Santa Maria,

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sabato 13 dicembre 2014

Padri e figli. Elia è già venuto e non l’hanno riconosciuto; anzi, l’hanno trattato come hanno voluto.


III^ Domenica del Tempo di Avvento. Anno B

Sabato della II settimana di Avvento




Padri e figli

"Perché prima" dell'avvento del Signore "deve venire Elia?". Perché, oggi, abbiamo di nuovo bisogno di Elia? Non "è venuto già" tante volte nella nostra vita? Anche domenica scorsa, forse anche ieri, e "non lo abbiamo riconosciuto; anzi, l’abbiamo trattato come abbiamo voluto". Abbiamo preferito tagliare la testa ai pastori, catechisti, educatori, genitori, fratelli, che, come fece Giovanni con Erode, ci annunciavano la verità; che cioè non era lecito l'adulterio che stavamo consumando, perché ogni peccato in fondo è un tradimento della nostra primogenitura, del rapporto sponsale con Cristo per il quale siamo rinati nel battesimo. Nei tanti nostri rifiuti però era Cristo che si offriva, ancora, per salvarci. In chi abbiamo rifiutato era Cristo che "soffriva per opera nostra". E soffriva per amore. Proprio per questo abbiamo di nuovo bisogno di Elia, oggi. Perché la nostra vita non è stabile, e "ogni cosa" è in disordine. Come il cuore dei padri e dei figli. Come il tuo e il mio, padre o figlio che siamo. Il Signore, infatti, rispondendo a questa domanda, fa riferimento alla profezia di Malachia: "Ecco, io invierò il profeta Elia prima che giunga il giorno grande e terribile del Signore, perché converta il cuore dei padri verso i figli e il cuore dei figli verso i padri; così che io venendo non colpisca il paese con lo sterminio" (Ml. 3,23-24). Ogni stabilità e certezza nella vita sorge da questa conversione-riconciliazione, perché ogni disordine è frutto del peccato consumato nell'Eden, la ribellione dei figli al Padre... La missione di Elia compiuta da Giovanni che è immagine della Chiesa, consiste nel volgere i cuori degli uni verso gli altri; e questo si chiama educazione. Etimologicamente, infatti, educare significa condurre fuori. Solo chi è liberato da se stesso e può uscire dal proprio ego è "ristabilito" - di nuovo stabile - cioè adulto. L'Avvento, che è immagine della nostra vita, è per questo un tempo nel quale farsi educare. Innanzitutto con la predicazione che illumina la divisione figlia del peccato che persiste tra noi, nelle nostre famiglie e nelle nostre comunità. Quando il cuore del figlio è schiavo dell'orgoglio si chiude ostinatamente a quello del padre; non può ascoltarlo e ubbidire, perché non ammette che egli abbia qualcosa da insegnargli. Allo stesso modo il cuore di un padre schiavo dei propri schemi, incapace di accettare e amare davvero il figlio nelle sue debolezze, stretto nella pretesa di vedere realizzati in lui i propri sogni, è altrettanto malato di orgoglio. E lo schema si ripete con Dio... Ma oggi ci viene data un'altra possibilità di convertirci. Oggi è il "prima" della venuta del Signore, che potrebbe accadere stasera. Perché è certo che tornerà, in un fatto, incarnato in un fratello, e se non abbiamo accolto Elia, precipiteremo in una divisione ancora più profonda. Elia "viene" con la Chiesa, nella liturgia, nella parola e nella preghiera per "convertirci", perché i cuori non si stanchino in sterili discussioni, in antagonismi e divisioni laceranti. Ogni uomo è figlio di un padre! Ogni figlio è generato nel peccato, ha bisogno di rinascere! Convertire il cuore del padre verso il figlio significa renderlo consapevole della ferita che gli ha trasmesso, perché è portatore dello stesso virus; significa schiudere gli occhi del padre sull'indigenza originale di suo figlio. Mentre convertire il cuore del figlio verso il padre significa illuminarlo sul mistero della propria libertà ferita; significa, per così dire, "scagionare" il padre dalle responsabilità circa la propria coscienza, così spesso e frettolosamente addossate al genitore. Convertire i loro cuori significa correggerne il cammino, illuminarne la fragilità, perché si pongano, non già l'uno contro l'altro in una lotta per affermarsi, bensì come mendicanti in attesa della salvezza. Elia viene aristabilire ogni cosa nel suo ordine, saldamente fondate in Dio, a cui spetta sempre il primo posto.




L'ANNUNCIO
Nel discendere dal monte, i discepoli domandarono a Gesù: “Perché gli scribi dicono che prima deve venire Elia?”

Ed egli rispose: “Sì, verrà Elia e ristabilirà ogni cosa.
Ma io vi dico: Elia è già venuto e non l’hanno riconosciuto; anzi, l’hanno trattato come hanno voluto. Così anche il Figlio dell’uomo dovrà soffrire per opera loro”.
Allora i discepoli compresero che egli parlava di Giovanni il Battista.
 (Dal Vangelo secondo Matteo 17, 10-13)







"Perché prima" dell'avvento del Signore "deve venire Elia?". Perché, oggi, abbiamo di nuovo bisogno di Elia? Non "è venuto già" tante volte nella nostra vita? Anche domenica scorsa, forse anche ieri, e "non lo abbiamo riconosciuto; anzi, l’abbiamo trattato come abbiamo voluto". Abbiamo preferito tagliare la testa ai pastori, catechisti, educatori, genitori, fratelli, che, come fece Giovanni con Erode, ci annunciavano la verità; che cioè non era lecito l'adulterio che stavamo consumando, perché ogni peccato in fondo è un tradimento della nostra primogenitura, del rapporto sponsale con Cristo per il quale siamo rinati nel battesimo. Nei tanti nostri rifiuti però era Cristo che si offriva, ancora, per salvarci. In chi abbiamo rifiutato era Cristo che "soffriva per opera nostra". E soffriva per amore. Proprio per questo abbiamo di nuovo bisogno di Elia, oggi. Perché la nostra vita non è stabile, e "ogni cosa" è in disordine. Come il cuore dei padri e dei figli. Come il tuo e il mio, padre o figlio che siamo. 
Elia è figura del precursore che prepara le strade a Gesù, profezia di Giovanni Battista. Il nucleo della sua predicazione erano la conversione e la penitenza. Sì, Elia bussa ogni giorno alla nostra vita recando il volto delle persone che incontriamo, le più vicine, in famiglia innanzi tutto. E preparano l'avvento del Messia. Anche se può sembrare impossibile, eppure le parole taglienti di chi ci è accanto colpiscono il nostro cuore per ammorbidirlo e così preparare la strada al Signore. Senza questa moglie, senza questo marito, senza questa famiglia, questo lavoro, questa malattia, senza la storia concreta che siamo chiamati a vivere non potremmo incontrare il Signore. Pensiamoci bene, perché tutto quello che ci accade incarna ogni giorno per noi le parole del Battista. La nostra vita è una continua chiamata a conversione
Come Pilato che, pur non essendo profeta, invitava la folla a scegliere tra Gesù e Barabba. E scelsero Barabba, la giustizia umana, la rivendicazione dei diritti, le proprie ragioni. Così, ogni giorno, il Signore ci interpella e una voce si alza tra le pieghe dei fatti e ci scuote come una lama che penetra sin nelle giunture più profonde. "Da che parte stai? A chi appartieni?" E' una domanda ineludibile: "Vedi, io oggi pongo davanti a te la vita e il bene, la morte e il male; poiché io oggi ti comando di amare il Signore tuo Dio, di camminare per le sue vie, di osservare i suoi comandi, le sue leggi e le sue norme, perché tu viva e ti moltiplichi e il Signore ti benedica nel paese che tu stai per entrare a prendere in possesso” (Dt 30, 15s.). L'unica fuga è strozzare la parola, fare di essa e dei suoi messaggeri quel che vogliamo. Uccidere, parola e messaggero.





Elia verrà e ristabilirà ogni cosa: "Ecco, io invierò il profeta Elia prima che giunga il giorno grande e terribile del Signore, perché converta il cuore dei padri verso i figli e il cuore dei figli verso i padri; così che io venendo non colpisca il paese con lo sterminio" (Ml. 3,23-24). Ristabilire ogni cosa significa dunque convertire il cuore dei padri verso i figli e quello dei figli verso i padri. Ogni rinascita sorge da questa conversione-riconciliazione. Questa "avviene nel rapporto educativo. Questa definizione dell’atto educativo è assai suggestiva. Quando il genitore educa il figlio converte il suo cuore al cuore del figlio. È infatti un atto di amore, poiché fa crescere la persona del figlio nella sua intelligenza e nella sua libertà: lo genera nella sua umanità... l’educazione pone in essere una reciproca comunione fra genitori e figli carica di profondi significati. Essa infatti è elargizione di umanità da parte di ambedue i genitori, e corrispondenza di libera novità e freschezza da parte del figlio. Maestri di umanità, i genitori, in un certo senso essi anche la apprendono dal figlio" (Card. Carlo Caffarra). 

In questa luce comprendiamo come la missione di Elia compiuta da Giovanni consiste in un'educazione che converta il cuore dei padri e dei figli gli uni verso gli altri, affinché i figli apprendano ad essere uomini e i padri si fortifichino nella loro umanità. Questa conversione è un lungo cammino che prepara l'avvento e l'incontro con il Signore. Per accogliere il Messia è infatti necessario che i figli siano uomini, e che lo siano pienamente! Se il cuore del figlio è avverso a quello del padre e non lascia spazio alla sua parola, non ammette che egli abbia qualcosa da insegnargli. E' chiuso nella sua pretesa autosufficienza, nell'illusione di poter fare tutto da sé; è un cuore infantile e capriccioso. Allo stesso modo il cuore di un padre schiavo dei propri schemi, incapace di accettare e amare davvero il figlio nelle sue debolezze, stretto nella pretesa di vedere realizzati in lui i propri sogni infranti, è un cuore malato, tutto carne e niente Spirito.  
La gioventù è un campo aperto, vi si può seminare di tutto. Il mito del buon selvaggio e della primitiva innocenza con cui Rousseau ha avvelenato la cultura occidentale ha prodotto una società rammollita, incapace di educare. Il Card. Ratzinger affermava al proposito: "Bisogna rifare posto al peccato originale. Alcuni teologi avrebbero fatto proprio lo schematismo illuminista di Rousseau, col dogma che è alla base della cultura moderna, capitalista o marxista che sia: l’uomo è buono per natura, è la società che è cattiva. Quindi l’uomo è corrotto solo dalla educazione sbagliata e dalle strutture sociali da riformare" (Rapporto sulla fede). É evidente che se l’uomo nasce buono per natura, allora il male non è in lui, ma solo fuori di lui; l’educazione allora consisterà solo nell’assecondare tutti gli istinti spontanei, i desideri che divengono in un baleno diritti inalienabili. I "telefoni azzurri" pronti a silenziare i genitori, ne sono una triste conferma. Il bambino e poi il giovane è naturalmente votato al bene e non deve altro che da seguire le sue inclinazioni per essere buono e virtuoso. Lo spontaneismo che si traduce in relativismo si radica in questo inganno e trova in esso la sua giustificazione. 
Ma la Scrittura è di ben altro avviso: "Chi corregge il proprio figlio ne trarrà vantaggio. Chi accarezza un figlio ne fascerà poi le ferite. Un cavallo non domato diventa restio, un figlio lasciato a se stesso diventa sventato. Piegagli il collo in gioventù perché poi intestardito non ti disobbedisca e tu ne abbia un profondo dolore. Educa tuo figlio e prenditi cura di lui, così non dovrai affrontare la sua insolenza” (Sir 30,2.7-8.12-13). La Sapienza ci illumina sulla radice del male, il peccato annidato nell'intimo dell'uomo: "Dal cuore dell’uomo provengono i propositi malvagi, gli omicidi, gli adulteri, le prostituzioni, i furti, le false testimonianze, le bestemmie" (Mt 15,19). Per questo la missione del Precursore è quello di una voce che, nel deserto immagine dell'esistenza lontana dal paradiso e schiava del peccato, parli al cuore dei figli per convertirli a quelli dei padri e al cuore dei padri per convertirli a quello dei figli. Perché entrambi possano fissare Cristo. Perché i cuori non si stanchino in sterili discussioni, in antagonismi e divisioni laceranti. Ogni uomo è figlio di un padre! E' da questa verità inoppugnabile che occorre partire. 
Per accogliere il Messia è necessario che sia svelata e accettata la verità sul peccato. Che siano smascherate le menzogne sulle presunte cause del male esterne al cuore dell'uomo. Ogni figlio è generato nel peccato! Convertire il cuore del padre verso il figlio significa renderlo consapevole della ferita che gli ha trasmesso, perché è portatore dello stesso virus; significa schiudere gli occhi del padre sull'indigenza originale di suo figlio. Mentre convertire il cuore del figlio verso il padre significa illuminarlo sul mistero della propria libertà ferita; significa, per così dire, "scagionare" il padre dalle responsabilità circa la sua coscienza, così spesso e frettolosamente addossate al genitore. Convertire i loro cuori significa correggerne il cammino, illuminarne la fragilità, perché si pongano, non già l'uno contro l'altro in una lotta per affermarsi, bensì come mendicanti in attesa della salvezza. "Questa conversione del cuore è accompagnata da un dolore e da una tristezza salutari, che i Padri hanno chiamato “ animi cruciatus [afflizione dello spirito]”, “compunctio cordis [contrizione del cuore]” (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1431).




Elia-Giovanni viene a ristabilire ogni cosa, a fare verità sul cuore dell'uomo. Egli battezza con acqua, lava via le menzogne che rendono il cuore pesante e indurito. Prepara un Popolo ben disposto, abbassa i colli e colma le pianure, per mostrare da dove viene la salvezza, per indicare Chi è il Salvatore. Se il cuore è ingannato sarà incapace di ascoltare e guardare, essendo orientato in tutt'altra direzione. Il Precursore, e con Lui ogni padre e madre, ogni insegnante, ogni apostolo, catechista, sposo e sposa, fratello, che abbia davvero a cuore le sorti dell'altro, è come un buon medico che, con lastre e analisi, fa la diagnosi esatta della malattia insinuata nel cuore. E così può indicare, prove alla mano, lo "Specialista" capace di intervenire e curare.  
"Il cuore dell'uomo è pesante e indurito. Bisogna che Dio dia all'uomo un cuore nuovo. La conversione è anzitutto un'opera della grazia di Dio che fa ritornare a lui i nostri cuori: “Facci ritornare a te, Signore, e noi ritorneremo”. Dio ci dona la forza di ricominciare. E' scoprendo la grandezza dell'amore di Dio che il nostro cuore viene scosso dall'orrore e dal peso del peccato e comincia a temere di offendere Dio con il peccato e di essere separato da lui. Il cuore umano si converte guardando a colui che è stato trafitto dai nostri peccati" (CCC. n 1432). Teniamo fisso lo sguardo sul sangue di Cristo, e consideriamo quanto sia prezioso per Dio suo Padre; infatti, sparso per la nostra salvezza, offrì al mondo intero la grazia della conversione [San Clemente di Roma, Epistula ad Corinthios, 7, 4]. 
Il Vangelo di oggi ci invita dunque a convertirci, a lasciare se stessi per accogliere Lui. A guardare a Colui che ci chiama, nei volti di chi ci è accanto, negli accadimenti che ci coinvolgono. Anche noi scendiamo dal monte della Trasfigurazione; abbiamo visto nella nostra vita tanti segni, la certezza che Gesù è il Messia annunciato da Mosè ed Elia si sta facendo strada nel nostro intimo. Ma ci attende un cammino, sino a vedere la Trasfigurazione che ha segnato il nostro percorso, i momenti speciali di Grazia e consolazione, autentici nella vita di ogni giorno. L'Avvento è anche questa discesa al fondo della nostra storia, dove siamo stati e siamo figli, e dove siamo padri. Un cammino che ci conduca alla conversione profonda, autentica, ad un cuore nuovo che, nella terra povera che ci costituisce, è capace di vedere i tratti inconfondibili dell'amore incorruttibile di Dio. E' questa la conversione del cuore di figlio verso il padre, del Cielo prima e della carne poi; ed è la conversione del cuore di padre verso ogni figlio, ogni fratello che, in Cristo, è carne della nostra carne.
Lui, il Signore si fa carne a Betlemme, un paesino della nostra vita, l'oggi che siamo chiamati a vivere. Davanti a noi due vie due. O con Lui o contro di Lui. "Lungi da noi abbandonare il nostro Dio che ha operato per noi tante meraviglie" disse il popolo a Sichem. Lungi da noi oggi restare in noi stessi. Alziamo lo sguardo e abbandoniamoci a Dio, sono preparate per noi meraviglie indescrivibili. Prepariamoci anche oggi, con la preghiera e la penitenza, ad accogliere Elia perchè ristabilisca la Verità nella nostra vita, e ci accompagni ad incontrare il Signore Gesù. "Ci sono forse sogni irrealizzabili quando a suscitarli e a coltivarli nel cuore è lo Spirito di Dio? ... Non dovete avere paura di sognare ad occhi aperti grandi progetti di bene e non dovete lasciarvi scoraggiare dalle difficoltà. Cristo ha fiducia in voi e desidera che possiate realizzare ogni vostro più nobile ed alto sogno di autentica felicità. Niente è impossibile per chi si fida di Dio e si affida a Lui. Guardate alla giovane Maria! ... " (Benedetto XVI, Loreto 2007)








αποφθεγμα Apoftegma






È scoprendo la grandezza dell’amore di Dio 
che il nostro cuore viene scosso dall’orrore e dal peso del peccato 
e comincia a temere di offendere Dio con il peccato 
e di essere separato da lui.

Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1432 

QUI IL COMMENTO COMPLETO, GLI APPROFONDIMENTI E LE IMMAGINI

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