30 dicembre
Anna “non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere”. Probabilmente era tra quelle donne che “nei tempi stabiliti venivano a prestare servizio all’ingresso della tenda del convegno” (Es 38,8). Viveva lì, facendo della sua vita un Tempio pronto ad accogliere il suo Dio. Immagine di Israele, era la sposa vedova da troppi anni che, senza stancarsi, bussava alle porte del Giudice perché le facesse giustizia del suo avversario. Era profetessa, custodiva nel cuore la Parola di Dio, e per questo sapeva che la Giustizia le avrebbe ridato il suo Sposo: la preghiera incollata alle pietre del tempio era l'immagine di questa certezza che tappezzava ogni centimetro d'esistenza, che la fondava e la orientava. Non era stata inutile la sua vita, anzi. Come non sono inutili anni di preghiere che sembrano evaporare inascoltate. Non è inutile pregare per il figlio che si è allontanato dalla Chiesa e non si vuole sposare; per il marito o la moglie che hanno tradito; per il fratello che ci odia pieno di gelosia. Non è inutile una sola delle nostre preghiere, dei sacrifici e dei digiuni, delle elemosine e delle lacrime. Tutto è raccolto nelle mani di Dio, e darà frutto nel tempo pensato da Dio nella sua provvidenza. Per questo la vecchiaia è feconda in una carica profetica dirompente. I calli del cuore solcati da lavoro e preghiera plasmano preghiere e parole sapide, autentiche, capaci di conficcarsi in terra come in Cielo, nel cuore degli uomini e in quelli di Dio. Quante anziani, invece, vivono ai bordi della società, dalla panchina dei giardini pubblici ad una sedia in un angolo della casa; se non peggio, dimenticati in un ospizio, scivolando nelle ore senza senso per aver perduto la propria fondamentale missione. No, la vecchiaia è il tempo della preghiera più intensa, dell'intimità in attesa del compimento di tutta una vita. Gli anziani sono le antenne che ricevono ansie, speranze, angosce e desideri di tutta la famiglia per ritrasmetterle a Dio. Non sono soli, sono lasciati liberi per Dio. E a loro, come ad Anna, è concesso, in una pienezza di vita che gli anni precedenti non hanno conosciuto, la Grazia dell'incontro più importante, quello decisivo, per loro e per le loro famiglie. Possono accogliere Gesù con un'umiltà che la gioventù non ha e non può avere; è necessario cadere molto e molto rialzarsi per imparare ad accogliere la Luce capace di diradare le nebbie dell'illusione. Anna dunque, è immagine del culmine della vita, la parte migliore, la più saggia, la più santa, la più feconda perché adulta nella fede. Proprio in quel tratto di vita, infatti, il Dio Bambino è apparso per lei ritornata bambina sul cammino di abbassamento della vita percorso con un'anima intrisa di Parola e preghiere; piccolo per lei diventata piccola nei "digiuni" di affetti, riconoscimenti, prestigio e successo; umile per lei diventata umile come la terra su cui aveva deposto le sue ginocchia; nascosto per lei che si era nascosta nel cuore di Dio. Così Dio incontra i suoi figli. Abbiamo però bisogno di Maria che lo accompagni ogni giorno nei luoghi della nostra vita che si fa preghiera; della Chiesa che, per consegnarci Gesù, viene a scovarci nel tempio della nostra vedovanza, dove non riusciamo ad amare perché ci manca lo sposo. Viene con il Vangelo e la testimonianza e la preghiera dei fratelli dove digiuniamo dalla felicità e la storia ci obbliga a piegare la testa e le ginocchia nell'umiltà. Viene ogni giorno Maria ad insegnarci la fede perché Lei ha creduto anche per noi increduli dinanzi alle prove della vita. Ha "compiuto tutto secondo la Legge" per noi che nulla siamo stati capaci di compiere. Tutto è Grazia fratelli, come annuncia il nome Anna: non dobbiamo far altro che convertirci, "tornare" cioè con Gesù nella "Galilea" della nostra Nazaret, la città dove la volontà di Dio ci ha deposto. E qui diventare bambini alla scuola della Santa Famiglia che è la comunità cristiana. Solo in essa possiamo "crescere e fortificarci, pieni di sapienza", il luogo dove "la Grazia di Dio" può scendere sopra di noi e farci figli di Dio. Il Signore ci chiama a restare e camminare nella Chiesa per lunghi anni, per diventare profeti per il mondo come Anna e "anziani", ovvero adulti nella fede. Sazi di anni bagnati nella misericordia saremo fecondi come non lo siamo stati da giovani, arroganti perché ignari della nostra realtà. Coraggio allora, perché Anna è una profezia di speranza per tutti noi. Anna sei tu e sono io, sposati nell'incompiutezza dei sette anni che disegnano la prima creazione ferita dalla caduta del peccato originale. Ma siamo qui ad ascoltare il Vangelo, e come lei attendiamo lo Sposo che dischiuda l'alba della nuova creazione, l'ottavo giorno della redenzione. Anche noi siamo come Anna figli della Tribù di Aser: ad essa era toccata in sorte una porzione della Terra Promessa che giungeva sino al Carmelo. Il profumo dello Sposo come quello di questo Monte scende a inebriare il giardino evocato dal Cantico dei Cantici, (in ebraico karmel significa "Frutteto, giardino"), e giungerà alla nostra vita per farne un frutto d'amore per il mondo.
L'ANNUNCIO |
C'era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuèle, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto col marito sette anni dal tempo in cui era ragazza, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme. Quando ebbero tutto compiuto secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nazaret. Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era sopra di lui.
(Dal Vangelo secondo Luca 2, 36-40)
Una vedova e un bambino, un figlio donato quale compimento di una preghiera senza posa. Il silenzio e la dedizione totale a Dio. Questo era Anna, figlia della Tribù di Aser, alla quale era toccata in sorte una porzione della Terra Promessa che giungeva sino al Carmelo. Il profumo di questo Monte, culla del monachesimo d'ogni epoca, il giardino dai frutti deliziosi (in ebraico karmel significa "Frutteto, giardino") evocato dal Cantico dei Cantici, pervade l'incontro tra questa donna anziana e quel Bimbo che celava un mistero prodigioso.
Anna, che significa Grazia, “non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere”. Era una vedova che, senza stancarsi, bussava alle porte del Giudice perché le facesse giustizia del suo avversario: aveva perduto lo Sposo, lo cercava, lo aspettava, lo desiderava.
Era profetessa e sapeva che sarebbe arrivata la Giustizia, la preghiera incollata alle pietre del tempio era l'immagine di questa certezza che tappezzava ogni centimetro d'esistenza, che la fondava e la orientava. Sapeva aspettare e, proprio per questo, saprà riconoscere nel Bambino quello che attendeva.
Era con tutta probabilità tra quelle donne che “nei tempi stabiliti venivano a prestare servizio all’ingresso della tenda del convegno” (Es 38,8; cfr. 1Sam 2,22). Viveva lì, facendo della sua vita un Tempio pronto ad accogliere il suo Dio; era sola con in seno la speranza di tutto il suo Popolo. E in un istante, dopo decine d'anni trascorsi tra digiuni e preghiere, ecco la Grazia di un incontro.
Non era stata inutile la sua vita, anzi. Come non sono inutili anni di preghiere che sembrano evaporare inascoltate. Non è inutile pregare per il figlio che si è allontanato dalla Chiesa e non si vuole sposare; per il marito o la moglie che hanno tradito; per il fratello che ci odia pieno di gelosia.
Non è inutile una sola delle nostre preghiere, dei sacrifici e dei digiuni, delle elemosine e delle lacrime. Tutto è raccolto nelle mani di Dio, e darà frutto a suo tempo, quello pensato da Dio nella sua provvidenza. Per questo la vecchiaia è feconda in una carica profetica dirompente. I calli del cuore solcati da lavoro e preghiera plasmano preghiere e parole sapide, autentiche, capaci di conficcarsi in terra come in Cielo, nel cuore degli uomini e in quelli di Dio.
Quante anziani, invece, vivono ai bordi della società, dalla panchina dei giardini pubblici ad una sedia in un angolo della casa; se non peggio, dimenticati in un ospizio, scivolando nelle ore senza senso per aver perduto la propria fondamentale missione.
No, la vecchiaia è il tempo della preghiera più intensa, dell'intimità in attesa del compimento di tutta una vita. Gli anziani sono le antenne che ricevono ansie, speranze, angosce e desideri di tutta la famiglia per ritrasmetterle a Dio. Non sono soli, sono lasciati liberi per Dio.
E a loro, come ad Anna, è concesso, in una pienezza di vita che gli anni precedenti non hanno conosciuto, la Grazia dell'incontro più importante, quello decisivo, per loro e per le loro famiglie. Possono accogliere Gesù con un'umiltà che la gioventù non ha e non può avere; è necessario cadere molto e molto rialzarsi per imparare ad accogliere la Luce capace di diradare le nebbie dell'illusione.
Saranno gli anziani, i nonni a parlare a figli e nipoti, nuore e generi, di quel Bambino, della salvezza e del compimento, la redenzione a quanti attendono afferrati e distratti da mille impegni, un senso alle proprie vite.
Anna dunque, è immagine del culmine della vita, la parte migliore, la più saggia, la più santa, la più feconda. Perché era proprio nella vecchiaia inoltrata che quel Dio pregato, amato e temuto le aveva risposto; ed ecco ora un Bambino per lei ritornata bambina sul cammino di umiliazioni della vita accolte da un'anima intrisa di Parola, e preghiere; piccolo per lei diventata piccola nei digiuni di affetti, riconoscimenti, prestigio e successo; umile per lei diventata umile come la terra su cui aveva deposto le sue ginocchia; nascosto per lei che si era nascosta nel cuore di Dio.
Così Dio incontra i suoi figli. Nulla d'eccezionale, piuttosto lo stupore d'un evento atteso e accaduto nella semplicità d'un Bimbo che nasce. Così è la nostra storia con Dio. Viene a noi nelle sembianze semplici della vita d'ogni giorno, viene a trovarci e a saziare le speranze che ci colmano il cuore.
Preghiera e digiuno sono in noi ad esprimere l'attesa e il desiderio di Lui; anche la preghiera fatta carne e il digiuno fatto lacrime di dolore e nostalgia sono il grido che cerca e aspetta Lui.
Abbiamo però bisogno di Maria che lo accompagni ogni giorno nei luoghi della nostra vita che si fa preghiera. Non possiamo fare a meno della Chiesa che, per consegnarci Gesù, viene a scovarci nel tempio della nostra vedovanza, dove non riusciamo ad amare perché ci manca lo sposo.Viene con il Vangelo e la testimonianza e la preghiera dei fratelli dove digiuniamo dalla felicità e la storia ci obbliga a piegare la testa e le ginocchia nell'umiltà. Nelle nostre case e nelle nostre famiglie quando e relazioni si fanno incandescenti, nei nostri uffici che sembrano giungle, negli ospedali e nei letti dove la malattia ci inchioda.Viene per noi che siamo diventati anziani troppo presto, di quelli sfiduciati perché la vita se n'è andata senza lasciar nulla che sappia d'amore. Viene a chi non si è mai allontanato dalla Chiesa e a chi invece dalla Chiesa se n'è andato sbattendo la porta.Viene ogni giorno Maria ad insegnarci la fede, perché Lei ha creduto anche per noi increduli dinanzi alle prove della vita; Lei, la Chiesa Madre tenerissima che ha gestato e partorito il frutto d'amore che non siamo stati capaci di dare alla luce.Ecco Maria che viene anche oggi a donarci il suo Bambino perché diventi il nostro, e perché con Lei impariamo a donarlo al mondo. Camminando nella Chiesa per lunghi anni, diventeremo come Anna profeti per il mondo. Cresceremo per divenire "anziani" ovvero adulti nella fede; sazi di anni bagnati nella misericordia saremo fecondi come da giovani - stolti e superbi perché inesperti della Grazia - non lo siamo stati.Coraggio allora, perché Anna è una profezia di speranza per tutti noi. Anna sei tu e sono io, sposati nell'incompiutezza dei sette anni che disegnano la prima creazione ferita dalla caduta del peccato originale. Forse neanche ce ne rendiamo conto, forse tuo figlio nemmeno sa chi sia Anna.Ma tutti, come lei, attendiamo il Messia Bambino che dischiuda l'alba della nuova creazione, l'ottavo giorno della redenzione che trasfigura la nostra carne e la nostra esistenza riscattandola dal peccato. La vita che solo la forza inerme di un Bambino stretto tra le braccia può liberare per amare.E dopo aver ascoltato e creduto alla profezia di Anna sulla nostra vita colma di benedizioni in Cristo, incamminiamoci verso la Santa Casa di Nazaret dove, bambini nel Bambino, fortificarci colmi di sapienza, accompagnati dalla Grazia.Andiamo a Nazaret dunque, la nostra casa, la nostra comunità, il nostro cammino: "Qui, a questa scuola, certo comprendiamo perché dobbiamo tenere una disciplina spirituale, se vogliamo seguire la dottrina del Vangelo e diventare discepoli del Cristo. Oh! come volentieri vorremmo ritornare fanciulli e metterci a questa umile e sublime scuola di Nazareth! Quanto ardentemente desidereremmo di ricominciare, vicino a Maria, ad apprendere la vera scienza della vita e la superiore sapienza delle verità divine!" (Paolo VI).Oggi è una promessa per tutti: accogliamo Gesù, l'amor puro, tra le nostre braccia: Lui le distenderà per donarsi al mondo.
αποφθεγμα Apoftegma
La fede nasce dall’incontro con l’amore originario di Dio
in cui appare il senso e la bontà della nostra vita.
La luce della fede è in grado di valorizzare la ricchezza delle relazioni umane,
la loro capacità di mantenersi, di essere affidabili,
di arricchire la vita comune.
La fede non allontana dal mondo
e non risulta estranea all’impegno concreto dei nostri contemporanei.
Papa Francesco
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