La fonte. Se noi, di fronte al bicchiere d’acqua che beviamo, volessimo conoscere la fonte da cui viene, e avessimo a disposizione un pesciolino-segugio capace di entrare nel rubinetto e fare tutto il percorso contro corrente… egli ci indicherà le seguenti tappe: una conduttura, una grande vasca di raccolta, un acquedotto, dei torrenti, la/le sorgenti, la pioggia, le nuvole formate dal sole, il mare da cui l’acqua evapora formando il ciclo.
Analogamente se, di fronte al “bicchiere-Bibbia” che leggiamo, volessimo conoscerne l’origine passo passo, come prima tappa incontreremo… che cosa? Sì, come prima tappa a ritroso incontreremo la libreria che ce l’ha venduta; questa ci rimanderà a un distributore; che rimanderà ad un editore; il quale è stato commissionato a stampare da un autore-traduttore; il quale oggi additerà un Testo Critico come sua fonte per la traduzione… [Piccolo intermezzo di spiegazione per i più giovani: gli originali della Bibbia - antichissimi! - sono andati perduti per deperimento. Esistono però migliaia di copie di vari “libri” e di parti di essi in forma di codici e papiri. Dalla collazione critica di questi (di cui si individuano anche “famiglie” nel senso che varie copie derivano da capostipiti) – e critica vuol dire scientifica, perché nel copiare a mano (la stampa è nata nel 1500) si sono originate molte “varianti” nei versetti (invero non così gravi da stravolgere il senso dell’insieme ma che scientificamente vanno tenuti presenti con onesta pignoleria ) – dalla collazione critica dicevamo si formano dei “testi critici” che ricostruiscono con larga certezza per certe parti e alta probabilità per le varianti, il testo originale dei vari “libri” (intendi: “scritti”) il cui insieme ha formato l’unico libro che oggi si chiama “Bibbia” (dal greco “tà biblìa” = gli scritti, sottinteso ritenuti sacri)]. Continuando oltre il testo critico il nostro… pesciolino esegeta incontrerà quindi copie di codici e papiri; i quali rimandano a tanti autori (sappiamo tutti che la Bibbia è una bibliotechina che raccoglie vari scritti-libri) i quali autori ci rimandano a una misteriosa ispirazione divina (idee non dettatura!) messa da loro in scritto secondo le loro capacità linguistiche e conoscenze del loro tempo (un tempo che si estende per almeno 11 secoli, dal X a.C al I d.C.! E quindi comprendente anche una evoluzione del vocabolario usato e delle modalità espressive); come ultima tappa del viaggio si incontrano le grandi gesta di Dio per la creazione del suo popolo che vennero tramandate a voce per secoli.
Ispirazione e sacralità della Bibbia. Ora, lasciando alla specializzazione di ermeneuti (interpreti, linguisti, filologi, storici ecc…) ed esegeti (quelli che tirano le conclusioni dal lavoro ermeneutico creando le traduzioni della Bibbia dall’ebraico, aramaico e greco, nelle lingue odierne, cavandone il senso spirituale) la nostra domanda più importante è: chi ha stabilito e quando che determinati libri fossero da considerarsi sacri perché ispiratida Dio e non parto esclusivo di inventiva umana?
Le domande successive saranno in che senso e in che cosa, tra le tante che dicono, questi libri vanno considerati Parola di Dio, cioè espressivi del suo pensiero per la salvezza religiosa dell’uomo? E si scoprirà allora che, anche se l’insieme va considerato totalmente “parola di Dio” utile appunto a questo scopo, andrà anche considerato totalmente “parola di uomo” quanto ala sua veste esteriore (generi letterari usati) e alla cultura (vocabolario e nozioni, dei singoli agiografi). Così per non equivocare ciò che è di Dio e perciò perenne da ciò che è dell’uomo e perciò temporaneo, si capirà che la Bibbia non può essere letta in maniera letterale e fondamentalista. Essa stessa, proprio per non essere equivocata (cioè per evitare l’effetto contrario a quello della certificazione che il fondamentalismo vuole perseguire) esigerà prepotentemente che si unisca alla Fides nella lettura, lettura devota e rispettosa che la Parola di Dio merita, anche la Ratio umana che scorga e denunci la relatività di tutto ciò che è rivestimento e modo di trasmissione umana. Come esemplificheremo in avvenire, possiamo dire che la Fides e la Ratio, paragonate da Giovanni Paolo II alle due ali degli uccelli senza le quali o mancandone anche una sola non si può volare, congiunte nel lavoro interpretativo del pensiero di Dio, scopriranno che nella Bibbia ci sono cose che sono vere perché Dio le dice e cose che Dio dice perché sono vere. Le prime vanno accolte per fede, le seconde risultano evidenti anche alla semplice razionalità umana e perciò sono condivisibili con tutti gli uomini di buona volontà, quanto ai valori che sottolineano.
Nascita e perché del Canone biblico. Chi ha stabilito quindi e quando che certi scritti fossero da considerarsi rivelazione divina, espressione del Suo pensiero salvifico, e quindi “Parola di Dio” e quindi “tà biblìa” ovvero “i libri” per antonomasia, in italiano “Bibbia”? La risposta storica ci porta per l’Antico Testamento (AT, o Vecchio Testamento,, o Primo Testamento) a una decisione della Sinagoga stabilita verso il 300 a.C. e abbiamo due canoni, o liste di libri: uno “palestinese” formatosi per primo e uno “alessandrino”. Quest’ultimo stabilito dalla sinagoga degli ebrei che vivevano nella “diaspora” (all’estero) facente capo ad Alessandria d’Egitto, contiene 7 libri in più di quello palestinese. Questi sette diversamente dagli altri che erano scritti in ebraico (quasi tutti) e aramaico, sono stati scritti in greco perché in quella diaspora e a quel tempo era il greco la lingua corrente. Verso il 300 a.C. ad Alessandria venne fatta anche una traduzione in greco degli scritti ebraico-aramaici (la famosa “Settanta”, scritta anche con i numeri romani “LXX” la cui denominazione deriva da una pia tradizione che, per avallarne la precisione e quindi l’autorevolezza, ritiene miracolosa tale traduzione perché sarebbe stata realizzata da 70 rabbini, che operarono ciascuno indipendentemente dall’altro, e risultata identica in tutte le versioni. I 7 libri di cui sopra, scritti in greco, furono ritenuti dalla sinagoga alessandrina “Parola di Dio” alla pari di quelli più antichi tradotti. Quindi il succo del discorso è che il parere, circa l’ispirazione di tutti i 73 scritti che formarono la Bibbia degli ebrei della diaspora, dipende da una convinzione dei capi del popolo ebraico locale. Esattamente analoga convinzione, ma carente di quei 7, fu anche quella che ebbe la sinagoga ebraica di Palestina. E va sottolineato che tale parere di “canonicità” ufficiale fu espresso espungendo e rifiutando vari scritti che… aspiravano ad essere ritenuti Bibbia: sono i cosiddetti libri “apocrifi” dell’Antico Testamento.
Dopo l’evento Cristo, rifiutato come rivelatore di Dio da parte della sinagoga palestinese, vennero alla luce nuovi scritti=libri, composti da cristiani, ritenuti ispirati dagli Apostoli e non ovviamente dalla sinagoga. Ora la Chiesa, avendo tutti i suoi scritti di allora composti in greco (salvo il Vangelo di Matteo che ora è in greco ma deriva da un aramaico perduto), e basandosi sul fatto che Gesù aveva coonestato i precedenti scritti ebraici come “Parola di Dio” (ma senza indicare quali fossero), e perciò usandosi per i nuovi scritti cristiani citazioni dall’AT tratte dalla versione dei LXX, ha accolto (anch’essa basandosi su un proprio parere di fede, ma stavolta basato su Gesù!) nella propria raccolta di libri-scritti ispirati anche i… magnifici 7 contenuti nella antica versione alessandrina. Tale operazione si stabilì nel popolo cristiano lentamente, senza traumi, perché la base della nuova fede non dipendeva dalla Bibbia cristiana, che dopo l’ascensione non esisteva giacché Gesù non ha scritto nulla. La nuova fede dipendeva esclusivamente dalla predicazione degli apostoli che, oltre a comunicare nuove idee divine, utilizzavano la “Bibbia” precedente leggendola come prefigurazione dell’ultima rivelazione portata da Cristo e quindi come confermativa delle nuove e ultime verità (cf l’accenno alle figure contro la realtà in Ebrei 8,5; 10,1; Colossesi 2,17 ecc...) e quindi reinterpretata tutta in chiave cristiana, cioè anche abrogativa di antiche usanze mosaiche e “recante a compimento” le antiche promesse.
In conclusione, da un punto di vista “laico”, sia le due Sinagoghe ebraiche di cui si è detto sia il nuovo popolo di Dio che è la Chiesa sono alla pari quanto a “fondare” il Canone dei propri libri sacri ritenendoli parola di Dio: ciò è avvenuto sulla base della loro specifica fede, basata a sua volta sull’insegnamento dei profeti e vari scrittori antichi per gli ebrei, e sull’insegnamento di Gesù trasmesso dagli Apostoli per i cristiani.
A questo punto, creatosi il dissidio tra ebraismo e cristianesimo, e diffondendosi l’insegnamento cristiano, ormai anche sostenuto dalle nuove “scritture”, dopo la distruzione del tempio da parte dei romani che costrinse anche gli ebrei di Palestina a rifugiarsi in una “diaspora” allargata, diciamo… internazionale, la Sinagoga palestinese, per distinguersi sia dal parere di quella alessandrina che dalla Chiesa di Cristo, ritenuta dall’ebraismo una “setta”, stabilì che il suo Canone antico fosse l’unico da ritenersi come proprio. E ciò avvenne forse (forse perché è cosa discussa) in un sinodo di rabbini tenutosi a Jamnia verso il 95 d.C.
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Nascita del Canone cristiano, ovvero della Bibbia completa
Intanto la Chiesa cristiana (unica all’inizio e perciò “Cattolica”) procedeva serena nel diffondere la “Buona Notizia” della nuova fede, della speranza e della carità portate da Gesù, suo fondatore. Gesù, come è noto, non ha scritto nulla, né ha detto ai discepoli “andate e scrivete” ma “andate e predicate”. Ovvero si è uniformato alla situazione culturale del tempo e del luogo, ove la trasmissione di ogni sapere avveniva per via orale, sulla base della testimonianza, all’inizio autenticata anche da vari miracoli che fornivano il debito appoggio alla Ratio indagatrice (cf la premessa razionale di Nicodemo nel rivolgersi a Gesù: "Rabbì, sappiamo che sei un maestro venuto da Dio; nessuno infatti può fare i segni che tu fai, se Dio non è con lui." Giovanni 3,2). E del resto l’intelligenza divina della Trinità vedeva anche che, per restare solo in casa nostra, fino agli anni ’60 del secolo scorso l’Italia, nonostante la prima università sia nata al tempo di Dante, era “semianalfabeta”; è appunto degli anni ’60 l’iniziativa della RAI di fare un corso televisivo per insegnare agli italiani a leggere e scrivere… Occorre forse ricordare che l’uomo, anche alfabetizzato al meglio, nei primi 10 anni non apprende la sua lingua e la sua cultura generale dallo scritto ma dalla viva voce dei grandi? Eppure, religiosamente parlando, anche questi piccoli hanno diritto di conoscere la Buona Novella (che in greco di dice “Euanghèlion”) e di nutrire la loro fede. E’ questa della comunicazione da vivente a vivente la via normale, iniziale e per molti unica, scelta da Dio per tanta umanità; questo sia detto con buona pace dei MRA “cristiani” che insistono sul Libro Sacro, volendo destituire di valore la Tradizione Apostolica che comporta il riconoscimento di una gerarchia depositaria di un Magistero voluto da Gesù “Chi ascolta voi ascolta me.”.
Ebbene, anche nella trasmissione della “Buona Novella” di Gesù (e diciamo pure del Nuovo Testamento perché non è contenuta esclusivamente nei Vangeli) che è stata messa in scritto solo per facilitarne la diffusione e in aiuto della memoria (l’esegeta Valerio Mannucci ha scritto che la Bibbia è come una agenda di appunti della Chiesa), anche in questa trasmissione, come già in quella dell’Antico Testamento, sono sorti degli scritti clandestini che… aspiravano ad essere considerati Parola di Dio. Si tratta degli “apocrifi del Nuovo Testamento”, individuati come non ispirati e che furono scartati in maniera definitiva nel Concilio Regionale di Cartagine di cui si è detto; e questo nonostante avessero avuto una certa fortuna di diffusione per il desiderio di sapere più notizie possibili sulla vita di Gesù.
Ed è proprio questa opera di cernita, di scelta e di esclusione, tra tutti gli scritti circolanti - questo aver stabilito “questi sì e quelli no” operato dai Vescovi della Chiesa Cattolica - che ha permesso la nascita della Bibbia come oggi la conosciamo, comprendente 73 libri. Ed è questo fatto, storico, documentato, da cui poi dipendono tuttora anche le Chiese separatesi da Roma e tutti i MRA che rifiutano il Papato e il Magistero, a rendere incoerente e contraddittorio chi: da un lato riconosce (anche se non lo confessa apertamente) una funzione fontale infallibile alla Chiesa Cattolica per aver determinato tra il marasma di scritti quali fosse i soli ispirati e così aver donato a tutti la Bibbia=Parola di Dio; e dall’altro destituisce la stessa Chiesa dalla funzione correlata della autentica interpretazione del pensiero divino che da quegli scritti il Signore vuole comunicare.
Gioielli e gioielliere
Per fare un paragone calzante possiamo vedere il rapporto tra la Bibbia e la Chiesa Cattolica analogo a quello di gioielli in rapporto al gioielliere (da intendere non come venditore ma come esperto in preziosi). E’ evidente che il valore risiederà nei preziosi (quindi nei testi ispirati), ma se essi fossero mescolati a paccottiglia (appunto come prima del Canone gli scritti ispirati lo erano insieme agli apocrifi) per noi recettori, che vogliamo essere sicuri di quali siano i gioielli autentici (quale siano gli scritti da considerare con certezza Parola di Dio) è determinante il pronunciamento dell’occhio esperto del gioielliere che stabilisce: questo sì e questo no. Ma questo “gioielliere” (che nel nostro caso sarà il Magistero cattolico che si è espresso in Concilio a Cartagine) trae il suo giudizio dal discernimento di ciò che gli scritti comunicano rapportato a ciò che la fede della mente collettiva dei giudicanti (cioè della Chiesa) già sapeva e predicava essere messaggio rivelato da secoli. Questo infatti è stato il criterio basilare per la determinazione di quali libri fossero ispirati e quali no. Altri fattori, come l’antichità o il risalire all’epoca apostolica o il loro uso anche nell’ambito liturgico ecc… furono solo concomitanti a questo fattore decisivo: in quei libri la Chiesa ha visto rispecchiata la sua fede in maniera perfetta, completa, cristallina. In quelli esclusi no, anche se potevano rispecchiarla in parte o avere una loro indubbia utilità ascetico-edificante.
A questo punto il Concilio di Trento, con la sua elencazione solenne avvalorata dalla infallibilità “dogmatica” (=decisionale) conciliare, non fu che una riconferma di ciò che il popolo di Dio riteneva per certo almeno da 1100 anni, popolo in cui era compreso anche Lutero prima maniera!… Non è esatto quindi dire che abbiamo avuto la certezza del Canone solo a Trento. I concili dogmatici vengono fatti (salvo l’aggiunta nell’Odg di questioni pastorali) esclusivamente per confermare convinzioni trasmesse con Magistero Ordinario contro storiche impugnazioni di eretici. Non è quindi che da quel momento in poi si è saputa la verità sul Canone, la si sapeva da secoli e con certezza perché la Chiesa, da Cartagine in poi, ha trasmesso con Magistero Ordinario (che è pure infallibile!) il proprio giudizio di “gioielliera patentata” intorno alla ispirazione di quei 73 libri con tanto di “extra omnes” (=fuori tutti gli altri) come quando si apre un Conclave.
Bibbia contro Chiesa? Una illogicità.
Questo della determinazione storica del Canone biblico ad opera della Chiesa è un punto chiave da obiettare a quei MRA che, volendo sostenere la propria fede esclusivamente rifacendosi al libro della Bibbia avanzano altri motivi fondanti che non sono decisivi. Sia perché, rifiutando l’infallibilità di pronunciamento alla Chiesa Cattolica non possono arrogarsela loro, e quindi il loro verdetto su quali siano i libri da scegliere per formare una Bibbia non sarà mai sicuro; sia perché, altri criteri che venissero presentati, non sono tali da convincere con evidenza tutti né sono esenti da critiche. Ad es. il fattore “profezie” dovrebbe portarli ad espungere dalla Bibbia tutti quei libri che non sono profetici; il fattore miracoli, lo stesso, giacché vi sono libri ove non appaiono; il fattore utilità spirituale per tutta l’umanità, dovrebbe far comprendere nella Bibbia altre opere letterarie che pure ne contengono; il fattore continuità che dimostrerebbe l’esistenza di un solo Autore oltre la vita dei singoli agiografi si spiega con il fatto che la Bibbia è un insieme di scritti tutti relative alle vicende di un popolo nei vari secoli ecc…
Insomma quando un TG chiedesse ad un cattolico adulto nella fede: “Lei crede nella Bibbia?” Questi potrebbe rispondergli: “Certo che no!” E al suo stralunare gli occhi spiegherebbe: “Vedi, fratello, credo alla Bibbia solo perché la mia Chiesa mi garantisce che è Parola di Dio” – ricordate? E’ la sentenza di S. Agostino – “ma poiché voi mi venite a proporre l’appartenenza ad una nuova denominazione in contrasto con essa; voi che addirittura ritenete la mia Chiesa assatanata e bugiarda; non vedo proprio perché dovrei crederle. Né inoltre vedo coerenza in voi l’appoggiarvi a questa mia persuasione che io ho mutuato da lei. Io dunque (e procedo facendo un’ipotesi di lavoro ovviamente!) metto da parte al momento questa mia convinzione e chiedo a voi di dimostrarmi che questo libro è Parola di Dio e perché. E guardate che dovrete essere più convincente della mia Chiesa e spiegarmi anche perché mai, ritenendola assatanata voi, che derivate la vostra denominazione dal protestantesimo, avete accettato dalle sue mani il Canone dei libri biblici (e sorvolo per ora sulla esplulsione dei “magnifici 7” operata da Lutero seconda maniera).” Ecco, appunto, messi di fronte a tale dilemma, né i TG né alcuna denominazione cristiana riuscirebbe a “fondare” con certezza l’ispirazione divina della Bibbia che usa. Con… “speranza” sì, “ma chi di speranza vive…”, soprattutto se non ha valide ragioni per ritenerla almeno probabile, non diciamo che “disperato muore” ma che scoprirà solo se ricorre allaRatio che la propria Fides non ha basi rocciose. Sì, i… “magnifici 7” dell’Antico Testamento che la Bibbia protestante esclude (e nei quali vi sono conferme dottrinali sulla immortalità dell’anima!) furono compresi dalla Chiesa Cattolica nelle scritture ispirate sia per l’uso della LXX fatta propria dagli Apostoli, sia soprattutto perché ritenuti corrispondenti e non contrari alla sua fede, quella che Gesù ha affidato al corpo vivente della sua Chiesa. E’ ancora e sempre grazie a questo corpo vivente di fedeli seguaci di Gesù che, insieme alla sua Dirigenza che si chiama Magistero, custodisce, interpreta e trasmette fedelmente la rivelazione divina fino a noi e fino alla fine dei secoli.
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