Santa Maria,

Santa Maria,
...donna del primo sguardo, donaci la grazia dello stupore.

giovedì 31 luglio 2014

«Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria e in casa sua»

QUI IL COMMENTO AL VANGELO DELLA XVIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO, ANNO A



Sant'Alfonso Maria de’ Liguori 


Alfonso (Napoli 1696 – Nocera de’ Pagani, Salerno, 1 agosto 1787), già avvocato del foro di Napoli, lasciò la toga per la vita ecclesiastica. Vescovo di Sant’Agata dei Goti (1762-1775) e fondatore dei Redentoristi (1732), attese con grande zelo alle missioni al popolo, si dedicò ai poveri e ai malati, fu maestro di scienze morali, che ispirò a criteri di prudenza pastorale, fondata sulla sincera ricerca oggettiva della verità, ma anche sensibile ai bisogni e alle situazioni delle coscienze. Compose scritti ascetici di vasta risonanza. Apostolo del culto all’Eucaristia e alla Vergine, guidò i fedeli alla meditazione dei novissimi, alla preghiera e alla vita sacramentale.

1 Pt 1,25
La parola del Signore rimane in eterno:

e questa è la parola del Vangelo che vi è stato annunciato. 

 

                                La festa del perdono


Come ottenere l'Indulgenza Plenaria del perdono di Assisi per se o per i propri cari defunti.  >> >CONTINUA



Testo del Vangelo (Mt 13,54-58) 

Murillo. Santa famiglia



In quel tempo Gesù, venuto nella sua patria, insegnava nella loro sinagoga e la gente rimaneva stupita e diceva: «Da dove gli vengono questa sapienza e i prodigi? Non è costui il figlio del falegname? E sua madre, non si chiama Maria? E i suoi fratelli, Giacomo, Giuseppe, Simone e Giuda? E le sue sorelle, non stanno tutte da noi? Da dove gli vengono allora tutte queste cose?». Ed era per loro motivo di scandalo. Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria e in casa sua». E lì, a causa della loro incredulità, non fece molti prodigi.

Oggi, come ieri, parlare di Dio a chi ci conosce da sempre è difficile. Nel caso di Gesù, san Giovanni Crisostomo dice: «Quelli di Nazareth lo ammirano, ma questa ammirazione non li porta a credere ma ad essere gelosi, è come se dicessero: 'Perché lui e non io?'»>.evangeli.net continua>>>





L'ANNUNCIO


In quel tempo Gesù, venuto nella sua patria, insegnava nella loro sinagoga e la gente rimaneva stupita e diceva: «Da dove gli vengono questa sapienza e i prodigi? Non è costui il figlio del falegname? E sua madre, non si chiama Maria? E i suoi fratelli, Giacomo, Giuseppe, Simone e Giuda? E le sue sorelle, non stanno tutte da noi? Da dove gli vengono allora tutte queste cose?».

 Ed era per loro motivo di scandalo. 
Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria e in casa sua». E lì, a causa della loro incredulità, non fece molti prodigi.
(Dal Vangelo secondo Matteo 13, 54-58)





"Da dove gli vengono questa sapienza e i prodigi?", è la stessa domanda che ci risuona dentro quando l'evidenza dei fatti sfugge alla logica della carne. Qual'è la patria di Gesù? E' la tua e la mia. Nazaret è la tua città, il mio quartiere, le strade, le persone con i loro volti, le loro storie, il bar, il mercato, la parrocchia.... "Infatti, colui che santifica e coloro che sono santificati provengono tutti da una stessa origine; per questo non si vergogna di chiamarli fratelli, dicendo: Annunzierò il tuo nome ai miei fratelli, in mezzo all'assemblea canterò le tue lodi... Poiché dunque i figli hanno in comune il sangue e la carne, anch'egli ne è divenuto partecipe, per ridurre all'impotenza mediante la morte colui che dalla morte ha il potere, cioè il diavolo, e liberare così quelli che per timore della morte erano soggetti a schiavitù per tutta la vita... Perciò doveva rendersi in tutto simile ai fratelli, per diventare un sommo sacerdote misericordioso e fedele nelle cose che riguardano Dio, allo scopo di espiare i peccati del popolo. Infatti proprio per essere stato messo alla prova ed avere sofferto personalmente, è in grado di venire in aiuto a quelli che subiscono la prova" (Eb 2, 11.18). Gesù si è reso "simile a noi suoi fratelli", è "divenuto partecipe della nostra carne e del nostro sangue", nulla di noi gli è indifferente, anzi; tutto di noi è parte di Lui, è cosa sua come è cosa nostra. Ma proprio questo era per gli abitanti di Nazaret "motivo di scandalo". Come era possibile che li facesse inciampare nell'incredulità quell'amore che arrivava a farsi figlio di uno di loro, un semplice falegname! Come era possibile che non riuscissero ad accogliere Dio che si faceva fratello dei loro "fratelli" e delle loro "sorelle"? Si chiamavano "Giacomo, Giuseppe, Simone e Giuda", ma potevano essere ciascuno di loro. Era forse "sua madre Maria" a creargli problemi? Era la storia oscura di quella donna, rimasta incinta prima di vivere insieme a Giuseppe? Erano le chiacchiere, le leggende nere che si montano nei paesi sul detto, non detto e immaginato? Che cos'era che li "scandalizzava"? Li faceva inciampare la semplicità dell'amore di Dio! Non potevano accettare che "quella sapienza e quei prodigi" venissero proprio da Lui, un loro fratello, l'amico dei loro figli, il figlio del carpentiere del villaggio. No, l'amore è un'altra cosa, non si nasconde per trent'anni in una bottega, non può farsi carne nella grigia monotonia della normalità. Quella consuetudine umana con Gesù li aveva come sporcati, rendendoli insensibili alla sostanza che soggiace alla superficie. E' esattamente quello che accade nelle nostre famiglie. Crediamo di conoscerci, accidenti l'ho partorito io mio figlio, eccome se conosco tutto di lui, mi basta guardarlo... E in parte è vero. Ma c'è qualcosa di più; le relazioni carnali, anche le più intime, si infrangono sugli scogli del mistero che ogni persona cela nelle profondità del suo intimo. Per questo, se è certo che Gesù è "venuto nella sua patria", è pur vero che il suo modo di giungerci era sfuggito a tutti, tranne che a Maria e Giuseppe ovviamente... La pietra dello scandalo era lì, nel seno vergine di Maria. Scandalosa incarnazione di un Dio scandaloso... Ma benedetto scandalo! Quel giorno, a Nazaret, s'era compiuto l'abbraccio anelato da ogni uomo. Il Cielo s'era affacciato sulla terra, e la relazione che era iniziata tra Maria e Gesù era il primo passo verso la liberazione di ogni uomo, il principio di una relazione celeste che passava attraverso la carne senza lasciare le scorie della carne. Per questo Gesù chiamerà Maria "donna", dicendole senza sconti, "che ho a che fare con te"? Per questo, dodicenne, la redarguisce nel Tempio, invitandola a non dimenticare l'origine della loro relazione. Nello scandalo dei compatrioti di Gesù vibrano lo sconcerto, la paura, la paralisi che afferrano l'uomo della carne di fronte alla novità che il Vangelo annuncia. E' sempre un trauma il taglio del CORDONE OMBELICALE, e molti arrivano alla vecchiaia senza averlo mai reciso... Ma qui si parla di qualcosa di ancora più profondo. Quel rinnovato "venire" di Gesù "nella sua patria" aveva provocato il fragore di uno schianto: era lì, come un segno e una profezia, una chiamata seria a conversione. Si schiantava con la durezza del cuore ricoperto da una spessa coltre di carne; essa lo soffoca, impedendogli di aprirsi al soffio dello Spirito: "Quelli infatti che vivono secondo la carne, pensano alle cose della carne; quelli invece che vivono secondo lo Spirito, alle cose dello Spirito. Ma i desideri della carne portano alla morte, mentre i desideri dello Spirito portano alla vita e alla pace. Infatti i desideri della carne sono in rivolta contro Dio, perché non si sottomettono alla sua legge e neanche lo potrebbero" (Rm 8,5-7). Per questo occorreva quell'urto, quello scandalo posto sul cammino di quanti, rintanati a Nazaret, camminavano seguendo i desideri della carne. Non si trattava solo di lussuria, gola e peccati del genere; si trattava della loro natura ancora schiava della carne, quella dell'uomo vecchio incatenato a colui che della morte ha il potere. Non a caso, nel parallelo di Luca la scena del rifiuto si svolge in sinagoga, dopo che Gesù aveva annunciato solennemente che proprio in quel giorno si stavano compiendo le profezie che Egli stesso aveva proclamato. Gesù, il loro compatriota, era il Vangelo fatto carne, lì, in quel momento, per loro. E che dicevano le profezie? Annunciavano la libertà! L'uomo nuovo che rinasce dal battesimo. Gesù è "venuto nella sua patria" per spalancare le porte sprangate che la chiudevano nella schiavitù della paura della morte. Gesù è venuto per strappare ai confini terreni e carnali la sua patria, e quindi quella di ogni uomo; per demolire le barriere della morte che limitano e rinserrano ogni rapporto nell'egoismo e nella concupiscenza. Come accade sovente anche a noi, in un primo momento la "gente" di Nazaret si "stupisce" per gli "insegnamenti" di Gesù. Non parlava, infatti, come i loro scribi, e aveva una "sapienza" e un potere di compiere "miracoli" che non avevano mai visto. Ma ai loro occhi era come se quella sua eccezionalità straripasse dalla sua carne, era impossibile che quell'uomo che aveva vissuto con loro tanto tempo potesse contenerla; già, "da dove gli veniva"? Gli veniva dallo stesso Cielo dal quale i cristiani, i nuovi compatrioti, avrebbero ricevuto in dono lo Spirito Santo; gli "veniva" dalla "patria" che è madre di tutte le patrie, dalla Gerusalemme celeste; gli "veniva" dal Padre, dal quale ogni paternità, e quindi ogni patria prende origine. E perché Nazaret fosse accolta nella paternità divina, perché tutte le patrie degli uomini diventassero parte della Patria celeste, Gesù è "venuto" a prendersi il rifiuto dei suoi patrioti. Per renderli figli di Dio e così fratelli oltre la carne, ha lasciato che il peccato lo uccidesse nella carne. Per liberarli e introdurli nella vita nuova "è divenuto partecipe della loro carne e del loro sangue" con cui è entrato nella morte, e con cui ne è uscito vittorioso. Per salvarci ha assunto su di sé le invidie, le gelosie, le meschinerie che ci avvelenano la vita; si è fatto peccato, peccato nella carne, nella famiglia, nei rapporti dove tutti inciampiamo. Ha lasciato che il peccato originale, consumato non a caso da due sposi, lo deponesse nella tomba. Ma è risorto, per fare di ogni peccatore la sua sposa senza macchia né ruga, perché ogni legame bloccato dal peccato e dalla paura, potesse ritrovare la libertà dell'amore autentico, libero e nella verità. La sua "venuta" a Nazaret è identica alla sua "venuta" nella nostra vita, per scendere nelle profondità del peccato nel quale ci ha concepito nostra Madre. A Nazaret va in scena tutta la nostra vita, quella di ogni giorno, fatta di piccole e semplici cose, ma segnata dal peccato originale. Anche noi abbiamo bisogno di un messia che si infili nella quotidianità. Ed è necessario anche lo scandalo di fronte alla normalità del suo amore. Tanto il demonio ci ha fatto credere speciali, praticamente come Dio, che sappiamo immaginarci la salvezza, la felicità, la svolta nella vita "venire" solo attraverso chissà quale effetto speciale. Mai e poi mai Gesù il Messia "verrà" dalla Nazaret che conosciamo bene, dal marito, dalla moglie, dai figli, dai fratelli, dal lavoro di ogni giorno, a casa tra pranzi, cene e PANNOLINI, o in ufficio, snervante, deprimente; mai da un malattia, da un fallimento amoroso, da un licenziamento. No, siamo certi che la salvezza ci verrà da un fatto capace di cambiare radicalmente le nostre esistenze. E invece Gesù "viene" proprio da Nazaret, da quello che non accettiamo e che vorremmo cambiare. "Viene" da Nazaret per tornare a Nazaret; "viene" dalla nostra stessa carne, per "venire" alla nostra carne e deporvi un seme di Cielo. "Viene" da Nazaret ma "viene" anche dal Cielo, per trasformare le nostre Nazaret in meravigliose città celesti. Così è nata la Chiesa, così rinascerà la tua famiglia, simile alla santa Famiglia di Nazaret. Gesù, infatti, non "viene" a cambiarne le mura, le vie, le case, i negozi... Il tuo carattere e quello dell'altro probabilmente non cambierà di una virgola, perché il Messia "viene" a trasformare dal di dentro le relazioni, il cuore dei suoi abitanti. "Viene" a darci un cuore nuovo, capace di amare e accogliere l'altro come il Messia inviato alla nostra vita. Gesù, infatti, doveva redimere l'ordinario, perché lo straordinario non esiste, è figlio della menzogna del demonio: noi non siamo diventati come Dio, per questo Dio si è fatto uomo. Ci scandalizzerà ancora che il Messia entri dalla porta di servizio, ma l'unica verità è che siamo tutti lì, a Nazaret... E' già successo, vero? che "a causa della nostra incredulità, non ha potuto fare molti prodigi"... Lo abbiamo "disprezzato" e rifiutato proprio perché si è presentato come uno di noi: un povero prete, un catechista a cui non daresti due lire; o nella carne di chi ti è accanto. Non abbiamo ascoltato le sue "profezie" perché risuonavano nelle voci che ci siamo illusi di conoscere molto bene. Ma oggi di nuovo Gesù ci annuncia una "profezia", coraggio! Guardati intorno, ti dice, guarda al più piccolo di casa, come Samuele guardò a Davide. Scruta ciò che sembra non avere valore, perché è lì che risplende la vita divina nella carne umiliata di Cristo. Così è nella storia, dove si incarna nei più poveri, negli ultimi, in quelli che il mondo neanche guarda più. Così oggi busserà alla tua porta, come Lazzaro piagato giaceva sull'uscio del ricco epulone. Lo aveva ben compreso San Francesco, che non a caso inviò Frate Rufino a predicare nudo nel Duomo di Assisi, episodio ritratto magistralmente da Liliana Cavani. La misura della fede emergeva dall'accoglienza di quell'uomo inerme, completamente nudo. Era Cristo "venuto" nella Chiesa, era il Servo di Yahwé che tutti erano capaci di venerare nelle immagini scolpite ma che rifiutavano se "veniva" loro a "insegnare" in carne e ossa di povero e ultimo. Purtroppo accade ancora oggi nella Chiesa, quando parroci e fedeli rifiutano i doni dello Spirito Santo, i carismi che Dio dona incartandoli nella carne dei loro fratelli; deboli, fragili, magari laici e non sacerdoti, e per questo disprezzati, perché è ancora vero che "un profeta non è disprezzato se non nella sua patria e in casa sua". E in quelle parrocchie Dio non può compiere i "molti prodigi" che avrebbe voluto compiere... E' un mistero, ma è così, profetizzato duemila anni fa da Gesù, che lo aveva vissuto in persona. Ah l'incredulità dei pii... E' puro diserbante sparso nelle comunità... E così nelle nostre case, dove amiamo e accogliamo sin tanto che l'altro non ci si presenta nudo, ferito, piagato dai propri peccati, dalla debolezza, dagli errori. Apri gli occhi del cuore allora, e guarda bene, sei tu quell'uomo ferito, è il tuo matrimonio, la tua storia, ed è Lui che "viene" ancora per salvarti. E' Lu che ti parla, è Cristo vivo in tuo marito, in tua moglie, in tuo figlio. E ti sta "insegnando" a spogliarti dell'uomo vecchio gettandolo nella misericordia di Dio; le relazioni difficili ci stanno "ammaestrando" nell'umiltà, spingendoci a chiedere aiuto alla Chiesa. Abbiamo rifiutato tante volte il Signore, scappando dalla Croce. Ebbene oggi ci è offerta una nuova possibilità: accogliamolo nella carne, anche nei difetti dei fratelli. Lui ha già rotto ogni muro che ci separa da loro. Basta aprire un pochino il cuore e lasciare che Lui compia in noi il "prodigio" della sua "sapienza" crocifissa. Allora ci farà stendere le braccia con Lui per amare, perdonare, e offrirci liberamente, senza esigere, senza usare dell'altro, e vedremo la nostra Nazaret tingersi di Cielo. 


San Francesco eversivo alle logiche ipocrite del mondo 

(con Mickey Rourke ed Helena Bonham Carter)



 αποφθεγμα Apoftegma


Non è questi il figlio di Giuseppe, il carpentiere?” 
Questo appunto dicevano i Giudei increduli per diminuire il Figlio di Dio, 
perché lo credevano figlio di un carpentiere. 
Ma, talvolta, l’iniquità, a sua insaputa, suole riuscire profetica. 
Veramente il Signore e Salvatore nostro era figlio di un carpentiere, 
ma di quel carpentiere, cioè di Dio Padre, che per mezzo del medesimo Figlio 
si è degnato di creare il cielo e la terra e tutto l’universo. 
Questo è il figlio del carpentiere, che per piantare il ferro nel legno 
allo scopo di lavorare i cuori dei credenti, 
si degnò di essere appeso in croce. 
Senza dubbio, davvero figlio del carpentiere, 
perché col fuoco spirituale rammollì i cuori degli uomini come ferro, 
per chiamarli alla grazia della sua fede. 
Infatti il carpentiere suole rammollire il ferro col fuoco.

Cromazio di Aquileia


Francesco - Liliana Cavani




                                              ************



Ulisse: il piacere della scoperta - San Francesco d'Assisi


"regole di discernimento" - s. Ignazio di Loyola

Outdoor sunrise yoga girl
DISCERNIMENTO

>>> francescoocchetta.it <<<

LE REGOLE DI DISCERNIMENTO DEI GESUITI

Regole per conoscere il cuore e decidere da saperepertutti

Oggi è la festa di s. Ignazio di Loyola, fondatore dei gesuiti ed esploratore della vita interiore.
 Nei suoi Esercizi spirituali ha formulato delle "regole di discernimento"; sono dei principi per conoscere il proprio cuore, per leggerne i movimenti nella fede e orientare le proprie scelte senza lasciarsi trascinare dall'emotività. Il gesuita Francesco Occhetta, de La Civiltà Cattolica, le ha commentate sul suo blog personale.

oro-fuso
  • I regola: “Quando vai di male in peggio, il messaggero cattivo di solito ti propone piaceri apparenti facendoti immaginare piaceri e godimenti, perché tu persista e cresca nella tua schiavitù. Invece il messaggero buono adotta il metodo opposto: ti punge e rimorde la coscienza, per farti comprendere il tuo errore” (Esercizi Spirituali, n. 314). Leggi il commento.
  • II regola“Quando ti impegni per uscire dal male e cerchi il bene, è proprio del messaggero cattivo bloccarti con rimorsi, tristezze, impedimenti, turbamenti immotivati che paiono motivatissimi, perché tu non vada avanti. E’ proprio invece del messaggero buono darti coraggio, forza, consolazioni, lacrime, ispirazioni e pace, rendendoti facili le cose e togliendoti ogni impedimento, perché tu vada avanti”(Esercizi Spirituali, n. 315). Leggi il commento.
  • III regola: “Quando ti impegni per uscire dal male e cerchi il bene, Dio ti parla con la consolazione spirituale. Questa è di tre tipi: il primo quando sorge in te qualche movimento intimo che ti infiamma d’amore per il Signore, e ami in lui e per lui ogni creatura, oppure versi lacrime che ti spingono ad amare il Signore e servire i fratelli, o a detestare i tuoi peccati; il secondo quando c’è in te crescita di speranza, di fede e di carità; il terzo quando c’è in te ogni tipo di intima letizia che ti sollecita e attrae verso le cose spirituali, verso l’amore di Dio e il servizio del prossimo, con serenità e pace del cuore” (Esercizi Spirituali, n. 316). Leggi il commento.
  • IV regola: Quando ti impegni per uscire dal male e cerchi il bene, il messaggero cattivo ti dà desolazione spirituale. Essa è il contrario della consolazione: è oscurità, turbamento, inclinazione a cose basse e terrene, inquietudine dovuta a vari tipi di agitazione, tentazioni, sfiducia, mancanza di speranza e amore, pigrizia, svogliatezza, tristezza e senso di lontananza del Signore. Infatti, come la consolazione è contraria alla desolazione, così i pensieri che nascono dalla consolazione sono opposti a quelli che nascono dalla desolazione (Esercizi Spirituali, n. 317). Leggi il commento.
  • V regolaQuando sei desolato, non fare mai mutamenti. Resta saldo nei propositi che avevi il giorno precedente a tale desolazione, o nella decisione in cui eri nella precedente consolazione. Infatti, mentre in questa ti guida di più lo spirito buono, nella desolazione ti guida quello cattivo, con i consigli del quale non puoi imbroccare nessuna strada giusta (Esercizi spirituali, n. 318). Leggi il commento.
  • VI regolaSe nella desolazione non devi cambiare i primi propositi, ti gioverà molto reagire contro di essa, restando per esempio più tempo nella preghiera e nella meditazione, allungando gli esami e facendo, secondo che sarà meglio, qualche tipo di rinuncia volontaria (Esercizi Spirituali, n. 319). Leggi il commento.
  • VII regolaQuando sei nella desolazione, considera come il Signore ti lascia nella prova, affidato alle tue forze naturali, perché tu resista. Puoi farlo, con l’aiuto divino che ti resta sempre, sebbene tu non lo senta chiaramente: il Signore ti ha sottratto la sua consolazione, ma ti lascia sempre la sua grazia per combattere efficacemente il male (Esercizi Spirituali, n. 320). Leggi il commento
  • VIII regola: Quando sei desolato, cerca di rafforzarti nei sentimenti contrari a quelli che senti, e pensa che presto sarai consolato (Esercizi Spirituali, n. 321). Leggi il commento
  • IX regola: Tre sono le cause principali per cui sei desolato. La prima è perché sei lento, pigro o negligente: è colpa tua se la consolazione spirituale si allontana da te. La seconda, perché Dio vuole dimostrarti quello che sei e quanto avanzi senza l’incentivo delle sue consolazioni. La terza, perché tu sappia per esperienza tua che non sta a te procurarti o mantenere grande devozione, amore intenso, lacrime, e qualunque altra consolazione spirituale, ma che tutto è grazia di Dio, in modo che tu non faccia il nido in casa altrui, inorgogliendoti o attribuendo a te ciò che è dono di lui (E.S., n. 322). Leggi il commento.
  • X regola: “Quando sei consolato pensa a come ti troverai nella desolazione che in seguito verrà e accumula nuove forze per allora” (E.S., n.323). Leggi il commento.
  • XI regola: “Se sei consolato pensa a umiliarti e a ridimensionarti, pensando al poco che vali nella desolazione, senza quella grazia o consolazione. Al contrario, se sei nella desolazione, pensa che, con la sua grazia, puoi resistere, prendendo forza dal Signore” Leggi il commento.
  • XII regola l nemico si comporta come la donna che diventa debole davanti alla forza e forte davanti alla dolcezza. Infatti, come è proprio della donna che litiga con qualche uomo perdersi d’animo e fuggire quando l’uomo le mostra il viso duro, – mentre al contrario, se l’uomo comincia a fuggire e a perdersi d’animo, l’ira, la vendetta e la ferocia della donna sono molto grandi e smisurate -; così è proprio del nemico indebolirsi, perdersi d’animo e indietreggiare con le tentazioni quando la persona che si esercita nelle cose spirituali si oppone con fermezza alle sue tentazioni, facendo in modo diametralmente opposto. Ma se, al contrario, la persona che si esercita comincia ad avere timore o a perdersi d’animo nel fronteggiare le tentazioni, non c’è sulla faccia della terra bestia più feroce del nemico della natura umana che persegua con maggiore malizia il proprio dannato intento (E.S. n. 325). Leggi il commento
  • XIII regola Ugualmente, il nemico si comporta come un falso amante che non vuole venire scoperto: infatti, come l’uomo falso parla maliziosamente ed adesca la figlia di un buon padre o la moglie di un buon marito, desiderando che le sue proposte restino segrete, mentre, al contrario, gli dispiace molto se la figlia scopre al padre o la moglie al marito le sue parole, perché comprende che non potrà più portare a compimento l’impresa cominciata; allo stesso modo, quando il nemico ti suggerisce  le sue astuzie e persuasioni, vuole che siano accolte e tenute in segreto: gli dispiace molto se tu le manifesti a una persona spirituale esperta, perché si rende conto di non poter portare avanti l’opera incominciata, dal momento che sono stati scoperti i suoi inganni (Esercizi Spirituali, n. 326). Leggi il commento

mercoledì 30 luglio 2014

Raccolgono i buoni nei canestri e buttano via i cattivi.

Sant’Ignazio di Loyola

La personalità di sant'Ignazio è molto ricca e complessa e io non ho la pretesa di presentarla. Voglio soltanto considerarne due aspetti: la grazia che egli aveva di trovare Dio in tutto e la ricerca perseverante della volontà di Dio, nella luce di Cristo. 
Ignazio ha avuto la grazia di vedere Dio in tutto; di contemplarlo nella creazione, nella storia, di trovarlo non soltanto nelle cerimonie religiose ma nelle azioni di ogni giorno e in ogni circostanza: dicono che egli si commuoveva fino alle lacrime davanti a un fiorellino, perché in esso vedeva la bellezza di Dio. E incoraggiava i suoi compagni a vedere in tutto la gloria di Dio, a trovare Dio in tutto, ad amare Dio in tutto. Trovare Dio in tutto è un segreto molto importante per la vita spirituale. Dio non è un essere solitario, che se ne sta in cielo: è un Dio presente in tutto, e non solo presente, ma che agisce in tutto, e sempre con il suo amore. 
La ricerca di Dio per sant'Ignazio era una realtà e non un sogno indistinto, non lo cercava con l'immaginazione e la sensibilità; voleva realmente trovarlo e per questo ricercava in tutto la volontà di Dio. Era un uomo riflessivo, che studiava, esaminava e cercava con pazienza la soluzione più giusta, Proprio come dice il Vangelo che leggiamo oggi: "Chi di voi, volendo costruire una torre, non si siede prima a calcolarne la spesa?", lui cercava la volontà di Dio e sapeva che la dobbiamo trovare nelle azioni che scegliamo di compiere. Se non scegliamo azioni in cui possiamo incontrare Dio, che possiamo compiere con lui e che corrispondono al suo desiderio, non troviamo veramente Dio e viviamo una spiritualità irreale, velleitaria. 
Ignazio confidava di poter trovare la volontà di Dio mediante la preghiera, nelle consolazioni e nelle desolazioni dello spirito. Quando si trattava di cose importanti egli rifletteva per settimane intere, pregava, offriva la Messa, per trovare quello che Dio voleva. Così la ricerca di Dio era molto concreta, e altrettanto concreto il suo vivere con Dio. 
E tutto ciò avveniva nella luce di Cristo. Egli aveva capito che non è possibile andare a Dio senza passare per Cristo, che in Gesù abbiamo il re dell'universo che ci insegna, anzi che è la via per giungere al Padre e che quindi la volontà di Dio si trova meditando la vita di Cristo, confrontando la sua vita con la nostra. Invece di proporci riflessioni sulla nostra vita, Ignazio ci fa riflettere sui misteri di Cristo: così avremo luce sulla volontà di Dio, una luce che ci arriva attraverso Cristo. 
Egli ebbe un desiderio ardente di conoscere Cristo intimamente, di amarlo, di servirlo per sempre con tutto se stesso. E ricevette la risposta del Padre a La Storta, in una visione che lo colmò di gioia: "Io voglio che tu mi serva". Servire il Padre e il Figlio, il Padre per mezzo del Figlio fu la felicità di sant'Ignazio, in un amore totale: trovare Dio e trovarlo nell'essere compagno di Cristo. 

Giovedì della XVII settimana del Tempo Ordinario








L'ANNUNCIO

In quel tempo, Gesù disse alla folla: “Il regno dei cieli è simile anche a una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci. Quando è piena, i pescatori la tirano a riva e poi, sedutisi, raccolgono i pesci buoni nei canestri e buttano via i cattivi. Così sarà alla fine del mondo. Verranno gli angeli e separeranno i cattivi dai buoni e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti. Avete capito tutte queste cose?”. Gli risposero: “Sì”.
Ed egli disse loro: “Per questo ogni scriba divenuto discepolo del regno dei cieli è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche”.
Terminate queste parabole, Gesù partì di là.
(Dal Vangelo secondo Matteo 13, 47-53)
Pazienza e misericordia, timore e pietà scandiscono il tempo del nostro pellegrinaggio. Siamo tutti parrocchiani, ovvero pellegrini in terra straniera, le cose a cui incolliamo i nostri cuori e i nostri sensi non ci soddisfano. Siamo nel mondo, ma non siamo del mondo.Viviamo nella carne, ma non viviamo per la carne. E' il mistero che tende la nostra vita come una corda di violino. Come pesci tratti dal mare cerchiamo ancora l'acqua che, in apparenza, assomiglia alla vita per la quale siamo stati creati. Ma non è così: apparteniamo a una specie unica e del tutto particolare. Siamo fratelli di Gesù, il pesce pescato all'amo della Croce, come lo raffiguravano i cristiani delle origini. Siamo nati e salvati per un'altra Patria, per il Cielo. Gli inganni, le menzogne, le tentazioni ci sospingono con irruenza verso l'abisso da cui siamo stati tratti. Mentre nel nostro intimo lo Spirito Santo ci sussurra "Vieni al Padre". Benedetto XVI, inaugurando il suo pontificato, ricordava un'immagine cara ai Padri: "Per il pesce, creato per l’acqua, è mortale essere tirato fuori dal mare. Esso viene sottratto al suo elemento vitale per servire di nutrimento all’uomo. Ma nella missione del pescatore di uomini avviene il contrario. Noi uomini viviamo alienati, nelle acque salate della sofferenza e della morte; in un mare di oscurità senza luce. La rete del Vangelo ci tira fuori dalle acque della morte e ci porta nello splendore della luce di Dio, nella vera vita. E’ proprio così – nella missione di pescatore di uomini, al seguito di Cristo, occorre portare gli uomini fuori dal mare salato di tutte le alienazioni verso la terra della vita, verso la luce di Dio. E’ proprio così: noi esistiamo per mostrare Dio agli uomini. E solo laddove si vede Dio, comincia veramente la vita. Solo quando incontriamo in Cristo il Dio vivente, noi conosciamo che cosa è la vita. Non siamo il prodotto casuale e senza senso dell’evoluzione. Ciascuno di noi è il frutto di un pensiero di DioCiascuno di noi è voluto, ciascuno è amato, ciascuno è necessario. Non vi è niente di più bello che essere raggiunti, sorpresi dal Vangelo, daCristo. Non vi è niente di più bello che conoscere Lui e comunicare agli altri l’amicizia con lui" (Benedetto XVI). Per questo, ogni istante che ci è dato è l'attesa d'un compimento. La chiave della nostra vita è tutta qui: un'attesa che geme come nei travagli del parto. Siamo stati pescati dalla rete di Cristo. La sua Croce ci ha salvati dall'abisso della morte. Ma non è finita. Siamo pesci buoni, come il grano buono, e belloPesci puri, "commestibili" secondo la Legge, lavati, salvati, santificati dal sangue di Cristo. Ma conviviamo con quelli "cattivi", "impuri" secondo un significato dell'originale, segni di morte che nessun ebreo poteva mangiare. Sono accanto a noi. Pesci cattivi che rendono impuri, che tagliano fuori dal popolo della promessa, che sottraggono l'eredità: sono, innanzitutto, I pensieri, i desideri, gli sguardi, le concupiscenze. Sono accanto a noi, spesso dentro di noi. Ci attende dunque ogni giorno un combattimento, nel quale però, come scriveva Péguy, “il Padre ha messo nelle nostre mani, nelle nostre deboli mani, la sua speranza eterna”. La speranza donata a Pietro dalle mani di Cristo che lo tiravano fuori dall'abisso nel quale era caduto per la sua incredulità. Anche Pietro, come ciascuno di noi, prima d'essere pescatore, ha sperimentato cosa significhi essere pescato dal fondo della debolezza, della carne e dell'incredulità. Coraggio allora, perché anche oggi vi saranno angeli inviati dal Padre a separare il buono dal cattivo, il puro dall'impuro. Anche oggi i messaggeri della Buona Notizia ci incontreranno per salvarci. Che il Signore ci conceda di non indurire il nostro cuore, di lasciarci amare e riconciliare, di essere strappati alle menzogne e ai veleni del nemico. Che oggi, anticipo della fine dei tempi, il Signore ci faccia ancora suoi, gettando nella fornace tutto quello che in noi ci separa da Lui, tutto quello che ci impedisce di amarlo e lodarlo, le nostre impurità. E ci doni la misericordia e la pazienza di fronte alla storia, nella quale è Lui che agisce. La pazienza della speranza, la perseveranza dell'amore: "Quando Cristo ha guardato la Maddalena con uno sguardo furtivo per la strada, era una cosa semplice: era un richiamarla con una semplicità ad una semplicità in cui la purità dominava, ridominava; contraria alla sua storia, ma non contraria alla sua possibilità presente" (Mons. Luigi Giussani). La pazienza di sapersi ogni giorno bisognosi di essere ri-pescati, ogni giorno strappati alla carne e al peccato che in essa abita, e liberati dalla memoria avvelenata della nostra storia impura per sperimentare la nuova, pura e feconda possibilità presente. Appoggiati alla sua fedeltà, che è il sigillo profetico che ci svela l'autenticità e la credibilità dell'eterna. "Capire tutte queste cose" è vivere la promessa, già deposta mentre eravamo sul fondo del mare, quando eravamo schiavi del peccato - le cose antiche - illuminata dall'amore di Cristo - la cosa nuova - che non delude. Entriamo in pace e pieni di una gioiosa speranza in questo nuovo giorno dove ci attende il nostro destino, il nostro dolcissimo Signore. Ieri hai litigato con tua moglie? Coraggio, l'annuncio del vangelo ti ha preso nella rete le cui maglie sono una fitta trama di misericordia; lasciati pescare, e trascinare via dal risentimento, dai giudizi, dal rancore. Lasciati portare sull'altra riva, fai Pasqua con Cristo, accetta il suo perdono e chiedi perdono. In Lui tutto può ricominciare, ogni giorno. Attraverso la "rete gettata" dalla Chiesa attraverso la Parola che ci annuncia ogni giorno e i sacramenti con i quali ci rigenera in Cristo, possiamo passare dall'oscurità delle profondità marine nella quale vive l'uomo vecchio, che è "cattivo", "impuro", incapace di verità e tenerezza, pazienza e amore, alla luce senza tramonto dell'alba pasquale dove la barca della comunità cristiana, e le braccia dei fratelli ci trascinano per respirare l'ossigeno della vita eterna. E' vero, con noi sono pescati "una grande quantità di pesci", ma non temiamo. Essi sono un segno per noi, i fratelli dal cuore indurito che, nonostante siano stati salvati dalla morte, continuano a mormorare, giudicare; gelosi delle "cose vecchie" rifiutano le "nuove", perché, come i farisei e gli scribi, si illudono nella loro superbia, di poter fare a meno di Gesù. Anzi, pervertono la salvezza ottenuta per Grazia spacciandola a se stessi e agli altri come un frutto della loro buona volontà, del loro impegno, della loro alta moralità... sempre in piedi a giudicare, a farsi vanto della loro presunta giustizia, e impongono leggi, e giudicano uccidendo nel cuore i fratelli. Sono ormai "impuri", non possono accedere al culto nuovo in spirito e verità; proprio loro, che si ritengono puri, sempre in prima fila nelle liturgie; possono essere preti, suore, come padri e madri di famiglia. Per l'ipocrisia non c'è altra appartenenza che la menzogna... A loro sono dirette le parole che Paolo scrisse ai Galati: "Non avete più nulla a che fare con Cristo voi che cercate la giustificazione nella legge; siete decaduti dalla grazia" (Gal 5,4). Ecco, chi dimentica da dove è stato pescato, chi non vede la grazia della rete che lo ha colto mentre nuotava nel mare della morte, non ha più nulla a che fare con Cristo. La cosa più terribile che possa accadere, la morte. La stessa di chi si corrompe dopo essere stato salvato: "corruptio optimi pessima" scriveva S. Gregorio Magno, ovvero "Ciò che era ottimo, una volta corrotto, è pessimo". I pesci cattivi, forse lo siamo stati anche noi, ed è un pericolo che è sempre accanto a noi, vicinissimo: "La vergogna della Chiesa! Ma ci siamo vergognati di quegli scandali, di quelle sconfitte di preti, di vescovi, di laici? La Parola di Dio in quegli scandali era rara; in quegli uomini e in quelle donne la Parola di Dio era rara! Non avevano un legame con Dio! Avevano una posizione nella Chiesa, una posizione di potere, anche di comodità. Ma la Parola di Dio, no! "Ma, io porto una medaglia"; "Io porto la croce"… Sì, come questi portavano l’arca! Senza il rapporto vivo con Dio e con la Parola di Dio! Mi viene in mente quella Parola di Gesù per quelli per i quali vengono gli scandali… E qui lo scandalo è venuto: tutta una decadenza del popolo di Dio, fino alla debolezza, alla corruzione dei sacerdoti" (Papa Francesco). Ecco, il Vangelo di oggi è anche una chiamata serissima alla vigilanza, all'ascolto della Parola con un cuore docile e aperto alla sua realizzazione in noi. All'obbedienza alla Chiesa, all'umiltà di chi non presume d'essere un pesce buono per le sue forze, rigettando la stoltezza di sentirci a posto, senza bisogno di convertirci. Il diavolo come un leone ruggente va in cerca di chi divorare... Coraggio allora, non allontaniamoci mai dal memoriale della nostra salvezza, l'eucarestia che ci ricorda la pesca del Signore, il suo mistero pasquale nel quale siamo stati salvati, e che lo riattualizza realizzandolo nell'oggi nel quale lo celebriamo. Coraggio, camminiamo umilmente con il nostro Dio, guardiamo con il santo timore di Dio i "pesci cattivi", pensiamo come i padri del deserto, che si ritenevano gli ultimi e i peggiori della terra; guardiamo ai pesci cattivi e pensiamo che essi si salveranno e noi no, se non resteremo uniti a Cristo indissolubilmente. E preghiamo per loro, e per loro offriamo le nostre sofferenze. Così non inciamperemo, e arriveremo, di "riva" in "riva", sino all'ultima, quella del Paradiso: "Per incontrare la speranza, bisogna essere andati al di là della disperazione. Quando si arriva fino al colmo della notte, si incontra un’altra aurora […] Non sperano se non coloro che hanno avuto il coraggio di disperare delle illusioni e delle menzogne nelle quali trovavano una sicurezza che essi prendevano falsamente per speranza” (G. Bernanos). 






αποφθεγμα Apoftegma


Noi uomini viviamo alienati, nelle acque salate della sofferenza e della morte; 
in un mare di oscurità senza luce. 
La rete del Vangelo ci tira fuori dalle acque della morte 
e ci porta nello splendore della luce di Dio, nella vera vita.
Non vi è niente di più bello che essere raggiunti, 
sorpresi dal Vangelo, da Cristo.
 Non vi è niente di più bello che conoscere Lui 
e comunicare agli altri l’amicizia con lui

Benedetto XVI, Omelia di inizio Pontificato.