Santa Maria,

Santa Maria,
...donna del primo sguardo, donaci la grazia dello stupore.

lunedì 9 dicembre 2013

Riflessioni , commenti & Lectio Divina III^ Domenica di Avvento

AlzogliOcchiversoilCielo

Omelia 3° domenica di Avvento (Mons. Romero)


Questa omelia è stata pronunciata il 11 dicembre 1977. Le letture commentate erano: Is 35, 1-6a.10: Vedranno la bellezza del nostro Dio; Sal 145: Gc 5,7-10: La venuta del Signore è vicina; Mt 11,2-11: Ai poveri si annuncia la Buona Notizia - letture della terza domenica di Avvento, ciclo A.
Ci avviciniamo sempre più alla grande solennità del Natale, alla commemorazione gioiosa della nascita del Signore, già più di 2000 anni; al rinnovamento della nostra speranza in cui, così come Gesù venne un giorno a portarci il Vangelo, così tornerà un giorno, come Signore onnipotente, a chiederci conto di esso.
Oggi abbiamo letto nella prima lettura di Isaia, un passo simile a quello di domenica scorsa. Il profeta annuncia al popolo castigato di Giuda un rinnovamento totale del mondo. La terra castigata dalla siccità, i campi avvizziti e rinsecchiti torneranno ad essere come ai tempi antichi, come nel paradiso terrestre prima del peccato, come i luoghi più belli, ospitali e fecondi che conosciamo.
Egli parla della cordigliera verde e feconda del Libano, dove crescevano i cedri mitologici con il cui legno si costruì il tempio di Dio in Gerusalemme; parla della montuosità del Carmelo o della pianura costiera di Saron che era per gli israeliti immagine di bellezza e di pace. Ma si rinnoveranno anche le vite degli esseri umani, dei deboli dei sofferenti, le cui malattie saranno curate. Ci saranno motivi per rallegrarsi e sperare in un futuro migliore. Il popolo deportato in regioni lontane tornerà a Sion, a Gerusalemme, tra canti di giubilo. Si annuncia la gioia, la sconfitta delle pene e dei dolori. Esagerato ottimismo? Un sogno irrealizzabile?
Ma le parole del profeta si compirono varie volte, quando effettivamente gli israeliti ritornarono dalla Mesopotamia nella loro amata terra, riedificarono il tempio e tornarono ad adorare il loro Dio. Quando Gesù ci portò il Vangelo, la Buona Notizia della nostra salvezza. E si realizzeranno un giorno definitivamente quando Gesù, nella sua gloria, tornerà a porre fine alla storia. Un piccolo passo della lettera di Giacomo ci esorta ad avere pazienza e speranza. Come quella del lavoratore che aspetta dalla terra il frutto delle sue fatiche. Ci dice che il Signore è vicino, tanto che ci apprestiamo a celebrare la sua nascita, è tanto vicino che non c'è tempo da perdere e dobbiamo essere disposti a rispondere all'unico giudice delle nostre vite, che non ci chiederà conto se non del nostro amore. E ci dice Giacomo che dobbiamo avere come modelli i profeti, come Isaia, Elia, Giovanni Battista. Essi ci annunciarono la parola di Dio che leggiamo ed ascoltiamo ogni domenica. Messo in carcere dai capricci di Erode Antipa e della sua illegittima moglie Erodiade, Giovanni Battista invia a chiedere a Gesù se sia veramente lui il Messia. Non lo aveva forse indicato lui in mezzo alla moltitudine, e non lo aveva battezzato nelle acque del Giordano? Giovanni Battista vuole assicurarsi, di fronte al martirio, che non avesse lavorato invano, vuole ascoltare le parole di grazia dalla bocca di Gesù, sapere come realizzerà concretamente la sua missione. Gesù non gli risponde con dichiarazioni di autenticità, con argomenti teologici. pone praticamente di fronte ai suoi occhi i ciechi che vedono, i sordi che sentono, gli zoppi che camminano, i lebbrosi guariti i morti che tornano in vita. Al di sopra di tutto il segno del vero Messia: che ai poveri è annunciata la Buona Notizia, il Vangelo della loro liberazione. Poi, di fronte alla moltitudine che è stata testimone della missione del Battista, Gesù fa un alto elogio del suo precursore: non è una canna del deserto scossa dal vento, come questo Erode Antipa che lo tiene prigioniero e che fa imprimere sulle sue monete l'immagine di una canna come simbolo del suo potere; nemmeno è un imbroglione riccamente vestito come tanti dignitari del tetrarca che lo adulavano nel suo palazzo di Tiberiade. E' semplicemente un profeta più che un profeta, quello definitivo, il profeta escatologico che doveva preparare le vie del Messia. Il più grande dice Gesù, tra i nati di donna. Sebbene immediatamente aggiunga che il più piccolo nel Regno, qualunque di noi se vogliamo, è più grande di Giovanni. La domanda di Giovanni è la domanda di ogni essere umano nella sua ricerca esistenziale: "sei tu quello che aspettiamo, sei realmente quello che può colmare la nostra speranza, o dobbiamo aspettarne un altro?" La domanda in realtà non è solo su Gesù, ma - più in là - sull'oggetto della speranza umana.
Hanno cercato l'oggetto della loro speranza, in un modo o nell'altro, tutti gli uomini e le donne, di tutti i tempi, in tutte le religioni - e anche prima delle religioni, poiché queste, come religioni formali, non risalgono a prima degli ultimi 5000 anni, ma gli uomini e le donne sono stati "spirituali" da molto prima…
La risposta di Gesù forse può essere estrapolata molto più in la non solo dello stretto scenario delle inquietudini del Battista, ma del cristianesimo in generale. Gesù, rispondendo agli emissari del Battista, offre il criterio della sufficienza e dell'autenticità dell'oggetto della nostra speranza come esseri umani: li dove si fa il bene, li dove si libera l'essere umano dalle sue oppressioni, ossia, li dove "i ciechi vedono e gli storpi camminano" e dove "ai poveri è annunciata la Buona Notizia, lì sta "colui che dobbiamo aspettare", colui che è oggetto certo della nostra speranza come esseri umani. Al contrario: se un esistenza umana non è liberatrice, se un atteggiamento umano non è di amore e di liberazione, qui non c'è Dio, e questa "religione" non è quella che dobbiamo aspettare, ma dovremmo cercare un'altra forma di relazionarci con Dio, un nuovo testamento, di fronte alle antiche attitudini religiose ormai superate. Estrapolata cosi la domanda di Giovanni, può essere applicata all'attuale crisi di civiltà e anche all'attuale "metamorfosi del religioso". Molte persone vivono la loro fede riproducendo semplicemente "ciò che è sempre stato", nonostante i cambiamenti profondi che si stanno dando… ciascuno di noi deve seguire i dettami del proprio cuore, e questo va bene. Ma molti, pure seguendo i dettami del loro cuore, sentono che "dobbiamo aspettare altro", che la speranza che abbiamo avuto fino ad ora si è fatta corta, che il Dio o Messia adorato (o l'immagine che di Lui ci siamo fatti) non era realmente l'oggetto della nostra speranza, e che questa va molto più in là, ossia "che dobbiamo aspettare altro"… Molti uomini e donne attuali sentono confusamente nel loro cuore questo "dobbiamo aspettare altro": un altro tipo di vita religiosa, un'altra immagine di Dio, una chiesa veramente "altra", una morale veramente diversa, una religiosità o spiritualità veramente altra (nuova?).
In tempi di crisi, di transizione e di nuova alba, la domanda del Battista amplia i suoi orizzonti all'orizzonte dello stato della religione nel mondo… E la domanda è comune, perché non risolverla dialogando?
Per la revisione di vita
- Che ne è della speranza nella mia vita? Sono uomo o donna di speranza, che la trasmette agli altri?
- Questa speranza si traduce in difformità "con questo mondo", in lotta e resistenza, o sono di quelli che si rassegnano e si accomodano in questa ora della storia?
Per l'incontro di gruppo
"…o dobbiamo aspettare altro?" In questo tempo di avvento, tempo della speranza, facciamo un check-up alla speranza del mondo. Perché le religioni convenzionali entrano in crisi, mentre oggi c'è una ricerca di spiritualità e di senso? Si direbbe, curiosamente, che alle religioni vada male, mentre la ricerca di spiritualità vada molto bene.
Cosa dobbiamo dedurne da questo paradosso? Un sintomo che le religioni devono trasformarsi profondamente per essere capaci di sintonizzarsi con la speranza profonda di coloro che cercano?
Per la preghiera dei fedeli
- Perché in questo avvento continuiamo ad alimentare la speranza, approfondendola e condividendola…
- Per tutti coloro che in questi giorni vicini al Natale si sentono tristi e nostalgici, lontani dai loro famigliari e soli… Perché la potenza del suo amore superi le distanze e li faccia sentire in comunione universale…
- Perché ci prepariamo alla celebrazione del Natale con realismo cercando di operare perché "Gesù effettivamente nasca" intorno a noi…
- Perché la lontananza in cui oggi si colloca l'utopia di tutti i sognatori, non li conduca alla rassegnazione o al fatalismo, ma sia superata nella costanza, nella fede senza chiusure, nella resistenza e nello sforzo per avvicinare sempre più l'utopia del Regno…
- Perché in queste vigilie del Natale l'austerità del Battista, il precursore, ci ricordi che la sobrietà motivata dal desiderio di condividere con i più bisognosi, è per i poveri una Buona Notizia che annuncia l'effettività della nascita di Gesù…
Orazione comunitaria
Dio Padre e Madre del nostro Signore Gesù Cristo: avvicinandosi le feste del Natale ti chiediamo di far affiorare nelle nostre vite il meglio del nostro cuore, perché possiamo condividere con i nostri fratelli la tua tenerezza, il tuo amore di cui ci hai fatto partecipi. Te lo chiediamo per Gesù tuo Figlio che con Te vive e regna, e con noi vive e cammina, per i secoli dei secoli.

Mons. Oscar Arnulfo Romero

Óscar Arnulfo Romero in un murale della Facoltà di Giurisprudenza e Scienze Sociali dell'Università di El Salvador
Óscar Arnulfo Romero in un murale della Facoltà di Giurisprudenza e Scienze Sociali dell'Università di El Salvador
Arcivescovo, martire


Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

(ES)
« Un obispo morirá pero la Iglesia de Dios, que es el pueblo, no perecerá jamás »
(IT)
« Un vescovo potrà morire, ma la Chiesa di Dio, che è il popolo, non morirà mai. »
(Óscar Arnulfo Romero y Galdámez)
Óscar Arnulfo Romero y Galdámez (Ciudad Barrios15 agosto 1917 – San Salvador24 marzo 1980) è stato un arcivescovo cattolico salvadoregno.
Fu arcivescovo di San Salvador, capitale di El Salvador. A causa del suo impegno nel denunciare le violenze della dittaturafascista del suo paese, fu ucciso da un cecchino di estrema destra, mentre stava celebrando la messa.

http://www.tiraccontolaparola.it/  di  Paolo Curtaz

  15 dicembre 2013 - Dubbi natalizi 

Possiamo celebrare cento natali senza che, mai, Dio nasca nei nostri cuori. Perciò ci dedichiamo del tempo, perciò ci concentriamo in questo breve tempo di avvento. Siamo qui per essere presi, strappati al turbinio della quotidianità, per fare come Maria e dimorare nell’ascolto, per riconoscere i tanti profeti che stanno intorno a noi e ci indicano il Cristo. Il finto Natale che scorda il festeggiato sfodera il suo nulla: le luminarie addobbano le nostre città, le vetrine si riempiono di seducenti (e spesso inavvicinabili) doni, lo scipito bambinello è ormai definitivamente dimenticato in nome di una distorta visione del rispetto delle fedi altrui. L’aria, però, è greve. La crisi continua a togliere prospettive, lo scenario politico è inquietante, la quasi totalità dei miei amici, e anch’io, stringe alleanze coi famigliari chiedendo di non fare regali per non doverli fare e non gettare dalla finestra la preziosa tredicesima, ci scopriamo più poveri, intimoriti, scossi. Dopo duemila anni di natali, non avete l’impressione che poco o nulla sia cambiato? Dio è venuto. Evviva. E allora? I forti continuano a fare i prepotenti, le logiche dell’egoismo prevalgono (a volte anche nella Chiesa), le miserie abbondano, alla faccia del radioso futuro per l’umanità. Un Profeta dubbioso Il Giovanni che incontriamo oggi è ben diverso di quello esaltato e scontroso della scorsa settimana. Giovanni è in carcere e sa che sta per essere giustiziato a causa della sorda rabbia di ...


Bianchi Bruni Manicardi III ^ Domenica di Avvento

Riflessioni sul Vangelo 15 dicembre 2013



Enzo Bianchi Giancarlo Bruni Il venire della bontà

Luciano Manicardi L’annuncio della venuta del Signore

Lectio Divina 15 dicembre 2013 III Avvento





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