L’insulto e il tesoro
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di Costanza Miriano
Un signore francese a Parigi per un pic nic con la sua famiglia indossava una felpa raffigurante un uomo, una donna e due bambini, è stato fermato dalla polizia e trattenuto in caserma. Per uscirne ha dovuto pagare. Il suo gesto (indossare una felpa con l’immagine di una famiglia) è stato giudicato offensivo.
Un altro signore è salito su un palco durante un concerto pubblico su uno spazio pubblico davanti a mezzo milione di persone e ad altri non so quanti telespettatori, ha sollevato un preservativo come un’ostia storpiando le parole con cui i sacerdoti la consacrano e ci ha invitati tutti a usarlo. Non è stato fermato dalla polizia, non è stato trattenuto in caserma e non ha dovuto pagare per uscirne. Il suo gesto non è stato giudicato offensivo (a parte che gli organizzatori del concerto hanno detto che prenderanno provvedimenti).
È innegabile: quello che offende quello che abbiamo di più caro (l’eucaristia) o la nostra visione dell’uomo (la famiglia fondata sull’uomo e sulla donna) può essere liberamente espresso. Liberamente e anche, se posso permettermi, con pochissimo sforzo, zero creatività, intelligenza non pervenuta. È sufficiente prendere uno a scelta dei luoghi comuni più gettonati, forniti ovunque con appositi pacchetti pronti all’uso e travestiti da trasgressione. Tra parentesi in realtà la vera trasgressione è la famiglia, e aggiungerei che la sessualità vissuta secondo il desiderio di Dio è l’unica davvero divertente ed eccitante, perché insegna il gusto dell’attesa, e lascia sempre anche un po’ di brivido di imprevisto, è allora non c’è più “pornobisogno”, titolo della canzone del signore di cui sopra.
Con le altre fedi le cose vanno diversamente: se qualcuno si azzardasse a raffigurare Maometto, maltrattare il Corano, offendere la memoria degli Ebrei, non sposare la causa del Dalai Lama, le proteste sarebbero, senza ombra di dubbio, legittimamente vibranti ed energiche. Forse violente (per dire, la piazza di san Giovanni è quella della chiesa omnium urbis et orbis ecclesiarum mater et caput, un luogo santo forse quanto la spianata delle Moschee, se avesse senso fare un paragone).
Ma perché noi cristiani non ci difendiamo? E perché, oserei addirittura aggiungere, è bene che non lo facciamo, che non incarniamo quel cattolicesimo depresso che solo reagisce alle offese, che gioca in difesa, preoccupato solo di non perdere?
Perché noi abbiamo già vinto, e non dobbiamo difenderci da nessuno. Non ce ne importa niente: noi stiamo dalla parte di quello che ha vinto la morte, noi abbiamo trovato un tesoro in un campo e ce lo vogliamo comprare, magari senza pubblicizzare troppo la cosa in giro, perché siamo anche un po’ gelosi, del nostro tesoro.
I primi cristiani non rivelavano volentieri la loro fede in giro, e non solo per il rischio delle persecuzioni: non avevano come noi l’ansia di portare gli altri dalla nostra parte facendo propaganda, sapevano di doversi far riconoscere dal modo audace, soprannaturale di amarsi gli uni gli altri. Sapevano di dover essere sale e lievito, piccolo gregge.
Questo spetta anche a noi, oggi, qui: essere così luminosi e belli e irresistibili che la gente debba chiederci dove andiamo, ci chieda di portarla con noi, ci supplichi quasi. Così non andremo più in giro ad arrabbiarci contro chi evidentemente non ha ancora conosciuto lo sfolgorante amore di Dio, non si è sentito abbracciato. Chi, anche una sola volta, ha intravisto appena un riflesso del volto dell’Unico Io Sono, come può preoccuparsi, per esempio dei filmetti di cassetta, delle canzoni blasfeme, delle stupidaggini dette con leggerezza o anche con dolo, per farsi pubblicità? Come può arrabbiarsi contro un fratello chi va a messa, dove il Creatore dell’universo si lascia mangiare, dopo averci perdonati totalmente, anche dell’averlo ucciso? L’unica via per essere come Lui, è non aprire mai bocca contro nessuno, perché quando lo facciamo non obbediamo a Dio ma al suo nemico, l’accusatore. Lui vuole dissotterrarlo e rubarcelo, quel tesoro che abbiamo trovato e nascosto nel campo. Ci conviene?
fonte: ilsussidiario.net
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