Santa Maria,

Santa Maria,
...donna del primo sguardo, donaci la grazia dello stupore.

giovedì 12 dicembre 2013

"Ma alla Sapienza è stata resa giustizia dalle sue opere"

"Ma alla Sapienza è stata resa giustizia dalle sue opere"



L'ANNUNCIO

Mai sazi. Mai contenti. Mai sereni. Mai come questa una generazione perduta. Gadget d'ogni foggia, accessori sempre più miniaturizzati. Non manca praticamente nulla. Ma della felicità neanche l'ombra. Energie e creatività profuse nella ricerca della migliore qualità della vita, mentre la vita scorre senza nessuna qualità. Ma i Profeti che ce lo ricordano sono messi in ridicolo; ai nostri occhi appaiono tutti indemoniati, mangioni e beoni. Le grida di Giovanni, aveva un demonio, tutto quel rigore come una passata di cartavetrata sulla pelle levigata dal vizio. E la misericordia paziente di Gesù seduta in compagnia dei malvagi? Roba di un ubriacone, un rammollito incapace di cambiare la storia e punire i peccatori. Noi no, tu ed io, come Cartesio, pensiamo e dunque siamo. Nei nostri pensieri, ovvio, nessuna misericordia, sarebbe irragionevole, mentre all'amore che sgorga dalla carne è concessa ogni licenza. Ma giunge la Croce. E' vera la Croce. E' dura la Croce. Fa male. Dove sono ora i pensieri che mi illudevano di essere? Dove sono le tante cose che hanno riempito tempo e pancia? "Israele se tu mi ascoltassi!" diceva il SIgnore. Ma non abbiamo ascoltato nessuna Parola. Troppo dure, o troppo buone, tutte al di là dei nostri criteri capricciosi e viziati, moralisti e lassisti nello stesso tempo; siamo troppo lontani dall'equilibrio che solo l'amore può generare. "Ma alla Sapienza è stata resa giustizia dalle sue opere": la sapienza della Croce ha svelato l'inganno. Le "opere" nascoste di un cuore dilatatosi all'infinito, scopppiatao d'amore sul Golgota. Le "opere" dell'amore cocciuto di Dio che cerca senza riposo la pecora smarrita, la "sapienza" che la carne non può capire. Chi poteva immaginare che al male Dio avrebbe risposto con l'amore? Ma, a guardar bene, non c'era altro da fare, il Signore doveva morire così. La nostra vita balorda, ingannata, ubriaca di cose e di idee, era lì, sulle sue spalle, le nostre ore perdute trafiggevano le sue membra. E il seme caduto in terra moriva. E dalla sua morte dentro la nostra morte, sbocciava la vita. Sapienza d'un miracolo, la Giustizia della Croce ha giustiziato il demonio. La verità risplende nella sua risurrezione, prova del perdono che anche oggi ci raggiunge. Abbiamo perso tanto della nostra vita, illusi abbiamo chiuso orecchie e cuore ai tanti Profeti che il Padre ci aveva inviato. Ma no, non tutto è finito. Non siamo nati per morire così. Alziamo oggi il nostro sguardo a Colui che abbiamo trafitto, arrendiamoci al suo amore sconsiderato. Non c'è altro da fare che lasciarci amare dall'amore che, per farci suoi "amici" si è fatto giudicare come "un mangione e un beone". Lui al posto nostro perché ciascuno di noi possa caricarsi con i peccati degli altri: solo così le polemiche, i processi alle intenzioni, i rancori, i giudizi, le inimicizie, le gelosie, le invidie, il fiume di male può finalmente infrangersi sull'amore più forte della morte. Quello che ci ha raggiunti, con "canto e lamento", in ogni istante e circostanza della nostra vita, con la dolcezza e la correzione, l'unica e medesima Parola di misericordia che ci ha rigenerato.


Venerdì della II domenica del Tempo di Avvento




Icona della Santa Sapienza




Dio ha scelto voi piccoli per realizzare i suoi grandi progetti.
Figli miei, siate umili.
Dio attraverso la vostra umiltà con la sua sapienza, 
delle vostre anime farà la sua dimora scelta.
Pregate, cari figli, specialmente per i doni dello Spirito Santo,
affinché nello spirito dell' amore ogni giorno ed in ogni situazione
siate più vicini al fratello e nella sapienza e nell'amore superiate ogni difficoltà.
Mettete Dio al centro del vostro essere cosicché possiate testimoniare nella gioia
le bellezze che Dio vi dona continuamente nella vostra vita.


Dal Vangelo secondo Matteo 11,16-19.



Ma a chi paragonerò io questa generazione? Essa è simile a quei fanciulli seduti sulle piazze che si rivolgono agli altri compagni e dicono:
Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato, abbiamo cantato un lamento e non avete pianto.
E' venuto Giovanni, che non mangia e non beve, e hanno detto: Ha un demonio.
E' venuto il Figlio dell'uomo, che mangia e beve, e dicono: Ecco un mangione e un beone, amico dei pubblicani e dei peccatori. Ma alla sapienza è stata resa giustizia dalle sue opere»

Il commento

Mai sazi. Mai contenti. Mai sereni. Mai come questa una generazione perduta. Gadget d'ogni foggia, accessori sempre più miniaturizzati. Il mondo a portata di chat. Non manca praticamente nulla. Ma della felicità neanche l'ombra. L'impermeabilità ad ogni difficoltà, il rifiuto categorico di qualsiasi sofferenza. Energie e creatività profuse nella ricerca della migliore qualità della vita, mentre la vita scorre senza nessuna qualità. Imbottiti di cose, siamo una generazione seduta sull'anima. E con le orecchie tappate. I Profeti sono messi in ridicolo. Tacitati, d'ogni loro parola se ne distillano le poche convenienti. Cerchiamo sempre e solo il nostro puro guadagno. In casa, in ufficio, a scuola, siamo il permanente centro di gravità, e che tutto vi giri intorno alla perfezione.


Ma sopraggiunge la Croce. E allora tutto è perduto, e sprofondiamo in depressioni galattiche, il senso del fare e del pensare si dissolve. E i Profeti, oggi come sempre nella storia, ai nostri occhi sono tutti indemoniati, o mangioni e beoni. Non erano e non sono proprio credibili. Era un pazzo Noè, costruiva un'arca nel bel mezzo d'una pianura. E splendeva il sole e si lavorava, si metteva su famiglia, ci si godeva la vita. E quel pazzo continuava a costruire un'arca. E vi metteva dentro coppie d'animali, e addirittura la sua famiglia. Poi chiuse la porta. All'improvviso un tuono, un diluvio d'acqua e tutto perduto. Matrimoni, lavori, locande, tutto spazzato via. E l'arca era lì, riparo e salvezza d'un pugno di pazzi.


Le grida di Giovanni, era un pazzo anche lui, indemoniato di certo. La legge, i tabù, le Dieci Parole, paccottiglia per soggiogare. E la misericordia paziente di Gesù seduta in compagnia dei malvagi. Un ubriacone, un rammollito. Ha rinunciato alla vita e predica vane utopie. Ed io, come Cartesio, penso e dunque sono. Nei miei pensieri niente misericordia, l'amore è solo di carne, il resto sono fandonie, non esiste nulla al di fuori dei miei schemi pensati. Pura alienazione, oppio dei popoli.


E giunge la Croce. E' vera la Croce. E' dura la Croce. Fa male. I chiodi solcano la carne e la straziano, il dolore si fa lancinante. Le spine assopiscono la mente. Dove sono i pensieri che mi hanno fatto essere? Dove sono le tante cose che hanno riempito tempo e pancia?


"Israele se tu mi ascoltassi!". Ma non abbiamo ascoltato. Nessuna Parola. Troppo dure. Troppo buone. Non facevano per noi le Parole di Dio. Ed ora ci ritroviamo soli di fronte alla Croce.


Ma alla Sapienza è stata resa giustizia dalle sue opere. La sapienza della Croce ha svelato l'inganno. Le opere nascoste d'un cuore infinito. L'amore cocciuto di Dio che cerca senza riposo la pecora smarrita. "Non hanno ascoltato nessuno, avranno pietà di mio Figlio". E invece no, nessuna pietà. Deriso, insultato, condannato, crocifisso. Ed era lì l'unica vera Sapienza, nella sua morte la nostra vita. Non c'era altro da fare, il Signore doveva morire così. Muto, come pecora di fronte ai tosatori. Non ne avevamo alcuna stima, eppure stava portando i nostri peccati. La nostra vita balorda, ingannata, ubriaca di cose e di idee, era lì, sulle sue spalle, le nostre ore perdute trafiggevano le sue membra.


E il seme caduto in terra moriva. E dalla sua morte dentro la nostra morte, sbocciava la vita. Sapienza d'un miracolo. La Giustizia della Croce ha giustiziato il nemico. La verità risplende nella sua risurrezione. Abbiamo perso tanto della nostra vita, illusi abbiamo chiuso orecchie e cuore ai tanti Profeti che il Padre ci aveva inviato. E ci siamo perduti. Ma no, non tutto è finito. Non siamo nati per morire così. Alziamo oggi il nostro sguardo a Colui che abbiamo trafitto, arrendiamoci al suo amore sconsiderato. Ha dato la vita per dei cialtroni come noi. Non induriamo oggi il nostro cuore. Viene il Signore a salvare ciò che era perduto.


Accogliamolo oggi in questo nostro Avvento. Come Maria fermiamoci ai suoi piedi. In ginocchio, piegata nella sua estrema debolezza, Maria riconosce la propria poverissima realtà. Umile, inginocchiata sull' "humus", la terra che senza lo Spirito non cessa d'esser nulla destinata al nulla. "Chi non piange su ciò di cui bisogna piangere, non potrà mai gioire" (S. Fausti, Una comunità legge il Vangelo di Matteo). Maria ai piedi di Gesù, nuda e indifesa dinanzi alla predicazione del Battista, alla chiamata alla conversione, la sola capace di aprire il cuore alla gioia della misericordia. Maria nella verità. Ai piedi di Gesù, nella sua intimità, contemplando quei piedi benedetti che hanno aperto il cammino alla sua libertà, alla felicità. Ai piedi di Gesù, pronta all'obbedienza, abbandonata alla volontà di Dio.


Maria accolta da Gesù, nel suo banchetto di perdono e di pace. Ecco l'atteggiamento più puro, più vero, l'unico che si addice al cristiano. Ai piedi di Gesù, la parte buona che non sarà mai tolta, la presenza dolce del Signore in ogni istante della giornata. Gesù che colma le nostre vita. Il timore capace di discernere il tempo favorevole, il Kairos nel quale il Suo amore viene a visitarci. Ai piedi di Gesù, questa è l'unico modo sensato e sapiente di vivere, nel timore di Dio, il principio della Sapienza, la porta che apre il cammino al Cielo.








APPROFONDIMENT
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