Santa Maria,

Santa Maria,
...donna del primo sguardo, donaci la grazia dello stupore.

martedì 2 dicembre 2014

Piccoli - Io ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, che hai nascosto queste cose ai dotti e ai sapienti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, Padre, perché così a te è piaciuto.

QUI IL COMMENTO AL VANGELO DELLA I DOMENICA DI AVVENTO. ANNO B

SPECIALE AVVENTO. TESTI PER PREPARARSI E VIVERLO

Martedì della I settimana del Tempo di Avvento



Piccoli


La nostra piccolezza è la gioia del Signore. Il Padre, infatti, ha voluto rivelare "queste cose" - “il grande mistero del Figlio” (Benedetto XVI) - ai “nèpioi”, i “piccoli” e ultimi della terra. Incontrando i settantadue discepoli al ritorno dalla missione, dove erano stati inviati "come agnelli in mezzo ai lupi, senza borsa, né bisaccia, né sandali", Gesù “riconosce” - secondo il significato del greco originale dell’espressione “ti rendo lode” - il riflesso di Dio in ciò che i loro “occhi hanno visto” pieni di gioia; e, “in quello stesso istante”, “esulta nello stesso Spirito” che li aveva preceduti e accompagnati. L'annuncio del Vangelo aveva segnato la sconfitta di satana impotente contro i piccoli discepoli del Signore; durante la missione si era compiuta in loro la stessa beatitudine che, attraverso la predicazione, aveva raggiunto la "messe" alla quale erano stati inviati: beati i poveri perché "vedono" avvicinarsi il Regno dei Cieli preparato per loro. Il Vangelo, infatti, è sempre annunciato dai poveri per i poveri, perché solo loro sanno guardare Cristo nell’umiltà che si fa semplicità e che esplode in una lode purissima. Scriveva San Tommaso d’Aquino che “la luce della fede fa vedere le cose che sono credute…; l’habitus della fede inclina lo spirito dell’uomo ad assentire alle cose della vera fede, non alle altre”. E’ lo stesso Spirito che agisce in chi annuncia e in chi ascolta, come accadde nell’incontro tra la Vergine Maria ed Elisabetta, entrambe immagini degli ’anawim, i poveri e i piccoli che attendono la salvezza. Non a caso, infatti, Giovanni “esultò” di gioia nel grembo di Elisabetta all’udire lo “shalom” di Maria, il saluto della prima evangelizzatrice incamminatasi per portare alla cugina l’annuncio che Dio aveva finalmente visitato il suo popolo deponendo nel suo grembo il Figlio di Dio; la stessa gioia “nello stesso Spirito Santo“ sboccia poi sulle labbra di Maria all’udire la benedizione di Elisabetta, e ancora su quelle di Gesù suo Figlio, il più piccolo tra i piccoli. In loro, infatti, vi è una connaturalità che li rende docili all’opera del Padre che prepara e precede sempre l’annuncio del Vangelo. I piccoli figli della pace accolgono senza indugio la pace, come gli apostoli accolsero, con "grandissima gioia", il saluto di Gesù risorto la sera di Pasqua. In quell’uomo avevano riconosciuto, come Maria, come Elisabetta, come i poveri, il "mistero" nascosto anche agli angeli, che "molti profeti e re hanno desiderato vedere e udire". Dio, infatti, prepara nello stesso modo gli apostoli e chi è destinato ad ascoltare il loro annuncio. Per questo, la storia ci fa tutti piccoli. Ma ci riesce molto difficile accogliere i fatti che ci umiliano, perché l'uomo vecchio ascolta il mondo "intelligente" secondo la carne al quale Dio ha nascosto il segreto della felicità: non sa che proprio nell'indigenza e nella totale precarietà che ci definisce è nascosto il segreto dell'autentica beatitudine. Ma oggi, in questo inizio di Avvento, la gioia prorompente di Gesù vuole raggiungerci e contagiarci, assorbirci nella verità che ci può fare davvero liberi. La piccolezza è sinonimo della verità che scioglie le catene del dover dimostrare sempre e a tutti i costi qualcosa. Siamo piccoli e bisognosi di tutto: ogni mattina ci svegliamo dal sonno ed è come il giorno in cui siamo nati, nudi, fragili, incapaci. L’Avvento ci annuncia che Cristo torna ogni giorno a visitarci, come Maria fece con Elisabetta, con gli eventi, con le persone e con la predicazione. Certo, potrebbe trovare le porte del nostro cuore sbarrate dalla “sapienza” della carne, quell’orgoglio che ci fa "dotti" secondo il mondo per il quale sono "nascoste" le "cose" di Dio, la sua intimità e i suoi segreti d'amore. Ma Cristo ha il potere di passare anche attraverso le barriere dei nostri peccati e mostrarci il “frutto benedetto” del suo amore, la vita nuova e piena che è pronto a donarci. Proprio dinanzi ai problemi più grandi di noi e che non possiamo risolvere, risuonano le parole di San Paolo: "Dov'è il sapiente? Dov'è il dotto? Dove mai il sottile ragionatore di questo mondo? Non ha forse Dio dimostrato stolta la sapienza di questo mondo?  Poiché, infatti, nel disegno sapiente di Dio il mondo, con tutta la sua sapienza, non ha conosciuto Dio, è piaciuto a Dio di salvare i credenti con la stoltezza della predicazione". Solo Lui “conosce” il Padre, e lo “vuole rivelare” a ciascuno di noi, proprio perché piccoli, un "nulla ignobile e disprezzato" agli occhi del mondo orgoglioso, "per ridurre a nulla le cose che sono". Siamo chiamati allora ad abbandonare le certezze, gli schemi e i criteri per fare nostra la sapienza di Cristo che ci invia nel mondo piccoli per parlare ai piccoli, "perché ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini". Abbiamo i sospiri, le lacrime, i dolori, le ansie, le preoccupazioni, l'apparente routine di cose sempre uguali - la stessa fermata dell'autobus, le stesse scartoffie, gli stessi libri, gli stessi banchi al mercato - questa nostra vita visitata dalla Croce del Signore, con la quale annunciare ai piccoli che incontreremo, la beatitudine di essere e sentirsi amati sempre e ovunque, "vedendo" lo sguardo di Cristo in ogni circostanza, l'unico capace di far risuonare nell'intimo la gioia che il mondo soffoca nella menzogna.




L'ANNUNCIO

In quello stesso istante Gesù esultò nello Spirito Santo e disse: «Io ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, che hai nascosto queste cose ai dotti e ai sapienti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, Padre, perché così a te è piaciuto. 
Ogni cosa mi è stata affidata dal Padre mio e nessuno sa chi è il Figlio se non il Padre, né chi è il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare». 
E volgendosi ai discepoli, in disparte, disse: «Beati gli occhi che vedono ciò che voi vedete. 
Vi dico che molti profeti e re hanno desiderato vedere ciò che voi vedete, ma non lo videro, e udire ciò che voi udite, ma non l'udirono». 
 (Dal Vangelo secondo Luca 10,21-24)

La nostra piccolezza è la gioia del Signore. Molto di più: Lui esulta per il mistero di una rivelazione riservata ai piccoli. Questo Vangelo è un'autentica bomba. Sconvolge ogni criterio, azzera la sapienza della carne. Il Padre ha voluto rivelare ai pitocchi "queste cose", i misteri del Regno, suo Figlio stesso, la Verità unica che fonda la vita, la storia, il passato, il presente, il futuro. A quelli che scorrono anonimi nella storia, quelli di cui nessuno si accorge, gli ultimi. Ad essi è rivelato il Regno dei Cieli. La beatitudine più grande, quella posta come incipit del Discorso della montagna: Beati i poveri perché di essi è il Regno dei Cieli. Ai piccoli è concesso di vedere e udire quello che neanche ai Profeti e ai Re è stato dato. I piccoli vedono e ascoltano Cristo. E Lui esulta di gioia perché si può donare totalmente a loro, che nulla hanno in questa vita, nulla.
Non si tratta solo di povertà economica. E' l'assoluta indigenza spirituale, umana, affettiva, ancor prima che quella materiale. La piccolezza che al nascere ci accomuna tutti e contro la quale, in diversi modi, lottiamo senza tregua. Non possiamo accettare di essere disprezzati, non compresi, rifiutati. Ci è impossibile accettare d'essere quel che siamo, tutto intorno e dentro di noi ci spinge a superare i nostri limiti. Nessuno che ci abbia detto che proprio nell'indigenza e nella totale precarietà che ci definisce è nascosto il segreto dell'unica beatitudine. Il risultato è sotto i nostri occhi. A livello planetario come a livello familiare, come a quello della nostra personale esistenza.


Della felicità, quella vera che nulla può togliere, non vi è traccia. Ma oggi, in questo inizio di Avvento, la gioia prorompente di Gesù vuole raggiungerci e contagiarci, assorbirci nella verità che ci può rendere davvero liberi. Piccolezza infatti è sinonimo di verità. Siamo piccoli, nudi e bisognosi di tutto: ci svegliamo dal sonno ed è esattamente come quando siamo nati. Fragili, incapaci di tutto, capaci solo di piangere e strillare. Ovvio che non si tratta delle capacità umane, dell'abilità nel lavoro, in cucina o dove sia. Siamo incapaci di amare al di là della morte, di offrire senza condizioni la nostra vita, di consegnarla a chi ci vuole male. "Senza di me non potete fare nulla", e Gesù non scherzava.

Ma se non possiamo amare sino alla fine, oltre il limite imposto dalla carne, siamo morti, il veleno della corruzione sta già infettando le nostre cellule; chi non ama rimane nella morte scrive San Giovanni. La storia concreta che viviamo è il purissimo amore con il quale il Padre provvede alla nostra felicità; sì, proprio tutto quello che sembra distruggerci è invece la fonte della gioia incorrotta. E' questa la bomba contenuta nelle parole di Gesù. I discepoli erano appena tornati dalla missione, inviati come pecore in mezzo ai lupi, nudi e senza denaro, alla mercè del mondo. Avevano annunciato il Vangelo, avevano portato agli uomini il Regno ricevuto in dono.


Un Regno che non ha confini, la cui unica legge, l'unico alimento, l'unica atmosfera è l'amore infinito di Dio. Un Regno che viene dal Cielo, il destino ultimo di ogni uomo consegnato ai più piccoli e inutili uomini della terra. Al vederli tornare Gesù esulta nello Spirito santo. Così come esulta al nostro ritorno quotidiano dalle fatiche e dai travagli del lavoro, della scuola, della famiglia. Piccoli e indifesi siamo gettati nel mondo come neonati, perché nel mondo appaia l'impensabile: un amore senza condizioni, donato e basta. L'unica verità, l'unico approdo, l'unica beatitudine.
Piccoli. Essere quello che siamo. A questo siamo chiamati! Senza artifici, mendicanti di tutto per poter vivere. Figli. Perchè piccoli. Cultura, idee, immaginazioni, ideali. Nulla, solo una "mediocrissima quotidianità", la nostra vita di ogni giorno, nascosta alle cineprese dell'effimero, nota solo al Padre che vede nel segreto. La vita nascosta con Cristo in Dio, la vita nostra. I sospiri, le lacrime, i dolori, le ansie, le preoccupazioni, l'apparente inutilità di cose sempre uguali, la stessa fermata dell'autobus, le stesse scartoffie, gli stessi libri, gli stessi banchi al mercato. E partorire figli, educarli sui cammini della fede, lavorare per sostenerli, o restare legati ad una missione a volte impossibile, la fedeltà nascosta di ore consumate nell'ombra. Piccoli, inutili. Cuccioli bagnati ai lati delle strade delle storia.
Se questa è oggi la nostra realtà, rallegriamoci. Sono per noi i segreti di Dio, l'intimità preparata per chi non ha nulla di cui gioire e godere, la prossimità di chi, un "nulla" per il mondo, eredita ogni istante il Regno dei Cieli. Piccoli per stare nel cuore di Cristo, mite ed umile di cuore. Piccoli per esser ricolmi di Lui. E in Lui, ogni piccolezza, ogni evento che ci fa insignificanti, che ci nasconde alla platea della storia, che ci umilia, che ci rende poveri e mendicanti, ogni istante che ci fa piccoli è pura grazia, un dono del Cielo. Una carezza del Signore che ci fa, ogni volta, più vicini, più Suoi. Ogni istante un passi in più sui sentieri del Cielo. E beati i nostri occhi, che vedono il Suo volto, l'unico capace di saziare ogni nostro desiderio, al di là d'ogni immaginazione.

APPROFONDIMENTI






αποφθεγμα Apoftegma






E c'è l'altro modo di usare la ragione, 
di essere sapienti, 
quello dell'uomo che riconosce chi è
riconosce la propria misura e la grandezza di Dio, 
aprendosi nell'umiltà alla novità dell'agire di Dio. 
Così, proprio accettando la propria piccolezza, 
facendosi piccolo come realmente è, arriva alla verità
In questo modo, anche la ragione può esprimere tutte le sue possibilità, 
non viene spenta, ma si allarga, diviene più grande.


Benedetto XVI

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