Santa Maria,

Santa Maria,
...donna del primo sguardo, donaci la grazia dello stupore.

venerdì 31 maggio 2013

Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente: ha innalzato gli umili.








Anche a ognuno di noi, 
con la trasmissione della fede, 
è stato detto che la vita ha un destino.
Nella sincerità del nostro cuore 
può riecheggiare in modo vero il Magnificat.
Qualunque sia la condizione attuale della nostra vita
è gratitudine perché cammino a quel destino in cui vedremo Dio.


Don Luigi Giussani






Dal Vangelo secondo Luca 1,39-56.

In quei giorni Maria si mise in viaggio verso la montagna e raggiunse in fretta una città di Giuda. Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino le sussultò nel grembo. Elisabetta fu piena di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che debbo che la madre del mio Signore venga a me? Ecco, appena la voce del tuo saluto è giunta ai miei orecchi, il bambino ha esultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell'adempimento delle parole del Signore». Allora Maria disse: «L'anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore, perché ha guardato l'umiltà della sua serva. D'ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata. Grandi cose ha fatto in me l'Onnipotente e Santo è il suo nome: di generazione in generazione la sua misericordia si stende su quelli che lo temono. Ha spiegato la potenza del suo braccio, ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore; ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili; ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato a mani vuote i ricchi. Ha soccorso Israele, suo servo, ricordandosi della sua misericordia, come aveva promesso ai nostri padri, ad Abramo e alla sua discendenza, per sempre». Maria rimase con lei circa tre mesi, poi tornò a casa sua.

Il Commento


Il Signore viene a visitarci. E si avvicina a noi sempre attraverso una carne concreta, il seno purissimo di Maria, tabernacolo della presenza di Dio tra noi. E' sempre Lei che ci visita, ambasciatrice dell'amore di Dio. E' Lei che ci dona il Signore, celato nelle Sue castissime viscere. Lei è l'immagine più fedele della storia di salvezza che Dio ha preparato per ogni uomo. Per noi, da sempre. E oggi, e domani. Dio incarnato, Dio adagiato nel seno d'una donna, Dio disceso alla nostra vita, Dio che visita e impregna le nostre ore. Dio incarnato nelle nostre carni incamminate nella storia. Maria è lo specchio fedele di quello che accade ogni giorno nelle nostre povere vite. In noi è già seminato il miracolo di una vita celeste, come lo fu Giovanni per Elisabetta. Proprio ora è vivo in noi qualcosa che le nostre forze, le nostre opere, i nostri desideri non hanno avuto il potere di generare. Sterili siamo, come ogni uomo, incapaci di darci vita, e di donarla. Sterili per accogliere la Grazia feconda di Dio. Come Elisabetta intuiamo ma abbiamo bisogno d'una visita, perché il miracolo di Grazia si schiuda in un canto di lode. Viviamo l'amore di Dio dentro di noi, ne sentiamo spesso tutta la portata soprannaturale, proprio come una donna incinta vive ogni cosa in modo particolare, come afferrata da una presenza interna, misteriosa che le appartiene e, allo stesso tempo, le sfugge. Con Elisabetta abbiamo bisogno di Maria. E Maria è la Chiesa, il suo saluto che risuona nel profondo è l'annuncio che il nostro cuore attende senza posa, la Parola capace di sciogliere in noi quello che, da sempre, la Grazia ha seminato. La Parola che muove in noi la Vita in un sussulto di gioia. E' l'annuncio che desta la gioia: Dio s'è fatto carne nella nostra carne, proprio nelle vicende che ci visitano per coinvolgerci, la storia nostra di ogni giorno. Maria è il mistero della nostra vita racchiuso nella dolcissima fanciulla di Nazaret, perché nella storia vibra l'eco dell'annuncio della Chiesa. Ed è vero che fuori della Chiesa non v'è salvezza, perché in ogni istante della storia che scorre in ciascun angolo della terra risuona la Parola, unica, di salvezza, Cristo Gesù, nascosto nel seno verginale di Maria, Madre della Chiesa e Madre nostra. Con la sua voce, la Chiesa abbraccia l'universo in attesa della salvezza, mentre la storia diviene il tabernacolo del Figlio incarnato. Da quel giorno a Nazaret, quando Dio ha deposto il suo seme nel seno di Maria, nulla è più lo stesso. Tutta la storia, passata, presente e futura, è stata inondata da una Grazia nuova, e tutte le cose sono state rinnovate, perché il Signore, l'Emmanuele, ha preso dimora in ogni istante del tempo. Tutto di noi, dunque, è stato miracolosamente santificato, salvato, redento. Il mistero nascosto agli angeli è stato svelato, l'uomo è salvo. La vita non è più una corsa verso la morte. Il Cielo s'è dischiuso dinanzi ad ogni uomo, e per questo, ogni esistenza, anche quella che appare più distrutta dal peccato, anche quella che odora di morte, è pronta ormai per essere salvata. Un annuncio, una parola, la visita di Maria e quello che era perduto sarà riscattato.


I passi veloci della Figlia di Sion sul crinale delle montagne di Giuda sono i passi urgenti degli apostoli di ogni tempo. I "passi" degli eventi stessi che abbracciano ogni uomo in un saluto di Pace, sono nient'altro che la rivelazione del progetto di Dio: "Infatti io so i pensieri che medito per voi», dice il Signore: «pensieri di pace e non di male, per darvi un avvenire e una speranza" (Ger. 29,11). Shalom! Il saluto di Maria che sveglia la gioia nel seno di Elisabetta, che svela l'amore nascosto in ogni evento, in ogni persona che corre al nostro incontro. Shalom ci annuncia la moglie, anche quando ci sta rinfacciando qualcosa. Shalom ci annuncia il marito, anche quando, schiavo del perfezionismo, torna a casa e vorrebbe il mondo ai suoi piedi. Shalom ci annuncia il figlio che non ci degna di uno sguardo, immerso nella presa tentacolare del suo smartphone. Shalom ci annuncia il collega che trama ipocritamente alle nostre spalle. Shalom ci annunciano le analisi sballate appena ritirate all'ambulatorio. Shalom ci annuncia la Borsa che crolla, il benzinaio che espone il prezzo della benzina, l'ennesima lettera che rifiuta il nostro curriculum. Shalom ci annunciano gli istanti che ci attendono, visitano e abbracciano. Shalom mentre per il mondo tutto questo significa una dichiarazione di guerra, e arma l'ira, la ribellione, l'indignazione, i sentimenti di giustizia, le invidie, le gelosie, l'odio. Pace dice a noi la storia, dove e quando per il mondo è guerra. Pace perché nella carne è disceso Dio, e tutto, ma proprio tutto è ormai divino, parte misteriosa di un Cielo che non conosciamo ma che possiamo cominciare a sperimentare. Pace! Il saluto di Maria che profetizza e anticipa il saluto del Figlio agli apostoli impauriti, il saluto di Colui che ha vinto il peccato e la morte e ha distrutto il muro che separava l'umanità da Dio e dal suo Regno: Pace!, il saluto che con cui il Cielo ci viene a visitare per attirarci nella vita nuova dei beati, pegno e garanzia qui sulla terra del destino che ci attende. Pace!, il saluto di Maria che ci introduce in una dimensione nuova, nella libertà che può gustare solo chi, colmo dell'amore di Dio più forte del peccato e della morte, può discernere in ogni evento e persona, anche quelli che la carne cataloga come tristi e che vorrebbe sfuggire, il luogo e il tu dove donarsi, consegnarsi senza riserve, nella certezza che proprio lì, dove non vorrebbe andare, vi è la Vita che non muore, la gioia incorruttibile, la Pace che supra ogni intelligenza. La Pace conquistata da Gesù nel Getsemani a prezzo della sua angoscia che ha assunto ogni nostra angoscia, per fare di ogni Getsemani che ci attende il Cenacolo dove essere visitati dalla sua vittoria eterna. 


Pace! Il saluto di Maria che ridesta la gioia che abbiamo dimenticato tra le tristezze di ciò che ormai pensiamo come perso irrimediabilmente, la gioia della risurrezione di tutto quello che in noi era morto. La risurrezione della speranza. La storia nostra di oggi, e di ogni giorno, ci arriva al cuore attraverso il saluto di Maria. E tutto si illumina, il passato ci ha preparato a questo incontro, ed è questo quello che davvero conta. Anche le debolezze, nell'ascoltare la voce di Maria anche i peccati brillano d'una luce nuova, la stessa che risplende sul volto del Figlio risorto: Lui s'è fatto peccato, e su quel peccato conficcato per sempre sulla Croce, è brillata la misericordia. Pace a voi! Si, la nostra carne, la nostra storia sono la dimora di Dio, il Cielo sulla terra perché tutto quello che di noi appartiene alla terra giunga, un giorno, in Cielo. Salvi, santi, suoi. Apparteniamo a Gesù, come Maria, con Maria, Donna umile ebbra di gioia, che canta le meraviglie di Dio, nella gioia che scaturisce dalla verità. Maria, diversamente da noi, era Immacolata nella concezione, priva del veleno che distrugge le nostre vite, la superbia che tiene Dio fuori dalle nostre porte. Creati per essere veri, e liberi, e felici, gemiamo sotto la dura legge della superbia, la menzogna primordiale iniettataci dal mentitore che ci induce a pensare e credere d'essere quel che non siamo. Il demonio che ci spinge a dilapidare tutte le nostre energie per diventare quello che non saremo mai, immaginando futuri impossibili, cambi di marcia, con le ore cucite sui sogni bambini che rincorrono professioni e mestieri da fare quando si diventerà grandi. Grandi: le nostre cose, i nostri pensieri, le nostre opere. Noi, sempre più grandi, in amore, al lavoro, nello sport, ovunque il mondo abbia la ventura d'incontrarci. Anche quando non riusciamo, e il volto s'appesantisce di depressi pensieri, siamo capaci di fare i più grandi di tutti i nostri dolori, le nostre sofferenze, i nostri problemi e fallimenti. In fuga dal nulla precipitiamo nel nulla più duro, l'acre malessere di chi non riesce a smaltire la sbornia dei sogni infranti, degli ideali spezzati, dei progetti falliti. E non v'è posto infatti per Maria e Giuseppe in nessun albergo: il mondo di cartapesta, i "bed and breakfast" di sogni e chimere che segnano i nostri giorni non hanno un angolo per accogliere il Signore. Meglio, a Lui non si addice nessuna delle nostre torri di Babele lanciate in improbabili scalate alla divinità. Lui è la Verità, e cerca il vero. Cerca Maria, lo scrigno della Verità. Dio cerca la sua umiliazione, la semplice verità, vergine e non deturpata da alcun veleno di superbia. Vergine nella carne perché vergine nello spirito, nella mente e nel cuore. Maria, donna vera, la creatura pura che non teme e non ricusa d'esser creatura. Maria, l'umile di Nazaret, il culmine della storia d'ogni uomo, vera perché semplice nella quotidianità d'una vita sciolta nella volontà del Creatore. Umile perché serva, serva perché creatura. La gioia che Eva ci tolse è in Lei ridonata. Nessun cedimento dinanzi al frutto avvelenato dalla superbia. Maria, umile perché Maria, e null'altro. Maria, una vergine di Nazaret, nulla di più, niente di diverso desiderato. In Lei è ciascuno di noi così come dipinto nella mente di Dio, prima d'ogni inalazione mortifera di superbia originale. La sua umiliazione ci attira nella verità che ci costituisce creature in tutto dipendenti dal Creatore. Il suo seno verginale è tutto quello che di noi appartiene al Creatore. Le sue viscere materne sono la grotta povera, spoglia, di nessun valore che si addice - l'unica - al Dio che si fa uomo. La sua umiliazione accoglie oggi ogni frammento divino che è in noi, il cuore, la mente, il corpo che ci è donato per servire e donarsi, e che giace schiavo del tiranno che ci ha insegnato l'orgoglio con le parole della menzogna. Maria è l'eletta che ha riassunto in sé ogni creatura perduta, immacolata per i macchiati, umile per i superbi, vera per i falsi. E Dio ha guardato la sua umiliazione, gli occhi misericordiosi del Padre hanno fissato in Lei il suo primo progetto, un figlio, una figlia, e l'abbandono totale tra le braccia dell'amore. Dio ha guardato all'umiliazione di Maria, alla verità di Maria fatta di terra, la sua storia, le sofferenze e le angosce di tutti noi scappati dall'ovile della verità. Maria ci accoglie nella sua umiliazione, e ci conduce nel Magnificat della creatura che esiste nel Creatore, che è del Creatore, che vive per il Creatore. Dio guarda l'umiliazione di Maria come ha guardato il popolo gemente sotto il giogo del Faraone. E si prende cura di Lei, e, in Lei, di tutti noi schiavi della menzogna. Maria visita oggi la nostra vita, sulla soglia delle nostre ore, perchè con Lei possiamo accogliere il Salvatore. Maria ci conduce alla verità della nostra condizione e ci insegna a gridare, ad aspettare, ad accogliere. Maria ci mostra il vuoto che ci pervade, ci insegna a non averne paura, ad accettare quello che siamo, a lasciare ogni sogno, ogni desiderio alla volontà di Dio per noi. Maria ci accoglie e ci aiuta a schiuderci alla Grazia, allo stupore di fronte alle meraviglie della misericordia di Dio preparate per ciascuno di noi. Maria è nostra Madre e ci insegna e accompagna a donarci ad ogni persona e in ogni occasione; in fondo siamo suoi figli, i nostri occhi assomigliano ai suoi, sono disegnati e creati per vedere Dio in ogni istante: il suo Shalom li riporta al loro splendore. Maria ci chiama, ci aiuta a lasciare che vengano dispersi i superbi pensieri annidati nei nostri cuori; che Dio faccia vuote le nostre mani piene di false ricchezze per riempirle dei suoi doni incorruttibili; che siamo oggi rovesciati dai troni del potere, dell'arroganza, dei vani sogni di gloria. Maria ci guida nel cammino di conversione che sono la vita e il tempo che ci son donati. Maria ci abbraccia oggi come abbracciò Elisabetta, e ci unisce al suo canto di lode, quello per cui siamo stati creati. La lode di povere, umili creature che, istante dopo istante, sono ricolmate di Grazia dal proprio creatore. Maria ci accompagna oggi, nella verità e nella gioia, pieni di stupore e di esultanza.






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giovedì 30 maggio 2013

Preghiamo con Papa Francesco ... SOLENNE ADORAZIONE EUCARISTICA <>2 Giugno 2013<> IN CONTEMPORANEA MONDIALE




in occasione della conclusione del mese mariano, il Santo Padre Francesco presiederà la preghiera del Santo Rosario Durante la preghiera, un’immagine della Madonna percorrerà la piazza in processione come per raccogliere le invocazioni dei fedeli. Papa Francesco concluderà la celebrazione con una meditazione e con la benedizione apostolica. Sono invitati a partecipare tutti



Venerdì 31 Maggio 2013

Cerimonia di chiusura del mese mariano
ore 20.00 



Da Piazza San Pietro, Cerimonia di chiusura del mese mariano con la partecipazione di Papa Francesco

La radiocronaca avrà inizio alle ore 19.55

in portoghese via Internet sul Canale 4 

-in italiano per la Zona di Roma su kHz 585 OM, MHz 105,0 FM e via Internet sul Canale 5 

-in spagnolo via Internet sul Canale 6 

-Modulazione generale senza radiocronaca via Internet sul Canale 8 


(in diretta su TV 2000)










Papa Francesco 

Corpus Domini - in comunione con Lui nell'Eucaristia


Una preghiera per ogni dito della mano 


Il pollice




è il dito a te più vicino. Comincia quindi col pregare per coloro che ti sono più vicini. Sono le persone di cui ci ricordiamo più facilmente. Pregare per i nostri cari è “un dolce obbligo”.


Il dito successivo è l’indice.




Prega per coloro che insegnano, educano e curano. Questa categoria comprende maestri, professori, medici e sacerdoti. Hanno bisogno di sostegno e saggezza per indicare agli altri la giusta direzione. Ricordali sempre nelle tue preghiere.



Il dito successivo è il più alto.




Ci ricorda i nostri governanti. Prega per il presidente, i parlamentari, gli imprenditori e i dirigenti. Sono le persone che gestiscono il destino della nostra patria e guidano l’opinione pubblica…. Hanno bisogno della guida di Dio.



Il quarto dito è l’anulare.




Lascerà molti sorpresi, ma è questo il nostro dito più debole, come può confermare qualsiasi insegnante di pianoforte. È lì per ricordarci di pregare per i più deboli, per chi ha sfide da affrontare, per i malati. Hanno bisogno delle tue preghiere di giorno e di notte. Le preghiere per loro non saranno mai troppe. Ed è li per invitarci a pregare anche per le coppie sposate.



E per ultimo arriva il nostro dito mignolo, il più piccolo di tutti, come piccoli dobbiamo sentirci noi di fronte a Dio e al prossimo.



 Come dice la Bibbia, 
“gli ultimi saranno i primi”.

 Il dito mignolo ti ricorda di pregare per te stesso…. Dopo che avrai pregato per tutti gli altri, sarà allora che potrai capire meglio quali sono le tue necessità guardandole dalla giusta prospettiva. 




(Scritta da Papa Francesco una quindicina di anni fa quando era vescovo di Buenos Aires )
SOLENNE ADORAZIONE EUCARISTICA
ita
solenne adorazione eucaristica

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CONFERENZA STAMPA DI PRESENTAZIONE

IN CONTEMPORANEA MONDIALE



2 GIUGNO 2013



Stammi ancor vicino, Signore.



Tieni la tua mano sul mio capo,


ma fa’che anch’io tenga il capo




sotto la tua mano.


Prendimi come sono,


con i miei difetti,


con i miei peccati,


ma fammi diventare come tu desideri


e come anch’io desidero.





INTENZIONE DI PREGHIERA


Il Santo Padre chiede che il momento di adorazione eucaristica sia offerto in modo particolare:



1. Per la Chiesa sparsa in tutto il mondo e oggi in segno di unità raccolta nell’Adorazione
della SS. Eucaristia. Il Signore la renda sempre obbediente all’ascolto della sua Parola per
presentarsi dinanzi al mondo sempre “più bella, senza macchia né ruga, ma santa e immacolata” (Ef 5,28). 

Attraverso il suo fedele annuncio, possa la Parola che salva risuonare ancora come
apportatrice di misericordia e provocare un rinnovato impegno nell’amore per offrire senso pieno aldolore, alla sofferenza e restituire gioia e serenità.






2. Per quanti nelle diverse parti del mondo vivono la sofferenza di nuove schiavitù
e sono vittime delle guerre, della tratta delle persone, del narcotraffico e del lavoro “schiavo”, per i bambini e le donne che subiscono ogni forma di violenza. Possa il loro silenzioso grido di aiuto trovare vigile la Chiesa, perché tenendo lo sguardo fisso su Cristo crocifisso non dimentichi tanti fratelli e sorelle lasciati in balia della violenza.


Per tutti coloro, inoltre, che si trovano nella precarietà economica, soprattutto i disoccupati, gli anziani, gli immigrati, i senzatetto, i carcerati e quanti sperimentano l’emarginazione.

J La preghiera della Chiesa e la sua attiva opera di vicinanza sia loro di conforto e di sostegno nella speranza, di forza e audacia nella difesa della dignità della persona.








Ogni Chiesa particolare, attenta alla propria realtà, è invitata a discernere e proporre ulteriori


intenzioni in consonanza con questo appello del Santo Padre

Rabbunì, che io veda di nuovo!







Questo racconto, nell’essenzialità dei suoi passaggi,
evoca l’itinerario del catecumeno verso il sacramento del Battesimo,
che nella Chiesa antica era chiamato anche "Illuminazione".
La fede è un cammino di illuminazione:
parte dall’umiltà di riconoscersi bisognosi di salvezza
e giunge all’incontro personale con Cristo,
che chiama a seguirlo sulla via dell’amore.
Nei luoghi di antica evangelizzazione,
dove è diffuso il Battesimo dei bambini,
vengono proposte ai giovani e agli adulti 
esperienze di catechesi e di spiritualità
che permettono di percorrere un cammino di riscoperta della fede 
in modo maturo e consapevole,
per assumere poi un coerente impegno di testimonianza.
Quanto è importante il lavoro che 
i Pastori e i catechisti compiono in questo campo!
La riscoperta del valore del proprio Battesimo 
è alla base dell’impegno missionario di ogni cristiano,
perchè vediamo nel Vangelo che chi si lascia affascinare da Cristo
non può fare a meno di testimoniare la gioia di seguire le sue orme.
Proprio in forza del Battesimo, 
possediamo una connaturale vocazione missionaria.



Benedetto XVI, Angelus del 29 ottobre 2006






Dal Vangelo secondo Marco 10,46-52.

E giunsero a Gerico. E mentre partiva da Gerico insieme ai discepoli e a molta folla, il figlio di Timèo, Bartimèo, cieco, sedeva lungo la strada a mendicare. Costui, al sentire che c'era Gesù Nazareno, cominciò a gridare e a dire: «Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!». Molti lo sgridavano per farlo tacere, ma egli gridava più forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!». Allora Gesù si fermò e disse: «Chiamatelo!». E chiamarono il cieco dicendogli: «Coraggio! Alzati, ti chiama!». Egli, gettato via il mantello, balzò in piedi e venne da Gesù. Allora Gesù gli disse: «Che vuoi che io ti faccia?». E il cieco a lui: «Rabbunì, che io riabbia la vista!». E Gesù gli disse: «Và, la tua fede ti ha salvato». E subito riacquistò la vista e prese a seguirlo per la strada. 

Il commento


La nostra vita è racchiusa in quella di questo cieco ai bordi di una via, mendicando qualcosa per vivere. Ci avviciniamo agli altri, parliamo, lavoriamo, facciamo amicizia, siamo mariti, mogli, preti, religiosi, figli e genitori, ma sempre mendicanti. Allunghiamo le mani delle parole, degli sguardi, dei compromessi, delle paure, del detto e non detto, degli ammiccamenti, dei regali e dagli aiuti. Facciamo perfino salti mortali di splendida carità, pur di raggranellare un po' d'affetto che ci permetta sfangare un'altra giornata al riparo dalla solitudine. E passa Gesù. La sua Pasqua, il suo passaggio, scuote la vita. Ora sta passando, accanto a me, a te. E' Lui che accende la fede, i suoi passi scuotono il cuore dal torpore, ed è già fede, è già certezza che Lui può cambiare la nostra vita. Il suo incedere scioglie la nostra lingua muta e orgogliosa, impaurita e schiava, in un grido di supplica grondante speranza, forse l'ultima, l'unica, la vera. Possiamo recuperare la vista, alzare lo sguardo e ritrovare il cielo aperto, e vedere dischiuse le porte del Paradiso, ora. Il Signore ci "chiama", ha ascoltato il nostro grido di vera umiltà, "abbi pietà, sono morto nei miei peccati, sono schiavo e cieco, tutto mi sembra buio e assurdo, Signore pietà". Innescato dai suoi passi, destato dalla sua presenza misteriosamente ricolma d'amore e misericordia deposta appena un centimetro dalla propria tristezza, il cuore contrito e umiliato di quel povero relitto gettato in strada, ha fatto breccia nel cuore di Cristo, ha bloccato il Signore nel bel mezzo della sua Pasqua, del suo passaggio. Ed ecco, allo stesso modo, ci chiama, ci attira fin dentro al suo cammino dalla morte alla vita: "Che cosa desideri, che cosa vuoi?". La fede è tutta qui, gridare sapendo, per la luce della Grazia, a Chi chiedere e che cosa chiedere. La fede che salva è vedere prima con il cuore e la mente che con gli occhi. E' un dono celeste che scioglie le labbra ad esprimere il grido del cuore. E' desiderare il bene supremo, ovvero occhi aperti per vedere l'amore di Dio in Cristo Gesù, il discernimentoche legge la volontà buona del Padre in ogni evento e relazione. La mancanza di questa sapienza è la vera cecità, che atterrisce e obbliga a mendicare, a fare compromessi, seduti e incapaci di muoversi, e quindi a peccare e a morire. Per questo il grido del cieco non può che scaturire dal cuore di un risuscitato", come il cieco che, "chiamato" come Lazzaro dalla sua tomba, "getta via il mantello" come le bende che avvolgono un cadavere, il segno del suo io prigioniero dell'egoismo e dell'orgoglio, e "balza in piedi" come chi leva dal sepolcro. E' nel cuore, infatti, che si comincia a guardare, ma è anche dove inizia ad aggredire la cecità iniettata dall'inganno del demonio. E' nel cuore che si deposita l'incredulità, il glaucoma che brucia la retina del cuore dove Dio riflette il suo amore incarnato nella storia perché si creda a Lui per abbandonarsi alla sua volontà. Se il demonio riesce a offuscare l'evidenza come una nube che avvolge una montagna, iniziamo a dubitare, sino a finire col credere alla menzogna che Dio non ci ama, perché altrimenti la nostra vita sarebbe diversa. Ormai non ci rendiamo più conto che quello che guardiamo non è più la nostra vita, gli eventi e le persone sono confusi, nascosti, avvolti nella menzogna: la moglie è ormai solo un'isterica, il marito un egoista inguaribile, i genitori dei fossili lontani anni luce dai problemi dei figli, i figli dei capricciosi imbelli, gli amici sono approfittatori, i colleghi subdoli nemici, e tutto sembra coalizzarsi contro di noi. Non resta allora che accucciarsi e rinchiudersi nella sconfitta, deposti sulla strada come un sacco della spazzatura, allungando la mano alla ricerca di una briciola di generosità e di affetto per non morire del tutto.


La cecità, dunque, è sempre legata all'incredulità, e sorge dal cuore, dove il demonio punta e aggredisce. Il passaggio di Gesù è un terremoto nel cuore di Bartimeo, e ridesta il seme incorruttibile che lo ha fatto immagine e somiglianza di Dio: quell'Uomo ridà forza all'uomo che è in lui. Egli "sente" che Gesù passa con i suoi discepoli e comincia a gridare. La Chiesa infatti ha questa missione, accompagnare Gesù, passare con Lui nella storia, fare in modo che la sua Pasqua giunga al cuore di ogni uomo cieco e senza speranza, per risvegliarlo, e risuscitare la fede, lo sguardo rinnovato sulla vita e la storia. Essa non può star chiusa nei templi, negli uffici e nelle sacrestie, se Gesù e i suoi discepoli non fossero passati di lì, Bartimeo sarebbe rimasto cieco a mendicare. Bartimeo, invece, ha cominciato a credere proprio al passaggio di Gesù: nel cuore ha iniziato a vedere in Lui la salvezza che si incarnava nella sua vita, il riscatto e la misericordia che giungevano proprio accanto al suo dolore e al suo fallimento. In quel momento ha riaperto gli occhi del cuore perchè la stessa storia sulla quale i suoi occhi si erano chiusi divenendo così per lui un'oscura notte di solitudine, per il passaggio e la presenza di Gesù, ridiviene luminosa di speranza, albergo di forze e gioia che sembravano perdute. Per questo nel suo grido appare già "la fede che lo salva". In fondo, tra i tanti, Bartimeo era l'unico pronto ad incontrare Gesù. La storia lo aveva preparato ad accogliere la fede che il Signore e la sua Chiesa gli avrebbero annunciato passando accanto a lui. Bartimeo era l'unico che sapeva cosa voleva, perchè era l'unico che, nonostante il tempo buttato a mendicare, riconosceva la sua cecità. Bartimeo è anche immagine del catecumeno che percorre un cammino di illuminazione, sino alla fede adulta e alle acque del battesimo; il tempo precedente l’incontro con Gesù è quello nel quale, tra le vicende della vita, il seme della fede deposto dalla predicazione, lavora nell’ombra, preparando misteriosamente il miracolo della vista; esso rende consapevoli della propria realtà, rivela i peccati che si annidano nel cuore e si fanno mantello di orgoglio e superbia, parla al cuore diradando a poco la menzogna dell'ipocrisia. Ciò significa che anche il tempo che ci sembra scorrere inutile e grigio, senza vedere soluzioni ai problemi, senza incontrare la persona con cui condividere la vita, senza lavoro, senza apparente via di sbocco per figli o amici, anche il lungo tempo di cecità può essere il seno fecondo che prepara l'incontro con il Signore. Anche il grigio dei giorni può ricevere il seme della fede. Per Bartimeo è stato così, come per ogni uomo, come per noi. E oggi, come ogni giorno pensato dal Signore per ciascun uomo, passa Gesù, mentre il dono immenso dei suoi passi di misericordia danno forza e vigore al desiderio di luce e gratitudine di una fede "liberata" dalle catene della menzogna, senza mantelli e con le gambe robuste per correre incontro a Cristo. Anche oggi giunge al nostro cuore l'annuncio della Chiesa, il santo trambusto dei suoi figli, delle sue famiglie che lottano e si perdonano, degli apostoli che fanno strada al Signore perché le onde benefiche della sua Pasqua lambiscano la morte di ogni generazione. E così, "riacquistata la vista", finalmente riconciliati con Dio e la nostra storia, come Bartimeo possiamo "passare" dall'essere mendicanti a dispensatori, gratuitamente, esattamente come tutto riceviamo da Lui, sempre. La fede che purifica il cuore perché possa vedere Dio in tutto e tutti, muove i passi nella sequela del Signore, ci fa guardare avanti senza tornare al passato, lasciare i morti seppellire i propri morti e "seguire" l'agnello ovunque vada. La luce della sua Pasqua vittoriosa sulla morte e il peccato, ci apre gli occhi per riconoscere le orme di Gesù dinanzi ai nostri passi, le tracce del suo amore nella nostra vita, per dischiudere le nostre labbra alla lode, l'autentico compimento di ogni esistenza, il frutto puro della sua liberazione. Come Mosè inviato da Dio a liberare il suo popolo dalla schiavitù dell'Egitto per dare lode a Dio, così anche noi siamo stati guariti, salvati e chiamati a seguire il Signore in una vita trasformata in una liturgia di benedizione, come primizie per accompagnare questa generazione alla Terra Promessa del Paradiso.



APPROFONDIMENTI TESTI SULLA PREGHIERA DEL CUORE:








mercoledì 29 maggio 2013

Il Figlio dell'uomo infatti non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti»





È questa la «sequela» cui Gesù ci chiama: 
lasciarsi attrarre dentro la sua nuova umanità 
e dunque nella comunione con Dio. 


Benedetto XVI

Dal Vangelo secondo Marco 10,32-45.

Mentre erano in viaggio per salire a Gerusalemme, Gesù camminava davanti a loro ed essi erano stupiti; coloro che venivano dietro erano pieni di timore. Prendendo di nuovo in disparte i Dodici, cominciò a dir loro quello che gli sarebbe accaduto: «Ecco, noi saliamo a Gerusalemme e il Figlio dell'uomo sarà consegnato ai sommi sacerdoti e agli scribi: lo condanneranno a morte, lo consegneranno ai pagani, lo scherniranno, gli sputeranno addosso, lo flagelleranno e lo uccideranno; ma dopo tre giorni risusciterà». E gli si avvicinarono Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedèo, dicendogli: «Maestro, noi vogliamo che tu ci faccia quello che ti chiederemo». Egli disse loro: «Cosa volete che io faccia per voi?». Gli risposero: «Concedici di sedere nella tua gloria uno alla tua destra e uno alla tua sinistra». Gesù disse loro: «Voi non sapete ciò che domandate. Potete bere il calice che io bevo, o ricevere il battesimo con cui io sono battezzato?». Gli risposero: «Lo possiamo». E Gesù disse: «Il calice che io bevo anche voi lo berrete, e il battesimo che io ricevo anche voi lo riceverete. Ma sedere alla mia destra o alla mia sinistra non sta a me concederlo; è per coloro per i quali è stato preparato». All'udire questo, gli altri dieci si sdegnarono con Giacomo e Giovanni. Allora Gesù, chiamatili a sé, disse loro: «Voi sapete che coloro che sono ritenuti capi delle nazioni le dominano, e i loro grandi esercitano su di esse il potere. Fra voi però non è così; ma chi vuol essere grande tra voi si farà vostro servitore, e chi vuol essere il primo tra voi sarà il servo di tutti. Il Figlio dell'uomo infatti non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti».

Il commento


Con Gesù si sale a Gerusalemme. Sappiamo, o dovremmo sapere..., dove stiamo andando. Lo aveva ben compreso San Paolo: "Ed ecco ora, avvinto dallo Spirito, io vado a Gerusalemme senza sapere ciò che là mi accadrà. So soltanto che lo Spirito Santo in ogni città mi attesta che mi attendono catene e tribolazioni. Non ritengo tuttavia la mia vita meritevole di nulla, purché conduca a termine la mia corsa e il servizio che mi fu affidato dal Signore Gesù, di rendere testimonianza al messaggio della grazia di Dio" (Atti, 20, 22-24). Ma i discepoli non l'avevano compreso. Seguivano Gesù, ma erano imbalsamati nella mummia del proprio Io. A loro premeva raggiungere i propri scopi, e Gesù, per quanto ammirato ed amato, alla fine, era solamente colui che, ai loro occhi, poteva realizzare i desideri. Come quando un computer affetto da virus non riesce a leggere un documento e i caratteri che appaiono sul monitor sono un collage di segni strani e senza logica. Anche le parole più chiare di Gesù subiscono uno stravolgimento ad opera del virus dell'orgoglio e delle superbia, segni dell'uomo vecchio. Oggi ad esempio, che progetti abbiamo? In famiglia, a scuola, al lavoro, con amici e fidanzati, che cosa speriamo, che cosa desideriamo? E' importante chiedercelo perchè, con tutta probabilità, scopriremo che la cesura netta che appare nel Vangelo tra l'annuncio della Passione e della Risurrezione di Gesù e le richieste dei due fratelli figli di Zebedeo, è la stessa che apre le nostre giornate. Ogni mattina il Signore ci annuncia un giorno di combattimenti, un cammino che conduce a Gerusalemme, alla Croce, per passare alla Resurrezione. Gesù ci prende in disparte e ci annuncia quello che gli deve accadere in noi. Per questo San Paolo scriveva che in lui si completava quello che manca alla Passione di Gesù, quello che manca alla vista degli uomini di questa generazione perchè si possano salvare. Ma a noi, confessiamolo, importa poco. Al risveglio siamo sintonizzati su ben altro canale. Le cose da fare, i soldi, gli amici, i figli, i genitori, gli affetti vari da curare, gli obbiettivi da raggiungere. Ma, quel che è peggio, tutto pensiamo di farlo con Gesù. Giacomo e Giovanni infatti non chiedono un potere empio, senza Dio. No, loro desiderano una cosa santa, regnare con Gesù. Essere alla sua destra e alla sua sinistra. Come noi, che, nelle vicende della vita, desideriamo stare con il Signore, per carità, ci affidiamo a Lui in tutto. Forse... Ma la risposta di Gesù ci fa comprendere che neanche sappiamo che cosa chiediamo e desideriamo. La buccia sembra buona, ma è l'interno ad essere marcio. Chiediamo cose sante, ma lo spirito e i criteri sono mondani. Ci sfugge l'essenziale: il calice che Dio ha preparato per il Suo Figlio, e per ciascuno di noi. Infatti quando ci viene presentato, normalmente ce la diamo a gambe.


Ma proprio per questo, anche oggi il Vangelo è per noi una Buona Notizia. Da soli non possiamo nulla. Noi vogliamo che Gesù ci faccia quello che gli chiediamo. Siamo pronti a strumentalizzarlo, come sposi, madri, figli, presbiteri, non vi è differenza. E Gesù ci annuncia che sì, lo berremo il suo calice, che coincide con quello preparato per noi. Non abbiamo nulla da temere, Lui lo già bevuto! Lui sa come si fa, come si sale sulla croce, come non si scappa, come si entra nella morte. Gesù è in noi davanti alla Croce: "Ora Colui che è il Verbo assume Egli stesso un corpo, viene da Dio come uomo e attira a sé l'intera esistenza umana, la porta dentro la parola di Dio, viene da Dio e fonda così il vero essere uomini. Non è una persona sola, bensì ci rende tutti «uno» in sé (cfr. Gal 3,28), ci trasforma in una nuova umanità... È questa la «sequela» cui Gesù ci chiama: lasciarsi attrarre dentro la sua nuova umanità e dunque nella comunione con Dio." (J. Ratzinger - Benedetto XVI, Gesù di Nazaret, pag.382-383). Abbandoniamoci a Lui alora, lasciamo che ad ogni risveglio ci annunci il nostro destino, ci attiri nella sua "nuova umanità", battezzandoci nel suo stesso battesimo. Ogni giorno che si schiude è come il fiume Giordano che attende il corpo benedetto del Signore vivo nella nostra carne. La moglie, il marito, i figli, i genitori, gli amici, il fidanzato, i colleghi, e poi la precarietà economica, il mobbing e le incomprensioni sul lavoro, le malattie sempre in agguato, il rifiuto e il disprezzo, il traffico e i contrattempi, sono come i flutti nei quali immergere la nostra vita perchè sia distrutto l'uomo vecchio e possa apparire quello nuovo, creato a immagine di Cristo: donarsi a chi reclama la nostra attenzione, il nostro tempo, i nostri schemi, la nostra vita. Spesso violentemente, ingiustamente, senza apparente ragione. Scendere nelle acque del Giordano che lambiscono ogni giorno il frammento di terra e di storia che siamo chiamati a calpestare, per riemergervi pronti a ricevere lo Spirito Santo che fa della nostre giornate il compiacimento di Dio, che ci fa figli amatissimi che seminano ovunque lo stesso amore del quale sono ricolmi. Dare la vita significa, infatti, innanzi tutto deporre nelle acque del battesimo quotidiano l'egoismo, la superbia di chi pretende di condurre e piegare la propria vita e la storia, che giudica Dio per come fa il Padre, il Figlio per il modo così singolare con il quale ci ama e che non ci piace quasi mai, e lo Spirito Santo per non spiegarci tutto e, come Aladino con la sua lampada, non soffiare secondo i nostri desideri; servire è rinnegare il proprio io e ogni opera della carne, lasciando che sia crocifisso con Cristo l'uomo vecchio che si corrompe, proprio attraverso le vicende e le persone che il Padre prepara per noi ogni giorno. E' questa la porta che introduce al compimento della missione che ci è affidata, lasciarci trasformare da Cristo, essere docili alla volontà del Padre, seguendo le sue orme che ci conducono a Gerusalemme, alla concretissima realtà che attende i nostri passi, dove si realizza in noi lo stesso Mistero Pasquale del Signore. 


Conformati a Lui possiamo vivere un'altra vita nel capovolgimento dei criteri mondani: non possiamo aspettarci nulla dal potere di questo mondo; per quanta indignazione gettiamo nelle piazze, per quanto possiamo impegnarci per la realizzazione di una politica più onesta e giusta, per quanto ci sforziamo di costruire una cultura della legalità, "coloro che sono ritenuti capi delle nazioni le dominano, e i loro grandi esercitano su di esse il potere". il Signore conosce il veleno che divora il mondo che lo rifiuta, e con Lui anche i suoi discepoli "sanno" della corruzione che vi si nasconde. Non siamo chiamati all'indignazione, alle proteste e alle rivoluzioni, nelle piazze come nei condomini, negli uffici o sui campi di calcio dove giocano i nostri figli, nelle scuole e nelle nostre case. Siamo chiamati, nella Chiesa e con essa, a qualcosa di molto diverso: "tra di voi invece..." dice il Signore, chiamando a sé i suoi discepoli. Tra i fratelli nati dallo stesso battesimo, che si accostano e bevono allo stesso calice, ogni relazione è celeste, e per questo capovolta rispetto alle relazioni mondane: tra marito e moglie, tra genitori e figli, tra fratelli, ovunque Il primo è l'ultimo e l'ultimo è il primo, e sembra quasi una gara a perdere, perchè, fra i cristiani, vi è la certezza della vittoria di Cristo sulla morte, il demonio e il peccato. "Fra di voi" è diverso, perchè voi siete stati perdonati, rigenerati, risuscitati con Cristo e già siete stati assisi con Lui alla destra del Padre. Non si tratta di un posto di prestigio, perchè quel che sarà nel Regno dei Cieli non è affar nostro. Ma si tratta di aver ricevuto lo stesso Spirito del Signore, di regnare già oggi con Lui nella storia perchè, seppur non in pienezza, nel battesimo abbiamo già oltrepassato il guado della morte, siamo le primizie dei santi del Cielo, e per questo ci è dato il potere di sottomettere i demoni, la carne e il mondo che così diviene il potere di dare la propria vita. Si tratta di amare, di regnare come regna Lui, dal Legno della Croce, il battesimo che ci fa ultimi, servi di tutti. Certo si tratta di assumere un combattimento quotidiano contro la carne, il mondo e il demonio: "Questa è la chiave: fra noi non deve essere così. Nell’ottica del Vangelo, la lotta per il potere nella Chiesa non deve esistere. O, se vogliamo, che sia la lotta per il vero potere, cioè quello che lui, con il suo esempio, ci ha insegnato: il potere del servizio. Il vero potere è il servizio. Nella Chiesa non c’è nessun’altra strada per andare avanti. Per il cristiano andare avanti, progredire, significa abbassarsi. Se noi non impariamo questa regola cristiana, mai potremo capire il vero messaggio cristiano sul potere. Nella Chiesa il più grande è quello che più serve, che più è al servizio degli altri. Questa è la regola. Quando a una persona danno una carica che secondo gli occhi del mondo è una carica superiore, si dice: Ah, questa donna è stata promossa a presidente di quell’associazione; e questo uomo è stato promosso. Promuovere: Sì, è un verbo bello. E si deve usare nella Chiesa, sì: questo è stato promosso alla croce; questo è stato promosso all’umiliazione. Questa è la vera promozione. Quella che ci fa assomigliare meglio a Gesù. Sant’Ignazio, negli Esercizi spirituali, ci fa chiedere al Signore crocifisso la grazia delle umiliazioni: Signore voglio essere umiliato, per assomigliare meglio a te. Questo è l’amore, è il potere di servizio nella Chiesa. E si servono meglio gli altri per la strada di Gesù. Altri tipi di promozione non appartengono a Gesù. Sono promozioni «mondane» ed esistono sin dal tempo di Gesù stesso. «Sempre ci sono state nelle Chiese cordate per arrivare più in alto: carrierismo, arrampicatori, nepotismo... una sorta di «simonia educata», cioè quella che porta a pagare di nascosto qualcuno pur di diventare qualcosa. Ma quella non è la strada del Signore. La strada del Signore è il suo servizio: che ci dia la Grazia per capire quella regola d’oro che lui ci ha insegnato con il suo esempio: per un cristiano progredire, andare avanti, significa abbassarsi" (Papa Francesco, Omelia a Santa Marta, 21 maggio 2013). Siamo chiamati alla libertà di chi, abbassato e umiliato nella storia di ogni giorno, dall'ultimo posto, serve e accompagna ogni uomo al Paradiso, all'incontro con Dio, a mostrare e a offrire al mondo la vita "fra di noi", figli nel Figlio. Il "posto" non conta, il potere e il prestigio non conferiscono nulla e non aggiungono nessun valore, mentre il ruolo nella società ancor meno: servire e amare, donarsi senza riserve è il luogo dove essere autenticamente se stessi, felici, realizzati, colmi della stessa pienezza di Cristo. E' questa la grandezza della nostra vita, perderla per amore, per riscattare chi è perduto: "Non è il potere che redime, ma l’amore! Questo è il segno di Dio: Egli stesso è amore" (Benedetto XVI, Omelia nella Messa di inizio Pontificato).














Benedetto XVI, La sequela di Gesù


"Ora Colui che è il Verbo assume Egli stesso un corpo, viene da Dio come uomo e attira a sé l'intera esistenza umana, la porta dentro la parola di Dio, la tramuta in «udito» per Dio e dunque in «obbedienza», in riconciliazione tra Dio e l'uomo (cfr. 2 Cor 5,18-20). Egli stesso diviene il vero «sacrificio», come Colui che si è donato, entrando totalmente nell'obbedienza e nell'amore, amando «sino alla fine» (Gv 13,1). Viene da Dio e fonda così il vero essere uomini. Come dice Paolo, rispetto al primo uomo che era ed è di terra, Egli è il secondo uomo, l'uomo definitivo (l'ultimo), che viene «dal cielo» ed è «spirito datore di vita» (cfr. 1 Cor 15,45-49). Egli viene, ed è al tempo stesso il nuovo «regno». Non è una persona sola, bensì ci rende tutti «uno» in sé (cfr. Gal 3,28), ci trasforma in una nuova umanità... È questa la «seque-la» cui Gesù ci chiama: lasciarsi attrarre dentro la sua nuova umanità e dunque nella comunione con Dio. Ascoltiamo ancora una volta Paolo: «Quale è l'uomo fatto di terra [il primo uomo, Adamo], così sono quelli di terra; ma quale il celeste, così anche i celesti» (1 Cor 15,48). L'espressione «Figlio dell'uomo» è rimasta riservata a Gesù stesso, ma la nuova visione dell'unione di Dio e uomo che vi si esprime pervade e plasma tutto il Nuovo Testamento. Nella sequela di Gesù Cristo è in gioco questa nuova umanità che viene da Dio" (J. Ratzinger - Benedetto XVI, Gesù di Nazaret, pag.382-383).



Sant' Alfonso-Maria de Liguori (1696-1787), vescovo e dottore della Chiesa
Opere, t.14

« Dare la propria vita in riscatto per molti »

Un Dio che serve, che spazza la casa, che si dedica a lavori penosi – quanto uno solo di questi pensieri dovrebbe colmarci di amore! Quando il Salvatore ha cominciato a predicare il suo Vangelo, si è fatto “il servo di tutti”, dichiarando lui stesso che “non era venuto per essere servito, ma per servire”. È come se avesse detto che voleva essere il servitore di tutti gli uomini. E, al termine della sua vita, non si è contentato, dice san Bernardo, “di aver preso la condizione di servo per mettersi al servizio degli uomini; ha voluto prendere la forma del servo indegno, per lasciarsi colpire, e subire la pena che era dovuta a noi, a causa dei nostri peccati”. Ecco che il Signore, obbediente servo di tutti, si sottomette alla sentenza di Pilato, per quanto ingiusta sia, e si consegna ai suoi carnefici... Così, Dio ci ha tanto amato, da voler obbedire come schiavo, per amore nostro, fino a morire e a morire di una morte dolorosa e infame, il supplizio della croce (Fil 2,8).
Ora, in tutto questo, obbediva non in quanto Dio, ma in quanto uomo, che aveva assunto la condizione di schiavo. Un certo santo si è consegnato come schiavo per riscattare un povero, e si è attirato l’ammirazione del mondo per questo atto eroico di carità. Ma cos’è questa carità in confronto a quella del Redentore? Essendo Dio e volendo riscattarci dalla schiavitù del diavolo e della morte che avevamo meritata, si fa lui stesso schiavo, si lascia legare e inchiodare sulla croce. “Perché il servo diventasse maestro, dice san Agostino, Dio ha voluto farsi servo”.




Beato Guerrico d'Igny (circa 1080-1157), abate cistercense
Discorso 1 sui rami delle palme

« Il Figlio dell'uomo non è venuto per essere servito ma per servire »
L'uomo è stato creato per servire il suo Creatore. Cosa c'è di più giusto infatti che servire colui che vi ha dato alla luce, senza il quale non potete esistere? E cosa c'è di più felice che servirlo, poiché servirlo è regnare? Eppure l'uomo ha detto al suo Creatore: «Non ti servirò» (Ger 2,20). «Allora ti servirò io, disse il Creatore all'uomo. Siediti, ti servirò, ti laverò i piedi»... Sì, Cristo «servo buono e fedele» (Mt 25,21), hai veramente servito, hai servito in tutta fede e in tutta verità, in tutta pazienza e in tutta costanza. Senza tiepidezza ti sei lanciato come un prode per percorrere la via dell'obbedienza (Sal 18,3); senza fingere, ci hai dato in sovrappiù, dopo tante pene, la tua stessa vita; senza fiatare, flagellato e innocente, non apristi la bocca (Is 53,7). Sta scritto ed è vero: «Il servo che, conoscendo la volontà del padrone, non avrà disposto o agito secondo la sua volontà, riceverà molte percosse» (Lc 12,47). Ma questo servo, vi domando, quali degne azioni non ha compiuto? Cosa ha ommesso di ciò che doveva fare? «Ha fatto bene ogni cosa», esclamavano coloro che osservavano la sua condotta, «fa udire i sordi e fa parlare i muti» (Mc 7,37). Ha compiuto ogni sorta di opere degne di ricompensa, allora come mai ha sofferto tante umiliazioni? Ha presentato le sue spalle alla frusta, ha ricevuto numerosi colpi atroci, dappertutto il suo sangue scorre. È stato interrogato in mezzo agli obbrobri e ai tormenti, come uno schiavo o un malfattore che sottopongono alla tortura per strappargli la confessione di un crimine. O superbia detestabile dell'uomo sdegnoso nel servire, e che non poteva essere umiliato se non con l'esempio della servitù del suo Dio!...
Si, mio Signore, hai molto faticato per servirmi; sarebbe giusto ed equo che d'ora in poi ti riposassi, mentre il tuo servo, a sua volta, cominciasse a servirti, è venuto il suo turno... Hai vinto, Signore, questo servo ribelle; stendo le mani per ricevere i tuoi legami, chino il capo per ricevere il tuo giogo. Permetti che io ti serva. Accoglimi per sempre come tuo servo, ancorché servo inutile finché la tua grazia non mi assista e mi affianchi nella mia fatica (Sap 9,10).




Padre R. Cantalamessa. Come combattere la 'volontà di potenza' che minaccia tutti


"Allora Gesù, chiamatili a sé, disse loro: Voi sapete che coloro che sono ritenuti capi delle nazioni le dominano, e i loro grandi esercitano su di esse il potere. Fra voi però non è così; ma chi vuol essere grande tra voi si farà vostro servitore, e chi vuol essere il primo tra voi sarà il servo di tutti". Dopo quello sul denaro, il vangelo di questa domenica ci fa conoscere il giudizio di Cristo su un altro dei grandi idoli del mondo: il potere. Neppure il potere è intrinsecamente cattivo, come non lo è il denaro. Dio è definito lui stesso "l'onnipotente" e la Scrittura dice che "il potere appartiene a Dio" (Sal 62, 12).

Poiché, però, l'uomo aveva abusato del potere a lui concesso, trasformandolo in dominio del più forte e in oppressione del debole, che cosa ha fatto Dio? Per darci l'esempio, si è spogliato della sua onnipotenza; da "onnipotente", si è fatto "impotente". "Spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo" (Fil 2, 7). Ha trasformato la potenza in servizio. La prima lettura del giorno contiene una descrizione profetica di questo salvatore "impotente": "È cresciuto come virgulto davanti a lui e come una radice in terra arida. Disprezzato e reietto dagli uomini, uomo dei dolori che conosce il patire".

Si rivela così una nuova potenza, quella della croce. "Dio ha scelto ciò che nel mondo è debole per confondere i forti" (1 Cor 1, 24-27). Maria, nel Magnificat, canta in anticipo questa rivoluzione silenziosa operata dalla venuta di Cristo: "Ha rovesciato i potenti dai troni" (Lc 1,52). Chi viene messo sotto accusa da questa denunzia del potere? Solo i tiranni e dittatori? Magari così fosse! Si tratterebbe, in questo caso, di eccezioni. Invece ci riguarda tutti. Il potere ha infinite ramificazioni, si inserisce dappertutto, come certa sabbia del Sahara, quando tira il vento di Scirocco. Anche nella Chiesa. Il problema del potere non si pone dunque solo per il mondo politico. Se ci fermiamo qui, non facciamo che unirci alla schiera di coloro che sono sempre pronti a battere le proprie colpe... sul petto degli altri. È facile denunciare le colpe collettive, o del passato; più difficile quelle personali e del presente.

Maria dice che Dio: "Ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore; ha rovesciato i potenti dai troni" (Lc 1, 51 s.). Ella addita implicitamente un ambito preciso nel quale bisogna cominciare a combattere "la volontà di potenza", quello del proprio cuore. La nostra mente ("i pensieri del cuore") può diventare una specie di trono sul quale ci sediamo, per dettare legge e fulminare chi non si sottomette. Siamo, almeno nei desideri se non nei fatti, dei "potenti sui troni". Nella famiglia stessa è possibile, purtroppo, che si manifesti la nostra innata volontà di dominio e di sopraffazione, causando continue sofferenze a chi ne è la vittima; spesso (non sempre), la donna.

Che cosa oppone, il Vangelo, al potere? Il servizio! Un potere per gli altri, non sugli altri. Il potere conferisce autorità, ma il servizio conferisce qualcosa di più, autorevolezza, che significa rispetto, stima, ascendente reale sugli altri. Al potere, il Vangelo oppone anche la non-violenza, cioè un potere di altro tipo, morale, non fisico. Gesù diceva che avrebbe potuto chiedere al Padre dodici legioni di angeli per sbaragliare i nemici che stavano per venire a crocifiggerlo (Mt 26,53), ma preferì pregare per essi. E fu così che riportò la sua vittoria. Il servizio non si esprime, tuttavia, sempre e solo con il silenzio e la sottomissione al potere. A volte esso può spingere ad alzare coraggiosamente la voce contro il potere e contro i suoi abusi. Così ha fatto Gesù. Egli ha sperimentato nella sua vita l'abuso del potere politico e religioso del tempo. Per questo è vicino a tutti quelli che, in qualsiasi ambiente (nella famiglia, nella comunità, nella società civile), fanno su di sé l'esperienza di un potere cattivo e tirannico. Con il suo aiuto, è possibile, come ha fatto lui, non "soccombere al male" e vincere anzi "il male con il bene" (Rm 12, 21).

martedì 28 maggio 2013

Da leggere - La Chiesa del silenzio & ...

Da  Cairòsterzomillennio

Amori lesbo, Chiese del silenzio e Radio "vaticane" (?)

La gioia del regista Abdellatif Kechiche e delle attrici Adele Exarchopoulos e Lea Seydoux

'La Vie d'Adelé" il film che ha conquistato la Palma d'oro al festival di Cannes.

La Chiesa del silenzio da La Nuova Bussola ...

di Riccardo Cascioli
Negli ultimi giorni sono accaduti diversi avvenimenti che per un cattolico non possono non suscitare alcune domande.

Partiamo dal primo e più recente: la morte di don Andrea Gallo.Personaggio che non ha bisogno di presentazioni, tutti sanno che la sua opera di accoglienza di poveri ed emarginati a Genova si accompagnava a continue provocazioni contro la Chiesa: dalla confessione di aver accompagnato delle prostitute ad abortire, al “Bella Ciao” cantata alla messa nel giorno dell’Immacolata, fino all’auspicio di vedere presto un Papa gay. Ha anche avuto per anni la possibilità di esternare la sua “visione” di Chiesa nei salotti televisivi, che frequentava con una certa assiduità e che lo hanno reso un personaggio famoso, senza peraltro che nessuno degli arcivescovi suoi superiori avesse mai da obiettare alcunché. Tralascio quanto avvenuto al funerale, che è perfettamente in linea con il personaggio e non meriterebbe neanche un commento, perché in fondo non credo che in tutta questa vicenda il problema più grosso sia quello che don Gallo era e faceva.

Personalmente ho apprezzato molto il venire a sapere che il cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova, andava a visitare di tanto in tanto don Gallo mantenendo con lui un rapporto umano e spirituale, tenendo sempre aperta la porta al dialogo, pur in un serrato confronto, come pare di capire dalle parole dello stesso Bagnasco. E’ una bella immagine, che mostra come la Chiesa non abbia nulla a che vedere con le ideologie e sia davvero maestra di umanità nella pratica, non nella teoria.

Però, e qui sta il punto, una tale premura pastorale sarebbe dovuta anche al resto del popolo di Dio, verso cui il primo compito sarebbe quello di indicare con chiarezza la Verità, la strada giusta. Perché la misericordia senza verità si chiama complicità. E invece alla morte di don Gallo abbiamo letto comunicati – e ascoltato l’omelia al funerale – in cui si celebra il prete “di strada” come un esempio più che positivo di sacerdozio vissuto, come se aprire la casa a poveri, trans e prostitute bastasse in sé per essere santi. In altre parole, a sentire il cardinale Bagnasco e il cardinale Tarcisio Bertone, predecessore di Bagnasco a Genova e attuale segretario di Stato vaticano, si fa fatica a cogliere una differenza tra Madre Teresa di Calcutta e don Gallo, o anche tra quest’ultimo e don Oreste Benzi. Eppure una differenza c’è: anche don Benzi accoglieva le prostitute e apriva la casa agli ultimi, anche madre Teresa raccoglieva per strada gli scarti della società (e non c’è neanche paragone tra Calcutta e Genova), ma il desiderio, la missione era quella di elevare tutti a Dio, non di abbassare Dio alla misura dell’uomo. Per questo madre Teresa e don Benzi, tanto per fare un esempio, non avrebbero mai accompagnato una povera ragazza ad abortire: erano convinti che l’aborto fosse il peggior crimine che si potesse commettere.

Un peccatore, consapevole di esserlo, ha bisogno di un Dio misericordioso non di un Dio complice: abbiamo bisogno di un Dio che è più grande di ogni peccato possiamo commettere, e ci dice “Và, sei perdonato, non peccare più, un’altra vita è possibile”. A cosa ci può servire un Dio che ci dice “Ma sì, non fa niente, continua così che ti voglio bene lo stesso”?

Ecco, da un vescovo mi aspetterei che ricordasse questa differenza, che aiutasse a discernere, pur nel rispetto dovuto ad ogni persona e perciò anche a don Gallo. Il silenzio, addirittura la benedizione di un certo cammino, portano solo confusione e altre persone che si metteranno sulla strada sbagliata.

Ma veniamo a un secondo fatto, di natura completamente diversa: Festival di Cannes, vince il film “La vie d’Adelie”, che nei giorni della proiezione ha fatto parlare di sé soprattutto per la lunga e dettagliata scena lesbo delle due protagoniste. Non ho visto il film ma non ho dubbi sul fatto che sia fatto bene e bene interpretato - a volte anche i film porno si dice che lo siano - però ascoltare Radio Vaticana esaltare anche il contenuto del film lascia di stucco. Ecco cosa ha detto il corrispondente da Cannes: “Adèle legge Marivaux e s’interroga sull’amore. Sente il bisogno di un sentimento forte che abiti il suo corpo, ma non ancora l’attrazione fatale, l’affinità che la leghi a un altro essere umano. Nel frattempo prova - prova gli altri e si mette alla prova - forse capisce che può trovare nella sessualità femminile ciò che cerca. Poi l’amore arriva attraverso uno sguardo, un piacere condiviso, un vago desiderio di vivere l’altra persona in profondità”. 

Insomma, per Radio Vaticana – che si autodefinisce “la voce del Papa e della Chiesa” – non c’è assolutamente alcun problema, nulla di strano nel fatto che una ragazza si apra all’amore con un’altra ragazza: eterosessuale o omosessuale non fa alcuna differenza, l’importante è l’amore, l’importante è provare. Sicuramente un bel messaggio per gli adolescenti: se anche la radio del Papa si piega all’ideologia omosessualista, cos’altro dobbiamo aspettarci?

Prosegue Radio Vaticana, affermando che il film è “interpretato da due attrici formidabili (Léa Seydoux e Adèle Exarchopoulos), messo in scena con una fluidità che non fa avvertire lo scorrere del tempo, ricco di scene indimenticabili di esplosione dei sentimenti”. 
Esplosione di sentimenti? Ecco come la spiega il quotidiano Repubblica: «Lunghissime scene esplicite tra le attrici Lea Seydoux e Adele Excharchopoulous che si amano con estrema varietà, voracità, fantasia di posizioni, quantità di orgasmi. Momenti che "sono necessari a raccontare l'incantamento del loro rapporto", dice il regista».

Non è un problema di moralismo, ma di giudizio: un frutto avvelenato può essere presentato benissimo, nel modo più accattivante possibile, ma resta sempre un frutto avvelenato. E questo va detto con chiarezza, ma ormai il giudizio sembra essere merce rara, anche lì dove ci si aspetterebbe di trovare l’ultimo appiglio, l’ultima resistenza alla mentalità mondana.

Ed eccoci all’ultimo fatto: assemblea generale dei vescovi italiani, aperta lunedì scorso dalla prolusione del presidente della Cei (Conferenza episcopale italiana), cardinale Bagnasco. Come sempre, tanti i temi toccati, ma su tutti fanno notizia due messaggi che partono chiari: guai a chi minaccia il governo di larghe intese (l’Italia ha bisogno di stabilità politica) e preoccupazione per la disoccupazione (il lavoro è la prima emergenza del paese). Per carità, nulla da dire su questi argomenti: del resto, chi prenderebbe la parola per sostenere la necessità di aumentare la disoccupazione? Perciò, plauso generale.

Solo che a noi era sembrato che ultimamente ci fosse qualche altro problemino per cui magari i cattolici dovessero preoccuparsi: ad esempio, su La Nuova BQ abbiamo parlato nei giorni scorsi della Strategia nazionale per la prevenzione dell’omofobia varata dal Dipartimento delle Pari Opportunità, un documento agghiacciante che vedrà presto luoghi di lavoro e, soprattutto, scuole trasformate in “campi di rieducazione”gestiti da gay e trans per convincere che maschio e femmina non esistono, esiste solo quello che in quel momento immaginiamo di essere. E’ l’ideologia di genere, quella che Benedetto XVI aveva pochi mesi fa definito come una delle più gravi sfide che la Chiesa ha davanti, perché è un attacco diretto al piano di Dio, alla Creazione. Cos’altro dovrebbe starci a cuore più di questo? Ma per la Cei non pare un problema, tanto che anche il quotidiano dei vescovi – pur avendo avuto quel documento in mano prima che fosse reso pubblico – ha deliberatamente scelto di non parlarne. Avranno senz’altro delle buone ragioni, ma che almeno ce le spieghino, così ci tranquillizziamo pure noi.

Nel frattempo, l’attacco laicista è partito frontale anche sulla libertà di educazione: a Bologna proprio ieri si è svolto il referendum promosso da chi vorrebbe togliere i fondi comunali alle scuole paritarie. Affluenza bassa, ma i promotori hanno vinto: conseguenze pratiche immediate nessuna, il referendum era consultivo e il sindaco (democratico) non ne vuole sapere, ma dal punto di vista politico e sociale le conseguenze saranno pesantissime. Si può scommettere su un’ondata di iniziative di questo genere in tutta Italia, che metterà in difficoltà sì le scuole cattoliche ma con queste anche la possibilità delle famiglie di scegliere liberamente la scuola per i propri figli.

Eppure anche di questo nessuna traccia nella prolusione: è vero, il cardinale Bagnasco aveva preso chiaramente posizione su questo tema lo scorso 3 maggio parlando a un convegno sulla scuola, ma è curioso che tale questione – vitale anche per l’economia del paese – non abbia trovato spazio tra le preoccupazioni dei vescovi nella loro assemblea. E sì che la libertà di educazione è uno dei princìpi non negoziabili.

Né sembra aver lasciato ferite l’atto sacrilego compiuto il 1° maggio davanti alla cattedrale del Papa, San Giovanni in Laterano, nel corso del Concertone organizzato dai sindacati (anche quello “cattolico”, la Cisl, il cui segretario Raffaele Bonanni ha addirittura accusato di strumentalizzazione chi ha protestato per quella bestemmia pubblica). Nessun cenno dunque, sebbene i gesti vandalici contro i simboli cristiani siano in preoccupante aumento. Ciò che conta, per il futuro dell’Italia, sembra sia il lavoro e il governo stabile (a prescindere da quello che fa).

E’ evidente a questo punto che qualcosa mi sfugge, sicuramente sono io a non capire qualcosa e sarò grato a quanti volessero colmare questa lacuna. Però, lo stesso mi scappa un po’ da ridere a vedere quanto si agitano questi laiconi che ce l’hanno con la Chiesa, si preoccupano di promuovere leggi per tapparle la bocca, evitano che politici cattolici vadano in posti “sensibili”. Che spreco di energie, compagni: non vedete che si sono già silenziati da soli?


Da lo Straniero di Antonio Socci

FRANCESCO RINNOVA LA CHIESA (e pure la Segreteria di Stato): ECCO I VOLTI CHE INDICA (e lasciamo ai media gli idoli dei salotti anticattolici: un Requiem e poi che i morti seppelliscano i morti)

25 MAGGIO 2013 / IN NEWS
Quando sento dire “il prete degli ultimi” io penso al grande e umile fratel Ettore Boschini che, lontano da tutti i salotti e i riflettori, per anni, portando in giro la statua della Madonna di Fatima e col crocifisso rosso dei camilliani sulla veste, ogni notte nei gironi infernali di Milano raccoglieva, lavava amorevolmente, nutriva ...Continua a leggere.