La personalità di sant'Ignazio è molto ricca e complessa e io non ho la pretesa di presentarla. Voglio soltanto considerarne due aspetti: la grazia che egli aveva di trovare Dio in tutto e la ricerca perseverante della volontà di Dio, nella luce di Cristo.
Ignazio ha avuto la grazia di vedere Dio in tutto; di contemplarlo nella creazione, nella storia, di trovarlo non soltanto nelle cerimonie religiose ma nelle azioni di ogni giorno e in ogni circostanza: dicono che egli si commuoveva fino alle lacrime davanti a un fiorellino, perché in esso vedeva la bellezza di Dio. E incoraggiava i suoi compagni a vedere in tutto la gloria di Dio, a trovare Dio in tutto, ad amare Dio in tutto. Trovare Dio in tutto è un segreto molto importante per la vita spirituale. Dio non è un essere solitario, che se ne sta in cielo: è un Dio presente in tutto, e non solo presente, ma che agisce in tutto, e sempre con il suo amore.
La ricerca di Dio per sant'Ignazio era una realtà e non un sogno indistinto, non lo cercava con l'immaginazione e la sensibilità; voleva realmente trovarlo e per questo ricercava in tutto la volontà di Dio. Era un uomo riflessivo, che studiava, esaminava e cercava con pazienza la soluzione più giusta, Proprio come dice il Vangelo che leggiamo oggi: "Chi di voi, volendo costruire una torre, non si siede prima a calcolarne la spesa?", lui cercava la volontà di Dio e sapeva che la dobbiamo trovare nelle azioni che scegliamo di compiere. Se non scegliamo azioni in cui possiamo incontrare Dio, che possiamo compiere con lui e che corrispondono al suo desiderio, non troviamo veramente Dio e viviamo una spiritualità irreale, velleitaria.
Ignazio confidava di poter trovare la volontà di Dio mediante la preghiera, nelle consolazioni e nelle desolazioni dello spirito. Quando si trattava di cose importanti egli rifletteva per settimane intere, pregava, offriva la Messa, per trovare quello che Dio voleva. Così la ricerca di Dio era molto concreta, e altrettanto concreto il suo vivere con Dio.
E tutto ciò avveniva nella luce di Cristo. Egli aveva capito che non è possibile andare a Dio senza passare per Cristo, che in Gesù abbiamo il re dell'universo che ci insegna, anzi che è la via per giungere al Padre e che quindi la volontà di Dio si trova meditando la vita di Cristo, confrontando la sua vita con la nostra. Invece di proporci riflessioni sulla nostra vita, Ignazio ci fa riflettere sui misteri di Cristo: così avremo luce sulla volontà di Dio, una luce che ci arriva attraverso Cristo.
Egli ebbe un desiderio ardente di conoscere Cristo intimamente, di amarlo, di servirlo per sempre con tutto se stesso. E ricevette la risposta del Padre a La Storta, in una visione che lo colmò di gioia: "Io voglio che tu mi serva". Servire il Padre e il Figlio, il Padre per mezzo del Figlio fu la felicità di sant'Ignazio, in un amore totale: trovare Dio e trovarlo nell'essere compagno di Cristo.
Giovedì della XVII settimana del Tempo Ordinario
L'ANNUNCIO
In quel tempo, Gesù disse alla folla: “Il regno dei cieli è simile anche a una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci. Quando è piena, i pescatori la tirano a riva e poi, sedutisi, raccolgono i pesci buoni nei canestri e buttano via i cattivi. Così sarà alla fine del mondo. Verranno gli angeli e separeranno i cattivi dai buoni e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti. Avete capito tutte queste cose?”. Gli risposero: “Sì”.Ed egli disse loro: “Per questo ogni scriba divenuto discepolo del regno dei cieli è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche”.Terminate queste parabole, Gesù partì di là.(Dal Vangelo secondo Matteo 13, 47-53)
Pazienza e misericordia, timore e pietà scandiscono il tempo del nostro pellegrinaggio. Siamo tutti parrocchiani, ovvero pellegrini in terra straniera, le cose a cui incolliamo i nostri cuori e i nostri sensi non ci soddisfano. Siamo nel mondo, ma non siamo del mondo.Viviamo nella carne, ma non viviamo per la carne. E' il mistero che tende la nostra vita come una corda di violino. Come pesci tratti dal mare cerchiamo ancora l'acqua che, in apparenza, assomiglia alla vita per la quale siamo stati creati. Ma non è così: apparteniamo a una specie unica e del tutto particolare. Siamo fratelli di Gesù, il pesce pescato all'amo della Croce, come lo raffiguravano i cristiani delle origini. Siamo nati e salvati per un'altra Patria, per il Cielo. Gli inganni, le menzogne, le tentazioni ci sospingono con irruenza verso l'abisso da cui siamo stati tratti. Mentre nel nostro intimo lo Spirito Santo ci sussurra "Vieni al Padre". Benedetto XVI, inaugurando il suo pontificato, ricordava un'immagine cara ai Padri: "Per il pesce, creato per l’acqua, è mortale essere tirato fuori dal mare. Esso viene sottratto al suo elemento vitale per servire di nutrimento all’uomo. Ma nella missione del pescatore di uomini avviene il contrario. Noi uomini viviamo alienati, nelle acque salate della sofferenza e della morte; in un mare di oscurità senza luce. La rete del Vangelo ci tira fuori dalle acque della morte e ci porta nello splendore della luce di Dio, nella vera vita. E’ proprio così – nella missione di pescatore di uomini, al seguito di Cristo, occorre portare gli uomini fuori dal mare salato di tutte le alienazioni verso la terra della vita, verso la luce di Dio. E’ proprio così: noi esistiamo per mostrare Dio agli uomini. E solo laddove si vede Dio, comincia veramente la vita. Solo quando incontriamo in Cristo il Dio vivente, noi conosciamo che cosa è la vita. Non siamo il prodotto casuale e senza senso dell’evoluzione. Ciascuno di noi è il frutto di un pensiero di Dio. Ciascuno di noi è voluto, ciascuno è amato, ciascuno è necessario. Non vi è niente di più bello che essere raggiunti, sorpresi dal Vangelo, daCristo. Non vi è niente di più bello che conoscere Lui e comunicare agli altri l’amicizia con lui" (Benedetto XVI). Per questo, ogni istante che ci è dato è l'attesa d'un compimento. La chiave della nostra vita è tutta qui: un'attesa che geme come nei travagli del parto. Siamo stati pescati dalla rete di Cristo. La sua Croce ci ha salvati dall'abisso della morte. Ma non è finita. Siamo pesci buoni, come il grano buono, e bello. Pesci puri, "commestibili" secondo la Legge, lavati, salvati, santificati dal sangue di Cristo. Ma conviviamo con quelli "cattivi", "impuri" secondo un significato dell'originale, segni di morte che nessun ebreo poteva mangiare. Sono accanto a noi. Pesci cattivi che rendono impuri, che tagliano fuori dal popolo della promessa, che sottraggono l'eredità: sono, innanzitutto, I pensieri, i desideri, gli sguardi, le concupiscenze. Sono accanto a noi, spesso dentro di noi. Ci attende dunque ogni giorno un combattimento, nel quale però, come scriveva Péguy, “il Padre ha messo nelle nostre mani, nelle nostre deboli mani, la sua speranza eterna”. La speranza donata a Pietro dalle mani di Cristo che lo tiravano fuori dall'abisso nel quale era caduto per la sua incredulità. Anche Pietro, come ciascuno di noi, prima d'essere pescatore, ha sperimentato cosa significhi essere pescato dal fondo della debolezza, della carne e dell'incredulità. Coraggio allora, perché anche oggi vi saranno angeli inviati dal Padre a separare il buono dal cattivo, il puro dall'impuro. Anche oggi i messaggeri della Buona Notizia ci incontreranno per salvarci. Che il Signore ci conceda di non indurire il nostro cuore, di lasciarci amare e riconciliare, di essere strappati alle menzogne e ai veleni del nemico. Che oggi, anticipo della fine dei tempi, il Signore ci faccia ancora suoi, gettando nella fornace tutto quello che in noi ci separa da Lui, tutto quello che ci impedisce di amarlo e lodarlo, le nostre impurità. E ci doni la misericordia e la pazienza di fronte alla storia, nella quale è Lui che agisce. La pazienza della speranza, la perseveranza dell'amore: "Quando Cristo ha guardato la Maddalena con uno sguardo furtivo per la strada, era una cosa semplice: era un richiamarla con una semplicità ad una semplicità in cui la purità dominava, ridominava; contraria alla sua storia, ma non contraria alla sua possibilità presente" (Mons. Luigi Giussani). La pazienza di sapersi ogni giorno bisognosi di essere ri-pescati, ogni giorno strappati alla carne e al peccato che in essa abita, e liberati dalla memoria avvelenata della nostra storia impura per sperimentare la nuova, pura e feconda possibilità presente. Appoggiati alla sua fedeltà, che è il sigillo profetico che ci svela l'autenticità e la credibilità dell'eterna. "Capire tutte queste cose" è vivere la promessa, già deposta mentre eravamo sul fondo del mare, quando eravamo schiavi del peccato - le cose antiche - illuminata dall'amore di Cristo - la cosa nuova - che non delude. Entriamo in pace e pieni di una gioiosa speranza in questo nuovo giorno dove ci attende il nostro destino, il nostro dolcissimo Signore. Ieri hai litigato con tua moglie? Coraggio, l'annuncio del vangelo ti ha preso nella rete le cui maglie sono una fitta trama di misericordia; lasciati pescare, e trascinare via dal risentimento, dai giudizi, dal rancore. Lasciati portare sull'altra riva, fai Pasqua con Cristo, accetta il suo perdono e chiedi perdono. In Lui tutto può ricominciare, ogni giorno. Attraverso la "rete gettata" dalla Chiesa attraverso la Parola che ci annuncia ogni giorno e i sacramenti con i quali ci rigenera in Cristo, possiamo passare dall'oscurità delle profondità marine nella quale vive l'uomo vecchio, che è "cattivo", "impuro", incapace di verità e tenerezza, pazienza e amore, alla luce senza tramonto dell'alba pasquale dove la barca della comunità cristiana, e le braccia dei fratelli ci trascinano per respirare l'ossigeno della vita eterna. E' vero, con noi sono pescati "una grande quantità di pesci", ma non temiamo. Essi sono un segno per noi, i fratelli dal cuore indurito che, nonostante siano stati salvati dalla morte, continuano a mormorare, giudicare; gelosi delle "cose vecchie" rifiutano le "nuove", perché, come i farisei e gli scribi, si illudono nella loro superbia, di poter fare a meno di Gesù. Anzi, pervertono la salvezza ottenuta per Grazia spacciandola a se stessi e agli altri come un frutto della loro buona volontà, del loro impegno, della loro alta moralità... sempre in piedi a giudicare, a farsi vanto della loro presunta giustizia, e impongono leggi, e giudicano uccidendo nel cuore i fratelli. Sono ormai "impuri", non possono accedere al culto nuovo in spirito e verità; proprio loro, che si ritengono puri, sempre in prima fila nelle liturgie; possono essere preti, suore, come padri e madri di famiglia. Per l'ipocrisia non c'è altra appartenenza che la menzogna... A loro sono dirette le parole che Paolo scrisse ai Galati: "Non avete più nulla a che fare con Cristo voi che cercate la giustificazione nella legge; siete decaduti dalla grazia" (Gal 5,4). Ecco, chi dimentica da dove è stato pescato, chi non vede la grazia della rete che lo ha colto mentre nuotava nel mare della morte, non ha più nulla a che fare con Cristo. La cosa più terribile che possa accadere, la morte. La stessa di chi si corrompe dopo essere stato salvato: "corruptio optimi pessima" scriveva S. Gregorio Magno, ovvero "Ciò che era ottimo, una volta corrotto, è pessimo". I pesci cattivi, forse lo siamo stati anche noi, ed è un pericolo che è sempre accanto a noi, vicinissimo: "La vergogna della Chiesa! Ma ci siamo vergognati di quegli scandali, di quelle sconfitte di preti, di vescovi, di laici? La Parola di Dio in quegli scandali era rara; in quegli uomini e in quelle donne la Parola di Dio era rara! Non avevano un legame con Dio! Avevano una posizione nella Chiesa, una posizione di potere, anche di comodità. Ma la Parola di Dio, no! "Ma, io porto una medaglia"; "Io porto la croce"… Sì, come questi portavano l’arca! Senza il rapporto vivo con Dio e con la Parola di Dio! Mi viene in mente quella Parola di Gesù per quelli per i quali vengono gli scandali… E qui lo scandalo è venuto: tutta una decadenza del popolo di Dio, fino alla debolezza, alla corruzione dei sacerdoti" (Papa Francesco). Ecco, il Vangelo di oggi è anche una chiamata serissima alla vigilanza, all'ascolto della Parola con un cuore docile e aperto alla sua realizzazione in noi. All'obbedienza alla Chiesa, all'umiltà di chi non presume d'essere un pesce buono per le sue forze, rigettando la stoltezza di sentirci a posto, senza bisogno di convertirci. Il diavolo come un leone ruggente va in cerca di chi divorare... Coraggio allora, non allontaniamoci mai dal memoriale della nostra salvezza, l'eucarestia che ci ricorda la pesca del Signore, il suo mistero pasquale nel quale siamo stati salvati, e che lo riattualizza realizzandolo nell'oggi nel quale lo celebriamo. Coraggio, camminiamo umilmente con il nostro Dio, guardiamo con il santo timore di Dio i "pesci cattivi", pensiamo come i padri del deserto, che si ritenevano gli ultimi e i peggiori della terra; guardiamo ai pesci cattivi e pensiamo che essi si salveranno e noi no, se non resteremo uniti a Cristo indissolubilmente. E preghiamo per loro, e per loro offriamo le nostre sofferenze. Così non inciamperemo, e arriveremo, di "riva" in "riva", sino all'ultima, quella del Paradiso: "Per incontrare la speranza, bisogna essere andati al di là della disperazione. Quando si arriva fino al colmo della notte, si incontra un’altra aurora […] Non sperano se non coloro che hanno avuto il coraggio di disperare delle illusioni e delle menzogne nelle quali trovavano una sicurezza che essi prendevano falsamente per speranza” (G. Bernanos).
αποφθεγμα Apoftegma
Noi uomini viviamo alienati, nelle acque salate della sofferenza e della morte;
in un mare di oscurità senza luce.
La rete del Vangelo ci tira fuori dalle acque della morte
e ci porta nello splendore della luce di Dio, nella vera vita.
Non vi è niente di più bello che essere raggiunti,
sorpresi dal Vangelo, da Cristo.
Non vi è niente di più bello che conoscere Lui
e comunicare agli altri l’amicizia con lui
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