Santa Maria,

Santa Maria,
...donna del primo sguardo, donaci la grazia dello stupore.

mercoledì 31 dicembre 2014

"Non ricordate più le cose passate, non pensate più alle cose antiche! Ecco, faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia, non ve ne accorgete?"

Ringraziamento fine anno - Don Tonino Bello

Eccoci, Signore, davanti a te
dopo aver tanto camminato lungo quest'anno.
Forse mai, come in questo crepuscolo dell'anno,
sentiamo nostre le parole di Pietro:
«Abbiamo faticato tutta la notte,
e non abbiamo preso nulla».
Ad ogni modo, vogliamo ringraziarti ugualmente.
Perché, facendoci contemplare la povertà del raccolto,
ci aiuti a capire che senza di te non possiamo far nulla.
Ci agitiamo soltanto.
Grazie, Signore, perché
se ci fai sperimentare la povertà della mietitura
e ci fai vivere con dolore il tempo delle vacche magre,
tu dimostri di volerci veramente bene,
poiché ci distogli dalle nostre presunzioni
corrose dal tarlo dell'efficientismo,
raffreni i nostri desideri di onnipotenza,
e non ci esponi al ridicolo di fronte alla storia:
anzi di fronte alla cronaca.


- Don Tonino Bello - 

Parole d'amore, ed. La Meridiana



"Non ricordate più le cose passate,
non pensate più alle cose antiche!
Ecco, faccio una cosa nuova:

proprio ora germoglia, non ve ne accorgete?"


(Isaia 43, 18-19)



Le cose vecchie e la creatura nuova 

“Se uno è in Cristo, è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate; ecco, ne sono nate di nuove” (2 Cor 5,17).

Le vecchie cose sono i criteri, i pensieri, le dottrine che regolavano il mondo. Ormai questi sono morti, e sono stati sostituiti dalle cose nuove, da modelli di pensiero e di vita che hanno quale punto dinamico di partenza il Cristo, il Dio che in Gesù è diventato uomo: l’umanità del Cristo è la stella polare che deve orientare l’esistenza del credente, conducendolo verso la creazione di un mondo progressivamente sempre più umano, dove la dignità, la libertà, la diversità di ogni creatura siano sacre e inviolabili.
Per cogliere questa novità Paolo invita i credenti a “rinnovarvi nello spirito della vostra mente e a rivestire l’uomo nuovo, creato secondo Dio nella giustizia e nella vera santità” (Ef 4,23-24)

 - padre Alberto Maggi - 


Vi auguro sogni
a non finire,
la voglia furiosa
di realizzarne qualcuno,
vi auguro di amare
ciò che si deve amare
e di dimenticare
ciò che si deve dimenticare,
vi auguro passioni,
vi auguro silenzi,
vi auguro il canto degli uccelli
al risveglio
e risate di bambini,
vi auguro di resistere
all’affondamento,
all’indifferenza,
alle virtù negative
della nostra epoca.
Vi auguro soprattutto
di essere voi stessi.



(Jacques Brel)



Preghiera per il nuovo anno

Un nuovo anno comincia 
e invano scruto l'orizzonte
per scorgere in anticipo quello che accadrà.
Davanti al tempo, Signore, 
lo devo ammettere,
avverto tutta la mia fragilità 
e il mio smarrimento.
Non posso sapere con certezza 
quello che accadrà di qui a poche ore
e come posso prevedere ciò che mi riserverà 
questa nuova carovana di giorni?
Non riesco neppure a intravedere le sorprese 
che mi attendono dietro l'angolo
e come posso riconoscere ciò che sta nel cuore di questi mesi?
E tuttavia, Signore, anche se televisioni e giornali
continuano a rovesciare su di me la loro valanga di sciagure,
di notizie sconfortanti, di previsioni nere,
io non voglio lasciarmi vincere dall'ansia
o dallo scoraggiamento dal pessimismo o dalla tensione.
No, Signore, vado incontro a questo nuovo anno 
con fiducia e con speranza.
E sai perché? Qualunque cosa accada, 
ne sono certo, tu sarai con me.



L'augurio per  un anno di serenità ....  per ognuno di voi !  :-)


Buon Anno...

anche da Giuli@no


Il Centro di tutti i mondi

Il mistero di Betlemme

Frederick William Faber
Proponiamo ai nostri lettori una meditazione
 sul mistero del Natale tratta da “Betlemme” 
(SEI, Torino 1950)
 una delle più note opere dell’autore spirituale
 inglese Frederick William Faber (1814-1863).
          La santa Grotta illumina vaste regioni nella mente di Dio e ce le rivela con un misto di simboli e di realtà, che ci offre. Cosa ci rivela infatti la rossastra lanterna, che il vento fa oscillare tra le mani di S. Giuseppe? Il centro della santa Grotta è ancora ascoso al nostro sguardo.Attorno al Verbo incarnato, ma non ancora comparso alla luce, si concentrano tutte le altre cose. Egli è il centro di tutti i mondi nella maggior parte invisibili. Le stesse sue creature, perfino la sua divina Mamma, in quell’istante costituiscono attorno a Lui un ostacolo, che impedisce di vederlo. Tuttavia, di tanto in tanto, Egli si manifesta come farà ora a mezzanotte, per restar questa volta visibile, benchè oscuramente, per trentatré anni. Ma anche quando il Verbo resta nascosto Egli è tuttavia l’attrattiva, l’unità, la vita, il significato, la riuscita e il sublime riposo di tutti i mondi, di cui è il centro.D’intorno a Lui, come chiostro del santuario nel quale abita, vi sono la bellezza e la forza della santità creata, che preservano la sua ineffabile purezza dal contatto e dalla vicinanza delle comuni creature. Maria è in preghiera in mezzo alla santa Grotta.A prima vista, non v’è nulla d’imponente e di persuasivo nella sua spirituale bellezza. Molte donne betlemite L’avevano vista passare presso le loro soglie, al pomeriggio, senz’avere notato su di Lei alcuna caratteristica, che potesse eccitare la loro ammirazione o ridestare almeno il loro interessamento. Forse esse avevano conosciuto, da qualche caratteristica del suo atteggiamento o dal linguaggio di S. Giuseppe, ch’Ella era di Nazareth. Forse l’avevano giudicata troppo giovane per uno sposo così attempato e guardata con momentanea benevolenza per la sua condizione di prossima maternità. Ma, prescindendo da queste impressioni, non venne loro in mente di pensare alla sua ineffabile dignità; che non si accorsero di una luce, di un’estasi quasi abituale, che brillava nel suo sguardo. Non si effondeva da Lei alcun profumo, che le avvolgesse di una celeste atmosfera. Nulla c’era in quelle donne, su cui potessero agire le attrattive dell’imponente santità di Maria.Così avviene sempre delle cose di Dio, le quali non manifestano clamorosamente i loro diritti. Anzi, la loro eloquenza consiste nel silenzio e la bellezza nella loro misteriosa discrezione. Le cose di Dio non brillano dinanzi agli occhi per convincere forzatamente; esse toccano il cuore, lo stemperano, lo dilatano, lo trasformano e quando l’hanno reso, in certa misura, simile a se stesse, entrano in esso e ne prendono possesso. Esse esigono studio e questa è una loro caratteristica. La santità è la scienza, il cui studio dev’essere diretto e accompagnato dalle sue regole, dalla luce delle sue scoperte e dalla delicatezza dei suoi processi. Quanto più una cosa è vicina a Dio, tanto maggiormente la luce che la pervade è radiosa e per conseguenza tanto più dev’essere studiata con paziente assiduità. Ne consegue che non v’è nulla, che richieda tanto studio come la sacra Umanità di Gesù e, dopo di lui, come l’eletta Madre della sua Umanità. A Gesù e a Maria si avvicina di molto la tranquilla magnificenza e grandezza della santità di S.Giuseppe.Ecco dunque ciò che occupa il centro della santa Grotta. La Santità increata e quella creata in una sola Persona e in due nature, il Verbo incarnato; il Creatore bambino è là, ma ancora invisibile; tale è l’oggetto della nostra ammirazione, del nostro amore, della nostra riconoscenza e della nostra più assoluta adorazione. Attorno a Lui e quasi compresi nella sua luce e bellezza, vi sono due mondi di santità creata, ambedue vasti, gloriosi e impareggiabili. In uno di quei mondi Gesù stesso abitò per nove mesi e si degnò di prendere dai relativi materiali gli elementi per formare il proprio corpo e sangue creato. Egli collocò al suo fianco l’altro di quei due mondi, appena al di fuori dell’attuale mistero dell’Incarnazione, come un avamposto per propria difesa, come un satellite destinato al servizio di Se stesso e di sua Madre, come un’ombra sotto la cui protezione e salvaguardia il mistero potesse operarsi nel modo più conveniente alle divine perfezioni, come l’ombra dell’eterno Padre, che lo seguiva dall’alto dei cieli.            La gerarchia dell’incarnazioneQuesti tre mondi formano un sistema, che si può chiamare la gerarchia dell’Incarnazione nel senso più stretto di questa parola; oppure il nucleo di questa gerarchia, se si vuoi parlar meno strettamente benchè con perfetta esattezza. In questo ultimo caso, gli Apostoli, S. Giovanni Battista, gli Evangelisti e altri ancora entrano nel sistema e vi partecipano. I teologi sono abbastanza arditi nel chiamare questi tre mondi di santità con il nome di trinità terrestre; ma l’uso dei Santi e dei pii scrittori ha ormai consacrato questo linguaggio riverentemente arrischiato. Così la Grotta di Betlemme è un’imponente immagine della triplice Maestà del Cielo. Ivi le ombre divine risultano più chiaramente definite e stampate. Là sono riunite e concentrate tutte le somiglianze tra il Creatore e la creatura. Cosi la Grotta di Betlemme è il sacro coro della creazione, essendovi presente il Creatore in una natura creata. 
Visione beatifica terrestre 
Essa ci rappresenta una specie di visione beatifica terrestre, nella quale l’unità, le distinzioni, le relazioni e le processioni dell’Altissimo sono così meravigliosamente riprodotte, da pervadere di rapimento e di trepido amore l’anima degli spettatori. Che sono mai, in confronto, i misteri dell’armonia e della poesia, le meraviglie del firmamento, l’interessante scienza delle creazioni trascorse ed esumate dalle profonde caverne, che nascondono pietre mute e secolari; che cosa è l’interessante studio della materia così mutevole e varia dal ridursi con indefinite e sempre nuove analisi nei suoi ultimi elementi, dopo i quali il genio scopritore del chimico deluso sospetta ulteriori decomposizioni e più reconditi rifugi attualmente irraggiungibili?Che è mai, al paragone, il gioioso stupore dell’entusiasta fisiologo il quale, con il microscopio alla mano, segue pazientemente e in silenzio il principio della vita attraverso il labirinto delle sue numerose cellule; che sono tutte queste gioie intellettuali se paragonate al godimento, che ci procura la scienza madre fiorita nel Cielo e cioè la teologia, la quale c’introduce così nell’interiore santuario della creazione e ci mostra in un fulgore di luce radiosa la trinità terrestre nella Grotta di Betlemme?

Ascoltava, guardava, e obbediva - Maria, da parte sua, serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore.

Buon Anno ...

1 Gennaio. Maria Santissima Madre di Dio


Ascoltava, guardava, e obbediva


Nonostante tutto, all’aurora di un nuovo anno, il Signore ci invita a non aver paura del futuro, perché nei giorni che ci attendono “farà brillare il suo volto e ci sarà propizio”. Proprio come sperimentarono i pastori entrando nella grotta, dove contemplarono il volto di Dio splendere in una famiglia, “Maria e Giuseppe” che fasciavano con le loro cure amorevoli "il Bambino deposto in una mangiatoia". Il “segno” che Dio anche oggi offre al mondo è dunque la Santa Famiglia di Nazaret. Per questo ci chiama ad incamminarci “senza indugio” nella storia, perché la Santa Famiglia, immagine della comunità cristiana, accoglie anche noi per aiutarci ad accogliere Cristo nella nostra vita. Anche negli angoli oscuri, dove non capiamo nulla di ciò che ci accade, e vorremmo cambiare gli eventi, le persone, noi stessi. Accanto a Gesù, infatti, come una porta verso di Lui dischiusa dinanzi a noi, c’è Maria. Non c’è altro cammino a Cristo che sua Madre, la Chiesa: Maria, che ha accolto Dio nel suo cuore prima che nel suo grembo, e non ha mai smesso di gestarlo nel suo intimo, dove l’uomo è davvero se stesso e, al riparo dai condizionamenti, decide se obbedire o no. E Maria ha obbedito. Ascoltava, guardava, e obbediva, perché nel suo cuore “serbava e meditava tutte le cose” di suo Figlio; "sumbállousa" recita il greco, che letteralmente significa "mettere insieme": come componendo un puzzle, Maria metteva insieme nel suo cuore, uno ad uno, i frammenti che andavano componendo il volto radiante e misericordioso che Dio rivolgeva sull'umanità imprimendolo nella carne di Gesù: il suo amore infinito deposto in Lei e che le cresceva in grembo; che nasceva, si faceva uomo, e Parola, e segni; e poi insulti e rifiuti, sino all’istante in cui una spada ha trafitto il suo cuore. In quel momento la lama le conficcava nel cuore il dolore di ogni uomo; e lo univa a “tutte le cose” di suo Figlio, custodendo nella memoria quello che non comprendeva, perché l’impossibile non restasse fuori dalla sua vita. E ora, ai piedi della Croce, accoglieva nel suo cuore le nostre angosce, ogni evento che non abbiamo capito e accettato, perché la sofferenza non ci allontanasse da suo Figlio. E così, accogliendoci nel dolore di Gesù, diventava nostra Madre
Per entrare nel nuovo anno non abbiamo bisogno di fare propositi buoni solo per essere smentiti. Ma di convertirci e deporre l’uomo vecchio figlio dell’inganno di satana per rivestire il nuovo dei figli di Dio. Ma come si diventa figli di Dio? Accostandoci alla Croce piantata nella nostra storia, perché anche oggi da essa Gesù ci affida a sua Madre. Accogliamola oggi e ogni giorno, per imparare ad accogliere senza riserve la volontà di Dio, nella quale “il Signore volge a noi il suo volto e ci concede la Pace”. Non è questa desideriamo? Essa ci viene incontro con Cristo risorto nell’annuncio della Chiesa. Per chi in essa impara ad ascoltare e a “meditare nel cuore” la Parola di Dio, ogni istante è un frammento della “pienezza del tempo” sbocciata nel grembo di Maria, nel quale la morte è già vinta e si può amare oltre il limite che impone il peccato. Dio continua a “mandare suo Figlio” per nascere nel seno della comunità, “sotto la legge” che nessuno può compiere, e per questo siamo così frustrati e sfiduciati. Ma sulla soglia di questo nuovo anno, Maria ci attende per donarci suo Figlio, l'unico che può “riscattarci” e farci “adottare come figli” dal Padre. Attraverso le liturgie, la predicazione e i sacramenti Dio “manda nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio che grida: Abbà, Papà!”. Esso è la “prova” deposta nella nostra carne che siamo diventati figli di Dio nonostante le debolezze che ci umiliano. Con la sua forza possiamo entrare nella storia liberi e senza timore per amare sino alla fine, custodendo nel cuore la certezza di “ereditare” il Cielo. Buon anno allora, buona vita avvolta da Maria con le fasce dello Spirito Santo. Ogni suo giorno sarà per noi un “tornare” nel mondo dalla grotta per “glorificare e lodare Dio” incarnato in noi, prova regina che “tutto quello che abbiamo visto e udito” nella Chiesa è vero. E così offrire a tutti la stessa gioiosa speranza di salvezza, “Gesù”, il nome nuovo nel quale Dio ci ha benedetti.





L'ANNUNCIO

In quel tempo, i pastori andarono senz'indugio e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, che giaceva nella mangiatoia. 

E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro. 
Tutti quelli che udirono, si stupirono delle cose che i pastori dicevano. 
Maria, da parte sua, serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore. 
I pastori poi se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com'era stato detto loro. 
Quando furono passati gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall'angelo prima di essere concepito nel grembo della madre. 

 (Dal Vangelo secondo Luca 2, 16-21)






Certo, con gli scenari che i media ci propongono, è facile che, all’inizio di un nuovo anno, ci prenda un tantino di angoscia. Si fa a spintoni per salvarsi la pelle. Quando la vita prende fuoco, accanto non ci sono più persone, perché anche noi abbiamo smesso di esserlo da un pezzo.

Prima le donne e i bambini? No guarda, qui si applicano le “quote rosa”, niente differenze accidenti. E i bambini? Beh, per loro c’è l’autodeterminazione degli adulti.
No, la terra non è una luogo ospitale. Non lo è per troppe creature che il pensiero di Dio vorrebbe far entrare nel mondo ma restano folgorate dai veleni di pillole e forcipi. Non lo è per quelle che per la loro presunta inutilità e dannosità sono avviate “pietosamente” a una “dolce” morte.
Non lo è per molte delle creature che il pensiero di Dio vorrebbe far entrare nel mondo e restano folgorate dai veleni di pillole e forcipi. Non lo è per quelle che per la loro presunta inutilità e dannosità per la società sono avviate pietosamente a una dolce morte.
Non lo è per le famiglie, assediate dalle tentazioni più subdole, mimetizzate nel buonsenso che accarezza le concupiscenze. Non lo è per la persona, vezzeggiata nella sua carne e sfregiata nella sua anima.
Non lo è per Dio, esaltato in caricatura e rifiutato in originale. Eppure proprio Lui, all’aurora di un nuovo anno, ci invita a non aver paura del futuro, perché nei giorni che ci attendono “farà brillare il suo volto e ci sarà propizio”.





Per questo ci chiama ad entrare “senza indugio” nella storia, come i pastori che, avvolti dalla luce della Gloria di Dio, si sono incamminati verso la grotta di Betlemme. “In fretta”, come ha invitato Zaccheo a scendere dall’albero perché lo accogliesse in casa sua.
E’ Gesù, infatti, che si invita oggi nella nostra casa, dove è pronta la mangiatoia nella quale desidera adagiarsi. Nella Scrittura però, il termine “casa” allude anche alla famiglia e alla storia che ad essa è legata.  





Non a caso i pastori entrando nella grotta vedono proprio una famiglia: “Trovarono Maria e Giuseppe e il Bambino che giaceva nella mangiatoia”. Ma Gli angeli avevano indicato loro un particolare apparentemente diverso: “troverete un Bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia”.
Come aveva argutamente notato il grande mariologo Aristide Serra, all’ingresso dei pastori Luca sostituisce le “fasce” con “Maria e Giuseppe”. Sono loro che “fasciano” Gesù con le loro cure amorevoli. Così il “segno” che Dio offre al mondo diviene la Santa Famiglia di Nazaret.
E’ lei, immagine della comunità cristiana, che ci accoglie per aiutarci ad accogliere Cristo nella nostra vita, nella nostra casa e nelle nostre famiglie, al lavoro, a scuola e in ogni angolo della nostra storia.
Anche in quelli oscuri, dove non capiamo nulla di ciò che ci accade, e vorremmo cambiare gli eventi, le persone, noi stessi. Accanto a Gesù, infatti, come una porta verso di Lui dischiusa dinanzi a noi, c’è Maria.  





Perché non c’è altro cammino a Cristo che sua Madre, la Chiesa. Maria, che ha accolto Dio nel suo cuore prima che nel suo grembo, e non ha mai smesso di gestarlo nel suo intimo, dove l’uomo è davvero se stesso e, al riparo dai condizionamenti, decide se obbedire o no. E Maria ha obbedito, nella stessa situazione dove solo un’ora fa noi abbiamo disobbedito.
Ascoltava, guardava, e obbediva, perché nel cuore “serbava e meditava tutte le cose” di suo Figlio; quell’amore infinito deposto in Lei e che le cresceva in grembo; che nasceva, si faceva uomo, e Parola, e segni; e poi insulti e rifiuti, sino all’istante in cui una spada ha trafitto il suo cuore.

In quel momento la lama le conficcava nel cuore il dolore di ogni uomo, unendolo a “tutte le cose” di suo Figlio che aveva custodito come un tesoro. Sino ad allora aveva difeso nella memoria quello che non comprendeva, perché l’impossibile non restasse fuori dalla sua vita.
E ora, ai piedi della Croce, accoglieva nel suo cuore le nostre angosce, ogni evento che non capiamo e non possiamo accettare perché la sofferenza non ci allontanasse da suo Figlio. E così, accogliendoci nel dolore di Gesù, diventava nostra Madre, unendoci a Lui nel suo grembo.
Per entrare nel nuovo anno non abbiamo bisogno di fare propositi buoni solo per essere smentiti già alla sera del primo dell’anno. Ma di convertirci e deporre l’uomo vecchio figlio dell’inganno di satana per rivestire il nuovo dei figli di Dio.
Per essere felici, infatti, bisogna essere liberi dal peccato, non basta un sorrisino in più alla moglie o andare alla recita di fine d’anno dei figli. Ma come si diventa figli di Dio? Accostandoci alla Croce piantata nella nostra storia, perché anche oggi, da essa dove lo hanno inchiodato i nostri peccati, Gesù ci affida a sua Madre, ovvero alle cure materne della Chiesa.  




Accogliamola nella nostra vita per accogliere senza riserve la volontà di Dio, nella quale “il Signore volge a noi il suo volto e ci concede la Pace”. Non è questa che desideriamo per noi, per i nostri cari, per il mondo?

Essa ci viene incontro con Cristo risorto nell’annuncio della Chiesa. Per chi cammina in essa, infatti, imparando ad ascoltare e a “meditare nel cuore” la Parola di Dio, ogni istante è un frammento della “pienezza del tempo” sbocciata nel grembo di Maria.


Dio continua a “mandare suo Figlio” per nascere nel seno della comunità, “sotto la legge” che nessuno può compiere. Per questo soffriamo: non amiamo Dio con tutto il cuore, con tutta la mente e con tutte le forze. Prima di Lui vengono mille altre cose, magari curate nell’inganno che siano secondo la sua volontà.

E non sappiamo amare chi ci è accanto come noi stessi: abbiamo perduto mille occasioni per perdonare, giustificare, donarci. Per questo non abbiamo dentro la vita eterna che fa della vita nella carne un anticipo di Paradiso.
Ma sulla soglia di questo nuovo anno, Maria ci dona suo Figlio per “riscattarci” e farci “adottare come figli” dal Padre. Attraverso le liturgie, la predicazione e i sacramenti Dio “manda nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio che grida: Abbà, Papà!”.
Esso è la “prova” che siamo diventati figli di Dio nonostante le infinite debolezze che ci umiliano. Con la sua forza possiamo entrare nella storia liberi e senza timore, amando sino alla fine, perché custodi della certezza di “ereditare” il Cielo.
Questo nuovo anno sarà allora un “tornare” ogni giorno nel mondo dalla grotta dove Maria ci dona suo Figlio; un “uscire verso le periferie” per “glorificare e lodare Dio” incarnato in noi, prova regina che “tutto quello che abbiamo visto e udito” nella Chiesa è vero. 
E così offrire a tutti la stessa gioiosa speranza di salvezza, “Gesù”, il nome nuovo nel quale Dio ci ha benedetti.
Ogni creatura da te uscita, o Signore,
ti dà il suo omaggio di gratitudine: 
gli Angeli il canto, i Cieli la Stella, i Magi i doni,
i Pastori l’ammirazione, la Terra la grotta,
il Deserto il presepio,
e noi una Vergine Madre.



Liturgia bizantina, Vespri del 24 dicembre