. Se così stavano le cose, non c'era nulla di più logico che, quando hanno visto l'entrata di Gesù a Gerico, mormorassero per l'ardire di Gesù nel forzare l'invito del capo dei pubblicani della città. Se almeno fosse partita da Zaccheo l'iniziativa…, ma risultava inconcepibile che Gesù scegliesse, per ospitarsi, la casa di un uomo tanto disprezzato, non già per la sua ricchezza quanto per il modo in cui l'aveva accumulata. Senza negar loro la ragione che hanno, con la sua risposta Gesù dà ragione del suo comportamento: lui si deve dare a chi ne sente il bisogno, è venuto a cercare chi è smarrito, a salvare chi si sente perduto. E' ovvio che Zaccheo non era un santo. Perfino lui lo sapeva. Proprio per questo Gesù ha preferito la sua casa e la sua ospitalità; la sua presenza gli permette di avere un'opportunità, la sua convivenza gli avvicinerà il Regno. E Zaccheo, che sapeva bene che l'origine delle sue ricchezze era l'origine della sua ingiustizia, approfittò di una visita di Gesù nella sua casa, una casuale visita che lui stesso non aveva previsto, per rinunciare alla metà dei suoi beni e restituire con gli interessi a coloro che aveva defraudato; avendo Gesù con sé, in casa, seppe mettere a disposizione dei poveri e di quanti aveva ingannato, i suoi beni, pur di stare bene con Dio. Per non avendo sprecato l'occasione che un invito di Gesù gli offriva, ricevendolo nella sua casa e ponendo a sua disposizione quanto possedeva, Zaccheo tornò ad essere il figlio di Abramo che Dio aveva creato e amato. Non lo intimorirono le maldicenze dei suoi paesani, gli bastò sentire il desiderio di Gesù di alloggiarsi a casa sua; gli importò di più il desiderio di Gesù che l'opinione dei suoi avversari. Ciò che era iniziata come semplice curiosità dinanzi a ciò che era sconosciuto, finì con la determinazione di saldare il suo debito di giustizia. Solo chi lo ha accolto di cuore, è uscito dal suo peccato. Coloro che, invece, si credevano sufficientemente buoni per poter criticare il comportamento di Gesù, dovettero sorprendersi nell'udirlo dire che, in Gerico, solo Zaccheo aveva ottenuto la salvezza di Dio. E il fatto è che, -qui risiede l'avvertimento che Gesù ci fa-, chi si crede buono solo perché può, anche se ha tutte le ragioni, disprezzare quanti non sanno nascondere la loro malizia, è sempre sul punto di perdere Dio; chi non riconosce che nessuno, nemmeno lui stesso, è degno di Dio, mai si incontrerà con lui; chi crede di meritare Gesù e la sua visita, mai lo accoglierà nella sua casa. Non è solito Gesù, e il vangelo di oggi ne è una prova, incontrarsi solo con coloro che se lo meritano; Dio non alloggia tra quelli che, per quanto buoni, non sentono il bisogno di lui; chi si è abituato a Dio tanto che il suo passaggio non gli provoca curiosità, chi non fa niente di straordinario per avvicinarsi a Dio e vederlo più da vicino, non sarà il prescelto quando Dio verrà; quanti sono sicuri dell'invito di Dio, di solito non saranno, con loro sorpresa, tra i prescelti. Perderemo Dio, non tanto perché, disgraziatamente, siamo cattivi, ma perché ci illudiamo di essere buoni. Non sarebbe male che finalmente imparassimo: perché il Signore ci visiti, non bisogna essere molto buoni, quanto piuttosto non ci si deve sentire migliori degli altri. Però se Gesù non si sofferma su quanto gli altri pensano di noi, se neanche è necessario essere previamente buoni, ce lo ha reso realmente facile. Ed è stata questa l'occasione di Zaccheo e la nostra, se ne sappiamo trarre profitto. Nessuno è troppo indegno di Dio, tranne quando si crede già degno; tutti possiamo farci l'illusione di sentire un giorno la richiesta di Gesù perché lo invitiamo ad entrare in casa; per noi non deve farsi penoso un incontro con Dio che si verificherà lì dove abitiamo, né è umiliante una conversione che inizia quando Dio è nostro ospite; lasciandosi servire non ha reso più facile il servizio che gli dobbiamo.Non è temibile un perdono che ci viene concesso quando permettiamo che Dio alloggi insieme a noi: Gesù ci salva se ne sentiamo la nostalgia, se sentiamo che ci manca, se otteniamo che condivida la casa; quando può disporre dei nostri beni, lui sarà la ragione del nostro benessere. Come lo è stato per Zaccheo. Però Zaccheo fece qualcosa di più che accogliere Gesù in casa sua: con lui in casa, seppe privarsi di quanto possedeva, la metà dei suoi beni, e restituire ciò che secondo giustizia non gli apparteneva, il quadruplo di quanto aveva defraudato. La sua salvezza è stata autentica, perché lo salvò dai suoi mali, quei mali la cui prova evidente erano i suoi beni ingiusti. Ed è che, chi convive veramente con Gesù, anche se una sola volta, deve lasciare di convivere con tutto ciò che lo separa da lui. Non meritò la visita Zaccheo, però dovette pagare un prezzo per essa; non glielo ha imposto Gesù, lo scoprì avendolo vicino.Non si sa se ammirare più il bisogno di salvezza di Zaccheo o il bisogno di Gesù di salvare. Però perché Abramo recuperi un figlio e Dio salvi un focolare, è necessario accogliere Gesù nella propria casa, in famiglia. E non tanto perché abbiamo bisogno di essere salvati (Zaccheo voleva solo conoscere da lontano Gesù, e nemmeno incontrarlo personalmente), quanto perché a Gesù lo spinge, lo motiva e lo "commuove", la nostra salvezza. Sentiamo oggi il suo invito ad ospitarlo in casa e la nostra casa conoscerà la salvezza. Anche se non bisognerà dimenticare che lo ospitò non chi volle, né chi era migliore, ma chi è stato scelto…, perché aveva bisogno di essere salvato. Questo è il "prezzo" che pagò, per primo, Zaccheo: sapersi indegno di avere Gesù tra i suoi. La ricompensa è stata la gioia che ha inondato il suo cuore e la salvezza della quale si è riempita la sua casa. Però non solo… La vicinanza di Gesù portò Zaccheo a scoprire l'ingiustizia con la quale aveva accumulato la sua fortuna. Gesù non gli parlò di questo; lo scoprì Zaccheo quando ebbe Gesù in casa. La vicinanza di Gesù fece sì che Zaccheo ricordasse il suo peccato e si avvicinasse al bisogno dei poveri. Ci priviamo di Gesù tutte le volte in cui non siamo disposti ad ammettere i nostri peccati o/e a ricordarci dei poveri. Abbiamo bisogno di Gesù per essere vicini a coloro che hanno bisogno di noi. Così si realizza l'autentica salvezza. Prima che Gesù Proclami la sua salvezza, Zaccheo ha riconosciuto il suo peccato e ha proclamato la sua volontà di distribuire i suoi beni.Non perdiamo oggi l'opportunità che un giorno ebbe Zaccheo, il capo dei pubblicani di Gerico: invitiamo Gesù a rimanere con noi, ad entrare nelle nostre case; Gesù non impose a Zaccheo di convertirsi per essere ospite in casa sua; però facendosi ospite la rese possibile. In ogni peccatore confesso Gesù trova una ragione per venirci incontro; non è il peccato ciò che lo allontana da noi, ma la negazione dello stesso. Non sono stati i buoni a ricevere in casa Gesù, perché si credevano degni; sono stati i buoni che hanno perduto Gesù quando si sono scandalizzati del suo comportamento. Benché la sua vita lasciasse a desiderare, Zaccheo non lasciò che Gesù passasse alla larga. Con lui è arrivata la conversione e il Regno. Non è stata gratis la visita: Zaccheo pagò un alto prezzo, però se lo impose lui stesso. I buoni perdono Gesù, per credersi buoni; i cattivi perdono i loro beni, quando riconoscono il loro peccato. Però Dio, e il Regno, si è avvicinato solo a chi Gesù aveva visitato. Perché impegnarci a sentirci buoni o a passare per tali, anche oggi, anche noi, se questo ci produce il non avere Gesù in casa e perdere l'occasione di fare il bene ai più bisognosi?

J. BARTOLOME sdbFonte:  www.donbosco-torino.it

padre Ermes Ronchi

"Quando Gesù si autoinvita alla nostra tavola"

Quando Gesù si autoinvita alla nostra tavola

padre Ermes Ronchi

XXXI Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (30/10/2016)

Vangelo: Lc 19,1-10 

Gesù passando alzò lo sguardo. Zaccheo cerca di vedere Gesù e scopre di essere guardato. Il 

Monsignor Nunzio Galantino,

L’AMORE DI DIO IN CERCA DI CHI SI È PERDUTO

L’AMORE DI DIO IN CERCA DI CHI SI È PERDUTO
XXXI Domenica del Tempo Ordinario, 30 ottobre 2016

Anche questa domenica, il Vangelo racconta l’incontro di un pubblicano
– Zaccheo – con Gesù, un Continua a leggere...»

Paolo Curtaz, "Io sono Zaccheo"


Io sono Zaccheo Commento al Vangelo di domenica 30 ottobre 2016 - Paolo Curtaz
Eccolo, Zaccheo. Già il nome è un programma: significa il puro ma se è la contrazione di Zaccaria,significa Dio ricorda: il Signore vede in lui un puro, un semplice. Dio ci restituisce la nostra immagine ancestrale, la nostra idealità profonda, egli sa cosa siamo veramente. Dietro la scorza indurita di un uomo che è diventato un aguzzino, Dio vede l’innocenza nascosta.E la rianima.La folla vede in lui un delinquente, Dio, che si ricorda di com’era Zaccheo quando lo ha creato nel grembo della madre, vede in lui un santo.Due sono le peculiarità che caratterizzano Zaccheo: è un capo dei pubblicani ed è ricco.Non sappiamo altro di lui: nulla sul suo carattere, sui suoi sogni, sulle sue amicizie, sulla sua fede.È il suo ruolo, non si scappa.Per Gesù quell’uomo ha un nome, Zaccheo, non un ruolo.Piccole vendetteSono temuti, i pubblicani: alle spalle hanno l’aquila romana.Ma i suoi concittadini, ora, si tolgono una piccola soddisfazione, diventano un muro davanti alla strada, gli impediscono di vedere. Piccola e innocente vendetta fra uomini, come ancora si usa oggi.Zaccheo ha saputo del passaggio del profeta.Non che la cosa lo riguardi più di tanto: i farisei e gli scribi, di solito, insultano e tengono distanti i pubblicani, non scherziamo. Zaccheo sa bene di essere un pubblico peccatore, non ha nessuna possibilità di salvezza.Se anche il Messia venisse, Zaccheo rimarrebbe fuori dalla porta della festa.In compagnia dei pastori. Della samaritana. Della donna emorroissa.Ma è curioso.Cercava di vedere, annota Luca. È la ricerca il cuore pulsante di questo incontro.Zaccheo cerca Gesù che lo cerca. E si incontreranno.Siamo ciò che desideriamo. Siamo ciò che cerchiamo.Chi è GesùZaccheo vuole vedere chi è Gesù.La sua curiosità ha un obiettivo specifico: il Nazareno.Non è curiosità fine a sé stessa, lui non vuole soddisfare il suo quarto d’ora di delirio mistico.La ricerca di senso, la curiosità, va orientata e nutrita. Zaccheo ha intuito che Gesù ha a che fare con la sua felicità. E osa.Zaccheo vuole vedere Gesù, punto. Se ne è degno, se è pronto, se capisce dove lo porterà questo incontro, se è moralmente accettabile a Dio, proprio non gli importa.OstacoliUn muro di gente ci impedisce di vedere Gesù. Schiene, non volti.Persone che ci sono ostili, che dicono che è tutto falso, che non c’è né desiderio, né soddisfazione, che l’uomo è drammaticamente incapace di risposte, è mostruosa creatura irrisolta.Persone che non hanno risposte e che negano la possibilità di fare domande.Profeti del nulla, non vogliono che ci mettiamo in cammino per giustificare il loro fallimento.Zaccheo sembra non avere soluzioni. Potrebbe girare i tacchi e tornarsene a casa.Come molti, oggi, che gettano la spugna alla prima difficoltà.Corre avanti. Zaccheo trova una soluzione semplice davanti al muro di folla che aspetta Gesù: salirà su un albero. Su di un sicomoro, per la precisione.FichiLa Bibbia ci dice che il sicomoro, albero sempre verde che non cresce in Europa, fa parte della famiglia dei fichi. I rabbini insegnavano o studiavano sotto il fico e alcuni paragonavano la Torah al fico per via della dolcezza del suo frutto. A nessuno sfugge che Natanaele, nel vangelo di Giovanni, è chiamato da Gesù mentre sta sotto un fico (Gv 1,28).È in alto, libero, non ostacolato.Che bello sarebbe se le nostre comunità diventassero tanti alberi su cui chiunque (chiunque!) possa salire per vedere il Signore…È ben nascosto, Zaccheo. Il fogliame lo protegge: può vedere senza essere visto. O così pensa.Appena giunto al luogo dell’appuntamento, all’albero, Gesù alza gli occhi e lo vede.Zaccheo!Lo chiama per nome, lo conosce, sa bene chi è.Ha preso l’iniziativa, ha polverizzato con una frase ogni dubbio, resistenza, colpa.Oggi deve andare da Zaccheo.Oggi: ogni giorno, ogni oggi è il giorno in cui possiamo accogliere il Signore in casa nostra.Anche se non ne siamo degni, anche se tentenniamo, anche se non abbiamo nulla di pronto da offrirgli. Nessun giusto sarebbe mai entrato nella casa di un peccatore.Eccetto Gesù.Fico maturoScende in fretta, Zaccheo,  letteralmente si precipita, cade come un frutto maturo.È accaduto l’inaudito: il Rabbì che tutti aspettavano, si è accorto di lui e ha chiesto di andare a casa sua. Non si è sbagliato, non lo ha confuso con un altro: lo ha chiamato per nome.È tutto talmente esagerato che anche Zaccheo esagera e si rovina.Leggete bene e fate due conti: il pubblicano regala la metà dei suoi soldi ai poveri. E sia.Poi restituisce quattro volte tanto a coloro ai quali ha rubato, cioè a tutti. La metà di quello che ha non basterà certo a rimborsare il quadruplo di ciò che ha rubato!Pazienza: ora ha il tesoro.Perderà tutto perché ha trovato il tesoro nascosto nel campo (Mt 13,44). Che gli importa?In questo incontro troviamo il cuore del vangelo.Dio precede e suscita la nostra conversione. L’incontro con Dio ci cambia la vita.Zaccheo contraddice il nostro modo di pensare: di solito parliamo di contrizione e di pentimento per meritare il perdono di Dio.Pecco, mi pento, Dio mi perdona, questa è la sequenza corretta.Gesù scardina questa sequenza: pecco, Dio mi perdona, quindi mi pento.Zaccheo sa benissimo di essere un delinquente, non ha bisogno che qualcuno glielo ricordi.Ha bisogno che qualcuno creda in lui.Che creda nella possibilità di cambiare senza condizione, a prescindere.L’amore scatena in noi energie inattese e nascoste.