Papa Francesco con i Movimenti apostolici in Piazza San Pietr0. Almeno 200mila le persone presenti. "Non alla Chiesa chiusa, sì alla Chiesa che va incontro all'uomo dove si trovi e guidata dal Signore"
17.34
Il Papa entra a bordo della jeep scoperta in Piazza San Pietro uscendo dall'Arco delle Campane. Il Santo Padre inizia un ampio giro fra le migliaia di giovani, fedeli e pellegrini che lo aspettavano in pratica da mezzogiorno.
17.41
Come in altre occasioni la jeep del Papa supera i confini della Piazza ed entra lungo Via della Conciliazione superando Piazza Pio XII. (Le prime cifre non ufficiali: oltre 200mila persone).
17.55
Dopo il ritorno dalla via della Conciliazione, in pratica percorsa quasi fino alla fine, il Papa rientra sulla Piazza e poi raggiunge il podio sul sagrato da dove presiede l'Incontro. Per rispettare i tempi del programma la jeep ha fatto il giro con una "andatura" piuttosto sostenuta e senza soste.17.58
Papa Francesco apre la Veglia.
17.59
Saluto del Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, Mons. Salvatore Fisichella. Mons. Fisichella ricorda che sono presenti oltre 150 espressioni dei Movimenti apostolici sorti dopo il Concilio Vaticano II, "una della realtà più bella della Chiesa ... un grande dono dello Spirito Santo". "Sono tutti evangelizzatori". Infine. mons. Fisichella elenca alcune di queste realtà, più vecchie e recenti. "Santo Padre, qui è rappresentato il mondo intero", sottolinea mons. Fisichella.
18.05
Intronizzazione dell’icona della Salus Populi Romani che viene poi portata processionalmente dal centro della Piazza, accompagnata da un gruppo di 50 giovani rappresentanti dei Movimenti e delle Associazioni.
18.10
Il Papa saluti diversi giovani.
18.12
La preghiera di apertura del Papa.
18.13
Inizia il momento dei canti e delle letture.
18.23
Istanti di silenzio e meditazione.
18.25
Altri canti e letture.
18.32
P. Lombardi: Secondo i dati della Gendarmeria ci sono in Piazza 200mila persone.
18.34
Istanti di silenzio e meditazione.
18.36
I canti dell'Assemblea e del Coro.
18.39
Testimonianze. Per primo parla lo scrittore irlandese John Waters. John Waters è scrittore e editorialista di The Irish Times. Ha iniziato la sua carriera giornalistica nel 1981 con Hot Press, la più importante rivista irlandese politico-musicale. Waters ha scritto sei libri, l’ultimo nel 2007 dal titolo Lapsed Agnostic e diverse commedie per radio e teatro. È anche un sostenitore del movimento dei diritti dei padri irlandesi.
18.48
Parla Paul Bhatti, pakistano, medico, fratello dell'ex Ministro Shahbaz Bhatti, ucciso ad Islamabad il 2 marzo 2011. Aveva 43 anni. Al momento della sua morte era Ministro dell’Armonia nazionale e degli Affari delle minoranze nel governo guidato dal Partito popolare del Pakistan.
18.57
Brano musicale
19.00
Alcuni esponenti di associazioni e movimenti rivolgono a Papa Francesco delle domande.
- Come essere certi della fede? (una giovane)
- Come possiamo comunicare la nostra? (una giovane)
- Come possiamo essere e vivere come il Cristo povero? (una giovane)
- Come confessare la nostra fede? (una coppia)
19.1o
Alcuni frasi dell'allocuzione di Papa Francesco:
- Sono contento perché siamo qui tutti uniti per pregare. Ho qui scritte le risposte poiché conoscevo le domande.
-Il Papa ricorda che lui imparò la fede da sua nonna, "la mamma di mia madre. Lei mi insegnò in casa con la famiglia la fede che ho".
-Poi il Papa ricorda il ruolo delle donne nella trasmissione della fede.
-21 settembre 1953. Data per me importante. Quel giorno sono entrato in una chiesa per confessarmi. Allora ho capito che Qualcuno mi aspettava. Ho sentito una chiamata. Ho capito che dovevo diventare sacerdote. "El Señor siempre nos primerea" ... Lui arriva sempre prima. Il Signore è il primo fiore della primavera.
-L'importante nella fede è l'incontro con Gesù. E' lui che dà la fede. Studiare la fede nei libri è buono ma la cosa importante è incontrarLo, incontrare Gesù.
-Nessuna paura. La fede cresce con il Signore. Non alla troppa fiducia in noi. Sempre più fiducia in Lui.
-Il Papa ricorda l'importanza della preghiera.
-Il Papa legge la seconda domanda sul come vivere le sfide del nostro tempo e come possiamo comunicare in modo effice la fede oggi.
-La cosa più importante è Gesu, tutto il resto è secondario. Ora un piccolo rimprovero fraterno. Avete gridato "Francesco, Francesco!! " ... ma dove era Gesù? Avrei voluto sentire "Gesù, Gesù!"
-Dobbiamo lasciarci guidare da Lui e così si può essere dei buoni evangelizzatori. Come feci Pietro ... Dopo Gesù, ricordiamo la preghiera anche la testimonianza. I piani e le strategie necessarie hanno senso solo se ricordiamo queste tre cose che ho giò detto.
-Dobbiamo parlare poco e far vedere la coerenza tra vita e fede. Per far vedere questa coerenza occorre la testimonianza.
- Sul domanda riguardo la chiesa povera il Papa risponde: La chiesa non è un movimento politico o un'Ong ... se così fosse perderemmo la nostra natura. Dobbiamo stare attenti e non confondere l'efficacia con l'efficentismo e stare attenti al pericolo dell'efficacia mondana. Anche qui c'è l'inganno di Satana.
-La crisi che viviamo riguarda l'uomo. Non è solo una crisi economica e sociale. E' in crisi l'uomo e perciò dobbiamo sapere che c'è un pericolo: chiudersi ... e quando la Chiesa si chiude si ammala.... dobbiamo uscire, fuori, verso le periferie esistenziali ad annunciare il Vangelo. Preferisco le insidie che minacciano una chiesa nel mondo che una chiesa malata, chiusa, separata, anche se sicura.
-Se usciamo da noi stessi troviamo la povertà. E' una cosa triste anche se la povertà non è notizia. Le notizie sono gli scandali. Noi dobbiamo essere cristiani coraggiosi e andare incontro alle situazioni difficili. Il nostro coraggio ci deve spingere a toccare la carne di Cristo negli ultimi. La gente muore di fame ma ci si occupa di banche. La nostra povertà è la carne di Cristo, del Figlio di Colui, Dio, che si fece carne come noi.
-Come affrontare la crisi dell'uomo che spoglia l'uomo stesso dalla dimensione etica? Cosa fare di fronte ad una male così ampio? Il Papa ricorda la storia che aveva già rammentato nell'incontro con la Caritas Internazionale giorni fa:
-"C’è un “midrash” molto bello di un rabbino del 1200, più o meno, del Medioevo, che racconta la costruzione della storia di Babele. E’ chiaro che a loro costasse molto fare i mattoni: bisognava cercare il fango, ammassarlo, mettere la paglia, bruciarlo e cuocerlo. Poi i mattoni salivano alla torre per farla più alta. Quando cadeva un mattone era un dramma: punivano quello che lo aveva fatto cadere e ad altri. Era praticamente un problema di Stato, perché il mattone era costato tanto ed era un tesoro. Se cadeva un operaio non succedeva nulla. Questo “midrash” esprime quello che sta succedendo adesso. C’è uno squilibrio negli investimenti finanziari, grande dramma, grandi riunioni internazionali: si muovono tutti. Si muore di fame, si muore di malattia. La gente: “Che Dio ci aiuti!” Per me questo “midrash” riflette al meglio: la nostra civiltà si è confusa e invece di far crescere la creazione perché l’uomo sia più felice e sia una migliore immagine di Dio – è un mandato che abbiamo – fa crescere la Creazione e instaura – la parola è dura, ma credo sia esatta – la cultura dello scarto: quello che non serve si scarta, ai rifiuti".
-Infine, sulla quarta domanda, sul come confessare la fede (in merito alla testimonianza del medico pakistano), il Papa sottolinea per primo l'esistenza di conflitti che non sempre hanno una radice religiosa e che invece sono piuttosto di natura sociale e politica. Poi il Papa ricorda il dramma delle persone che soffrono per la propria fede e quindi insiste: dobbiamo lottare e pregare per la libertà religosa di tutti e per tutti.
19.52
Il Papa si congeda dicendo: non alla Chiesa chiusa, sì alla Chiesa che va incontro all'uomo dove si trovi e guidata dal Signore.
19.53
Professione di fede e le invocazioni di preghiera
20.00
La Veglia si conclude con il Regina Coeli.
*
L'intervento di don Ezechiele Pasotti al convegno internazionale "La primavera della Chiesa e l'azione dello Spirito"
Un saluto affettuoso a tutti da parte di Kiko Argüello e Carmen Hernández, Iniziatori del Cammino Neocatecumenale (CN), e da Padre Mario Pezzi, che non possono essere qui. L’intervento doveva essere fatto da Kiko, ma tocca a me. Confido nella vostra pazienza.
Più che di “diffusione della fede” – potrebbe dare l’impressione di volerci misurare con numeri, con successi o insuccessi –, preferiamo parlare di “evangelizzazione”. Vorrei iniziare con alcune riflessioni (che ho già proposto in altra occasione), che forse potrebbero sembrare scontate, ma che non ritengo tali, specie parlando della fede.
La bellezza è un elemento distintivo del cristianesimo, perché Dio non è solo il creatore di ciò che è bello, ma perché “Dio è bello”. “Tardi ti ho amato, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amato!”, esclama S. Agostino nelle Confessioni.[1]
“Tu sei bellezza... Tu sei bellezza!”, ripete S. Francesco d’Assisi nella sua lauda estatica, redatta dopo aver ricevuto le stimmate di Cristo[2]. E commenta S. Bonaventura: “Contemplava nelle cose belle il Bellissimo e, seguendo le orme impresse nelle creature, inseguiva dovunque il Diletto”[3].
Se Dio è bello, una bellezza che ci affascinerà per tutta l’eternità, anzi di cui l’eternità non basterà a saziarci, bella è anche la fede, che “ci fa gustare come in anticipo la gioia e la luce della visione beatifica” (Catechismo della Chiesa Cattolica, 163). E l’uomo è parte di questa bellezza, finché rimane nel disegno di Dio; quando, con il peccato, ne rompe la trama, anche l’uomo ne rimane rotto: si accorge della propria nudità, percepita ora con lo sguardo della concupiscenza. Tutto si colora di grigio, di violenza, per la bramosia che ora ci possiede; si entra nella mormorazione contro l’altro, e nel furto di tutto ciò che ci circonda. L’uomo non si percepisce più come un dono di bellezza, ma come un “denudato”, un bisognoso di tutto, “un povero, cieco e nudo” (Ap 3,12), un infelice.
La conseguenza di questa tragedia esistenziale è che l’uomo diventa incapace di amare: perché, “denudato”, ha bisogno di offrire tutto a se stesso, di vivere per se stesso, come dice S. Paolo (cf 2 Cor 5,15). Non perché cattivo, ma perché schiavo della paura. L’autore dellaLettera agli Ebrei afferma: “Poiché i figli [cioè, noi, gli uomini] hanno in comune il sangue e la carne, anch’Egli [Cristo] ne è divenuto partecipe, per ridurre all’impotenza mediante la morte colui che della morte ha il potere, cioè il diavolo, e liberare così quelli che per timore della morte erano soggetti a schiavitù per tutta la vita” (Eb 2,14-15). Il peccato, prima che teoria, realtà etica, invenzione di qualche mente malata, come a volte si vuol far credere, è il nome di questa tragedia: creato per amore e per amare, l’uomo non ne è capace. E diventa, suo malgrado, un “mostro” che tutto usa per costruire, per rivestire se stesso. Il peccato ci fa brutti, deturpa e imbruttisce tutta la creazione, ma non può strappare né da noi, né dalla creazione, l’impronta della bellezza che ci ha creato, e neppure l’anelito alla bellezza.
E questa tragedia, questo peccato, per usare un’espressione cara a Giovanni Paolo II (a Fatima nel 1982), ha acquistato oggi, un “forte diritto di cittadinanza nel mondo”: lo si esige come presupposto di modernità, lo si vuole difeso e rivendicato da leggi dello Stato. La pazzia di un diritto che ci rende schiavi, sempre più schiavi e vittime.
E come schiavi non si va da nessuna parte. Neppure nella realtà sociale e pubblica. Scavate dietro ogni cosa brutta, dietro ogni ingiustizia, dietro ogni violenza e troverete il peccato: nasce dal rifiuto di Dio, dall’assenza della bellezza[4]. Paradossalmente, ma realmente, possiamo affermare che senza Dio, senza Cristo non c’è bellezza. La storia del secolo appena concluso lo prova ad oltranza.
La vera ragione di tanta frustrazione, di tanta solitudine, di tanta violenza, di tanto terrorismo, di tanta ingiustizia è l’uomo schiavo. Già S. Paolo, in una memorabile pagina della Lettera ai Romani, esclamava con angoscia: “Chi mi libererà da questo corpo votato alla morte?” [letteralmente: “Chi mi libererà dal corpo di questa morte”] (Rm 7,24).
E l’Apostolo stesso rispondeva – e risponde a noi oggi – con forza: “Per mezzo di Gesù Cristo. Siano rese grazie a Dio” (Rm 7,25). Eccola Buona Notiziadel Cristianesimo. Ecco la bellezza della fede cristiana. Ed è per noi qui oggi: Cristo ha vinto la morte. Egli ha preso su di sé i nostri peccati, la bruttezza della nostra solitudine, della nostra violenza, della nostra incapacità di amare, perché “c’è in me il desiderio del bene, ma non la capacità di attuarlo [letteralmente: “c’è in me il desiderio del bene, mafare il bellono”]; infatti, io non compio il bene che voglio, ma il male (cioè, il brutto) che non voglio” (Rm 7,18-19). Nella croce di Cristo torna ad essere vista la bellezza del dono di sé: la vita è questo dono, vivere è donarsi. Dio è questa libertà radicale del dono di sé. Per questo la morte non può “trattenere” Cristo. Egli ne spezza le catene. E la sua vittoria diventa la mia vittoria, la tua vittoria. La bellezza del dono di sé.
Non sto andando fuori tema, anzi! Siamo profondamente convinti che o l’evangelizzazione ha questa visione antropologica rivelata, o davvero riduciamo la Chiesa a una ONG, di vago aiuto sociale, economico, culturale, come ha affermato recentemente Papa Francesco. O l’anima dell’annuncio del Vangelo è l’esperienza dell’incontro con Dio-bellezza, in Cristo, mediante il dono dello Spirito Santo, è l’esperienza di questa liberazione dal dominio delle cose per farsi dono agli altri, e allora la nostra vita diventa una corsa per annunciare questa meraviglia al mondo, a tutti gli uomini, o quello che annunciamo sarà sempre un moralismo, un insieme di leggi da osservare, un insieme di pratiche religiose da mettere accanto ad altre pratiche religiose, e non una liberazione, un canto di vittoria, una buona notizia, un “vangelo” appunto.
Dalla morte e risurrezione di Cristo nasce l’uomo nuovo, l’uomo celeste, che ci viene dato nel Battesimo, perché il Battesimo fa di noi “uomini celesti”, “figli di Dio”. Ma questo non può restare una verità teologica, forse tanto bella da credere, ma che non si vede mai, che non diventa mai bellezza concreta davanti ai nostri occhi.
C’è un luogo, c’è un modo, dove questi “uomini celesti” si possono vedere: la Chiesa, la comunità cristiana. Con la secolarizzazione siamo usciti da una percezione di “cristianità”, per ritrovare Cristo, “luce delle genti”, “luce splendente sul volto della Chiesa” (LG 1); che ha nella Parola di Dio “come uno specchio nel quale la Chiesa pellegrina sulla terra contempla Dio” (DV 7), dove la liturgia, prima di essere forma esteriore di culto, è questo irrompere nel mondo di Cristo sacerdote che realizza la santificazione dell’uomo, e dal suo Corpo mistico, cioè Capo e membra, sale al Padre il culto vero (cf SC 7), e soltanto nel mistero di Cristo si illumina veramente il mistero dell’uomo (cf GS 22). C’è qui come una sintesi del Concilio Vaticano II, che alcuni vorrebbero oggi quasi cancellare per tornare a non si sa quale “tradizione passata”.
NOTE
[1] “Sero te amavi, pulchritudo tam antiqua et tam nova, sero te amavi!”, Confessiones 10, 27.
[2] “Lodi di Dio altissimo”, vv. 7 e 10: Fonti Francescane, n. 261. Padova 1982, p. 177: citato da Giovanni Paolo II, Lettera agli Artisti, 4 aprile 1999).
[3] “Legenda maior”, IX, 1: Fonti Francescane, n.1162, l. c., p. 911.
[4] Un teologo ortodosso dei nostri giorni, Olivier Clément, giustamente si domandava: “L'ateismo costituito, che bellezza ha creato? Cosa andavamo a vedere in Unione Sovietica (e anche oggi in Russia), il mausoleo di Lenin o le icone di Teofane il Greco o di Rublëv?” (InAvvenire, 27 dicembre 2006)
DOMENICA DI PENTECOSTE - Anno C - Solennità
MESSALE
Antifona d'Ingresso Sap 1,7
Lo Spirito del Signore ha riempito l'universo, egli che tutto unisce, conosce ogni linguaggio. Alleluia. Oppure: Rm 5,5; 8,11 L’amore di Dio è stato effuso nei nostri cuori per mezzo dello Spirito, che ha stabilito in noi la sua dimora. Alleluia. Colletta O Padre, che nel mistero della Pentecoste santifichi la tua Chiesa in ogni popolo e nazione, diffondi sino ai confini della terra i doni dello Spirito Santo, e continua oggi, nella comunità dei credenti, i prodigi che hai operato agli inizi della predicazione del Vangelo. Per il nostro Signore... LITURGIA DELLA PAROLA Prima Lettura At 2, 1-11 Tutti furono colmati di Spirito Santo e cominciarono a parlare. Dagli atti degli apostoli Mentre stava compiendosi il giorno della Pentecoste, si trovavano tutti insieme nello stesso luogo. Venne all’improvviso dal cielo un fragore, quasi un vento che si abbatte impetuoso, e riempì tutta la casa dove stavano. Apparvero loro lingue come di fuoco, che si dividevano, e si posarono su ciascuno di loro, e tutti furono colmati di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue, nel modo in cui lo Spirito dava loro il potere di esprimersi. Abitavano allora a Gerusalemme Giudei osservanti, di ogni nazione che è sotto il cielo. A quel rumore, la folla si radunò e rimase turbata, perché ciascuno li udiva parlare nella propria lingua. Erano stupiti e, fuori di sé per la meraviglia, dicevano: «Tutti costoro che parlano non sono forse Galilei? E come mai ciascuno di noi sente parlare nella propria lingua nativa? Siamo Parti, Medi, Elamìti; abitanti della Mesopotàmia, della Giudea e della Cappadòcia, del Ponto e dell’Asia, della Frìgia e della Panfìlia, dell’Egitto e delle parti della Libia vicino a Cirène, Romani qui residenti, Giudei e prosèliti, Cretesi e Arabi, e li udiamo parlare nelle nostre lingue delle grandi opere di Dio». Salmo Responsoriale Dal Salmo 103 Manda il tuo Spirito, Signore, a rinnovare la terra. Benedici il Signore, anima mia! Sei tanto grande, Signore, mio Dio! Quante sono le tue opere, Signore! Le hai fatte tutte con saggezza; la terra è piena delle tue creature. Togli loro il respiro: muoiono, e ritornano nella loro polvere. Mandi il tuo spirito, sono creati, e rinnovi la faccia della terra. Sia per sempre la gloria del Signore; gioisca il Signore delle sue opere. A lui sia gradito il mio canto, io gioirò nel Signore. Seconda Lettura Rm 8, 8-17 Quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio, questi sono figli di Dio. Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani Fratelli, quelli che si lasciano dominare dalla carne non possono piacere a Dio. Voi però non siete sotto il dominio della carne, ma dello Spirito, dal momento che lo Spirito di Dio abita in voi. Se qualcuno non ha lo Spirito di Cristo, non gli appartiene. Ora, se Cristo è in voi, il vostro corpo è morto per il peccato, ma lo Spirito è vita per la giustizia. E se lo Spirito di Dio, che ha risuscitato Gesù dai morti, abita in voi, colui che ha risuscitato Cristo dai morti darà la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi. Così dunque, fratelli, noi siamo debitori non verso la carne, per vivere secondo i desideri carnali, perché, se vivete secondo la carne, morirete. Se, invece, mediante lo Spirito fate morire le opere del corpo, vivrete. Infatti tutti quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio, questi sono figli di Dio. E voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto lo Spirito che rende figli adottivi, per mezzo del quale gridiamo: «Abbà! Padre!». Lo Spirito stesso, insieme al nostro spirito, attesta che siamo figli di Dio. E se siamo figli, siamo anche eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo, se davvero prendiamo parte alle sue sofferenze per partecipare anche alla sua gloria. Sequenza | ||
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Canto al Vangelo Alleluia, alleluia. Vieni, Santo Spirito, riempi i cuori dei tuoi fedeli e accendi in essi il fuoco del tuo amore. Alleluia.
Vangelo Gv 14, 15-16. 23-26
Lo Spirito Santo vi insegnerà ogni cosa. Dal vangelo secondo Giovanni In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre. Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato. Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto». |
*
Commento della Congregazione per il Clero
Oggi, nella solennità di Pentecoste, ascoltiamo due testi diversi, per introdurci all’effusione dello Spirito Santo nel nostro mondo: il racconto degli Atti degli Apostoli, interamente colorato di fuoco, di parole, di entusiasmo, comunicativo, di tempesta ... e le parole del Signore Gesù riportate da San Giovanni. Dopo la grandezza dei segni esteriori dell’effusione dello Spirito, il testo evangelico ci ricorda anche l’importanza della “Pentecoste interiore”, la dolce effusione dello Spirito nel più profondo dei cuori. “Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre. Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. […] Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto”.
Lo spirito, in un essere vivente, è l’elemento più essenziale ma più imprendibile, rappresentato dal soffio del respiro, elemento fragile, vacillante, che solleva ed anima tutta la massa materiale del corpo.
Un commediante di talento fa ridere la gente con una scenetta semiseria: “Ho visto la scritta su di un muro di Roma: ‘Gesù ritorna!’. Ma dov’è? Dove Lo si può trovare? Se ritornasse, lo si saprebbe!”. Dio, decisamente, non è l’organizzatore di un incontro di affari, e la pubblicità asfissiante non è il suo genere di attività. Egli sembra ignorare completamente le battute del commediante sulla strada, o dell’uomo politico dal piccolo schermo. Dio è discreto!
Noi vorremmo talvolta un Dio più spettacolare, un Dio che si mostri, un Dio che schiacci i suoi avversari, un Dio che scenda dalla croce. Ma, noi lo sappiamo bene, il solo vero Dio è il Dio nascosto. Il mondo creato, tale come esso ci appare, non impone l’evidenza di un Dio. Pertanto, occorrerebbe ben essere sempliciotto anche per smontare in maniera assolutamente certa che Dio non esiste. Se vi è una certezza, per contro, è che Dio è nascosto, perché Dio è Spirito!
Nella sua invisibilità, tuttavia, la sua realtà personale ci raggiunge e ci illumina interiormente: “Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto”.
Dio deve ben avere le sue ragioni per comportarsi così. Effettivamente, noi sappiamo per esperienza che non vi è amore vero che nel rispetto della libertà altrui. Se Dio apparisse in tutto il suo splendore e in tutta la sua onnipotenza, Egli farebbe istantaneamente sparire ogni altra esistenza. Come diceva una bambina: “la mamma mi insegna a camminare indietreggiando”. Il nostro camminare è impossibile senza l’insegnamento, l’azione soprannaturale e la protezione di Dio. Eppure il nostro Dio ci fa camminare proprio ritraendosi, sposandosi all’indietro, lasciando così strada aperta, che noi possiamo percorrere per raggiungerLo, come fa ogni bimbo che impara a camminare cercando di raggiungere il padre o la madre, che lo guidano, lo assistono e proteggono.
In più, Dio non è veramente interessante per noi che se Egli non è, come noi, uno degli enti di questo mondo. Se Egli fosse semplicemente al nostro livello, noi non avremmo alcun bisogno di Lui. Se Egli non ci sorpassasse, a che servirebbe un “piccolo dio” a portata delle nostre mani? O Dio non esiste, oppure Egli è “trascendenza”, “mistero”.
Quando lo Spirito di Dio invade lo spirito di un uomo, gli lascia tutta la sua personalità, lo fa esistere ancor di più davanti a Lui, lo dilata nell’amore.
Nei racconti della Pentecoste, gli effetti vengono a manifestare che lo Spirito è dato a qualcuno: vi è dapprima un fenomeno di apertura all’altro, cioè di amore. Il parossismo dell’amore è il perdono. Il peccato è la chiusura in sé. Ogni effusione dello Spirito d’amore è la promessa di una conversione dell’uomo. E questo si manifesta subito con un invio in missione verso gli altri: “Come il Padre ha inviato me, così io vi invio”. Il miracolo delle lingue è il miracolo di un’umanità che esce da sé e che si mette a parlare la lingua dell’altro. Finalmente una comunicazione, una comunione vera si instaura.
Venga questo soffio nuovo dello Spirito Santo sul nostro mondo lacerato !
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Monsignor Francesco Follo, osservatore permanente della Santa Sede presso l'UNESCO a Parigi, offre oggi ai lettori di Zenit la seguente riflessione sulle letture liturgiche per la domenica di Pentecoste 2013.
Come di consueto, il presule propone anche una lettura patristica.
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LECTIO DIVINA
Chiesa è il luogo “dove fiorisce lo Spirito” (Sant'Ippolito di Roma, Traditio apostolica, 35), è il Popolo eletto e senza frontiere, che proviene da tutti i popoli:“Battezzati in un solo Spirito per formare un solo corpo, giudei e greci”(1 Cor12, 13).
Pentecoste – Anno C – 19 maggio 2013
Rito romano
Atti 2, 1-11; Sal 103 (104); Romani 8,8-17; Giovanni 14,15-16.23b-26
Rito ambrosiano
At 2,1-11; Sal 103 (104); 1Cor 12,1-11; Gv 14,15-20
Fuoco e vento
1) L’antica e la nuova Pentecoste.
Per Israele, la Pentecoste, da festa della mietitura, era diventata la festa che faceva memoria della conclusione dell’Alleanza al Sinai. Dio aveva mostrato la sua presenza al popolo attraverso il vento e il fuoco e gli aveva poi fatto dono della sua legge, dei 10 Comandamenti incisi su pietra.
Nel giorno della nuova Pentecoste, quella dei cristiani, Dio ha donato la sua legge di carità, ma non l’ha scritta su due tavole di pietra, bensì l’ha incisa nel cuore degli Apostoli per mezzo dello Spirito Santo, poi l’ha comunicata a tutta la Chiesa per mezzo degli Apostoli. Su di loro il giorno di Pentecoste “lo Spirito Santo è sceso con suono improvviso e ha mutato le loro menti di esseri carnali all’interno del suo amore, e mentre apparvero all’esterno lingue di fuoco, all’interno i cuori divennero fiammeggianti, poiché, accogliendo Dio nella visione del fuoco, soavemente arsero per amore» (San Gregorio Magno, Hom. in Evang. XXX, 1: CCL 141, 256). Il fuoco dello Spirito Santo li riunì in comunione di vita, e di Vita divina per loro e per il mondo. La loro Parola non fu più solo umana, ma Parola di Dio, che lo Spirito Santo aveva posto nei loro cuori e sulle loro bocche di carne. E portarono questo Vangelo di verità e di amore a tutto il mondo.
“La voce di Dio divinizza il linguaggio umano degli Apostoli, i quali diventano capaci di proclamare in modo “polifonico” l’unico Verbo divino. Il soffio dello Spirito Santo riempie l’universo, genera la fede, trascina alla verità, predispone l’unità tra i popoli. «A quel rumore la folla si radunò e rimase turbata, perché ciascuno li udiva parlare nella propria lingua delle grandi opere di Dio» (At 2,6.11)” (Benedetto XVI).
Con il dono dello Spirito Santo è affidato anche a noi, discepoli di oggi, questo fuoco di carità che si fa annuncio di perdono redentore. Annuncio che Dio non ha solamente visitato la terra, Dio non è solamente disceso quaggiù nel mondo, ma Dio si dona a me e a te, vive in me e in te, in noi sua Chiesa, suo Corpo vero.
Recitando spesso la giaculatoria “Vieni Santo Spirito, vieni per Maria”, chiediamo allo Spirito Santo il dono della Sapienza per comprendere (non solo nel senso di capire con la testa ma di accogliere con il cuore, come fa indica l’etimologia del verbo com-prendere= prendere con, accogliere dentro). Leggiamo, infatti, nella Sacra Scrittura: “Pregai e mi fu elargita la prudenza; implorai e venne in me lo spirito della sapienza. La preferii a scettri e a troni, stimai un nulla la ricchezza al suo confronto” (Sap 7,7-8). Questa superiore sapienza è la radice di una conoscenza nuova, una conoscenza permeata di carità, grazie alla quale l'anima acquista, per così dire, dimestichezza con le cose divine e ne prova gusto. San Tommaso d’Aquinio parla appunto di “un certo sapore di Dio” (Summa Theologiae IIa -IIae, 45, 2, ad 1), per cui il vero sapiente non è semplicemente colui che sa le cose di Dio, ma colui che le sperimenta, le vive e le condivide, facendosi missionario annunciando che Dio è Amore, è pienezza di verità, di gioia e di pace.
2) Lo Spirito: fiori, vita e gioia.
Nella prima Parte della Somma Teologica (I, 37, 2), San Tommaso d’Aquino scrive: “Come il fiorire è produrre fiori così l’amare è spirare1 amore, e come l’albero è fiorente di fiori così il Padre esprime con il Verbo, cioè il figlio, se stesso, e la creatura, e il Padre e il Figlio di amano nello Spirito Santo come amore procedente, nel quale amano se stessi e noi”. Fiori, vita e gioia: ecco lo Spirito. A questo punto si ferma il balbettio della nostra teologia di pellegrini e non ci resta che contemplare questa verità di amore. Chi umanamente avrebbe potuto pensare che Dio con lo stesso medesimo amore, ami se stesso e noi, quasi che un stesso fremito muova e riscaldi congiungendo la nostra vita alla sua?
L’uomo ha sempre cercato un barlume di speranza per vincere la disperazione della morte e delle sofferenze inevitabili, e i sapienti greci avevano trovato questo barlume dichiarando che l’uomo è affine con Dio. Riprendendo questo anelito che l’uomo è di genere divino, nel discorso all’Areopago san Paolo annuncia: “Noi in Dio viviamo e ci muoviamo e siamo” (At 17,20).
Ora, quello che è già mirabile nella partecipazione naturale che l’uomo ha della natura divina, diventa pressoché indicibile, ma consolante, mistero di amore misericordioso nella partecipazione alla natura e vita divina mediante la grazia. Questa grazia ci è stata meritata dalla passione di Cristo. Lo Spirito Santo ci conduce a Figlio, ci rende capaci, assetati e affamati della sua Grazia. Gli Apostoli furono i primi a farne la felice esperienza. Fecero esperienza della Verità che è vedere chiaro nelle cose e in noi stesse, avere la certezza che Dio ci ama e che noi possiamo amare e rifugiarci in lui, chiamandolo “Padre”.
3) Dallo Spirito Santo la Madonna ebbe in dono Gesù.
Se la preghiera consigliata oggi è “Vieni Santo Spirito, vieni per Maria” e la seconda è il “Padre nostro”, la terza è l’Ave Maria, perché “non c’è Pentecoste senza la Madonna” (Benedetto XVI), che dallo Spirito Santo ricevette in dono Gesù.
La presenza di Maria, piena di Grazia, è all’inizio, nel Cenacolo dove gli Apostoli “erano perseveranti e concordi nella preghiera, insieme ad alcune donne e a Maria, la Madre di Gesù, e ai fratelli di lui” (At 1,14) E così è sempre, oggi come allora, a Gerusalemme e in tutte le parti del mondo.
Già al momento dell'annunciazione Maria aveva sperimentato la venuta dello Spirito Santo. L'angelo Gabriele le aveva detto: “Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell'altissimo; Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio» (Lc 1,35). Per mezzo di questa discesa dello Spirito Santo in lei, Maria è¨ stata associata in modo unico ed irripetibile al mistero di Cristo. Nell'enciclica Redemptoris Mater il Beato Giovanni Paolo II ha scritto: “Nel mistero di Cristo essa è presente già “prima della creazione del mondo” (cf. Ef 1,4) come colei che il Padre ha scelto eternamente come madre del suo Figlio nell'incarnazione - ed insieme al Padre l'ha scelta il Figlio, affidandola eternamente allo Spirito di santità” (n. 8).
Nel cenacolo di Gerusalemme quando mediante gli eventi pasquali il mistero di Cristo sulla terra è giunto al suo compimento, Maria si trova nella comunità dei discepoli per preparare una nuova venuta dello Spirito Santo - e una nuova nascita: la nascita della Chiesa.
E vero che lei stessa è già “tempio dello Spirito Santo”per la sua pienezza di grazia e la sua maternità divina; ma essa partecipa alle suppliche per la venuta del Paraclito (paraclītus che deriva dal greco παράκλητος ossia chiamato presso, invocato e quindiconsolatore), affinché con la sua potenza faccia prorompere nella comunità apostolica lo slancio verso la missione che Gesù Cristo, venendo nel mondo, ha ricevuto dal Padre (cf. Gv 5,36), e, ritornando al Padre, ha trasmesso alla Chiesa (cf. Gv 17,18). Maria, sin dall'inizio, è unita alla Chiesa, come una dei “discepoli” del Figlio, ma nello stesso tempo spicca in tutti i tempi come “figura ed eccellentissimo modello (della Chiesa stessa), nella fede e nella carità” (Conc. Vat. II, Lumen Gentium 53).
Benedetto XVI disse alle Vergini Consacrate: “Siate di nome e di fatto ancelle del Signore a imitazione della Madre di Dio" (RCV, 29) e le invitò alla perseveranza nel donare a Dio tutto il proprio essere indicando nella Vergine di Nazaret e nel suo “sì” la prima straordinaria realizzazione di questa offerta di sè. (cfr Udienza alle Partecipanti al Congresso dell’"ORDO VIRGINUM" 15 maggio 2008). E Papa Francesco ha di recente ricordato loro che le Vergini consacrate “sono icona di Maria e della Chiesa”(7 maggio 2013).
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LETTURA PATRISTICA
DAI DISCORSI DI SAN BERNARDO.
SERMO I DE PENTEC. 1-6. PL 183,323-326.
Oggi celebriamo, dilettissimi, la festa dello Spirito Santo. Onoriamolo con allegrezza e amore adorante, perché in Dio lo Spirito Santo è quanto vi è di più soave. Egli è la bontà stessa di Dio, anzi è Dio. Se celebriamo i santi, quanto più dobbiamo lodare colui che li ha santificati, e se veneriamo i santificati, quanto più dobbiamo onorare il loro Santificatore! Oggi è il giorno in cui lo Spirito Santo da invisibile si è fatto visibile, cosi come il Figlio, invisibile per natura, si degnò mostrarsi nella nostra carne. Oggi lo Spirito rivela qualcosa di sé stesso, come appunto già l'avevano fatto il Padre e il Figlio, perché ci incamminiamo verso la vita eterna, che è la conoscenza perfetta della Trinità. Per il momento, questa conoscenza trinitaria ci è possibile soltanto in parte, mentre cogliamo con la fede tutto quello che ci sfugge. Conosco il Padre grazie alla sua opera creatrice. poiché odo tutte le creature proclamare: Egli ci ha fatti e noi siamo suoi (Sal 99,3). Infatti, dalla creazione del mondo in poi.. le sue perfezioni invisibili possono essere contemplate con l'intelletto nelle opere da lui compiute, come la sua eterna potenza e divinità. (Rm 1,20)
Invece l'eternità e l'immutabilità del Padre oltrepassano la mia comprensione, perché Dio abita una luce inaccessibile.
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Fra le persone della Santissima Trinità conosco un po' meglio il Figlio, poiché egli si è incarnato; ma chi potrà mai cogliere la sua generazione eterna e la sua uguaglianza con il Padre? Nei confronti dello Spirito Santo mi è noto soltanto che egli è spirato, poiché la sua processione dal Padre e dal Figlio oltrepassa totalmente le mie capacità: Stupenda per me la tua saggezza,, troppo alta e io non la comprendo. (Sal 138,6)Vi sono due poli in una processione: donde si viene e dove si va..Lo Spirito Santo procede dal Padre e dal Figlio, ma questa processione è avvolta per me in tenebre fitte. Invece, la sua processione verso gli uomini ha preso ad apparire chiaramente agli occhi dei fedeli. Al tempo della Pentecoste. lo Spirito invisibile manifestò la sua venuta con segni visibili; oggi, questi segni sono spirituali, ben più degni della natura dello Spirito. Allora, lingue di fuoco si posarono sugli apostoli, perché essi potessero proclamare in altre lingue parole di fuoco e predicare con labbra ardenti una legge di fuoco. Non rammarichiamoci se oggi lo Spirito Santo non si presenta più a noi in quel modo, giacché a ciascuno e data una manifestazione particolare dello Spirito per l'utilità comune.(1 Cor12,7)
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Potremmo dire che la manifestazione di Pentecoste è destinata più a noi che agli apostoli.
A che infatti sarebbe loro servito parlare in lingue se non per convertire le genti?
Ma lo Spirito ha agito in essi anche in modo più nascosto, cosi come continua a fare oggi in noi.
L'azione dello Spirito Santo negli apostoli si fa evidente se consideriamo che dopo Pentecoste la loro pusillanimità cede a intrepida fermezza: essi non cercano più di nascondersi per paura dei Giudei, e l'energia che prima mettevano nel fuggire ora li anima nell'annunzio della parola.
Il cambiamento è dovuto senz'altro all'opera dello Spirito di Dio in essi.
Il capo degli apostoli era stato terrorizzato dalla parola di una serva,e ora ha il coraggio per affrontare le autorità.
La Scrittura ci dice che gli apostoli se ne andarono dal sinedrio lieti di essere stati oltraggiati per amore del nome di Gesù. (At 5,41)
Chi dubiterà allora che lo Spirito di fortezza li abbia visitati, colmandoli intimamente di energia invisibile? Anche oggi la presenza dello Spirito è manifestata da quanto opera in noi.
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Lo Spirito ci comanda di stare lontani dal male e di fare il bene, ma egli soccorre la nostra debolezza in entrambe le situazioni, e benché le grazie siano diverse, esse provengono dal medesimo Spirito. Per distoglierci dal male, lo Spirito suscita in noi tre mozioni: il pentimento, la supplica e il perdono. Il nostro ritorno a Dio inizia con il pentimento, che non è nostra iniziativa, ma dello Spirito di Dio. Ce lo insegna la ragione e l'autorità lo conferma. Quando qualcuno, intirizzito dal freddo, viene a scaldarsi accanto al fuoco, potrà mai dubitare che il calore gli viene dalla fiamma? Cosi, se uno, congelato nel male, viene sciolto dagli ardori del pentimento, capisce che un altro spirito è venuto a scuotere e a giudicare il suo. Abbiamo anche nel vangelo l'autorità del Signore che sentenzia a proposito dello Spirito Consolatore: Egli convincerà il mondo quanto al peccato. (Gv16,8)
5
Abbiamo detto che il pentimento è la prima tappa del ritorno verso Dio.
Ma a che serve pentirsi di una colpa, se non si supplica per ottenere il perdono?
Perciò lo Spirito Santo colma l'anima di una dolce speranza, che la muove a pregare con una fiducia senza incrinature.
Permettimi di mostrarti che tale preghiera e opera dello Spirito di Dio.
Fino a quando lo Spirito è lontano dal tuo cuore, tu non troverai la preghiera,perché soltanto lo Spirito può gridare in noi: Abbà, Padre.
Infatti egli intercede con insistenza per noi, con gemiti inesprimibili. (Rm 8,15-26)
Lo Spirito Santo opera simultaneamente nel nostro cuore e in quello del Padre:
nel nostro cuore intercede per noi presso il Padre; nel cuore del Padre perdona con lui.
Nel nostro cuore è il nostro avvocato, nel cuore del Padre è il nostro Signore.
Nel nostro cuore infonde la grazia della preghiera, nel cuore del Padre egli ci dona quel che chiediamo.
Nel nostro cuore istilla la fiducia verso il Padre, mentre inclina il cuore del Padre ad una misericordia più grande. Sappi bene che è lo Spirito a procurarci il perdono, poiché fu detto agli apostoli:
Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi. (Gv 20,22)
Perciò mediante il pentimento, la supplica e il perdono lo Spirito Santo ci distoglie dal male.
6
In che modo lo Spirito agisce in noi per attirarci al bene? Anche qui, con una triplice azione: egli ammonisce, insegna e muove. Esorta la memoria, illumina la ragione, muove la volontà, giacché in queste tre facoltà consiste tutta l'anima Lo Spirito suggerisce alla nostra memoria il ricordo di buoni e santi pensieri .
Ogni volta che ti senti spuntare in cuore l'ispirazione al bene, rendi grazie a Dio e onora lo Spirito Santo, perché ne hai sentito la voce. Il vangelo dice infatti: Lo Spirito Santo vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto.9
Nota bene la frase che precede: V'insegnerà ogni cosa. (Gv 14,26)Si tratta della seconda opera dello Spirito: e gli istruisce la nostra ragione. Molti cercano di far il bene, ma non sanno che strada prendere. Dopo l'ispirazione al bene è perciò necessaria una seconda grazia che ci permetta di passare agli atti in modo che la grazia di Dio porti frutto. San Giacomo infatti ammonisce:
Chi sa fare il bene e non lo compie, commette peccato. (Gc 4,17)
Non basta che lo Spirito ammonisca la memoria e illumini la ragione sul bene da compiere: deve poi smuovere la volontà perché attuiamo quel bene. Anche qui è all'opera lo Spirito che sorregge la nostra debolezza e riversa nei nostri cuori la carità; questa fa allora sorgere in noi una volontà orientata verso il bene.
7
Quando lo Spirito viene in te, s'impossessa di tutta la tua anima e tu odi che ti parla dentro:
suggerisce buoni pensieri alla memoria, istruisce e stimola al bene, illuminando la ragione, poi infiamma la volontà. Non ti vedi l'anima riempita di lingue di fuoco? La loro molteplicità simboleggia la diversità di operazioni, ma esse si uniscono nella luce unica della verità e nella fiamma ardente dell'amore. Soltanto nella consumazione finale la nostra anima sarà totalmente colmata, quando una buona misura pigiata, scossa e traboccante ci sarà versata in grembo. Quando accadrà ciò? Al compiersi dei giorni della Pentecoste. Beati quelli che sono già nel tempo pasquale eterno, ossia i fratelli a cui lo Spirito ha detto di riposarsi dalle fatiche terrene. Essi sono già entrati nell'anno giubilare, e aspettano con noi l'ultima Pentecoste.
8
Voi sapete che celebriamo i due tempi liturgici della Quaresima e della Pasqua.
L'uno precede la passione, l'altro segue la risurrezione.
La Quaresima è dedicata alla compunzione del cuore e alle lagrime della penitenza,
mentre nel tempo pasquale il cuore si apre all'amore adorante e al canto solenne dell'alleluia.
La Quaresima è figura della vita presente e Il tempo pasquale rappresenta il riposo dei santi dopo la morte.
Al termine dei cinquanta giorni del periodo di Pasqua celebriamo la Pentecoste.
Essa simboleggia l'ultimo giudizio, quando la casa sarà ricolma della pienezza dello Spirito Santo. Allora la terra intera sarà inondata dalla maestà dello Spirito, quando non solo l'anima ma il corpo risorgerà incorruttibile, a condizione di essere stato seminato in terra, quando ancora era corruttibile.
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NOTE
1 “Spirare” è termine tecnico usato in teologia per designare la ‘relazione di origine’ dal Padre allo Spirito. Il Padre ‘genera’ il Figlio e ‘spira’ lo Spirito.
‘Spirare’ è soprattutto un termine utilizzato per dire che il Padre non genera lo Spirito, dunmque la relazione del Padre l Figlio e la relazione del Padre con lo Spirito non possono essere confuse.
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