L'ANNUNCIO
Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto in un campo; un uomo lo trova e lo nasconde di nuovo, poi va, pieno di gioia, e vende tutti i suoi averi e compra quel campo.Il regno dei cieli è simile a un mercante che va in cerca di perle preziose;trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra.Il regno dei cieli è simile anche a una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci.Quando è piena, i pescatori la tirano a riva e poi, sedutisi, raccolgono i pesci buoni nei canestri e buttano via i cattivi.Così sarà alla fine del mondo. Verranno gli angeli e separeranno i cattivi dai buonie li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti.Avete capito tutte queste cose?». Gli risposero: «Sì».Ed egli disse loro: «Per questo ogni scriba divenuto discepolo del regno dei cieli è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche».(Dal Vangelo secondo Matteo 13, 44-52)
“Avete compreso tutte queste cose?”. Questa domenica il Signore ci viene incontro chiedendoci se abbiamo preso-con noi le “cose nuove e quelle vecchie” che la Parola di Dio "nasconde"; se abbiamo cioè discernimento per orientarci nella vita.
Esso, infatti, è la caratteristica fondamentale di ogni cristiano. Senza discernimento non si può seguire il Signore, si è vittime della storia e preda degli eventi, ripiegati su se stessi, ovvero incapaci di amare.
Vediamo, quanti “selfie” ci facciamo ogni giorno? Quanti ne scattano i nostri figli? Sembra che il senso e l’obiettivo di qualunque cosa facciamo sia lo scattarsi una foto e postarla. Viaggi e gite, pranzi e cene, magliette e gonne nuove, i pomodori piantati in giardino, perfino una corsa nel parco con il cane, tutto è irrimediabilmente destinato all’autoscatto, metafora triste dell’autocompiacimento che cerchiamo nelle cose e nelle persone.
Per l’uomo vecchio schiavo della carne e dei suoi desideri, infatti, tutto è "auto": autostima, autogestione, autodeterminazione, autocoscienza, autoironia, autoerotismo, riflessi di una generazione affetta da un inguaribile autismo dell’anima.
L'altro è, semplicemente, uno specchio dove rifrangere la propria immagine; non esiste, vive nel prolungamento del proprio ego. Non serve neanche a farci una foto, oggi nemmeno un figlio…
L'uomo della carne vive attaccato a un respiratore artificiale, lo sguardo dell'altro. Altro che Parola creatrice, sono gli occhi del mondo a dargli vita; una volta chiusi muore nell’insignificanza.
Anche noi abbiamo dato “valore” a “perle” finte, considerando un “tesoro” essere importanti per gli altri. E' triste una vita stretta nel sandwich crudele del risparmio energetico di uno smartphone… Eppure è la vita di chi non “comprende” le Parole del Signore.
Ma anche oggi, come ogni giorno sino “alla fine del mondo”, il Signore “manda i suoi angeli a separare i pesci buoni da quelli inutili (secondo l’originale greco)”.
Hai dato valore a ciò che non ne ha? Rapidamente sarà “gettato nel fuoco ardente”, non ti preoccupare. Dove sono finiti i selfie che ti sei scattato una settimana fa? Nello stesso “trash” dove è finita quella gita e quella cena, il cestino dove forse, con la foto, hai gettato il tuo matrimonio, quell’amicizia, quel rapporto sessuale scatenato dagli ormoni in libera uscita.
La vita è seria, e porta con sé le conseguenze di ogni pensiero, parola e gesto. Non si scappa, o sono “buoni”, o “inutili”, cattivi e dannosi. Chi non ha discernimento continuerà a confonderli, prendendo un selfie appena sfornato sui social networks per compimento e felicità.
Ma non siamo nati per questo; piuttosto per esserne salvati dalla Chiesa, la barca che, con Cristo a bordo, solca il mare per approdare “all’altra riva”: “come infatti, il mare simboleggia il tempo, così la spiaggia indica la fine, e la riva segnerà che cosa la rete, cioè la Chiesa, aveva pescato” (San Gregorio Magno).
E che cosa aveva pescato? Noi, insieme ai fratelli. Anche le parabole di questa domenica, infatti, sono spiegate “in casa”, nell’intimità della comunità. Ci parlano della “gioia” di chi ha incontrato l’Amato che aspettava da sempre, l’unico che ha dato “valore” infinito alla sua persona, compresi i difetti, perdonando ogni peccato, e promettendogli una vita nuova e sorprendente, piena e felice nella sua compagnia. La vita che non si sazia di selfie, ma ha nell’altro il luogo dove compiersi nell’amore.
Il cristiano, infatti, ha “trovato” questo “tesoro” grazie alle indicazioni fornitegli dalla predicazione della Chiesa. Ha pregustato la gioia della Torah che ha fatto di Israele un Popolo diverso da tutti gli altri.
Sul Sinai Israele ha “trovato” l’unica “perla preziosa” per la quale vale la pena vivere. Nella Parola è stato “conosciuto, creato, chiamato e giustificato”, e ha “compreso" come vivere con discernimento.
Per questo, anticamente, ogni uomo conquistato dalla bellezza e dall’autenticità della predicazione e della testimonianza della Chiesa, iniziava in essa un cammino di conversione e purificazione per giungere alle nozze con Cristo, alla Nuova ed eterna Alleanza preparata per lui.
"Cristiani non si nasce, si diventa" (Tertulliano): il battesimo non aveva nulla di magico, era il sigillo di una fede adulta che aveva già cominciato a operare nel catecumeno opere di vita eterna. Tra di esse, fondamentale, era la rinuncia agli idoli di questo mondo, per appartenere a Cristo.
Di questa rinuncia si sente l'eco nelle parabole di questa domenica. Senza aver "venduto tutti gli averi" non si diventava cristiani, perché non si può servire due padroni. "Siccome molta gente andava con Lui", cioè molti pesci erano presi nella rete dell'annuncio, Gesù fu chiaro, ammonendo gli apostoli e tutti quelli che volevano seguirlo: "se qualcuno viene a me (come coloro che volevano diventare cristiani), e non odia sua madre, suo padre, sua moglie, i figli, i fratelli, le sorelle, e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo" (cfr. Lc 14, 25-33)
Altro che sentimentalismo... Durante il percorso dell'iniziazione cristiana ciascun catecumeno, guidato dalla Chiesa attraverso la Parola, le catechesi e gli esorcismi, si spogliava a poco a poco dell'uomo vecchio, con gli amori morbosi e idolatrici a cose e persone, le passioni ingannatrici, le relazioni esclusive che lo avevano tenuto schiavo, sino a rinunciare a satana, alle sue pompe e alle sue menzogne.
Allora, con l'esperienza viva della Grazia nella propria esistenza, poteva professare la fede in Dio Padre, nel Figlio e nello Spirito Santo, la Trinità nella quale sarebbe stato sepolto l'uomo vecchio e dalla quale sarebbe nato l'uomo nuovo.
Poi riceveva l'unzione dello Spirito Santo che gli comunicava la vita nuova ed eterna di Cristo. A questo punto era pronto per entrare nella cella del vino, nella stanza nuziale, e consumare le nozze con Cristo per mezzo del sacramento dell'Eucarestia.
Nella Chiesa primitiva essa dava compimento a tutto il percorso catecumenale, e non a caso era un arcano, un “tesoro nascosto” che veniva svelato ai catecumeni divenuti ormai neofiti solo nella notte di Pasqua, dopo che erano rinati da acqua e da Spirito Santo.
Per trovare questo "tesoro", bisognava uscire da se stessi, camminare con la Chiesa, vendere i beni, rinunciare a se stessi per "acquistare il campo", far parte cioè pienamente della comunità; e qui “scavare” per “tirarlo fuori”, ovvero scendere i gradini che separavano dalle acque del battesimo. Solo così gli scribi, ovvero i giudei che si avvicinavano alla Chiesa ai quali si rivolgeva Matteo con il suo Vangelo, “divenivano discepoli del Regno dei Cieli”.
Per questo si mettevano alla scuola della Chiesa che, all’origine, veniva dalla circoncisione, olivastro innestato sull’olivo buono, che per loro era proprio “come un padre di famiglia (secondo l’originale)” - la nuova famiglia cristiana che li accoglieva – “che estrae dal suo tesoro cose antiche e cose nuove”. La Torah illuminata da Cristo, ecco la "perla" che ogni uomo "cerca", anche inconsapevolmente! La felicità e la bellezza della Parola compiuta e che si fa vita, ecco il "tesoro nascosto" nella carne di Cristo!
A tutto questo siamo chiamati anche noi, che battezzati lo siamo già. Ma se non percorriamo un serio cammino di conversione rischiamo di finire come i pesci “inutili” della parabola.
Gesù sta parlando ai suoi, a me e a te, non al mondo, che non capirebbe. E ci dice che nella Chiesa molti sono stati presi nella “rete” della predicazione. Questa era come una sciabica, e formava una parete nel mare: trascinata a terra raccoglieva tutto quello che vi trovava, anche le impurità e i pesci non commestibili.
Così, molti hanno ascoltato l’annuncio, ma, nonostante il catecumenato, l'iniziazione cristiana, i gruppi e i movimenti, il catechismo e le attività, e forse anche il battesimo, non si sono convertiti. Continuano a scattarsi selfie, frustrando l’opera di Dio e la missione per la quale sono stati chiamati.
E tu, ed io? Abbiamo trovato il “tesoro”? Siamo, cioè, docili alla vanga della Parola e della guida della Chiesa che “scavando” ci educa per tirare fuori il meglio da ciascuno di noi, ovvero la nuova natura di figli di Dio plasmata dalla Parola e dai sacramenti?
Accettiamo che gli “angeli”, ovvero gli apostoli, ci visitino sulla “riva” delle nostre storie, e ci illuminino “separando” le opere buone e commestibili per gli altri dalle “inutili”, che, come il sale che ha perduto il sapore, non hanno alcuna utilità per la salvezza nostra e degli altri?
Stiamo “cercando“, prima e più di ogni altra cosa, la “perla preziosa”, ovvero il Regno di Dio e la sua Giustizia, per sperimentare il perdono e camminare in una vita “giusta” e crocifissa nel dono di noi stessi? Oppure cerchiamo la nostra giustizia, come il fariseo di un’altra parabola? Lo possiamo vedere se, tornando a casa dalle celebrazioni, siamo spinti a perdonare oppure no.
Abbiamo una missione, questo è il cuore del discernimento che apprendiamo nella Chiesa. Per il suo compimento tutto nella nostra vita concorre al bene. Anche il "vecchio" che abbiamo vissuto, come il "nuovo" che attende i figli di Dio. Nulla è stato senza senso, come nessuna delle ore che ci attendono saranno buttate; neanche una, perché la sapienza della Croce ci suggerisce che, per il solo fatto di esserci dentro come cristiani, uniti a Cristo a servizio del mondo, esse diventano un segno e una profezia per ogni uomo.
Per questo chi ha discernimento sa fare, ascoltando l'annuncio degli "angeli", i messaggeri che Dio ci manda nella Chiesa, e prima della "fine del mondo", la "cernita" tra quello che è "buono" per la missione e quello che è "inutile"; in concreto, si tratta di discernere la volontà di Dio e la sua opera nella storia, per "com-prenderla", prenderla-con-noi, assumerla per compierla.
Anche la solitudine, il disprezzo, le frustrazioni sono frammenti della volontà amorevole di Dio. Chi ha trovato la “perla preziosa”, che in epoca di Gesù era il massimo della ricchezza, uno status-symbol come potrebbe essere una Ferrari, non ha bisogno di niente altro, anzi, tutto può diventare un inciampo se rapisce il cuore, la mente e le forze.
Ha celebrato le nozze nell’amore che non si corrompe, e può lasciare tutto, vendere ogni bene, ma non per un eroismo moralistico o sentimentale, ma in virtù dell’evidenza che si impone nell’esperienza. Perché la vita è una Pasqua, va verso verso il Cielo, dove ci attende Cristo!
E’ felice, “pieno di gioia” si spoglia anche di se stesso, come San Francesco, che "aveva compreso" la "novità" di avere un Padre celeste nel quale anche il "vecchio" padre della carne trova il giusto posto. Anche noi siamo chiamati, come i catecumeni della Chiesa primitiva, a spogliarci con gioia dell'uomo "vecchio" che ci ha fatto soffrire, per rivestirci dell'uomo "nuovo" che saprà gioire davvero perché in tutto vedrà l'amore del Padre fatto carne nel Figlio.
Ci attende la felicità che nessuno potrà mai toglierci, altro che sofferte rinunce; non ci fermiamo al "campo", agli antipasti e ai contorni: non è per questi, per qualche aggiustatina alla vita che Cristo ci ha amati. Guardiamo al tesoro che in esso è nascosto. E' lì il segreto della gioia pasquale, che sorge dalla certezza di essere, per Gesù, ciascuno così come siamo la sua “perla preziosa” per la quale ha dato tutto se stesso, e il “tesoro nascosto” nel campo del demonio, per il quale si è nascosto anch’Egli nel sepolcro e così riscattarci, facendoci risorgere con Lui.
"Scaviamo" nella nostra vita allora, con l'aiuto amorevole della Chiesa; lasciamoci accompagnare dalla Parola di Dio e dal discernimento degli apostoli per scendere nelle tombe che segnano di dolore le nostre storie; camminiamo verso la verità, scendiamo i gradini dell'umiltà che ci fa scoprire poveri e peccatori. Ma proprio lì, nella nostra realtà autentica e senza ipocrisie, troveremo il "tesoro" che si è nascosto nella nostra debolezza.
Gesù è sceso nel fondo del nostro cuore, come la perla più preziosa, per fare di ciascuno di noi un'arca benedetta del suo amore, da offrire a ogni uomo. Spogliamoci allora dell'uomo vecchio, andiamo, vendiamo ogni nostro bene, oggi, senza paura, e diamo ai poveri quello che rappresenta le nostre sicurezze e ci impedisce la "gioia" che solo Cristo può donarci.
Chiediamo al Signore di illuminarci su dove è il nostro cuore, perché se non è in Cielo accanto a Lui, il nostro tesoro è all'inferno con il principe della menzogna... Chiediamogli di aiutarci a farci un tesoro in Cielo, come Lui ha fatto di noi il suo tesoro più prezioso, per il quale è andato, pieno di gioia, ad offrire la sua vita. Che ci doni la sua libertà, quella dei figli di Dio che sanno di avere un Padre in Cielo, e che questo basta e colma e sazia la vita.
“Avete compreso tutte queste cose?”. Questa domenica il Signore ci viene incontro chiedendoci se abbiamo preso-con noi le “cose nuove e quelle vecchie” che la Parola di Dio "nasconde"; se abbiamo cioè discernimento per orientarci nella vita.Esso, infatti, è la caratteristica fondamentale di ogni cristiano. Senza discernimento non si può seguire il Signore, si è vittime della storia e preda degli eventi, ripiegati su se stessi, ovvero incapaci di amare.Vediamo, quanti “selfie” ci facciamo ogni giorno? Quanti ne scattano i nostri figli? Sembra che il senso e l’obiettivo di qualunque cosa facciamo sia lo scattarsi una foto e postarla. Viaggi e gite, pranzi e cene, magliette e gonne nuove, i pomodori piantati in giardino, perfino una corsa nel parco con il cane, tutto è irrimediabilmente destinato all’autoscatto, metafora triste dell’autocompiacimento che cerchiamo nelle cose e nelle persone.Per l’uomo vecchio schiavo della carne e dei suoi desideri, infatti, tutto è "auto": autostima, autogestione, autodeterminazione, autocoscienza, autoironia, autoerotismo, riflessi di una generazione affetta da un inguaribile autismo dell’anima.L'altro è, semplicemente, uno specchio dove rifrangere la propria immagine; non esiste, vive nel prolungamento del proprio ego. Non serve neanche a farci una foto, oggi nemmeno un figlio…L'uomo della carne vive attaccato a un respiratore artificiale, lo sguardo dell'altro. Altro che Parola creatrice, sono gli occhi del mondo a dargli vita; una volta chiusi muore nell’insignificanza.Anche noi abbiamo dato “valore” a “perle” finte, considerando un “tesoro” essere importanti per gli altri. E' triste una vita stretta nel sandwich crudele del risparmio energetico di uno smartphone… Eppure è la vita di chi non “comprende” le Parole del Signore.Ma anche oggi, come ogni giorno sino “alla fine del mondo”, il Signore “manda i suoi angeli a separare i pesci buoni da quelli inutili (secondo l’originale greco)”.Hai dato valore a ciò che non ne ha? Rapidamente sarà “gettato nel fuoco ardente”, non ti preoccupare. Dove sono finiti i selfie che ti sei scattato una settimana fa? Nello stesso “trash” dove è finita quella gita e quella cena, il cestino dove forse, con la foto, hai gettato il tuo matrimonio, quell’amicizia, quel rapporto sessuale scatenato dagli ormoni in libera uscita.La vita è seria, e porta con sé le conseguenze di ogni pensiero, parola e gesto. Non si scappa, o sono “buoni”, o “inutili”, cattivi e dannosi. Chi non ha discernimento continuerà a confonderli, prendendo un selfie appena sfornato sui social networks per compimento e felicità.Ma non siamo nati per questo; piuttosto per esserne salvati dalla Chiesa, la barca che, con Cristo a bordo, solca il mare per approdare “all’altra riva”: “come infatti, il mare simboleggia il tempo, così la spiaggia indica la fine, e la riva segnerà che cosa la rete, cioè la Chiesa, aveva pescato” (San Gregorio Magno).E che cosa aveva pescato? Noi, insieme ai fratelli. Anche le parabole di questa domenica, infatti, sono spiegate “in casa”, nell’intimità della comunità. Ci parlano della “gioia” di chi ha incontrato l’Amato che aspettava da sempre, l’unico che ha dato “valore” infinito alla sua persona, compresi i difetti, perdonando ogni peccato, e promettendogli una vita nuova e sorprendente, piena e felice nella sua compagnia. La vita che non si sazia di selfie, ma ha nell’altro il luogo dove compiersi nell’amore.Il cristiano, infatti, ha “trovato” questo “tesoro” grazie alle indicazioni fornitegli dalla predicazione della Chiesa. Ha pregustato la gioia della Torah che ha fatto di Israele un Popolo diverso da tutti gli altri.Sul Sinai Israele ha “trovato” l’unica “perla preziosa” per la quale vale la pena vivere. Nella Parola è stato “conosciuto, creato, chiamato e giustificato”, e ha “compreso" come vivere con discernimento.Per questo, anticamente, ogni uomo conquistato dalla bellezza e dall’autenticità della predicazione e della testimonianza della Chiesa, iniziava in essa un cammino di conversione e purificazione per giungere alle nozze con Cristo, alla Nuova ed eterna Alleanza preparata per lui."Cristiani non si nasce, si diventa" (Tertulliano): il battesimo non aveva nulla di magico, era il sigillo di una fede adulta che aveva già cominciato a operare nel catecumeno opere di vita eterna. Tra di esse, fondamentale, era la rinuncia agli idoli di questo mondo, per appartenere a Cristo.Di questa rinuncia si sente l'eco nelle parabole di questa domenica. Senza aver "venduto tutti gli averi" non si diventava cristiani, perché non si può servire due padroni. "Siccome molta gente andava con Lui", cioè molti pesci erano presi nella rete dell'annuncio, Gesù fu chiaro, ammonendo gli apostoli e tutti quelli che volevano seguirlo: "se qualcuno viene a me (come coloro che volevano diventare cristiani), e non odia sua madre, suo padre, sua moglie, i figli, i fratelli, le sorelle, e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo" (cfr. Lc 14, 25-33)Altro che sentimentalismo... Durante il percorso dell'iniziazione cristiana ciascun catecumeno, guidato dalla Chiesa attraverso la Parola, le catechesi e gli esorcismi, si spogliava a poco a poco dell'uomo vecchio, con gli amori morbosi e idolatrici a cose e persone, le passioni ingannatrici, le relazioni esclusive che lo avevano tenuto schiavo, sino a rinunciare a satana, alle sue pompe e alle sue menzogne.Allora, con l'esperienza viva della Grazia nella propria esistenza, poteva professare la fede in Dio Padre, nel Figlio e nello Spirito Santo, la Trinità nella quale sarebbe stato sepolto l'uomo vecchio e dalla quale sarebbe nato l'uomo nuovo.Poi riceveva l'unzione dello Spirito Santo che gli comunicava la vita nuova ed eterna di Cristo. A questo punto era pronto per entrare nella cella del vino, nella stanza nuziale, e consumare le nozze con Cristo per mezzo del sacramento dell'Eucarestia.Nella Chiesa primitiva essa dava compimento a tutto il percorso catecumenale, e non a caso era un arcano, un “tesoro nascosto” che veniva svelato ai catecumeni divenuti ormai neofiti solo nella notte di Pasqua, dopo che erano rinati da acqua e da Spirito Santo.Per trovare questo "tesoro", bisognava uscire da se stessi, camminare con la Chiesa, vendere i beni, rinunciare a se stessi per "acquistare il campo", far parte cioè pienamente della comunità; e qui “scavare” per “tirarlo fuori”, ovvero scendere i gradini che separavano dalle acque del battesimo. Solo così gli scribi, ovvero i giudei che si avvicinavano alla Chiesa ai quali si rivolgeva Matteo con il suo Vangelo, “divenivano discepoli del Regno dei Cieli”.Per questo si mettevano alla scuola della Chiesa che, all’origine, veniva dalla circoncisione, olivastro innestato sull’olivo buono, che per loro era proprio “come un padre di famiglia (secondo l’originale)” - la nuova famiglia cristiana che li accoglieva – “che estrae dal suo tesoro cose antiche e cose nuove”. La Torah illuminata da Cristo, ecco la "perla" che ogni uomo "cerca", anche inconsapevolmente! La felicità e la bellezza della Parola compiuta e che si fa vita, ecco il "tesoro nascosto" nella carne di Cristo!A tutto questo siamo chiamati anche noi, che battezzati lo siamo già. Ma se non percorriamo un serio cammino di conversione rischiamo di finire come i pesci “inutili” della parabola.Gesù sta parlando ai suoi, a me e a te, non al mondo, che non capirebbe. E ci dice che nella Chiesa molti sono stati presi nella “rete” della predicazione. Questa era come una sciabica, e formava una parete nel mare: trascinata a terra raccoglieva tutto quello che vi trovava, anche le impurità e i pesci non commestibili.Così, molti hanno ascoltato l’annuncio, ma, nonostante il catecumenato, l'iniziazione cristiana, i gruppi e i movimenti, il catechismo e le attività, e forse anche il battesimo, non si sono convertiti. Continuano a scattarsi selfie, frustrando l’opera di Dio e la missione per la quale sono stati chiamati.E tu, ed io? Abbiamo trovato il “tesoro”? Siamo, cioè, docili alla vanga della Parola e della guida della Chiesa che “scavando” ci educa per tirare fuori il meglio da ciascuno di noi, ovvero la nuova natura di figli di Dio plasmata dalla Parola e dai sacramenti?Accettiamo che gli “angeli”, ovvero gli apostoli, ci visitino sulla “riva” delle nostre storie, e ci illuminino “separando” le opere buone e commestibili per gli altri dalle “inutili”, che, come il sale che ha perduto il sapore, non hanno alcuna utilità per la salvezza nostra e degli altri?Stiamo “cercando“, prima e più di ogni altra cosa, la “perla preziosa”, ovvero il Regno di Dio e la sua Giustizia, per sperimentare il perdono e camminare in una vita “giusta” e crocifissa nel dono di noi stessi? Oppure cerchiamo la nostra giustizia, come il fariseo di un’altra parabola? Lo possiamo vedere se, tornando a casa dalle celebrazioni, siamo spinti a perdonare oppure no.Abbiamo una missione, questo è il cuore del discernimento che apprendiamo nella Chiesa. Per il suo compimento tutto nella nostra vita concorre al bene. Anche il "vecchio" che abbiamo vissuto, come il "nuovo" che attende i figli di Dio. Nulla è stato senza senso, come nessuna delle ore che ci attendono saranno buttate; neanche una, perché la sapienza della Croce ci suggerisce che, per il solo fatto di esserci dentro come cristiani, uniti a Cristo a servizio del mondo, esse diventano un segno e una profezia per ogni uomo.Per questo chi ha discernimento sa fare, ascoltando l'annuncio degli "angeli", i messaggeri che Dio ci manda nella Chiesa, e prima della "fine del mondo", la "cernita" tra quello che è "buono" per la missione e quello che è "inutile"; in concreto, si tratta di discernere la volontà di Dio e la sua opera nella storia, per "com-prenderla", prenderla-con-noi, assumerla per compierla.Anche la solitudine, il disprezzo, le frustrazioni sono frammenti della volontà amorevole di Dio. Chi ha trovato la “perla preziosa”, che in epoca di Gesù era il massimo della ricchezza, uno status-symbol come potrebbe essere una Ferrari, non ha bisogno di niente altro, anzi, tutto può diventare un inciampo se rapisce il cuore, la mente e le forze.Ha celebrato le nozze nell’amore che non si corrompe, e può lasciare tutto, vendere ogni bene, ma non per un eroismo moralistico o sentimentale, ma in virtù dell’evidenza che si impone nell’esperienza. Perché la vita è una Pasqua, va verso verso il Cielo, dove ci attende Cristo!E’ felice, “pieno di gioia” si spoglia anche di se stesso, come San Francesco, che "aveva compreso" la "novità" di avere un Padre celeste nel quale anche il "vecchio" padre della carne trova il giusto posto. Anche noi siamo chiamati, come i catecumeni della Chiesa primitiva, a spogliarci con gioia dell'uomo "vecchio" che ci ha fatto soffrire, per rivestirci dell'uomo "nuovo" che saprà gioire davvero perché in tutto vedrà l'amore del Padre fatto carne nel Figlio.Ci attende la felicità che nessuno potrà mai toglierci, altro che sofferte rinunce; non ci fermiamo al "campo", agli antipasti e ai contorni: non è per questi, per qualche aggiustatina alla vita che Cristo ci ha amati. Guardiamo al tesoro che in esso è nascosto. E' lì il segreto della gioia pasquale, che sorge dalla certezza di essere, per Gesù, ciascuno così come siamo la sua “perla preziosa” per la quale ha dato tutto se stesso, e il “tesoro nascosto” nel campo del demonio, per il quale si è nascosto anch’Egli nel sepolcro e così riscattarci, facendoci risorgere con Lui."Scaviamo" nella nostra vita allora, con l'aiuto amorevole della Chiesa; lasciamoci accompagnare dalla Parola di Dio e dal discernimento degli apostoli per scendere nelle tombe che segnano di dolore le nostre storie; camminiamo verso la verità, scendiamo i gradini dell'umiltà che ci fa scoprire poveri e peccatori. Ma proprio lì, nella nostra realtà autentica e senza ipocrisie, troveremo il "tesoro" che si è nascosto nella nostra debolezza.Gesù è sceso nel fondo del nostro cuore, come la perla più preziosa, per fare di ciascuno di noi un'arca benedetta del suo amore, da offrire a ogni uomo. Spogliamoci allora dell'uomo vecchio, andiamo, vendiamo ogni nostro bene, oggi, senza paura, e diamo ai poveri quello che rappresenta le nostre sicurezze e ci impedisce la "gioia" che solo Cristo può donarci.Chiediamo al Signore di illuminarci su dove è il nostro cuore, perché se non è in Cielo accanto a Lui, il nostro tesoro è all'inferno con il principe della menzogna... Chiediamogli di aiutarci a farci un tesoro in Cielo, come Lui ha fatto di noi il suo tesoro più prezioso, per il quale è andato, pieno di gioia, ad offrire la sua vita. Che ci doni la sua libertà, quella dei figli di Dio che sanno di avere un Padre in Cielo, e che questo basta e colma e sazia la vita.
XVII Domenica del Tempo Ordinario - Anno A Kairòs
Nella 17.ma Domenica del Tempo ordinario, la liturgia ci presenta il Vangelo in cui Gesù parla del Regno dei Cieli mediante tre parabole: il tesoro nascosto nel campo, la perla preziosa, la rete gettata in mare:
“Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo; un uomo lo trova e lo nasconde; poi va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo”
La cosa che colpisce, nelle prime due brevi parabole di oggi, è la gioia che riempie il cuore dell’uomo che trova il tesoro nel campo: pieno di gioia, vende tutti i suoi averi per comprare quel campo; anche il mercante di perle, quando trova “una perla di grande valore”, “va, vende tutti i suoi averi” per comprarla. “Tesoro”, “perla preziosa”: è il Regno dei Cieli, è lo stesso Signore Gesù, colui che dà senso alla vita. “La gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù”, sono le parole con cui Papa Francesco apre la sua prima esortazione (Evangelii Gaudium). Senza questo incontro con Cristo, senza questo “tocco” esistenziale con lui, “non si ascolta più la voce di Dio, non si gode più della dolce gioia del suo amore, non palpita l’entusiasmo di fare il bene. Anche i credenti corrono questo rischio, certo e permanente” (n. 2). Quanto è importante oggi ritrovare, entrare “in questo fiume di gioia” (n. 6), per diventarne testimoni nel mondo: “La gioia del Vangelo che riempie la vita della comunità dei discepoli è una gioia missionaria” (n. 21), dice ancora il Papa, e ci grida: “Mi permetto di insistere: non lasciamoci rubare la gioia dell’evangelizzazione!” (n. 83). Il rischio è che senza questo “tesoro” possiamo trovarci anche noi tra i pesci cattivi che gli angeli separano dai buoni per gettarli nella “fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti”. Coraggio, se oggi sei triste e vuoto, l’Eucarestia a cui sei invitato può farti ritrovare la “perla preziosa”.
(don Ezechiele Pasotti, prefetto agli studi nel Collegio Diocesano missionario “Redemptoris Mater” di Roma)
MESSALE
Antifona d'Ingresso Sal 85,3.5
Abbi pietà di me, Signore,
perché ti invoco tutto il giorno:
tu sei buono e pronto al perdono,
sei pieno di misericordia con chi ti invoca.
Colletta
O Dio, nostro Padre, unica fonte di ogni dono perfetto, suscita in noi l'amore per te e ravviva la nostra fede, perché si sviluppi in noi il germe del bene e con il tuo aiuto maturi fino alla sua pienezza. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio...
Oppure:
Rinnovaci con il tuo Spirito di verità, o Padre, perché non ci lasciamo deviare dalle seduzioni del mondo, ma come veri discepoli, convocati dalla tua parola, sappiamo discernere ciò che è buono e a te gradito, per portare ogni giorno la croce sulle orme di Cristo nostra speranza. Egli è Dio...
LITURGIA DELLA PAROLA
Prima Lettura Ger 20, 7-9
La parola del Signore è diventata per me causa di vergogna.
Dal libro del profeta GeremiaMi hai sedotto, Signore, e io mi sono lasciato sedurre;
mi hai fatto violenza e hai prevalso.
Sono diventato oggetto di derisione ogni giorno;
ognuno si beffa di me.
Quando parlo, devo gridare,
devo urlare: «Violenza! Oppressione!».
Così la parola del Signore è diventata per me
causa di vergogna e di scherno tutto il giorno.
Mi dicevo: «Non penserò più a lui,
non parlerò più nel suo nome!».
Ma nel mio cuore c’era come un fuoco ardente,
trattenuto nelle mie ossa;
mi sforzavo di contenerlo,
ma non potevo.
Salmo Responsoriale Dal Salmo 62
Ha sete di te, Signore, l'anima mia.
O Dio, tu sei il mio Dio,
dall’aurora io ti cerco,
ha sete di te l’anima mia,
desidera te la mia carne
in terra arida, assetata, senz’acqua.
Così nel santuario ti ho contemplato,
guardando la tua potenza e la tua gloria.
Poiché il tuo amore vale più della vita,
le mie labbra canteranno la tua lode.
Così ti benedirò per tutta la vita:
nel tuo nome alzerò le mie mani.
Come saziato dai cibi migliori,
con labbra gioiose ti loderà la mia bocca.
Quando penso a te che sei stato il mio aiuto,
esulto di gioia all’ombra delle tue ali.
A te si stringe l’anima mia:
la tua destra mi sostiene.
Seconda Lettura Rm 12, 1-2
Offrite i vostri corpi come sacrificio vivente.
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai RomaniFratelli, vi esorto, per la misericordia di Dio, a offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio; è questo il vostro culto spirituale.
Non conformatevi a questo mondo, ma lasciatevi trasformare rinnovando il vostro modo di pensare, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto.
Canto al Vangelo Cf Ef 1,17-18
Alleluia, alleluia.
Il Padre del Signore nostro Gesù Cristo
illumini gli occhi del nostro cuore
per farci comprendere a quale speranza ci ha chiamati.
Alleluia.
Vangelo Mt 16, 21-27
Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso.
Dal vangelo secondo MatteoIn quel tempo, Gesù cominciò a spiegare ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani, dei capi dei sacerdoti e degli scribi, e venire ucciso e risorgere il terzo giorno.
Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo dicendo: «Dio non voglia, Signore; questo non ti accadrà mai». Ma egli, voltandosi, disse a Pietro: «Va’ dietro a me, Satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!».
Allora Gesù disse ai suoi discepoli: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà.
Infatti quale vantaggio avrà un uomo se guadagnerà il mondo intero, ma perderà la propria vita? O che cosa un uomo potrà dare in cambio della propria vita?
Perché il Figlio dell’uomo sta per venire nella gloria del Padre suo, con i suoi angeli, e allora renderà a ciascuno secondo le sue azioni».
COMMENTO
Senza discernimento non si può seguire il Signore
Commento al Vangelo della XVII Domenica del Tempo Ordinario - Anno A
“Avete compreso tutte queste cose?”. Questa domenica il Signore ci viene incontro chiedendoci se abbiamo preso-con noi le “cose nuove e quelle vecchie” che la Parola di Dio nasconde; se abbiamo discernimento per orientarci nella vita.
Esso, infatti, è la caratteristica fondamentale di ogni cristiano. Senza discernimento non si può seguire il Signore, si è vittime della storia e preda degli eventi, ripiegati su se stessi, ovvero incapaci di amare.
Vediamo, quanti “selfie” ci facciamo ogni giorno? Quanti ne scattano i nostri figli? Sembra che il senso e l’obiettivo di qualunque cosa facciamo sia lo scattarsi una foto e postarla. Viaggi e gite, pranzi e cene, magliette e gonne nuove, i pomodori piantati in giardino, perfino una corsa nel parco con il cane, tutto è irrimediabilmente destinato all’autoscatto, metafora triste dell’autocompiacimento che cerchiamo nelle cose e nelle persone.
Per l’uomo vecchio schiavo della carne e dei suoi desideri, infatti, tutto è "auto": autostima, autogestione, autocoscienza, autoironia, autoerotismo, riflessi di una generazione affetta da un inguaribile autismo dell’anima.
L'altro è, semplicemente, uno specchio dove rifrangere la propria immagine; non esiste, vive nel prolungamento del proprio ego. Non serve neanche a farci una foto, oggi nemmeno un figlio…
Vive attaccato a un respiratore artificiale, lo sguardo dell'altro. Altro che Parola creatrice, sono gli occhi del mondo a dargli vita; una volta chiusi muore nell’insignificanza.
Anche noi abbiamo dato “valore” a “perle” finte, considerando un “tesoro” essere importanti per gli altri. E' triste una vita stretta nel sandwich crudele del risparmio energetico di uno smartphone… Eppure è la vita di chi non “comprende” le Parole del Signore.
Ma anche oggi, come ogni giorno sino “alla fine del mondo”, il Signore “manda i suoi angeli a separare i pesci buoni da quelli inutili (secondo l’originale greco)”.
Hai dato valore a ciò che non ne ha? Rapidamente sarà “gettato nel fuoco ardente”, non ti preoccupare. Dove sono finiti i selfie che ti sei scattato una settimana fa? Nello stesso “trash” dove è finita quella gita e quella cena, il cestino dove forse, con la foto, hai gettato il tuo matrimonio, quell’amicizia, quel rapporto sessuale scatenato dagli ormoni in libera uscita.
La vita è seria, e porta con sé le conseguenze di ogni pensiero, parola e gesto. Non si scappa, o sono “buoni”, o “inutili”, cattivi e dannosi. Chi non ha discernimento continuerà a confonderli, prendendo un selfie appena sfornato sui social networks per compimento e felicità.
Ma non siamo nati per questo; piuttosto per esserne salvati dalla Chiesa, la barca che, con Cristo a bordo, solca il mare per approdare “all’altra riva”: “come infatti, il mare simboleggia il tempo, così la spiaggia indica la fine, e la riva segnerà che cosa la rete, cioè la Chiesa, aveva pescato” (San Gregorio Magno).
E che cosa aveva pescato? Noi, insieme ai fratelli. Anche le parabole di questa domenica, infatti, sono spiegate “in casa”, nell’intimità della comunità. Ci parlano della “gioia” di chi ha incontrato l’Amato che aspettava da sempre, l’unico che ha dato “valore” infinito alla sua persona, compresi i difetti, perdonando ogni peccato, e promettendogli una vita nuova e sorprendente, piena e felice nella sua compagnia. La vita che non si sazia di selfie, ma ha nell’altro il luogo dove compiersi nell’amore.
Il cristiano, infatti, ha “trovato” questo “tesoro” grazie alle indicazioni fornitegli dalla predicazione della Chiesa. Ha pregustato, infatti, la gioia della Torah che ha fatto di Israele un Popolo diverso da tutti gli altri.
Sul Sinai Israele ha “trovato” l’unica “perla preziosa” per la quale vale la pena vivere. Nella Parola è stato “conosciuto, creato, chiamato e giustificato”, e ha “compreso come vivere con discernimento.
Per questo, anticamente, ogni uomo conquistato dalla bellezza e dall’autenticità della predicazione e della testimonianza della Chiesa, iniziava in essa un cammino di conversione e purificazione per giungere alle nozze con Cristo, alla Nuova ed eterna Alleanza preparata per lui.
Non a caso, l’eucarestia che, nella Chiesa primitiva, dava compimento a tutto il percorso catecumenale, era un arcano, un “tesoro nascosto” che veniva svelato ai catecumeni nella notte di Pasqua, solo dopo che erano rinati da acqua e da Spirito Santo.
Bisognava uscire da se stessi, e “scavare” per “tirarlo fuori”, ovvero scendere i gradini che separavano dalle acque del battesimo. Solo così gli scribi, ovvero i giudei che si avvicinavano alla Chiesa, “divenivano discepoli del Regno dei Cieli”.
Per questo si mettevano alla scuola della Chiesa che, all’origine, veniva dalla circoncisione, olivastro innestato sull’olivo buono, che per loro era proprio “come un padre di famiglia (secondo l’originale)” - la nuova famiglia cristiana che li accoglieva – “che estrae dal suo tesoro cose antiche e cose nuove”. La Torah illuminata da Cristo, ecco il tesoro!
A tutto questo siamo chiamati anche noi, che battezzati lo siamo già. Ma se non percorriamo un serio cammino di conversione rischiamo di finire come i pesci “inutili” della parabola.
Gesù sta parlando ai suoi, a me e a te, non al mondo, che non capirebbe. E ci dice che nella Chiesa molti sono stati presi nella “rete” della predicazione. Questa era come una sciabica, e formava una parete nel mare: trascinata a terra raccoglieva tutto quello che vi trovava, anche le impurità e i pesci non commestibili.
Così, molti hanno ascoltato l’annuncio, ma, nonostante il catecumenato, e forse anche il battesimo, non si sono convertiti. Continuano a scattarsi selfie, frustrando l’opera di Dio e la missione per la quale sono stati chiamati.
E tu, ed io? Abbiamo trovato il “tesoro”? Siamo, cioè, docili alla vanga della Parola e della guida della Chiesa che “scavando” ci educa per tirare fuori il meglio da ciascuno di noi, ovvero la nuova natura di figli di Dio plasmata dalla Parola e dai sacramenti?
Accettiamo che gli “angeli”, ovvero gli apostoli, ci visitino sulla “riva” delle nostre storie, e ci illuminino “separando” le opere buone e commestibili per gli altri dalle “inutili”, che, come il sale che ha perduto il sapore, non hanno alcuna utilità per la salvezza nostra e degli altri?
Stiamo “cercando“, prima e più di ogni altra cosa, la “perla preziosa”, ovvero il Regno di Dio e la sua Giustizia, per sperimentare il perdono e camminare in una vita “giusta” e crocifissa nel dono di noi stessi? Oppure cerchiamo la nostra giustizia, come il fariseo di un’altra parabola? Lo possiamo vedere se, tornando a casa dalle celebrazioni, siamo spinti a perdonare oppure no.
Abbiamo una missione, questo è il cuore del discernimento. E per il suo compimento essa tutto concorre al bene. Anche la solitudine, il disprezzo, le frustrazioni. Perché chi ha trovato la “perla preziosa”, che in epoca di Gesù era il massimo della ricchezza, uno status symbol come potrebbe essere una Ferrari; non ha bisogno di niente altro, mentre il discernimento la sa riconoscere con la sapienza divina.
Ha celebrato le nozze nell’amore che non si corrompe, e può lasciare tutto, vendere ogni bene, ma non per un eroismo moralistico o sentimentale, ma in virtù dell’evidenza che si impone nell’esperienza. Perché la vita è una Pasqua, va verso verso il Cielo, dove ci attende Cristo!
E’ felice, “pieno di gioia” si spoglia anche di se stesso, come San Francesco. A questo siamo chiamati, alla felicità che nessuno potrà mai toglierci, che sorge dalla certezza di essere per Cristo la “perla preziosa” per la quale ha dato tutto se stesso, il “tesoro nascosto” nel campo del demonio, per il quale si è nascosto anch’Egli nel sepolcro e così riscattarci. E farci risorgere con Lui.
*
La Perla nascosta nel nostro quotidiano
Lectio Divina per la 17ª Domenica del Tempo Ordinario - Anno A
Monsignor Francesco Follo, osservatore permanente della Santa Sede presso l'UNESCO a Parigi, offre oggi la seguente riflessione sulle letture liturgiche per la 17ª Domenica del Tempo Ordinario – Anno A.
Come di consueto, il presule offre anche una lettura patristica.
***
LECTIO DIVINA
La Perla nascosta nel nostro quotidiano
17ª Domenica del Tempo Ordinario – Anno A – 27 luglio 2014
Rito Romano
1 Re 3,5.7-12; Sal 118; Rm 8,28-30; Mt 13,44-52
Rito Ambrosiano
7ª Domenica dopo Pentecoste
Gs 4,1-9; Sal 77; Rm 3,29-31; Lc 13,22-30
1) Regno di Dio[1]è simile a…
Il brano evangelico della liturgia odierna conclude il cap.13° di Matteo e, insieme, il discorso in parabole di Gesù. Anche le tre brevi parabole proposte oggi sono relative al Regno di Dio, che è paragonato a un tesoro nascosto nel campo (Mt 13,44), al mercante in cerca di perle preziose (Ibid. 13,45), ad una rete gettata nel mare (Ibid 13,47)della vita.
Il Regno di Dio, sorgente di pace, di verità e di amore, consiste nella carità, pace, armonia, gioia e salvezza donate da Dio agli uomini, nel suo Figlio, Gesù Cristo Signore. E’ un’assoluta novità nella nostra vicenda storica e a questa novità – indicata nel messaggio delle prime due parabole “gemelle” del tesoro e della perla - occorre decidersi con prontezza e radicalità. Si pensi per esempio a Zaccheo, che “ subito scese dalla piante, andò a casa sua e vi accolse Gesù pieno di gioia offrendoGli la metà dei suoi beni per i poveri” (cfr. Lc 19, 6-8) o alla Samaritana, che nella gioia subito “lasciò la brocca, andò in città e disse alla gente: ‘Ho incontrato il Salvatore (cf Gv 4, 28-29).
Due sono le caratteristiche del Regno che l’evangelista sottolinea oggi: la preziosità (“il Regno dei Cieli è simile a un tesoro...; il Regno dei cieli è simile a un mercante che va in cerca di perle preziose") e la gioia (“l’uomo...va, pieno di gioia,...e compra quel campo”) per il bene supremo trovato, anche se non lo si cercava espressamente.
In effetti il contadino e il mercante trovano tesori in modi diversi. Il primo lo trova per caso, tra rovi e sassi, in un campo non suo, è folgorato dalla sorpresa. Il secondo trova la perla perché è un intenditore appassionato e sa bene quello che cerca. In ogni caso, è possibile a tutti incontrare Dio o essere incontrati da Dio.
Trovato il tesoro, l’uomo pieno di gioia va, vende tutti i suoi averi e compra quel campo. La gioia è il primo tesoro che il tesoro regala. Dio ci seduce ancora perché parla il linguaggio della gioia, che muove, mette fretta, fa decidere: “Ogni uomo segue quella strada dove il suo cuore gli dice che troverà la felicità” (sant'Agostino). La gioia duratura è il segno che stai camminando bene, sulla strada giusta.
Noi avanziamo nella vita non a colpi di volontà, ma per una passione, per scoperta di tesori (dov’è il tuo tesoro, là corre felice il tuo cuore: cfr sant’Agostino); avanziamo per innamoramenti e per la gioia che accendono. Vive chi avanza verso ciò che ama, verso che si ama: Cristo Gesù.
Il ritrovamento del tesoro o della perla fa di noi contadini o mercanti fortunati. Di ciò non dobbiamo vantarci, perché, in ultima analisi, è un dono gratuito di Dio. Un dono deve essere fonte di non vanto, ma di gratitudine e di responsabilità. Dobbiamo dire grazie a Colui che ci ha fatto “inciampare” in un tesoro, anzi in molti tesori, lungo molte strade, in molti giorni della nostra vita. Se guardiamo alla nostra vita, una cosa ci è chiara: abbiamo tanto cercato, in tanti libri, tra tante persone, abbiamo tanto cercato ma di meglio non ho trovato. Di meglio del Vangelo e della Chiesa proprio non si trova trovato. Vendere tutto per Cristo è l’affare più bello della nostra vita. Perché l’ha fatta diventare una vita intensa, vibrante, appassionata, gioiosa e pacificata, e spero anche, almeno un po’, qualcosa che serva a qualcuno. Abbiamo capito che rinunciare per Cristo è uguale a fiorire. Sceglie Cristo non è un puro e semplice dovere, è scegliere un tesoro che è pienezza d’umano, pace e forza, sorpresa, incanto e risurrezione. Dio non è un obbligo è una Perla.
Siamo grati al Signore, perché con lui la vita non è mai qualunque, mai banale, con Lui la vita è stupore, amore, pace, letizia.
3) Per Cristo noi siamo il tesoro e la perla.
Credo che non di distorcere il significato delle parabole di oggi se affermo che per Cristo siamo noi il tesoro e la perla, che ci ricompera con la “moneta” della sua vita offerta totalmente per noi.
Lui è il mercante e il contadino, che tira fuori dal campo della nostra vita: per ciascuno di noi, per tutti i nostri fratelli e sorelle. Lui rinnova il nostro cuore e da cuore di pietra lo trasforma in cuore di carne, un cuore buono, un cuore attento. È il nostro campo che matura tesori, in noi e per gli altri, che fa fiorire la rosa del mondo.
La terza parabola parla della rete che raccoglie tutto e poi dei pescatori che si siedono a scegliere il pesce. Essa ci ricorda che anche noi tutti siamo come pescatori, che nella vita, nel cuore, abbiamo raccolto di tutto, abbiamo tirato su cose buone e cose che non valevano niente.
Ora è il tempo dell’intelligenza del cuore, il momento di discernere, di conservare e anche di liberarsi da ciò che fa male.
Ora è il tempo di fare come l’ultima immagine del Vangelo oggi suggerisce: di fare come lo scriba diventato discepolo che trae fuori dal suo tesoro cose antiche e cose nuove.
Oggi ci è data questa bella notizia: ogni discepolo ha un tesoro, nessuno ne è privo. Quindi siamo invitati fortemente a guardare dentro di noi, nei nostri archivi interiori così ricchi di eventi, di parole, di incontri e felicità, di persone come tesori, di esperienze che dimentichiamo, non sappiamo gustare, che sprechiamo e non sappiamo accrescere.
Come a Messa osiamo dire il “Padre nostro”, oggi osiamo ancora chiedere a Dio Padre immeritati tesori. Ce ne ha già dati tanti. ChiediamoGli in dono anche occhi profondi, da scriba attento. Occhi sappiano vedere impigliati nella nostra rete i tesori raccolti nella nostra vita, breve o lunga che sia, i talenti ricevuti, le persone incontrate.
Questo cuore, diventato buono della bontà di Cristo, si in noi riconoscente come il cuore di un bambino.
3) Delle perle che hanno dato tutto per la Perla.
L’offerta di se stessi a Dio, riconosciuto come Perla, riguarda ogni cristiano, perché tutti siamo consacrati a Lui mediante il Battesimo. Tutti siamo chiamati ad offrirci al Padre con Gesù e come Gesù, facendo della nostra vita un dono generoso, nella famiglia, nel lavoro, nel servizio alla Chiesa, nelle opere di misericordia. Tuttavia, questa consacrazione è vissuta in modo particolare dai religiosi, dai monaci, alle donne consacrate nel mondo che hanno scelto di appartenere a Dio in modo pieno ed esclusivo. Totalmente consacrate a Dio, queste donne sono totalmente consegnate alle sorelle e ai fratelli, per portare la luce di Cristo nel mondo e per diffondere la sua speranza nei cuori sfiduciati. Il segno particolare che indica questo tipo di consacrazione è il velo, che il Vescovo mette sul loro capo dicendo: “Ricevi questo velo segno della tua consacrazione; non dimenticare mai che sei votata al servizio di cristo e del suo Corpo la Chiesa” (Rito di Consacrazione delle Vergini, n. 25)
Così intesa e vissuta, la vita consacrata appare proprio come essa è realmente: è un dono di Dio, un dono di Dio alla Chiesa, un dono di Dio al suo Popolo! Ogni persona consacrata è un dono per il Popolo di Dio in cammino.
In un certo senso, la vita consacrata porta in superficie ciò che è di tutti, facendosi al tempo stesso memoria e profezia, attesa e anticipo già ora di ciò che verrà. È in questo modo che la vita consacrata svolge il suo più importante servizio: farsi trasparenza del Vangelo - della radice del vangelo- interpellando così ogni cristiano, qualsiasi scelta abbia fatto.
*
LETTURA PATRISTICA
San Giovanni Crisostomo
Omelia sul Vangelo di Matteo, 47,2
"Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto in un campo: l’uomo che l’ha trovato, lo nasconde di nuovo e, fuor di sé dalla gioia, va, vende tutto quanto possiede, e compra quel campo. Inoltre il regno dei cieli è simile a un mercante che va in cerca di perle preziose; e trovata una perla di gran valore, va, vende tutto ciò che possiede e la compra" (Mt 13,44-46). Come le due parabole del granello di senape e del lievito non differiscono molto tra di loro, così anche le parabole del tesoro e della perla si assomigliano: sia l’una che l’altra fanno intendere che dobbiamo preferire e stimare il Vangelo al di sopra di tutto. Le parabole del lievito e del chicco di senape si riferiscono alla forza del Vangelo e mostrano che esso vincerà totalmente il mondo. Le due ultime parabole, invece, pongono in risalto il suo valore e il suo prezzo. Il Vangelo cresce infatti e si dilata come l’albero di senape ed ha il sopravvento sul mondo come il lievito sulla farina; d’altra parte, il Vangelo è prezioso come una perla, e procura vantaggi e gloria senza fine come un tesoro.
Con queste due ultime parabole noi apprendiamo non solo che è necessario spogliarci di tutti gli altri beni per abbracciare il Vangelo, ma che dobbiamo fare questo atto con gioia. Chi rinunzia a quanto possiede, deve essere persuaso che questo è un affare, non una perdita. Vedi come il Vangelo è nascosto nel mondo, al pari di un tesoro, e come esso racchiude in sé tutti i beni? Se non vendi tutto, non puoi acquistarlo e, se non hai un’anima che lo cerca con la stessa sollecitudine e con lo stesso ardore con cui si cerca un tesoro, non puoi trovarlo. Due condizioni sono assolutamente necessarie: tenersi lontani da tutto ciò che è terreno ed essere vigilanti. "Il regno dei cieli" - dice Gesù -"è simile a un mercante che va in cerca di perle preziose; e trovata una perla di gran valore, va, vende tutto ciò che possiede e la compra" (Mt 13,45-46). Una sola, infatti, è la verità e non è possibile dividerla in molte parti. E come chi possiede la perla sa di essere ricco, ma spesso la sua ricchezza sfugge agli occhi degli altri, perché egli la tiene nella mano, - non si tratta qui di peso e di grandezza materiale, - la stessa cosa accade del Vangelo: coloro che lo posseggono sanno di essere ricchi, mentre chi non crede, non conoscendo questo tesoro, ignora anche la nostra ricchezza.
A questo punto, tuttavia, per evitare che gli uomini confidino soltanto nella predicazione evangelica e credano che la sola fede basti a salvarli, il Signore aggiunge un’altra parabola piena di terrore. Quale? La parabola della rete. "Parimenti il regno dei cieli è simile a una rete che, gettata nel mare, raccoglie ogni sorta di pesci. Quando è piena, i pescatori la tirano a riva e, sedutisi, ripongono in ceste i buoni, buttando via i cattivi" (Mt 13,47-48). In che cosa differisce questa parabola da quella della zizzania? In realtà anche là alcuni uomini si salvano, mentre altri si dannano. Nella parabola della zizzania, tuttavia, gli uomini si perdono perché seguono dottrine eretiche e, ancor prima di questo, perché non ascoltano la parola di Dio; mentre coloro che sono raffigurati nei pesci cattivi si dannano per la malvagità della loro vita. Costoro sono senza dubbio i più miserabili di tutti, perché, dopo aver conosciuto la verità ed essere stati presi da questa rete spirituale, non hanno saputo neppure in tal modo salvarsi.
*
NOTA
[1] Il Regno di Dio, che la Chiesa annuncia come “meta ultima della storia”, è “regalità della verità” e dell'amore, e come tale è un “potere che non tramonta mai e che non sarà mai distrutto”, come invece accade per i regni terreni. Chi segue Gesù, dunque, non si lascia affascinare “dalla logica mondana” del potere ma risponde costantemente all’invito del Signore a “convertirsi sempre di nuovo” per “far emergere sempre la priorità di Dio e della sua volontà”. Così si è espresso Benedetto XVI durante la Solennità di Nostro Signore Gesù Cristo Re dell'Universo, celebrata i25 novembre 2012. Il Papa emerito ha ricordato come lo stesso regno di Dio non ha alcuna conformazione politica e “non si basa sulle armi e sulla violenza” ma sulla “apparente debolezza dell'amore che dona la vita”. Il riferimento, perciò, "non è al dominio, bensì alla verità", "l'unica che dà a tutte le cose la loro luce e la loro grandezza". La prima manifestazione del Regno, che è regno di giustizia, amore e pace, è dunque l'amore compassionevole con cui Gesù si china su chi soffre e lo libera dalla schiavitù del peccato e della malattia.
Nella 17.ma Domenica del Tempo ordinario, la liturgia ci presenta il Vangelo in cui Gesù parla del Regno dei Cieli mediante tre parabole: il tesoro nascosto nel campo, la perla preziosa, la rete gettata in mare:
“Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo; un uomo lo trova e lo nasconde; poi va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo”
La cosa che colpisce, nelle prime due brevi parabole di oggi, è la gioia che riempie il cuore dell’uomo che trova il tesoro nel campo: pieno di gioia, vende tutti i suoi averi per comprare quel campo; anche il mercante di perle, quando trova “una perla di grande valore”, “va, vende tutti i suoi averi” per comprarla. “Tesoro”, “perla preziosa”: è il Regno dei Cieli, è lo stesso Signore Gesù, colui che dà senso alla vita. “La gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù”, sono le parole con cui Papa Francesco apre la sua prima esortazione (Evangelii Gaudium). Senza questo incontro con Cristo, senza questo “tocco” esistenziale con lui, “non si ascolta più la voce di Dio, non si gode più della dolce gioia del suo amore, non palpita l’entusiasmo di fare il bene. Anche i credenti corrono questo rischio, certo e permanente” (n. 2). Quanto è importante oggi ritrovare, entrare “in questo fiume di gioia” (n. 6), per diventarne testimoni nel mondo: “La gioia del Vangelo che riempie la vita della comunità dei discepoli è una gioia missionaria” (n. 21), dice ancora il Papa, e ci grida: “Mi permetto di insistere: non lasciamoci rubare la gioia dell’evangelizzazione!” (n. 83). Il rischio è che senza questo “tesoro” possiamo trovarci anche noi tra i pesci cattivi che gli angeli separano dai buoni per gettarli nella “fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti”. Coraggio, se oggi sei triste e vuoto, l’Eucarestia a cui sei invitato può farti ritrovare la “perla preziosa”.
(don Ezechiele Pasotti, prefetto agli studi nel Collegio Diocesano missionario “Redemptoris Mater” di Roma)
MESSALE
Antifona d'Ingresso Sal 85,3.5
Abbi pietà di me, Signore,
perché ti invoco tutto il giorno:
tu sei buono e pronto al perdono,
sei pieno di misericordia con chi ti invoca.
Colletta
O Dio, nostro Padre, unica fonte di ogni dono perfetto, suscita in noi l'amore per te e ravviva la nostra fede, perché si sviluppi in noi il germe del bene e con il tuo aiuto maturi fino alla sua pienezza. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio...
Oppure:
Rinnovaci con il tuo Spirito di verità, o Padre, perché non ci lasciamo deviare dalle seduzioni del mondo, ma come veri discepoli, convocati dalla tua parola, sappiamo discernere ciò che è buono e a te gradito, per portare ogni giorno la croce sulle orme di Cristo nostra speranza. Egli è Dio...
LITURGIA DELLA PAROLA
Prima Lettura Ger 20, 7-9
La parola del Signore è diventata per me causa di vergogna.
Dal libro del profeta GeremiaMi hai sedotto, Signore, e io mi sono lasciato sedurre;
mi hai fatto violenza e hai prevalso.
Sono diventato oggetto di derisione ogni giorno;
ognuno si beffa di me.
Quando parlo, devo gridare,
devo urlare: «Violenza! Oppressione!».
Così la parola del Signore è diventata per me
causa di vergogna e di scherno tutto il giorno.
Mi dicevo: «Non penserò più a lui,
non parlerò più nel suo nome!».
Ma nel mio cuore c’era come un fuoco ardente,
trattenuto nelle mie ossa;
mi sforzavo di contenerlo,
ma non potevo.
Salmo Responsoriale Dal Salmo 62
Ha sete di te, Signore, l'anima mia.
O Dio, tu sei il mio Dio,
dall’aurora io ti cerco,
ha sete di te l’anima mia,
desidera te la mia carne
in terra arida, assetata, senz’acqua.
Così nel santuario ti ho contemplato,
guardando la tua potenza e la tua gloria.
Poiché il tuo amore vale più della vita,
le mie labbra canteranno la tua lode.
Così ti benedirò per tutta la vita:
nel tuo nome alzerò le mie mani.
Come saziato dai cibi migliori,
con labbra gioiose ti loderà la mia bocca.
Quando penso a te che sei stato il mio aiuto,
esulto di gioia all’ombra delle tue ali.
A te si stringe l’anima mia:
la tua destra mi sostiene.
Seconda Lettura Rm 12, 1-2
Offrite i vostri corpi come sacrificio vivente.
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai RomaniFratelli, vi esorto, per la misericordia di Dio, a offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio; è questo il vostro culto spirituale.
Non conformatevi a questo mondo, ma lasciatevi trasformare rinnovando il vostro modo di pensare, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto.
Canto al Vangelo Cf Ef 1,17-18
Alleluia, alleluia.
Il Padre del Signore nostro Gesù Cristo
illumini gli occhi del nostro cuore
per farci comprendere a quale speranza ci ha chiamati.
Alleluia.
Vangelo Mt 16, 21-27
Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso.
Dal vangelo secondo MatteoIn quel tempo, Gesù cominciò a spiegare ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani, dei capi dei sacerdoti e degli scribi, e venire ucciso e risorgere il terzo giorno.
Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo dicendo: «Dio non voglia, Signore; questo non ti accadrà mai». Ma egli, voltandosi, disse a Pietro: «Va’ dietro a me, Satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!».
Allora Gesù disse ai suoi discepoli: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà.
Infatti quale vantaggio avrà un uomo se guadagnerà il mondo intero, ma perderà la propria vita? O che cosa un uomo potrà dare in cambio della propria vita?
Perché il Figlio dell’uomo sta per venire nella gloria del Padre suo, con i suoi angeli, e allora renderà a ciascuno secondo le sue azioni».
COMMENTO
Senza discernimento non si può seguire il Signore
Commento al Vangelo della XVII Domenica del Tempo Ordinario - Anno A
“Avete compreso tutte queste cose?”. Questa domenica il Signore ci viene incontro chiedendoci se abbiamo preso-con noi le “cose nuove e quelle vecchie” che la Parola di Dio nasconde; se abbiamo discernimento per orientarci nella vita.
Esso, infatti, è la caratteristica fondamentale di ogni cristiano. Senza discernimento non si può seguire il Signore, si è vittime della storia e preda degli eventi, ripiegati su se stessi, ovvero incapaci di amare.
Vediamo, quanti “selfie” ci facciamo ogni giorno? Quanti ne scattano i nostri figli? Sembra che il senso e l’obiettivo di qualunque cosa facciamo sia lo scattarsi una foto e postarla. Viaggi e gite, pranzi e cene, magliette e gonne nuove, i pomodori piantati in giardino, perfino una corsa nel parco con il cane, tutto è irrimediabilmente destinato all’autoscatto, metafora triste dell’autocompiacimento che cerchiamo nelle cose e nelle persone.
Per l’uomo vecchio schiavo della carne e dei suoi desideri, infatti, tutto è "auto": autostima, autogestione, autocoscienza, autoironia, autoerotismo, riflessi di una generazione affetta da un inguaribile autismo dell’anima.
L'altro è, semplicemente, uno specchio dove rifrangere la propria immagine; non esiste, vive nel prolungamento del proprio ego. Non serve neanche a farci una foto, oggi nemmeno un figlio…
Vive attaccato a un respiratore artificiale, lo sguardo dell'altro. Altro che Parola creatrice, sono gli occhi del mondo a dargli vita; una volta chiusi muore nell’insignificanza.
Anche noi abbiamo dato “valore” a “perle” finte, considerando un “tesoro” essere importanti per gli altri. E' triste una vita stretta nel sandwich crudele del risparmio energetico di uno smartphone… Eppure è la vita di chi non “comprende” le Parole del Signore.
Ma anche oggi, come ogni giorno sino “alla fine del mondo”, il Signore “manda i suoi angeli a separare i pesci buoni da quelli inutili (secondo l’originale greco)”.
Hai dato valore a ciò che non ne ha? Rapidamente sarà “gettato nel fuoco ardente”, non ti preoccupare. Dove sono finiti i selfie che ti sei scattato una settimana fa? Nello stesso “trash” dove è finita quella gita e quella cena, il cestino dove forse, con la foto, hai gettato il tuo matrimonio, quell’amicizia, quel rapporto sessuale scatenato dagli ormoni in libera uscita.
La vita è seria, e porta con sé le conseguenze di ogni pensiero, parola e gesto. Non si scappa, o sono “buoni”, o “inutili”, cattivi e dannosi. Chi non ha discernimento continuerà a confonderli, prendendo un selfie appena sfornato sui social networks per compimento e felicità.
Ma non siamo nati per questo; piuttosto per esserne salvati dalla Chiesa, la barca che, con Cristo a bordo, solca il mare per approdare “all’altra riva”: “come infatti, il mare simboleggia il tempo, così la spiaggia indica la fine, e la riva segnerà che cosa la rete, cioè la Chiesa, aveva pescato” (San Gregorio Magno).
E che cosa aveva pescato? Noi, insieme ai fratelli. Anche le parabole di questa domenica, infatti, sono spiegate “in casa”, nell’intimità della comunità. Ci parlano della “gioia” di chi ha incontrato l’Amato che aspettava da sempre, l’unico che ha dato “valore” infinito alla sua persona, compresi i difetti, perdonando ogni peccato, e promettendogli una vita nuova e sorprendente, piena e felice nella sua compagnia. La vita che non si sazia di selfie, ma ha nell’altro il luogo dove compiersi nell’amore.
Il cristiano, infatti, ha “trovato” questo “tesoro” grazie alle indicazioni fornitegli dalla predicazione della Chiesa. Ha pregustato, infatti, la gioia della Torah che ha fatto di Israele un Popolo diverso da tutti gli altri.
Sul Sinai Israele ha “trovato” l’unica “perla preziosa” per la quale vale la pena vivere. Nella Parola è stato “conosciuto, creato, chiamato e giustificato”, e ha “compreso come vivere con discernimento.
Per questo, anticamente, ogni uomo conquistato dalla bellezza e dall’autenticità della predicazione e della testimonianza della Chiesa, iniziava in essa un cammino di conversione e purificazione per giungere alle nozze con Cristo, alla Nuova ed eterna Alleanza preparata per lui.
Non a caso, l’eucarestia che, nella Chiesa primitiva, dava compimento a tutto il percorso catecumenale, era un arcano, un “tesoro nascosto” che veniva svelato ai catecumeni nella notte di Pasqua, solo dopo che erano rinati da acqua e da Spirito Santo.
Bisognava uscire da se stessi, e “scavare” per “tirarlo fuori”, ovvero scendere i gradini che separavano dalle acque del battesimo. Solo così gli scribi, ovvero i giudei che si avvicinavano alla Chiesa, “divenivano discepoli del Regno dei Cieli”.
Per questo si mettevano alla scuola della Chiesa che, all’origine, veniva dalla circoncisione, olivastro innestato sull’olivo buono, che per loro era proprio “come un padre di famiglia (secondo l’originale)” - la nuova famiglia cristiana che li accoglieva – “che estrae dal suo tesoro cose antiche e cose nuove”. La Torah illuminata da Cristo, ecco il tesoro!
A tutto questo siamo chiamati anche noi, che battezzati lo siamo già. Ma se non percorriamo un serio cammino di conversione rischiamo di finire come i pesci “inutili” della parabola.
Gesù sta parlando ai suoi, a me e a te, non al mondo, che non capirebbe. E ci dice che nella Chiesa molti sono stati presi nella “rete” della predicazione. Questa era come una sciabica, e formava una parete nel mare: trascinata a terra raccoglieva tutto quello che vi trovava, anche le impurità e i pesci non commestibili.
Così, molti hanno ascoltato l’annuncio, ma, nonostante il catecumenato, e forse anche il battesimo, non si sono convertiti. Continuano a scattarsi selfie, frustrando l’opera di Dio e la missione per la quale sono stati chiamati.
E tu, ed io? Abbiamo trovato il “tesoro”? Siamo, cioè, docili alla vanga della Parola e della guida della Chiesa che “scavando” ci educa per tirare fuori il meglio da ciascuno di noi, ovvero la nuova natura di figli di Dio plasmata dalla Parola e dai sacramenti?
Accettiamo che gli “angeli”, ovvero gli apostoli, ci visitino sulla “riva” delle nostre storie, e ci illuminino “separando” le opere buone e commestibili per gli altri dalle “inutili”, che, come il sale che ha perduto il sapore, non hanno alcuna utilità per la salvezza nostra e degli altri?
Stiamo “cercando“, prima e più di ogni altra cosa, la “perla preziosa”, ovvero il Regno di Dio e la sua Giustizia, per sperimentare il perdono e camminare in una vita “giusta” e crocifissa nel dono di noi stessi? Oppure cerchiamo la nostra giustizia, come il fariseo di un’altra parabola? Lo possiamo vedere se, tornando a casa dalle celebrazioni, siamo spinti a perdonare oppure no.
Abbiamo una missione, questo è il cuore del discernimento. E per il suo compimento essa tutto concorre al bene. Anche la solitudine, il disprezzo, le frustrazioni. Perché chi ha trovato la “perla preziosa”, che in epoca di Gesù era il massimo della ricchezza, uno status symbol come potrebbe essere una Ferrari; non ha bisogno di niente altro, mentre il discernimento la sa riconoscere con la sapienza divina.
Ha celebrato le nozze nell’amore che non si corrompe, e può lasciare tutto, vendere ogni bene, ma non per un eroismo moralistico o sentimentale, ma in virtù dell’evidenza che si impone nell’esperienza. Perché la vita è una Pasqua, va verso verso il Cielo, dove ci attende Cristo!
E’ felice, “pieno di gioia” si spoglia anche di se stesso, come San Francesco. A questo siamo chiamati, alla felicità che nessuno potrà mai toglierci, che sorge dalla certezza di essere per Cristo la “perla preziosa” per la quale ha dato tutto se stesso, il “tesoro nascosto” nel campo del demonio, per il quale si è nascosto anch’Egli nel sepolcro e così riscattarci. E farci risorgere con Lui.
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La Perla nascosta nel nostro quotidiano
Lectio Divina per la 17ª Domenica del Tempo Ordinario - Anno A
Monsignor Francesco Follo, osservatore permanente della Santa Sede presso l'UNESCO a Parigi, offre oggi la seguente riflessione sulle letture liturgiche per la 17ª Domenica del Tempo Ordinario – Anno A.
Come di consueto, il presule offre anche una lettura patristica.
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LECTIO DIVINA
La Perla nascosta nel nostro quotidiano
17ª Domenica del Tempo Ordinario – Anno A – 27 luglio 2014
Rito Romano
1 Re 3,5.7-12; Sal 118; Rm 8,28-30; Mt 13,44-52
Rito Ambrosiano
7ª Domenica dopo Pentecoste
Gs 4,1-9; Sal 77; Rm 3,29-31; Lc 13,22-30
1) Regno di Dio[1]è simile a…
Il brano evangelico della liturgia odierna conclude il cap.13° di Matteo e, insieme, il discorso in parabole di Gesù. Anche le tre brevi parabole proposte oggi sono relative al Regno di Dio, che è paragonato a un tesoro nascosto nel campo (Mt 13,44), al mercante in cerca di perle preziose (Ibid. 13,45), ad una rete gettata nel mare (Ibid 13,47)della vita.
Il Regno di Dio, sorgente di pace, di verità e di amore, consiste nella carità, pace, armonia, gioia e salvezza donate da Dio agli uomini, nel suo Figlio, Gesù Cristo Signore. E’ un’assoluta novità nella nostra vicenda storica e a questa novità – indicata nel messaggio delle prime due parabole “gemelle” del tesoro e della perla - occorre decidersi con prontezza e radicalità. Si pensi per esempio a Zaccheo, che “ subito scese dalla piante, andò a casa sua e vi accolse Gesù pieno di gioia offrendoGli la metà dei suoi beni per i poveri” (cfr. Lc 19, 6-8) o alla Samaritana, che nella gioia subito “lasciò la brocca, andò in città e disse alla gente: ‘Ho incontrato il Salvatore (cf Gv 4, 28-29).
Due sono le caratteristiche del Regno che l’evangelista sottolinea oggi: la preziosità (“il Regno dei Cieli è simile a un tesoro...; il Regno dei cieli è simile a un mercante che va in cerca di perle preziose") e la gioia (“l’uomo...va, pieno di gioia,...e compra quel campo”) per il bene supremo trovato, anche se non lo si cercava espressamente.
In effetti il contadino e il mercante trovano tesori in modi diversi. Il primo lo trova per caso, tra rovi e sassi, in un campo non suo, è folgorato dalla sorpresa. Il secondo trova la perla perché è un intenditore appassionato e sa bene quello che cerca. In ogni caso, è possibile a tutti incontrare Dio o essere incontrati da Dio.
Trovato il tesoro, l’uomo pieno di gioia va, vende tutti i suoi averi e compra quel campo. La gioia è il primo tesoro che il tesoro regala. Dio ci seduce ancora perché parla il linguaggio della gioia, che muove, mette fretta, fa decidere: “Ogni uomo segue quella strada dove il suo cuore gli dice che troverà la felicità” (sant'Agostino). La gioia duratura è il segno che stai camminando bene, sulla strada giusta.
Noi avanziamo nella vita non a colpi di volontà, ma per una passione, per scoperta di tesori (dov’è il tuo tesoro, là corre felice il tuo cuore: cfr sant’Agostino); avanziamo per innamoramenti e per la gioia che accendono. Vive chi avanza verso ciò che ama, verso che si ama: Cristo Gesù.
Il ritrovamento del tesoro o della perla fa di noi contadini o mercanti fortunati. Di ciò non dobbiamo vantarci, perché, in ultima analisi, è un dono gratuito di Dio. Un dono deve essere fonte di non vanto, ma di gratitudine e di responsabilità. Dobbiamo dire grazie a Colui che ci ha fatto “inciampare” in un tesoro, anzi in molti tesori, lungo molte strade, in molti giorni della nostra vita. Se guardiamo alla nostra vita, una cosa ci è chiara: abbiamo tanto cercato, in tanti libri, tra tante persone, abbiamo tanto cercato ma di meglio non ho trovato. Di meglio del Vangelo e della Chiesa proprio non si trova trovato. Vendere tutto per Cristo è l’affare più bello della nostra vita. Perché l’ha fatta diventare una vita intensa, vibrante, appassionata, gioiosa e pacificata, e spero anche, almeno un po’, qualcosa che serva a qualcuno. Abbiamo capito che rinunciare per Cristo è uguale a fiorire. Sceglie Cristo non è un puro e semplice dovere, è scegliere un tesoro che è pienezza d’umano, pace e forza, sorpresa, incanto e risurrezione. Dio non è un obbligo è una Perla.
Siamo grati al Signore, perché con lui la vita non è mai qualunque, mai banale, con Lui la vita è stupore, amore, pace, letizia.
3) Per Cristo noi siamo il tesoro e la perla.
Credo che non di distorcere il significato delle parabole di oggi se affermo che per Cristo siamo noi il tesoro e la perla, che ci ricompera con la “moneta” della sua vita offerta totalmente per noi.
Lui è il mercante e il contadino, che tira fuori dal campo della nostra vita: per ciascuno di noi, per tutti i nostri fratelli e sorelle. Lui rinnova il nostro cuore e da cuore di pietra lo trasforma in cuore di carne, un cuore buono, un cuore attento. È il nostro campo che matura tesori, in noi e per gli altri, che fa fiorire la rosa del mondo.
La terza parabola parla della rete che raccoglie tutto e poi dei pescatori che si siedono a scegliere il pesce. Essa ci ricorda che anche noi tutti siamo come pescatori, che nella vita, nel cuore, abbiamo raccolto di tutto, abbiamo tirato su cose buone e cose che non valevano niente.
Ora è il tempo dell’intelligenza del cuore, il momento di discernere, di conservare e anche di liberarsi da ciò che fa male.
Ora è il tempo di fare come l’ultima immagine del Vangelo oggi suggerisce: di fare come lo scriba diventato discepolo che trae fuori dal suo tesoro cose antiche e cose nuove.
Oggi ci è data questa bella notizia: ogni discepolo ha un tesoro, nessuno ne è privo. Quindi siamo invitati fortemente a guardare dentro di noi, nei nostri archivi interiori così ricchi di eventi, di parole, di incontri e felicità, di persone come tesori, di esperienze che dimentichiamo, non sappiamo gustare, che sprechiamo e non sappiamo accrescere.
Come a Messa osiamo dire il “Padre nostro”, oggi osiamo ancora chiedere a Dio Padre immeritati tesori. Ce ne ha già dati tanti. ChiediamoGli in dono anche occhi profondi, da scriba attento. Occhi sappiano vedere impigliati nella nostra rete i tesori raccolti nella nostra vita, breve o lunga che sia, i talenti ricevuti, le persone incontrate.
Questo cuore, diventato buono della bontà di Cristo, si in noi riconoscente come il cuore di un bambino.
3) Delle perle che hanno dato tutto per la Perla.
L’offerta di se stessi a Dio, riconosciuto come Perla, riguarda ogni cristiano, perché tutti siamo consacrati a Lui mediante il Battesimo. Tutti siamo chiamati ad offrirci al Padre con Gesù e come Gesù, facendo della nostra vita un dono generoso, nella famiglia, nel lavoro, nel servizio alla Chiesa, nelle opere di misericordia. Tuttavia, questa consacrazione è vissuta in modo particolare dai religiosi, dai monaci, alle donne consacrate nel mondo che hanno scelto di appartenere a Dio in modo pieno ed esclusivo. Totalmente consacrate a Dio, queste donne sono totalmente consegnate alle sorelle e ai fratelli, per portare la luce di Cristo nel mondo e per diffondere la sua speranza nei cuori sfiduciati. Il segno particolare che indica questo tipo di consacrazione è il velo, che il Vescovo mette sul loro capo dicendo: “Ricevi questo velo segno della tua consacrazione; non dimenticare mai che sei votata al servizio di cristo e del suo Corpo la Chiesa” (Rito di Consacrazione delle Vergini, n. 25)
Così intesa e vissuta, la vita consacrata appare proprio come essa è realmente: è un dono di Dio, un dono di Dio alla Chiesa, un dono di Dio al suo Popolo! Ogni persona consacrata è un dono per il Popolo di Dio in cammino.
In un certo senso, la vita consacrata porta in superficie ciò che è di tutti, facendosi al tempo stesso memoria e profezia, attesa e anticipo già ora di ciò che verrà. È in questo modo che la vita consacrata svolge il suo più importante servizio: farsi trasparenza del Vangelo - della radice del vangelo- interpellando così ogni cristiano, qualsiasi scelta abbia fatto.
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LETTURA PATRISTICA
San Giovanni Crisostomo
Omelia sul Vangelo di Matteo, 47,2
"Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto in un campo: l’uomo che l’ha trovato, lo nasconde di nuovo e, fuor di sé dalla gioia, va, vende tutto quanto possiede, e compra quel campo. Inoltre il regno dei cieli è simile a un mercante che va in cerca di perle preziose; e trovata una perla di gran valore, va, vende tutto ciò che possiede e la compra" (Mt 13,44-46). Come le due parabole del granello di senape e del lievito non differiscono molto tra di loro, così anche le parabole del tesoro e della perla si assomigliano: sia l’una che l’altra fanno intendere che dobbiamo preferire e stimare il Vangelo al di sopra di tutto. Le parabole del lievito e del chicco di senape si riferiscono alla forza del Vangelo e mostrano che esso vincerà totalmente il mondo. Le due ultime parabole, invece, pongono in risalto il suo valore e il suo prezzo. Il Vangelo cresce infatti e si dilata come l’albero di senape ed ha il sopravvento sul mondo come il lievito sulla farina; d’altra parte, il Vangelo è prezioso come una perla, e procura vantaggi e gloria senza fine come un tesoro.
Con queste due ultime parabole noi apprendiamo non solo che è necessario spogliarci di tutti gli altri beni per abbracciare il Vangelo, ma che dobbiamo fare questo atto con gioia. Chi rinunzia a quanto possiede, deve essere persuaso che questo è un affare, non una perdita. Vedi come il Vangelo è nascosto nel mondo, al pari di un tesoro, e come esso racchiude in sé tutti i beni? Se non vendi tutto, non puoi acquistarlo e, se non hai un’anima che lo cerca con la stessa sollecitudine e con lo stesso ardore con cui si cerca un tesoro, non puoi trovarlo. Due condizioni sono assolutamente necessarie: tenersi lontani da tutto ciò che è terreno ed essere vigilanti. "Il regno dei cieli" - dice Gesù -"è simile a un mercante che va in cerca di perle preziose; e trovata una perla di gran valore, va, vende tutto ciò che possiede e la compra" (Mt 13,45-46). Una sola, infatti, è la verità e non è possibile dividerla in molte parti. E come chi possiede la perla sa di essere ricco, ma spesso la sua ricchezza sfugge agli occhi degli altri, perché egli la tiene nella mano, - non si tratta qui di peso e di grandezza materiale, - la stessa cosa accade del Vangelo: coloro che lo posseggono sanno di essere ricchi, mentre chi non crede, non conoscendo questo tesoro, ignora anche la nostra ricchezza.
A questo punto, tuttavia, per evitare che gli uomini confidino soltanto nella predicazione evangelica e credano che la sola fede basti a salvarli, il Signore aggiunge un’altra parabola piena di terrore. Quale? La parabola della rete. "Parimenti il regno dei cieli è simile a una rete che, gettata nel mare, raccoglie ogni sorta di pesci. Quando è piena, i pescatori la tirano a riva e, sedutisi, ripongono in ceste i buoni, buttando via i cattivi" (Mt 13,47-48). In che cosa differisce questa parabola da quella della zizzania? In realtà anche là alcuni uomini si salvano, mentre altri si dannano. Nella parabola della zizzania, tuttavia, gli uomini si perdono perché seguono dottrine eretiche e, ancor prima di questo, perché non ascoltano la parola di Dio; mentre coloro che sono raffigurati nei pesci cattivi si dannano per la malvagità della loro vita. Costoro sono senza dubbio i più miserabili di tutti, perché, dopo aver conosciuto la verità ed essere stati presi da questa rete spirituale, non hanno saputo neppure in tal modo salvarsi.
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NOTA
[1] Il Regno di Dio, che la Chiesa annuncia come “meta ultima della storia”, è “regalità della verità” e dell'amore, e come tale è un “potere che non tramonta mai e che non sarà mai distrutto”, come invece accade per i regni terreni. Chi segue Gesù, dunque, non si lascia affascinare “dalla logica mondana” del potere ma risponde costantemente all’invito del Signore a “convertirsi sempre di nuovo” per “far emergere sempre la priorità di Dio e della sua volontà”. Così si è espresso Benedetto XVI durante la Solennità di Nostro Signore Gesù Cristo Re dell'Universo, celebrata i25 novembre 2012. Il Papa emerito ha ricordato come lo stesso regno di Dio non ha alcuna conformazione politica e “non si basa sulle armi e sulla violenza” ma sulla “apparente debolezza dell'amore che dona la vita”. Il riferimento, perciò, "non è al dominio, bensì alla verità", "l'unica che dà a tutte le cose la loro luce e la loro grandezza". La prima manifestazione del Regno, che è regno di giustizia, amore e pace, è dunque l'amore compassionevole con cui Gesù si china su chi soffre e lo libera dalla schiavitù del peccato e della malattia.
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