Santa Maria,

Santa Maria,
...donna del primo sguardo, donaci la grazia dello stupore.

martedì 31 dicembre 2013

1 Gennaio. Solennità della Beata Vergine Maria Madre di Dio

Buon Anno
"Benedite ogni mattina la giornata che si apre davanti a voi. In quell'istante
avete tutte le possibilità di dare un nuovo orientamento alla vostra vita.
 Perché mai il passato e i suoi errori dovrebbero prolungarsi nell'avvenire?... Aprite gli
occhi pensando a ciascuna delle facoltà che possedete e che potete mettere
all'opera per realizzare tutti i vostri buoni progetti.
Vi pare cosa da niente essere, anche oggi, in grado di pensare, di desiderare, di
vedere, di udire, di camminare?...
Benedite anche le difficoltà che incontrerete durante la giornata...
 Dandovi nuovi
problemi da risolvere, il Cielo vi mostra che vi giudica capaci non solo di
lavorare efficacemente,
 ma anche di riparare agli errori
 che avete potuto
commettere.
Benedite la vostra vita quando appare l'alba, anche se le vostre forze declinano a
poco a poco. È il momento di aprire i vostri occhi interiori su un altro mondo.
 E non dovete pensare che state per morire: pensate piuttosto che state per nascere
altrove, e che dopo essere passati per una porta stretta, entrerete in uno spazio
di luce.
Se riuscirete ad avere una buona comprensione di ciascuna tappa della vostra vita,
avanzerete sempre nella luce e nella gioia.”
Omraam Mikhaël Aïvanhov 

...riscoprite in colui che oggi considerate solo un nemico da abbattere
il vostro fratello ...
 
 
Nella famiglia di Dio, dove tutti sono figli di uno stesso Padre,
e perché innestati in Cristo, figli nel Figlio,
non vi sono
“vite di scarto”.
 
(Papa Francesco - Messaggio per la 47^ Giornata Mondiale della pace)

 
1 Gennaio. Solennità della Beata Vergine Maria Madre di Dio

Siamo madri di Cristo quando lo portiamo nel nostro cuore e nel nostro corpo

per mezzo del divino amore e della pura e sincera coscienza;
lo generiamo attraverso le opere sante,
che devono risplendere agli altri in esempio...
Oh, come è santo e come è caro, piacevole, umile, pacifico,
dolce, amabile e desiderabile sopra ogni cosa,
avere un tale fratello e un tale figlio, il Signore Nostro Gesù Cristo!

San Francesco d'Assisi

Lc 2, 16-21
In quel tempo, [i pastori] andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro.
Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore.
I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato detto loro.
Quando furono compiuti gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall’angelo prima che fosse concepito nel grembo.




Il commento

Nella pienezza della gioia del Natale festeggiamo la Vergine Maria quale Madre di Dio e scopriamo che Dio ha desideri immensi per ciascuno di noi: “Come la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornano senza avere irrigato la terra, senza averla fecondata e fatta germogliare, perché dia il seme al seminatore e pane da mangiare, così sarà della parola uscita dalla mia bocca: non ritornerà a me senza effetto, senza aver operato ciò che desidero e senza aver compiuto ciò per cui l’ho mandata” (Is. 55, 10-11). La Parola discesa dal Cielo nel grembo di Maria si è fatta carne per compiere, qui sulla terra, i desideri di Dio.

Gesù ne è il compimento, e Maria è la Madre del desiderio divino. Come non esplodere di gioia allora, sapendo d’essere al centro dei desideri di Dio? Come non fermarsi nello stupore dei pastori alla grotta di Betlemme e contemplare l’amore inaudito di Dio? Gesù è nato per me. “Dio si è fatto uomo perché l’uomo diventi dio” dicevano i Padri. Il desiderio di Dio è dunque farci come Lui.

Gesù Cristo è il nuovo Adamo che ha riscattato il peccato del primo Adamo per ricondurci a Dio attraverso l’ amore e l’obbedienza al Padre. Ma il nuovo Adamo aveva bisogno di una nuova Eva, la Panaghia (Tutta Santa) della Tradizione ortodossa; Maria che, nella fede, ha cancellato l’infedeltà della prima Eva. Quest’ultima aveva incitato Adamo alla disubbidienza. La nuova Eva si offre per l’incarnazione del nuovo Adamo, il quale condurrà l’umanità ad obbedire a Dio.

La Theotokos (Colei che partorisce Dio), offrendo tutta se stessa, ha donato la propria libertà e volontà a Dio, per portarlo a sé e a noi. L’architettura di una chiesa ortodossa lo riflette benissimo: sotto la cupola viene rappresentato Cristo Pantocrator. Tale dipinto simboleggia la discesa di Dio dal cielo sulla terra, che “divenne uomo ed abitò tra noi” (Gv 1, 14).

Dal momento in cui Dio è divenuto uomo attraverso Maria, gli ortodossi dipingono la Theotokos sull’abside dell’altare. Il significato è chiaro: essa è “il ponte che Dio ha usato per discendere”, “il ponte che ha portato chi stava sulla terra al cielo” il luogo accordato dal Dio infinito per la nostra salvezza, la Platytera (più vasta) del cielo.
Inoltre, la Chiesa dipinge gli uomini deificati, coloro che, per la Grazia di Dio, sono divenuti dei perché Dio è divenuto uomo. Così nelle chiese dell’Oriente cristiano intorno e sotto l’Onnipotente, non vi sono solo il Dio incarnato, Gesù Cristo e la sua immacolata Madre, la Signora Theotokos, ma anche i santi.

Su tutti i muri della chiesa sono, per così dire, dipinte le conseguenze dell’incarnazione di Dio: gli uomini e le donne santificati e deificati. Perciò, entrando in una chiesa ortodossa e vedendo la sua bella iconografia, si fa immediatamente un’esperienza: comprendiamo l’opera di Dio a vantaggio dell’uomo e lo scopo della nostra vita.

Tutto nella Chiesa afferma l’incarnazione di Dio e la deificazione dell’uomo. E’ questo il desiderio di Dio per ciascuno di noi, il tesoro racchiuso nel mistero dl Natale che oggi, festeggiando la Madre di Dio, ci si svela con ineffabile gioia. Con Maria diveniamo dunque anche noi i figli desiderati di Dio.

All’alba di un nuovo anno, con Maria impariamo a discernere nella storia che ci ha accompagnato e in quella che si dischiude il desiderio di Dio per la nostra felicità. Tutto è gravido d’amore, in ogni istante Dio desidera dare alla luce, attraverso la Chiesa, l’amore fatto carne.


Ecco, nella storia di questo nuovo anno, le nostre storie saranno il desiderio divino di salvezza per ogni uomo, incarnato e finalmente visibile. Ogni aspetto della nostra vita sarà dunque un frammento del destino eterno che cerca questa generazione per accompagnarla al Cielo. Non vi sarà nel futuro nulla da sfuggire (tranne il peccato) perché nulla vi è da dimenticare nel passato. Tutto è santo nel presente eterno inaugurato da Gesù, perché su tutto è discesa la Grazia di Dio.

In questo nuovo andiamo allora come i pastori “senza indugio” al presepe della nostra vita: dalla moglie e dal marito, dai figli e dai genitori, anche dai nemici. In loro è nascosto Cristo, per loro daremo alla luce il suo amore. E impariamo da nostra Madre il silenzio di chi non vuole rapinare il senso della storia, ma sa attendere nella preghiera che sia Dio a svelarlo nel momento opportuno.

Gesù ha ardentemente desiderato di mangiare la Pasqua con i suoi discepoli. Il verbo “desiderare” in greco è molto forte, esprime la concupiscenza. Sì, esiste una santa concupiscenza, l’ardente desiderio di Dio di donarsi per farsi uno con ciascuno di noi, per condurci vittoriosi oltre la barriera del peccato e della morte. E, attraverso di noi sua Chiesa, con ogni uomo.

Nel corpo di Cristo offerto e consegnato sulla Croce dei suoi fratelli, si manifesta il desiderio di Dio per il mondo. Maria è Madre di questo corpo donato; attraverso di Lei giunge a tutti la misericordia fatta pane. Possiamo così ricevere in dono il cibo che non perisce, l’unico capace di saziarci e condurci nel cammino del nuovo anno. Non a caso “Betlemme” in aramaico significa “casa del pane”. Non a caso Gesù è nato in una mangiatoia. Non a caso l’annuncio dell’angelo ai pastori parlava di un segno come una Parola compiuta.

Ecco oggi Maria, la Madre di Dio e Madre della Storia, Madre della Chiesa e Madre nostra. Ecco i nostri giorni come una mangiatoria dove saziarci di Cristo, deposto nelle gioie e nei dolori, l’unico segno del Cielo dato alla terra, fonte di gioia e stupore per chi ci è accanto.

Ed eccoci con Lui offerti da Maria sulla mangiatoia del lavoro e della scuola, del matrimonio e delle malattie, di ogni ora preparate per noi. In ciascuna di esse coloro che ci incontreranno potranno contemplare il mistero di Dio fatto carne in un bambino. Sì, gli eventi di questo nuovo anno ci "circoncideranno" per presentarci a Dio come i suoi figli offerti al mondo, profezia e annuncio di salvezza compiuti per questa generazione; la carne segnata dall'appartenenza al Cielo, mentre la storia ci farà bambini nel Bambino, pane nel Pane, vita e amore nella Vita e nell’amore che non muoiono.

IL BUON SAMARITANO HA UN NOME: ELEONORA , cioè "Luce di Dio"

 Il sacrificio di Eleonora

 è una testimonianza di amore per la vita 

  e per il prossimo.


LA CAREZZA DI PAPA FRANCESCO 

ALLA MAMMA DI ELEONORA




lunedì 30 dicembre 2013

29 & 30 DICEMBRE


Betlemme è... il web

Una riflessione sul Natale e sugli inganni e le menzogne della "notte di follie" della grande rete.

LEGGI QUI L'ARTICOLO PUBBLICATO SU ZENIT

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30 Dicembre



Il  tweet di Papa Francesco: "Nel volto del Bambino Gesù contempliamo il volto di Dio. Venite, adoriamo!" (30 dicembre 2013)

La fede nasce dall’incontro con l’amore originario di Dio
in cui appare il senso e la bontà della nostra vita.
La luce della fede è in grado di valorizzare la ricchezza delle relazioni umane,
la loro capacità di mantenersi, di essere affidabili,
di arricchire la vita comune.
La fede non allontana dal mondo
e non risulta estranea all’impegno concreto dei nostri contemporanei.


Papa Francesco


Lc 2.36-40. 


C'era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuèle, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto col marito sette anni dal tempo in cui era ragazza, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme. Quando ebbero tutto compiuto secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nazaret. Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era sopra di lui.


Il commento

Una vedova e un bambino, un figlio donato quale compimento di una preghiera senza posa. Il silenzio e la dedizione totale a Dio. Questo era Anna, figlia della Tribù di Aser cui era toccata in sorte una porzione della Terra Promessa che giungeva sino al Carmelo. Il profumo di questo Monte, culla del monachesimo d'ogni epoca, il giardino dai frutti deliziosi (in ebraico karmel significa "Frutteto, giardino") evocato dal Cantico dei Cantici, pervade l'incontro tra questa donna anziana e questo Bimbo che celava un mistero prodigioso. Anna, immagine di Israele, la sposa della Creazione, era ormai vedova da troppi anni: Come ogni figlio di Israele intrappolato nel giogo dell'aguzzino romano, come ogni uomo della storia, era in attesa dell'ottavo giorno, quello delle nozze eterne e libere. Anna, che significa Grazia, una vita tra le mani orientata da sempre a quest'incontro. Anna, infatti, “non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere”. Una vedova che, senza stancarsi, bussava alle porte del Giudice perché le facesse giustizia del suo avversario: aveva perduto lo Sposo, lo cercava, lo aspettava, lo desiderava. Era profetessa e sapeva che sarebbe arrivata la Giustizia, la preghiera incollata alle pietre del tempio era l'immagine di questa certezza che tappezzava ogni centimetro d'esistenza, che la fondava e la orientava. Sapeva aspettare e, proprio per questo, saprà riconoscere nel Bambino quello che attendeva. 

Era con tutta probabilità tra quelle donne che “nei tempi stabiliti venivano a prestare servizio all’ingresso della tenda del convegno” (Es 38,8; cfr. 1Sam 2,22). Viveva lì, facendo della sua vita un Tempio pronto ad accogliere il suo Dio; era sola con in seno la speranza di tutto il suo Popolo. E in un istante, dopo decine d'anni trascorsi tra digiuni e preghiere, ecco la Grazia di un incontro. Non era stata inutile la sua vita, anzi. Come non sono inutili anni di preghiere che sembrano evaporare inascoltate. Non è inutile pregare per il figlio che si è allontanato dalla Chiesa e non si vuole sposare; per il marito o la moglie che hanno tradito; per il fratello che ci odia pieno di gelosia. Non è inutile una sola delle nostre preghiere, dei sacrifici e dei digiuni, delle elemosine e delle lacrime. Tutto è raccolto nelle mani di Dio, e darà frutto a suo tempo, quello pensato da Dio nella sua provvidenza. Per questo la vecchiaia è feconda in una carica profetica dirompente. I calli del cuore solcati da lavoro e preghiera plasmano preghiere e parole sapide, autentiche, capaci di conficcarsi in terra come in Cielo, nel cuore degli uomini e in quelli di Dio. Quante donne anziane e quanti uomini, invece, vivono ai bordi della società, dalla panchina dei giardini pubblici ad una sedia in un angolo della casa; se non peggio, dimenticati in un ospizio, scivolando nelle ore senza senso per aver perduto la propria fondamentale missione. No, la vecchiaia è il tempo della preghiera più intensa, dell'intimità in attesa del compimento di tutta una vita. Gli anziani sono le antenne che ricevono ansie, speranze, angosce e desideri di tutta la famiglia per ritrasmetterle a Dio. Non sono soli, sono lasciati liberi per Dio. E a loro, come ad Anna, è concesso, in una pienezza di vita che gli anni precedenti non hanno conosciuto, la Grazia dell'incontro più importante, quello decisivo, per loro e per le loro famiglie. Possono accogliere Gesù con un'umiltà che la gioventù non ha e non può avere; è necessario cadere molto e molto rialzarsi, e imparare ad ccogliere la Luce capace di diradare le nebbie dell'illusione. Saranno gli anziani, i nonni a parlare a figli e nipoti, nuore e generi, di quel Bambino, della salvezza e del compimento, la redenzione a quanti attendono afferrati e distratti da mille impegni, un senso alle proprie vite. 

Anna dunque, è immagine del culmine della vita, la parte migliore, la più saggia, la più santa, la più feconda. Perchè era proprio nella vecchiaia inoltrata che quel Dio pregato, amato e temuto le aveva risposto; ed ecco ora un Bambino, piccolo per lei piccola, umile per lei umile, nascosto per lei nascosta. Così Dio incontra i suoi figli. Nulla d'eccezionale, piuttosto lo stupore d'un evento atteso e accaduto nella semplicità d'un Bimbo che nasce. Così è la nostra storia con Dio. Viene a noi nelle sembianze semplici della vita d'ogni giorno, viene a trovarci e a saziare le speranze che ci colmano il cuore. Preghiera e digiuno sono in noi ad esprimere l'attesa e il desiderio di Lui; anche la preghiera fatta carne e il digiuno fatto lacrime di dolore e nostalgia sono il grido che cerca e aspetta Lui, il Bimbo atteso e che non abbiamo saputo partorire. Abbiamo bisogno della Chiesa, di Maria, anche se anziani, forse ancora di più. Anche se non ci siamo mai allontanati dal Tempio, anzi: viene ogni giorno Maria a presentarci Gesù. E' Lei che, per noi, ha creduto, gestato e partorito il frutto d'amore di cui siamo incapaci. E ora ecco Maria che viene ancora a donarci il suo Bambino perchè diventi il nostro, perché con Lei impariamo a donarlo al mondo. Anziani, sazi di anni e di misericordia eccoci fecondi come da giovani non lo siamo stati: ecco l'amor puro, ecco Gesù tra le nostre braccia distese per donarlo al mondo che ci circonda.

Anna è dunque figura di ciascuno di noi sposato nell'incompiutezza dei sette anni che disegnano la prima creazione ferita dalla caduta del peccato originale; come Anna attende il Messia Bambino che dischiuda l'alba della nuova creazione, l'ottavo giorno della redenzione che trasfigura la nostra carne e la nostra esistenza riscattandola dal peccato. La vita liberata dalla forza inerme di un Bambino stretto tra le braccia. E, con Lui, possiamo incamminarci oggi tutti alla Santa casa di Nazaret dove, bambini nel Bambino, fortificarci colmi di sapienza, con la Grazia ad accompagnarci. Andiamo a Nazaret dunque, la nostra casa, la nostra comunità, il nostro cammino: "Qui, a questa scuola, certo comprendiamo perché dobbiamo tenere una disciplina spirituale, se vogliamo seguire la dottrina del Vangelo e diventare discepoli del Cristo. Oh! come volentieri vorremmo ritornare fanciulli e metterci a questa umile e sublime scuola di Nazareth! Quanto ardentemente desidereremmo di ricominciare, vicino a Maria, ad apprendere la vera scienza della vita e la superiore sapienza delle verità divine!" (Paolo VI, Discorso pronunciato a Nazaret, 5 gennaio 1964).













30 dicembre (2009)


Luca 2,36-40.

C'era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuèle, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto col marito sette anni dal tempo in cui era ragazza, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme. Quando ebbero tutto compiuto secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nazaret. Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era sopra di lui.


IL COMMENTO



“Parlate al cuore di Gerusalemme e gridatele che è finita la sua schiavitù, è stata scontata la sua iniquità […] Prorompete insieme in canti di gioia, rovine di Gerusalemme, perché il Signore ha consolato il suo popolo, ha riscattato Gerusalemme” (Is 40,2; 52,9).



Una vedova e un bambino. Un figlio donato in compimento ad una preghiera senza posa. Il silenzio e la dedizione totale a Dio. Anna era figlia della Tribù di Aser cui era toccata in sorte una porzione della Terra Promessa che giungeva sino al Carmelo. Il profumo di questo Monte, culla del monachesimo d'ogni epoca, il giardino dai frutti deliziosi (in ebraico karmel che significa "Frutteto, giardino") evocato dal Cantico dei Cantici, pervade l'incontro tra questa donna anziana e questo Bimbo prodigioso. Anna, immagine di Israele, la sposa della Creazione, ed ora, vedova da troppi anni, in attesa dell'ottavo giorno, quello delle nozze eterne. Anna, che significa Grazia, ed una vita orientata a quest'incontro. Anna “Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere”. Era con tutta probabilità tra quelle donne che “nei tempi stabiliti venivano a prestare servizio all’ingresso della tenda del convegno” (Es 38,8; cfr. 1Sam 2,22). Era lì, sola con il suo Dio, con in seno la speranza di tutto il suo Popolo. Ed ora, in un istante, dopo decine d'anni trascorsi tra digiuni e preghiere, la Grazia di un incontro. Non era stata inutile la sua vita, anzi. La vecchiaia è feconda in una carica profetica dirompente. Quante donne anziane e quanti uomini vivono ai bordi della società, dalla panchina dei giardini pubblici ad una sedia in un angolo della casa; se non peggio, dimenticati in un ospizio. No, la vecchiaia è il tempo della preghiera più intensa, l'intimità colma di attesa del compimento di tutta una vita. Gli anziani sono come le antenne che ricevono ansie, speranze, angosce e desideri di tutta la famiglia per ritrasmetterle a Dio. Non sono soli, sono lasciati liberi per Dio. E a loro, come ad Anna, è concesso, in una pienezza di vita che gli anni precedenti non hanno conosciuto, la Grazia dell'incontro più importante, quello decisivo, per loro e per le loro famiglie. Saranno gli anziani, i nonni a parlare a figli e nipoti, nuore e generi, di quel Bambino, della salvezza e del compimento, la redenzione a quanti attendono afferratie distratti da mille impegni, un senso alle proprie vite. Anna dunque, il culmine della vita, la parte migliore, la più saggia, la pià santa, la più feconda. Perchè era proprio nella vecchiaia inoltrata che quel Dio pregato, amato e temuto le aveva risposto; ed ecco ora un Bambino, piccolo per lei piccola, umile per lei umile, nascosto per lei nascosta. Così Dio incontra i suoi figli. Nulla d'eccezionale, piuttosto lo stupore d'un evento atteso e accaduto nella semplicità d'un Bimbo che nasce. Così è la nostra storia con Dio. Viene a noi nelle sembianze semplici della vita d'ogni giorno, viene a trovarci e a saziare le speranze che ci colmano il cuore. Preghiera e digiuno ad esprimere l'attesa e il desiderio di Lui. Anna è dunque figura di ciascuno di noi sposato nell'incompiutezza dei sette anni che disegnano la prima creazione ferita dalla caduta del peccato originale; ed il Bambino Gesù, l'alba della nuova creazione, la redenzione che trasfigura la nostra carne e la nostra esistenza riscattandola dal peccato. La vita liberata dalla forza inerme di un Bambino stretto tra le braccia. E, con Lui, possiamo incaminarci oggi tutti alla Santa casa di Nazaret dove, bambini nel Bambino, fortificarci colmi di sapienza, con la Grazia ad accompagnarci. A Nazaret, la nostra casa, la nostra comunità, il nostro cammino. "Qui, a questa scuola, certo comprendiamo perché dobbiamo tenere una disciplina spirituale, se vogliamo seguire la dottrina del Vangelo e diventare discepoli del Cristo. Oh! come volentieri vorremmo ritornare fanciulli e metterci a questa umile e sublime scuola di Nazareth! Quanto ardentemente desidereremmo di ricominciare, vicino a Maria, ad apprendere la vera scienza della vita e la superiore sapienza delle verità divine! Ma noi non siamo che di passaggio e ci è necessario deporre il desiderio di continuare a conoscere, in questa casa, la mai compiuta formazione all'intelligenza del Vangelo.... Oh! se rinascesse in noi la stima del silenzio, atmosfera ammirabile ed indispensabile dello spirito: mentre siamo storditi da tanti frastuoni, rumori e voci clamorose nella esagitata e tumultuosa vita del nostro tempo. Oh! silenzio di Nazareth, insegnaci ad essere fermi nei buoni pensieri, intenti alla vita interiore, pronti a ben sentire le segrete ispirazioni di Dio e le esortazioni dei veri maestri. Insegnaci quanto importanti e necessari siano il lavoro di preparazione, lo studio, la meditazione, l'interiorità della vita, la preghiera, che Dio solo vede nel segreto" (Paolo VI, Discorso pronunciato a Nazaret, 5 gennaio 1964).





Padri e Magistero



San Pietro Crisologo (c. 406-450), vescovo di Ravenna, dottore della Chiesa
Sermo 147, sul mistero dell'Incarnazione

Anna vede finalmente Dio nel suo Tempio

Questo Dio che il mondo non può contenere, come lo può percepire lo sguardo così limitato dell'uomo? L'amore non si cura di sapere se una cosa sia sicura, appropriata o possibile. L'amore... non conosce misura. Non si consola con il pretesto che è impossibile; la difficoltà non lo ferma... L'amore non può non vedere ciò che ama... Come credersi amati da Dio senza contemplarlo? Così, l'amore che brama vedere Dio, anche se non è guidato dalla ragione, è ispirato dall'intuizione del cuore. Per questo Mosè ha osato dire: «Se ho trovato grazia ai tuoi occhi, mostrami il tuo volto» (Es 33,13ss), e il salmista: «Mostrami il tuo volto» (cf 79,4)...

Dio quindi, conoscendo il desiderio degli uomini di vederlo, ha scelto un mezzo per rendersi visibile che sia un grande beneficio per gli abitanti della terra, senza essere per questo qualche cosa di degradante nei confronti del cielo. La creatura che Dio aveva fatta sulla terra simile a lui poteva passare in cielo per disonorevole? «Facciamo l'uomo a nostra immagine e somiglianza», egli aveva detto (Gn 1,26)... Se Dio avesse preso dal cielo la forma di un angelo, sarebbe rimasto ugualmente invisibile; se, d'altra parte, sulla terra si fosse incarnato in un essere di natura inferiore a quella dell'uomo, avrebbe recato offesa alla divinità e abbassato l'uomo invece di innalzarlo. Nessuno quindi, fratelli carissimi, consideri come un insulto rivolto a Dio il fatto che egli sia venuto agli uomini attraverso un uomo, e che abbia trovato presso di noi questo mezzo per essere da noi visto. 


Dai «Discorsi» di Paolo VI, papa
(Discorso tenuto a Nazareth, 5 gennaio 1964)

L'esempio di Nazareth
La casa di Nazareth è la scuola dove si è iniziati a comprendere la vita di Gesù, cioè la scuola del Vangelo. Qui si impara ad osservare, ad ascoltare, a meditare, a penetrare il significato così profondo e così misterioso di questa manifestazione del Figlio di Dio tanto semplice, umile e bella. Forse anche impariamo, quasi senza accorgercene, ad imitare.
Qui impariamo il metodo che ci permetterà di conoscere chi è il Cristo. Qui scopriamo il bisogno di osservare il quadro del suo soggiorno in mezzo a noi: cioè i luoghi, i tempi, i costumi, il linguaggio, i sacri riti, tutto insomma ciò di cui Gesù si servì per manifestarsi al mondo.
Qui tutto ha una voce, tutto ha un significato. Qui, a questa scuola, certo comprendiamo perché dobbiamo tenere una disciplina spirituale, se vogliamo seguire la dottrina del Vangelo e diventare discepoli del Cristo. Oh! come volentieri vorremmo ritornare fanciulli e metterci a questa umile e sublime scuola di Nazareth! Quanto ardentemente desidereremmo di ricominciare, vicino a Maria, ad apprendere la vera scienza della vita e la superiore sapienza delle verità divine! Ma noi non siamo che di passaggio e ci è necessario deporre il desiderio di continuare a conoscere, in questa casa, la mai compiuta formazione all'intelligenza del Vangelo. Tuttavia non lasceremo questo luogo senza aver raccolto, quasi furtivamente, alcuni brevi ammonimenti dalla casa di Nazareth.
In primo luogo essa ci insegna il silenzio. Oh! se rinascesse in noi la stima del silenzio, atmosfera ammirabile ed indispensabile dello spirito: mentre siamo storditi da tanti frastuoni, rumori e voci clamorose nella esagitata e tumultuosa vita del nostro tempo. Oh! silenzio di Nazareth, insegnaci ad essere fermi nei buoni pensieri, intenti alla vita interiore, pronti a ben sentire le segrete ispirazioni di Dio e le esortazioni dei veri maestri. Insegnaci quanto importanti e necessari siano il lavoro di preparazione, lo studio, la meditazione, l'interiorità della vita, la preghiera, che Dio solo vede nel segreto.
Qui comprendiamo il modo di vivere in famiglia. Nazareth ci ricordi cos'è la famiglia, cos'è la comunione di amore, la sua bellezza austera e semplice, il suo carattere sacro ed inviolabile; ci faccia vedere com'è dolce ed insostituibile l'educazione in famiglia, ci insegni la sua funzione naturale nell'ordine sociale. Infine impariamo la lezione del lavoro. Oh! dimora di Nazareth, casa del Figlio del falegname! Qui soprattutto desideriamo comprendere e celebrare la legge, severa certo ma redentrice della fatica umana; qui nobilitare la dignità del lavoro in modo che sia sentita da tutti; ricordare sotto questo tetto che il lavoro non può essere fine a se stesso, ma che riceve la sua libertà ed eccellenza, non solamente da quello che si chiama valore economico, ma anche da ciò che lo volge al suo nobile fine; qui infine vogliamo salutare gli operai di tutto il mondo e mostrar loro il grande modello, il loro divino fratello, il profeta di tutte le giuste cause che li riguardano, cioè Cristo nostro Signore.



29 dicembre (2011)





Simeone Provava così e testimoniava 
che davvero la pace di Dio appartiene ai suoi servitori, 
che essi gioiscono per la dolcezza della pace e della libertà quando, 
sottratti ai tormenti del mondo, 
raggiungono il rifugio e la sicurezza eterni... 
Solo allora l'anima trova la vera pace, 
il riposo completo, 
la sicurezza che non finisce mai.


San Cipriano

Lc 2,22-35


Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, [Maria e Giuseppe] portarono il bambino [Gesù] a Gerusalemme per presentarlo al Signore – come è scritto nella legge del Signore: «Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore» – e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore. Ora a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d’Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore. Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch’egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo: «Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada in pace, secondo la tua parola, perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli: luce per rivelarti alle genti e gloria del tuo popolo, Israele». Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: «Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione – e anche a te una spada trafiggerà l’anima -, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori»


IL COMMENTO


Un' attesa colmata. Una speranza esaudita. Una vita compiuta. Il Bambino nato a Betlemme è ora tra le braccia di chi lo aveva ardentemente desiderato vedere. Vedere la salvezza, ecco la Buona Ntizia di oggi. Gli occhi di Simeone han visto e ora nulla più desidera il suo cuore. E' un uomo realizzato, la sua vita ha raggiunto lo zenit, è ormai alle porte del Paradiso. Vedere Dio dunque è il segreto d'una vita veramente vissuta, realizzata, compiuta. Diceva infatti il Papa nella notte di Natale: "I pastori si dicono l’un l’altro il motivo per cui si mettono in cammino: “Vediamo questo avvenimento”. Letteralmente il testo greco dice: “Vediamo questa Parola, che lì è accaduta”. Sì, tale è la novità di questa notte: la Parola può essere guardata. Poiché si è fatta carne. Quel Dio di cui non si deve fare alcuna immagine, perché ogni immagine potrebbe solo ridurlo, anzi travisarlo, quel Dio si è reso, Egli stesso, visibile in Colui che è la sua vera immagine, come dice Paolo (cfr 2 Cor 4, 4; Col 1, 15). Nella figura di Gesù Cristo, in tutto il suo vivere ed operare, nel suo morire e risorgere, possiamo guardare la Parola di Dio e quindi il mistero dello stesso Dio vivente. Dio è così... Quando vediamo Lui, il Dio che è diventato un bambino, ci si apre il cuore. Nella Liturgia della Notte Santa Dio viene a noi come uomo, affinché noi diventiamo veramente umani". Vi è per noi una Parola da vedere, un'annuncio che si fa carne e storia e si rende visibile. Ascoltare e vedere, l'inizio ed il compimento. Come fu per Abramo che prima ascoltò e poi vide la promessa. 


Come Maria. Come Simeone. Il suo stesso nome ci mostra il cammino preparato dal Signore. Simeone deriva infatti da Shime'on, ed è tratto da sh'ma, che significa ascoltare. Simeone è dunque l'immagine di chi vede per aver ascoltato. Lo Spirito Santo disceso su Maria muove l'anziano Simeone sulle tracce del compimento della Parola ascoltata durante l'arco della sua vita. E in un Bambino in braccio a sua Madre la vede viva e compiuta. Ora può chiudere gli occhi della carne, ormai congiunti a quelli della fede. Ora questa può lasciare il passo alla contemplazione eterna. Ora il fiume della vita si può perdere nel mare dell'eternità. In Simeone è disegnata la nostra stessa vita. L'ascolto della Parola ci ha messo in cammino, lo Spirito Santo ha mosso i nostri passi. Viviamo con una speranza racchiusa nel cuore. Tutto di noi aspira e tende ad una visione, l'unica che può illuminare e dare senso e compimento alle nostre esistenze. Anche se la tenda d'argilla appesantisce i nostri giorni e crediamo di desiderare altre cose, non è così. Lo aveva ben compreso Agostino quando scriveva che "Ci hai fatti per Te, Signore, e il nostro cuore non ha pace finché non riposi in Te". Simeone può riposare perchè quel Bambino offertogli da sua Madre lo aveva accolto nel suo amore infinito. Così per ciascuno di noi. La Vergine Maria ce lo offre ancora, e ogni giorno; la Chiesa, attraverso la Parola, la comunità e i Sacramenti, ci dona quel Bambino che è Dio, sceso a noi per accoglierci nela sua vita. Vedere oggi Dio è possibile nella Chiesa, il nuovo Tempio preparato per noi. Vederlo per vedere compiute tutte le promesse ricevute, ed, in esse, compiuta la nostra vita. Sarà attraversata da una spada, la Croce non ci lascerà, ma i nostri occhi che han visto la salvezza, come Simeone, come Maria, sapranno trapassare la carne ferita per scoprirne la vita celata, l'eterno amore che sgorga dalle stesse piaghe della Croce.





San Cipriano (circa 200-258), vescovo di Cartagine e martire 
Trattato sulla mortalità, 2-3


«Ora lascia... che il tuo servo vada in pace»


«Il regno di Dio è vicino» (Lc 21,31). Fratelli carissimi, il Regno di Dio è ormai vicino. Con la fine del mondo si annunciano la ricompensa della vita, la felicità della salvezza eterna, la sicurezza per sempre e la gioia del paradiso che una volta perdemmo. E già le realtà del cielo subentrano a quelle umane, le grandi alle piccole, le eterne alle temporanee. C'è forse da preoccuparsi, da temere il futuro?...


Sta scritto che «Il giusto vivrà mediante la fede» (Rm 1,17). Se siete giusti, se vivete mediante la fede, se credete veramente in Gesù Cristo, perché non vi rallegrate di essere chiamati verso Cristo..., poiché siete forti della promessa di Dio e destinati a essere con Cristo? Prendete l'esempio del giusto Simeone: era veramente giusto e ha osservato con fedeltà i comandamenti di Dio. Un'ispirazione divina gli aveva preannunziato che non sarebbe morto senza prima aver veduto Cristo, tanto che, quando Gesù bambino è andato al Tempio con sua madre, ha compreso, illuminato dallo Spirito Santo, che era nato il Salvatore, come gli era stato predetto; e vedendolo, ha capito che la sua morte era imminente.


Tutto contento di questa prospettiva e sicuro ormai d'essere presto chiamato presso Dio, ha preso il bambino fra le braccia e ha esclamato benedicendo il Signore: «"Ora lascia, o Signore, che il tuo servo vada in pace secondo la tua parola, perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza». Provava così e testimoniava che davvero la pace di Dio appartiene ai suoi servitori, che essi gioiscono per la dolcezza della pace e della libertà quando, sottratti ai tormenti del mondo, raggiungono il rifugio e la sicurezza eterni... Solo allora l'anima trova la vera pace, il riposo completo, la sicurezza che non finisce mai.


domenica 29 dicembre 2013

Calendario 2014 – Le Famiglie della Visitazione

2014_calendario_visitazione
È disponibile il calendario biblico per il nuovo anno 2014.
Chi vuole, può avere il calendario cartaceo rivolgendosi c/o le parrocchie della Dozza o di Sammartini, oppure è possibile scaricare il caledario in formato di testo (Word) e stamparlo autonomamente dai link indicati di seguito (v. anche la pagina “calendario biblico 2014” sul nostro sito).


Link al CALENDARIO BIBLICO 2014 – FAMIGLIE DELLA VISITAZIONE
NOTA: Rispetto al calendario ufficiale della Piccola Famiglia dell’Annunziata il calendario delle Famiglie della Visitazione ha alcune lievi modifiche, in particolare nei giorni in cui, essendoci letture proprie, non sarebbe prevista la lettura continua del libro corrente della Lectio.

L'Angelus di Papa Francesco. "PREGHIERA ALLA SANTA FAMIGLIA"

"Vorrei anche incoraggiare le famiglie a prendere coscienza dell’importanza che hanno nella Chiesa e nella società"

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L'Angelus di Papa Francesco. "Vorrei anche incoraggiare le famiglie a prendere coscienza dell’importanza che hanno nella Chiesa e nella società"



"L’annuncio del Vangelo, infatti, passa anzitutto attraverso le famiglie, per poi raggiungere i diversi ambiti della vita quotidiana". 
Cari fratelli e sorelle, buon giorno!
in questa prima domenica dopo Natale, la Liturgia ci invita a celebrare la festa della Santa Famiglia di Nazareth. In effetti, ogni presepio ci mostra Gesù insieme con la Madonna e san Giuseppe, nella grotta di Betlemme. Dio ha voluto nascere in una famiglia umana, ha voluto avere una madre e un padre. (...)
Oggi il Vangelo ci presenta la santa Famiglia sulla via dolorosa dell’esilio, in cerca di rifugio in Egitto. Giuseppe, Maria e Gesù sperimentano la condizione drammatica dei profughi, segnata da paura, incertezza, disagi (cfr Mt 2,13-15.19-23).
Purtroppo, ai nostri giorni, milioni di famiglie possono riconoscersi in questa triste realtà. Quasi ogni giorno la televisione e i giornali danno notizie di profughi che fuggono dalla fame, dalla guerra, da altri pericoli gravi, alla ricerca di sicurezza e di una vita dignitosa per sé e per le proprie famiglie. In terre lontane, anche quando trovano lavoro, non sempre i profughi e gli immigrati incontrano accoglienza vera, rispetto, apprezzamento dei valori di cui sono portatori. Le loro legittime aspettative si scontrano con situazioni complesse e difficoltà che sembrano a volte insuperabili. Perciò, mentre fissiamo lo sguardo sulla santa Famiglia di Nazareth nel momento in cui è costretta a farsi profuga, pensiamo al dramma di quei migranti e rifugiati che sono vittime del rifiuto e dello sfruttamento. (...) Ma pensiamo anche(...) agli “esiliati” che possono esserci all’interno delle famiglie stesse: gli anziani, per esempio, che a volte vengono trattati come presenze ingombranti. Molte volte penso che un segno per sapere come va una famiglia è vedere come si trattano in essa i bambini e gli anziani.
Gesù ha voluto appartenere ad una famiglia che ha sperimentato queste difficoltà, perché nessuno si senta escluso dalla vicinanza amorosa di Dio. La fuga in Egitto a causa delle minacce di Erode ci mostra che Dio è là dove l’uomo è in pericolo, là dove l’uomo soffre, là dove scappa, dove sperimenta il rifiuto e l’abbandono; ma è anche là dove l’uomo sogna, spera di tornare in patria nella libertà, progetta e sceglie per la vita e la dignità sua e dei suoi familiari. Quest’oggi il nostro sguardo sulla santa Famiglia si lascia attirare anche dalla semplicità della vita che essa conduce a Nazareth. E’ un esempio che fa tanto bene alle nostre famiglie, le aiuta a diventare sempre più comunità di amore e di riconciliazione, in cui si sperimenta la tenerezza, l’aiuto vicendevole, il perdono reciproco.  (...) Ma vorrei anche incoraggiare le famiglie a prendere coscienza dell’importanza che hanno nella Chiesa e nella società. L’annuncio del Vangelo, infatti, passa anzitutto attraverso le famiglie, per poi raggiungere i diversi ambiti della vita quotidiana.



Invochiamo con fervore Maria Santissima, la Madre di Gesù e Madre nostra, e san Giuseppe, suo sposo. Chiediamo a loro di illuminare, di confortare, di guidare ogni famiglia del mondo, perché possa compiere con dignità e serenità la missione che Dio le ha affidato.

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Papa Francesco dopo l'Angelus. I saluti del Santo Padre e la Preghiera alla Santa Famiglia



[Text: Italiano, Français, English, Español, Português]

Cari fratelli e sorelle,
il prossimo Sinodo dei Vescovi affronterà il tema della famiglia, e la fase preparatoria è già iniziata da tempo. Per questo oggi, festa della Santa Famiglia, desidero affidare a Gesù, Maria
e Giuseppe questo lavoro sinodale, pregando per le famiglie di tutto il mondo. Vi invito ad unirvi spiritualmente a me nella preghiera che ora recito:
PREGHIERA ALLA SANTA FAMIGLIAGesù, Maria e Giuseppe,in voi contempliamolo splendore dell’amore vero,a voi con fiducia ci rivolgiamo.Santa Famiglia di Nazareth,rendi anche le nostre famiglieluoghi di comunione e cenacoli di preghiera,autentiche scuole del Vangeloe piccole Chiese domestiche.Santa Famiglia di Nazareth,mai più nelle famiglie si faccia esperienzadi violenza, chiusura e divisione:chiunque è stato ferito o scandalizzatoconosca presto consolazione e guarigione.Santa Famiglia di Nazareth,il prossimo Sinodo dei Vescovipossa ridestare in tutti la consapevolezzadel carattere sacro e inviolabile della famiglia,la sua bellezza nel progetto di Dio.Gesù, Maria e Giuseppe,ascoltate, esaudite la nostra supplica. Amen.

Rivolgo un saluto speciale ai fedeli che sono collegati con noi da Nazareth, Basilica dell’Annunciazione, dove si è recato il Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi; da Barcellona, Basilica della Sagrada Familia, dove è andato il Presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia; da Loreto, Basilica Santuario della Santa Casa. E lo estendo a quelli radunati in varie parti del mondo per altre celebrazioni che vedono protagoniste le famiglie, come quella di Madrid.
Infine, saluto con affetto tutti i pellegrini qui presenti, specialmente le famiglie! So che ci sono quelle della comunità dei Rumeni di Roma. Saluto i giovani del Movimento dei Focolari, provenienti da vari Paesi, e tutti gli altri giovani, tra cui i gruppi dalle diocesi di Milano, Como, Lodi, Padova, Vicenza e Concordia-Pordenone. Saluto i ragazzi di Curno e Calcinate con i catechisti; i fedeli di Salcedo, Carzago Riviera, San Giovanni in Persiceto e Modica.
A tutti voi auguro una bella festa della Sacra Famiglia, una buona domenica, e buon pranzo. Arrivederci!

PRAYER TO THE HOLY FAMILY
Jesus, Mary and Joseph,
in you we contemplate
the splendour of true love,
to you we turn with trust.
Holy Family of Nazareth,
grant that our families too
may be places of communion and prayer,
authentic schools of the Gospel
and small domestic Churches.
Holy Family of Nazareth,
may families never again
experience violence, rejection and division:
may all who have been hurt or scandalized
find ready comfort and healing.
Holy Family of Nazareth,
may the approaching Synod of Bishops
make us once more mindful
of the sacredness and inviolability of the family,
and its beauty in God’s plan.
Jesus, Mary and Joseph,
graciously hear our prayer.
PRIÈRE À LA SAINTE FAMILLE
Jésus, Marie et Joseph
en vous nous contemplons
la splendeur de l’amour véritable,
à vous nous nous adressons avec confiance.
Sainte Famille de Nazareth,
fais aussi de nos familles
des lieux de communion et des cénacles de prière,
des écoles authentiques de l’Évangile
et des petites Églises domestiques.
Sainte Famille de Nazareth,
que jamais plus dans les familles on fasse l’expérience
de la violence, de la fermeture et de la division :
que quiconque a été blessé ou scandalisé
connaisse rapidement consolation et guérison.
Sainte Famille de Nazareth,
que le prochain Synode des Évêques
puisse réveiller en tous la conscience
du caractère sacré et inviolable de la famille,
sa beauté dans le projet de Dieu.
Jésus, Marie et Joseph
écoutez-nous, exaucez notre prière.

ORACIÓN A LA SAGRADA FAMILIA
Jesús, María y José,
en vosotros contemplamos
el esplendor del verdadero amor,
a vosotros, confiados, nos dirigimos.
Santa Familia de Nazaret,
haz también de nuestras familias
lugar de comunión y cenáculo de oración,
auténticas escuelas del Evangelio
y pequeñas Iglesias domésticas.
Santa Familia de Nazaret,
que nunca más haya en las familias episodios
de violencia, de cerrazón y división;
que quien haya sido herido o escandalizado
sea pronto consolado y curado.
Santa Familia de Nazaret,
que el próximo Sínodo de los Obispos
haga tomar conciencia a todos
del carácter sagrado e inviolable de la familia,
de su belleza en el proyecto de Dios.
Jesús, María y José,
escuchad, acoged nuestra súplica.

ORAÇÃO À SAGRADA FAMÍLIA
Jesus, Maria e José,
em Vós, contemplamos
o esplendor do verdadeiro amor,
a Vós, com confiança, nos dirigimos.
Sagrada Família de Nazaré,
tornai também as nossas famílias
lugares de comunhão e cenáculos de oração,
escolas autênticas do Evangelho
e pequenas Igrejas domésticas.
Sagrada Família de Nazaré,
que nunca mais se faça, nas famílias, experiência
de violência, egoísmo e divisão:
quem ficou ferido ou escandalizado
depressa conheça consolação e cura.
Sagrada Família de Nazaré,
que o próximo Sínodo dos Bispos
possa despertar, em todos, a consciência
do carácter sagrado e inviolável da família,
a sua beleza no projecto de Deus.
Jesus, Maria e José,
escutai, atendei a nossa súplica.


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La Chiesa si china sulla famiglia ferita


Un anno per ascoltare e per capire. Un altro anno per decidere gli interventi più opportuni. È l’obiettivo del “doppio sinodo” 2014-2015 convocato da papa Francesco sul tema della famiglia. L’annuncio ha qualcosa di straordinario. Non era mai capitato nella storia della Chiesa che si avvertisse l’urgenza di convocare due sinodi, a così breve distanza l’uno dall’altro, sullo stesso argomento. Segno che l’attenzione per le sorti della famiglia è almeno pari alla preoccupazioni per il male oscuro che mina alle radici la vita delle coppie, dei genitori, dei figli, degli anziani. Allo sconforto che spesso coglie coloro che hanno a cuore il bene dell’istituzione familiare di fronte alla provvisorietà e alla frammentarietà delle relazioni, al disagio educativo, al senso di smarrimento di tante persone che vedono svanire i progetti di vita e spesso fanno fatica a leggere le ragioni di quel fallimento. Come se in quest’epoca pervasa di ansia e di insicurezza fosse inevitabile che anche le relazioni forti, gli affetti che contano, i rapporti che costruiscono futuro, siano destinati a liquefarsi secondo la logica atroce dell’amore a tempo determinato.


Una prospettiva corta che lascia strascichi di sofferenza incalcolabile nelle donne e negli uomini che la vivono, nei figli che ne sono le vittime incolpevoli, nelle comunità che assistono, senza quasi avere la possibilità di intervenire, all’esplodere di conflittualità che lacerano la convivenza sociale e frantumano rapporti, progetti, consuetudini. Perché succede questo? Come accompagnare le persone a riflettere sulle proprie fragilità per prevenirle e curarle? Come modulare le proposte pastorali in modo tale che tutti, anche coloro che sono apparentemente più lontani, possano trarre beneficio da un nuovo clima di accoglienza e di vicinanza? Per raccogliere informazioni finalizzate a tentare di rispondere a queste e a tante altre domande è già stata avviata un’ampia ricognizione in tutte le comunità del mondo.

Primo passo un questionario – lo pubblichiamo integralmente nelle pagine successive – che le diocesi sono chiamate ad arricchire con il contributo di famiglie, associazioni, movimenti, gruppi che lavorano per e con le famiglie. Tutti coloro che intendono far sentire la propria voce, avranno la possibilità di farlo. Opportunità preziosa per indagare il disagio e le difficoltà delle famiglie. La richiesta esplicita è quella di fare un passo al di là dei confini solitamente battuti dalla pastorale ordinaria, approfondendo realtà e situazioni che troppo spesso rimangono ai margini, prospettive che per indifferenza, sospetto, incomprensioni non vengono quasi mai affrontate. Adesso quel tempo è finito. La Chiesa, che già conosce e già è in possesso di tante informazioni preziose sulla vita e sui problemi delle famiglie, vuole fare ancora un passo avanti.

Da qui all’ottobre del 2014, quando a Roma sarà convocato il primo atto del sinodo, si cercherà così di raccogliere tutto quanto possibile, di mettere in fila i dati, di avere uno sguardo quanto più realistico, approfondito e completo. Nessuna approssimazione. La famiglia è realtà troppo importante per lasciare qualcosa di vago e indefinito. Se le istituzioni civili e la politica – a cui le sorti delle famiglie, ingranaggi insostituibili della società, dovrebbero stare a cuore in modo altrettanto sollecito – ponessero la stessa cura e la stessa serietà per conoscere e comprendere, probabilmente la situazione non sarebbe così drammatica. Invece troppo spesso le pretese dettate dall’ideologia fanno passare in secondo piano le buone prassi a vantaggio di tutti.

Convocando il “doppio sinodo” 2014-2015, la Chiesa ha deciso di imboccare una strada diametralmente opposta. Solo alla luce di un quadro informativo dettagliato ed esauriente, capace di riflettere per quanto possibile la complessità della realtà familiare in ogni parte del mondo, sarà avviato un percorso destinato a valutare se, che cosa e come cambiare. E questo sarà messo all’ordine del giorno nel “secondo atto” del sinodo, nell’ottobre 2015. L’obiettivo? L’ha in qualche modo già anticipato papa Francesco quando, dialogando con i giornalisti sull’aereo di ritorno dalla Gmg del Brasile, ha sottolineato l’esigenza di arrivare a «una pastorale matrimoniale un po’ più profonda, nel segno della misericordia».

Una pastorale quindi che dovrà aprirsi in modo semplice e facilmente comprensibile per tutti, alle esigenze di ogni famiglia. Con un linguaggio semplificato e con modalità di immediata comprensione si dovrà arrivare a scegliere percorsi capaci di intercettare sensibilità diverse e vissuti – oggi non più uniformi – in modo aperto ed accogliente. «Dobbiamo tornare a far comprendere che la famiglia è la cosa più bella del mondo», ha detto l’arcivescovo Vincenzo Paglia, presidente del Pontificio consiglio per la famiglia. Una battuta – ma non solo – che riflette la speranza di fare breccia in quella cultura dell’indifferenza sociale e dell’individualismo etico secondo cui la famiglia è solo retaggio del passato. La fotografia che uscirà dal “doppio Sinodo” promette di rovesciare stereotipi e luoghi comuni. E, allo stesso tempo, gettare le premesse perché la Chiesa possa di nuovo indicare la strada più opportuna per costruire un futuro migliore per tutte le famiglie. Quindi per l’intera società.



Luciano Moia, Noi Genitori & Figli novembre
Avvenire