Santa Maria,

Santa Maria,
...donna del primo sguardo, donaci la grazia dello stupore.

mercoledì 31 luglio 2013

Sant’Ignazio di Loyola


La personalità di sant'Ignazio è molto ricca e complessa e io non ho la pretesa di presentarla. Voglio soltanto considerarne due aspetti: la grazia che egli aveva di trovare Dio in tutto e la ricerca perseverante della volontà di Dio, nella luce di Cristo. 

Ignazio ha avuto la grazia di vedere Dio in tutto; di contemplarlo nella creazione, nella storia, di trovarlo non soltanto nelle cerimonie religiose ma nelle azioni di ogni giorno e in ogni circostanza: dicono che egli si commuoveva fino alle lacrime davanti a un fiorellino, perché in esso vedeva la bellezza di Dio. E incoraggiava i suoi compagni a vedere in tutto la gloria di Dio, a trovare Dio in tutto, ad amare Dio in tutto. Trovare Dio in tutto è un segreto molto importante per la vita spirituale. Dio non è un essere solitario, che se ne sta in cielo: è un Dio presente in tutto, e non solo presente, ma che agisce in tutto, e sempre con il suo amore. 
La ricerca di Dio per sant'Ignazio era una realtà e non un sogno indistinto, non lo cercava con l'immaginazione e la sensibilità; voleva realmente trovarlo e per questo ricercava in tutto la volontà di Dio. Era un uomo riflessivo, che studiava, esaminava e cercava con pazienza la soluzione più giusta, Proprio come dice il Vangelo che leggiamo oggi: "Chi di voi, volendo costruire una torre, non si siede prima a calcolarne la spesa?", lui cercava la volontà di Dio e sapeva che la dobbiamo trovare nelle azioni che scegliamo di compiere. Se non scegliamo azioni in cui possiamo incontrare Dio, che possiamo compiere con lui e che corrispondono al suo desiderio, non troviamo veramente Dio e viviamo una spiritualità irreale, velleitaria. 
Ignazio confidava di poter trovare la volontà di Dio mediante la preghiera, nelle consolazioni e nelle desolazioni dello spirito. Quando si trattava di cose importanti egli rifletteva per settimane intere, pregava, offriva la Messa, per trovare quello che Dio voleva. Così la ricerca di Dio era molto concreta, e altrettanto concreto il suo vivere con Dio.
E tutto ciò avveniva nella luce di Cristo. Egli aveva capito che non è possibile andare a Dio senza passare per Cristo, che in Gesù abbiamo il re dell'universo che ci insegna, anzi che è la via per giungere al Padre e che quindi la volontà di Dio si trova meditando la vita di Cristo, confrontando la sua vita con la nostra. Invece di proporci riflessioni sulla nostra vita, Ignazio ci fa riflettere sui misteri di Cristo: così avremo luce sulla volontà di Dio, una luce che ci arriva attraverso Cristo. 
Egli ebbe un desiderio ardente di conoscere Cristo intimamente, di amarlo, di servirlo per sempre con tutto se stesso. E ricevette la risposta del Padre a La Storta, in una visione che lo colmò di gioia: "Io voglio che tu mi serva". Servire il Padre e il Figlio, il Padre per mezzo del Figlio fu la felicità di sant'Ignazio, in un amore totale: trovare Dio e trovarlo nell'essere compagno di Cristo.

Il tesoro della vita


La Liturgia di oggi Mercoledi 31 Luglio 2013

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    Sant’Ignazio di Loyola
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Grado della Celebrazione: Memoria

Colore liturgico: Bianco
Antifona d'ingresso

Nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi
in cielo, in terra e sotto terra,
e ogni lingua proclami che Gesù è il Signore
a gloria di Dio Padre. (Fil 2,10-11)
Colletta

O Dio, che a gloria del tuo nome
hai suscitato nella Chiesa
sant’Ignazio di Loyola, concedi anche a noi,
con il suo aiuto e il suo esempio,
di combattere la buona battaglia del Vangelo,
per ricevere in cielo la corona dei santi.
Per il nostro Signore Gesù Cristo...
PRIMA LETTURA (Es 34,29-35)

Vedendo che la pelle del suo viso era raggiante, ebbero timore di avvicinarsi a Mosè.
Dal libro dell’Èsodo


Quando Mosè scese dal monte Sinai – le due tavole della Testimonianza si trovavano nelle mani di Mosè mentre egli scendeva dal monte – non sapeva che la pelle del suo viso era diventata raggiante, poiché aveva conversato con il Signore.
Ma Aronne e tutti gli Israeliti, vedendo che la pelle del suo viso era raggiante, ebbero timore di avvicinarsi a lui. Mosè allora li chiamò, e Aronne, con tutti i capi della comunità, tornò da lui. Mosè parlò a loro. Si avvicinarono dopo di loro tutti gli Israeliti ed egli ingiunse loro ciò che il Signore gli aveva ordinato sul monte Sinai.
Quando Mosè ebbe finito di parlare a loro, si pose un velo sul viso. Quando entrava davanti al Signore per parlare con lui, Mosè si toglieva il velo, fin quando non fosse uscito. Una volta uscito, riferiva agli Israeliti ciò che gli era stato ordinato.
Gli Israeliti, guardando in faccia Mosè, vedevano che la pelle del suo viso era raggiante. Poi egli si rimetteva il velo sul viso, fin quando non fosse di nuovo entrato a parlare con il Signore.

Parola di Dio
SALMO RESPONSORIALE (Sal 98)

Rit: Tu sei santo, Signore, nostro Dio.
Esaltate il Signore, nostro Dio,

prostratevi allo sgabello dei suoi piedi.
Egli è santo!

Mosè e Aronne tra i suoi sacerdoti,
Samuèle tra quanti invocavano il suo nome:
invocavano il Signore ed egli rispondeva.

Parlava loro da una colonna di nubi:
custodivano i suoi insegnamenti
e il precetto che aveva loro dato.

Signore, nostro Dio, tu li esaudivi,
eri per loro un Dio che perdona,
pur castigando i loro peccati.

Esaltate il Signore, nostro Dio,
prostratevi davanti alla sua santa montagna,
perché santo è il Signore, nostro Dio!
Canto al Vangelo (Gv 15,15)

Alleluia, alleluia.
Vi ho chiamato amici, dice il Signore,
perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio
l’ho fatto conoscere a voi.
Alleluia.
VANGELO (Mt 13,44-46)

Vende tutti i suoi averi e compra quel campo.
Dal Vangelo secondo Matteo


In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli:
«Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo; un uomo lo trova e lo nasconde; poi va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo.
Il regno dei cieli è simile anche a un mercante che va in cerca di perle preziose; trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra».

Parola del Signore


*


Lettura 
La luce sul volto di Mosè motiva il timore di avvicinarsi, ma suscita gioia. La rivelazione del Regno come un tesoro svela lo scopo della vita che, per esso, può essere spesa.
Meditazione
Gesù continua, rivelando alle folle la realtà del Regno, le confidenze ai discepoli, ai suoi amici. È grande la promessa che viene loro offerta. Gesù va al cuore del problema. Non si tratta di scelte comportamentali che devono caratterizzare i suoi seguaci, ma rivela la grande prospettiva di salvezza. È davanti a loro il Regno di Dio che si dona all’uomo che lo cerca. Un Regno non paragonabile alle cose della terra per le quali spesso l’uomo si spende fino a rischiare di perdere tutto. L’uomo è sempre alla ricerca di un tesoro, del suo tesoro. Ma qual è il tesoro dell’uomo? Il successo? Chi lo raggiunge, prima o poi, lo perde e rimane senza uno scopo nella vita. Chi non lo raggiunge ne soffre. Comunque, l’uomo, morendo, non porta nulla con sé. Eppure desidera raggiungere la felicità, ma quella vera, quella che non finisce. Chi potrà garantirla? Gesù la promette. È il Regno dei Cieli la meta della storia terrena. È Dio lo scopo dell’uomo, è la felicità il desiderio dell’uomo semplice, è l’infinito il traguardo dell’uomo finito. Molto efficaci sono i paragoni che Gesù presenta. Se un contadino intravede, in un campo, la presenza di un tesoro vero, è pronto a vendere tutto quello che ha per comprare quel campo. Se ne diventa proprietario entra in possesso del tesoro e sarà grande la sua gioia. Così il mercante di perle, conoscitore esperto di cose preziose, se individua una perla di raro valore che vale più di tutte quelle che possiede, non esita a vendere tutto pur di averla. Sarà la sua fortuna. Sono due scoperte analoghe. Si manifesta un grande interesse perché alla vendita corrisponde un grande guadagno. Quello che si acquista vale più di ciò che si perde. Questo avviene nella logica umana. Gesù, il Salvatore dell’uomo, viene per offrire ad ogni uomo che geme e soffre per il suo domani, il vero tesoro, la vera perla che assicura la felicità: il regno di Dio. Il Regno di Dio vale più delle cose, più della vita. Ha un valore primario per cui si deve essere pronti a sacrificare ogni altra realtà. Il Signore, la sua amicizia, il suo amore, la salvezza eterna sono il tesoro che nessuno può rubarci. Sappiamolo scegliere.
Preghiera:
Come ogni uomo sono alla ricerca della gioia vera. Grazie Signore di avermi indicato la strada per raggiungere il tesoro che mi appagherà in eterno.
Agire:
Nell’amore di Dio e nell’amore del prossimo scoprirò già oggi, presente nella mia vita, il tesoro nascosto che voglio trovare e possedere, perché mi interessa la felicità vera e duratura.
Meditazione del giorno a cura di S.E.R. Mons. Rocco Talucci, Arcivescovo emerito di Brindisi-Ostuni, tratta dal mensile Messa Meditazione, per gentile concessione di Edizioni ART.

martedì 30 luglio 2013

«Colui che semina il buon seme è il Figlio dell’uomo. Il campo è il mondo e il seme buono sono i figli del Regno. La zizzania sono i figli del Maligno e il nemico ...

 Esperienza contagiosa di fede



A colloquio con il cardinale Rodríguez Maradiaga sulla gmg di Rio de Janeiro. >>> continua

 

La responsabilità della scelta



La Liturgia di oggi Martedi 30 Luglio 2013
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    Martedì della XVII settimana del Tempo Ordinario (Anno dispari)
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Grado della Celebrazione: Feria
Colore liturgico: Verde
Antifona d'ingresso
Dio sta nella sua santa dimora;
ai derelitti fa abitare una casa,
e dà forza e vigore al suo popolo. (Sal 68,6-7.36)
Colletta
O Dio, nostra forza e nostra speranza,
senza di te nulla esiste di valido e di santo;
effondi su di noi la tua misericordia
perché, da te sorretti e guidati,
usiamo saggiamente dei beni terreni
nella continua ricerca dei beni eterni.
Per il nostro Signore Gesù Cristo...
PRIMA LETTURA (Es 33,7-11; 34,5-9.28)
Il Signore parlava con Mosè faccia a faccia.
Dal libro dell’Èsodo

In quei giorni, Mosè prendeva la tenda e la piantava fuori dell’accampamento, a una certa distanza dall’accampamento, e l’aveva chiamata tenda del convegno; appunto a questa tenda del convegno, posta fuori dell’accampamento, si recava chiunque volesse consultare il Signore.
Quando Mosè usciva per recarsi alla tenda, tutto il popolo si alzava in piedi, stando ciascuno all’ingresso della sua tenda: seguivano con lo sguardo Mosè, finché non fosse entrato nella tenda. Quando Mosè entrava nella tenda, scendeva la colonna di nube e restava all’ingresso della tenda, e parlava con Mosè. Tutto il popolo vedeva la colonna di nube, che stava all’ingresso della tenda, e tutti si alzavano e si prostravano ciascuno all’ingresso della propria tenda.
Il Signore parlava con Mosè faccia a faccia, come uno parla con il proprio amico. Poi questi tornava nell’accampamento, mentre il suo inserviente, il giovane Giosuè figlio di Nun, non si allontanava dall’interno della tenda.
Il Signore scese nella nube , si fermò là presso di lui e proclamò il nome del Signore. Il Signore passò davanti a lui, proclamando: «Il Signore, il Signore, Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di amore e di fedeltà, che conserva il suo amore per mille generazioni, che perdona la colpa, la trasgressione e il peccato, ma non lascia senza punizione, che castiga la colpa dei padri nei figli e nei figli dei figli fino alla terza e alla quarta generazione».
Mosè si curvò in fretta fino a terra e si prostrò. Disse: «Se ho trovato grazia ai tuoi occhi, Signore, che il Signore cammini in mezzo a noi. Sì, è un popolo di dura cervìce, ma tu perdona la nostra colpa e il nostro peccato: fa’ di noi la tua eredità».
Mosè rimase con il Signore quaranta giorni e quaranta notti, senza mangiar pane e senza bere acqua. Egli scrisse sulle tavole le parole dell’alleanza, le dieci parole.

Parola di Dio
SALMO RESPONSORIALE (Sal 102)
Rit: Misericordioso e pietoso è il Signore.
Il Signore compie cose giuste,
difende i diritti di tutti gli oppressi.
Ha fatto conoscere a Mosè le sue vie,
le sue opere ai figli d’Israele.

Misericordioso e pietoso è il Signore,
lento all’ira e grande nell’amore.
Non è in lite per sempre,
non rimane adirato in eterno.

Non ci tratta secondo i nostri peccati
e non ci ripaga secondo le nostre colpe.
Perché quanto il cielo è alto sulla terra,
così la sua misericordia è potente su quelli che lo temono.

Quanto dista l’oriente dall’occidente,
così egli allontana da noi le nostre colpe.
Come è tenero un padre verso i figli,
così il Signore è tenero verso quelli che lo temono.
Canto al Vangelo (Mt 13,19.23)
Alleluia, alleluia.
Il seme è la parola di Dio,
il seminatore è Cristo:
chiunque trova lui, ha la vita eterna.
Alleluia.

Vangelo
Matteo 13,36-43
In quel tempo, Gesù congedò la folla ed entrò in casa; i suoi discepoli gli si avvicinarono per dirgli: «Spiegaci la parabola della zizzania nel campo». Ed egli rispose: «Colui che semina il buon seme è il Figlio dell’uomo. Il campo è il mondo e il seme buono sono i figli del Regno. La zizzania sono i figli del Maligno e il nemico che l’ha seminata è il diavolo. La mietitura è la fine del mondo e i mietitori sono gli angeli. Come dunque si raccoglie la zizzania e la si brucia nel fuoco, così avverrà alla fine del mondo. Il Figlio dell’uomo manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e tutti quelli che commettono iniquità e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti. Allora i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro. Chi ha orecchi, ascolti!».
Lettura 
La tenda dell’Antico Testamento rendeva Dio vicino all’accampamento. Lì si recava chi voleva consultare il Signore. I discepoli si riunivano in casa con Gesù, lo consultavano e lo ascoltavano con maggiore intimità.
Meditazione
Ritorna la riflessione sulla parabola della zizzania nel campo. I discepoli sono riuniti in casa con Gesù e gli chiedono una spiegazione più puntuale. Intanto è bello pensare a questi colloqui serali con Gesù. La prima chiamata era a stare con Lui. Da Lui educati sarebbero partiti missionari. Ci mettiamo anche noi in ascolto perché Gesù parla direttamente anche a noi. Distingue e personalizza le responsabilità, perché nessuno sfugga e ciascuno possa convertirsi. Dice chiaramente che è Lui il seminatore del bene e coloro che lo raccolgono sono degni del regno. Il nemico dell’uomo è il diavolo che semina la zizzania. I discepoli sono amici di Gesù e si predispongono a comprendere in maniera profonda il senso del Vangelo. Bisogna tener presente che grano e zizzania crescono insieme nello stesso campo, quindi possono crescere insieme nel cuore dei credenti, come anche nella stessa comunità, nella stessa cultura. Non ci sono i buoni da una parte e i cattivi dall’altra. E nessuno può dare un giudizio netto. L’affidarsi a Gesù fa sì che il seme buono maturi e quello cattivo diventi buono. Ma l’aspetto più bello della spiegazione di Gesù è il suo riferimento alla fine del mondo e al giudizio, simboleggiati dalla mietitura. Nel corso della storia sperimentiamo l’amorevole opera educativa di Gesù. Egli ci comunica la verità, ci invita alla perfezione, ci usa misericordia, promette il perdono per una vita nuova. È il tempo della pazienza di Dio. Un Dio che attende la conversione dell’uomo. E, mentre attende, continua ad amarci. Verrà il tempo della mietitura e il grano verrà raccolto e depositato nel granaio per diventare pane. La zizzania verrà raccolta e destinata alla fornace per diventare polvere. Questo è sinceramente ineluttabile. Ma nel tempo dell’attesa, fino all’ultimo respiro, il Signore spera che la zizzania si possa e si voglia trasformare in pane. In altre parole, il Signore non vuole la morte del peccatore, ma che si converta e viva. Solo nel giudizio avviene la separazione da parte degli angeli, suoi ministri. Gli operatori di scandali ed iniquità, saranno posti fuori della luce, quindi nel pianto. I giusti splenderanno come il sole, nel regno del Padre. Sentiamoci amati dal Signore, teniamo fisso lo sguardo su di Lui.
Preghiera:
Signore attiraci a te con l’amore misericordioso per essere nel mondo buon grano a gloria tua, per il bene nostro e per il bene della comunità e della società.
Agire:
Mi chiederò ogni giorno se sono buon grano o zizzania agli occhi di Dio. La sua misericordia mi renderà responsabile per costruire per me e per gli altri il regno di salvezza.
Meditazione del giorno a cura di S.E.R. Mons. Rocco Talucci, Arcivescovo emerito di Brindisi-Ostuni, tratta dal mensile Messa Meditazione, per gentile concessione di Edizioni ART

lunedì 29 luglio 2013

Incontro Vocazionale del Cammino Neocatecumenale di Rio

CREAZIONE, DE-CREAZIONE, RI-CREAZIONE
Padiglione della Santa Sede
55a Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia

In Principio

Arsenale di Venezia - Sale d’Armi nord
Vernice del Padiglione
31 maggio, ore 16.30

GMG Rio: Incontro Vocazionale del Cammino Neocatecumenale


Un ora e venti con Papa Francesco "Le parole del Papa nell'incontro con i giornalisti durante il volo Rio-Roma"

DAL VOLO PAPALE — 

  • Martedì 30 Luglio, 2013
  • CORRIERE DELLA SERA

Il volo AZ4000 balla sull’Atlantico da una quarantina di minuti ma Francesco resta in piedi imperturbabile, salvo quando dà un’occhiata all’orologio e sorride ironico: «Fra poco servono la cena, avete fame?». Coro di una settantina di giornalisti da tutto il mondo: «Nooo!». Un po’ impietoso, in verità. Francesco aveva esordito dicendo d’essere «contento nel cuore» ma «abbastanza stanco», e ci mancherebbe dopo una settimana di Gmg a Rio de Janeiro. Ma l’occasione è più unica che rara. Domande non anticipate. E il Papa che risponde per un’ora e venti minuti, a tutto, una lezione di libertà. Tra l’altro spiega che Wojtyla e Roncalli saranno probabilmente santi dopo Pasqua e non l’8 dicembre, che portava la borsa con «rasoio, breviario, libro da leggere… » perché «ho sempre fatto così e dobbiamo abituarci ad essere normali», che non ha parlato di aborto o matrimoni gay poiché «la Chiesa si è già espressa» ed «era necessario parlare delle cose positive che mettono in cammino i giovani», che preferisce «la pazzia» di avvicinare la gente a quella «d’essere blindato» («so che può esserci un pazzo, ma c’è sempre il Signore») e definirsi «vescovo di Roma» non significa «essere un primus inter pares». Soprattutto non evita le questioni più delicate ....

SCRITTO DA

Papa Francesco a ruota libera...



Gmg2013 - Papa Francesco risponde ai giornalisti sul volo papale

volo di rientro a Roma.
Francesco con i giornalisti in aereo

Conferenza stampa in aereo: Papa Francesco parla a tutto campo con i giornalisti



Il papa in aereo

Papa Francesco: «Chi sono io per giudicare i gay? Ma no alle lobby. Lo Ior non so se chiuderlo» 



Nuovo tweet del Papa: Sono di ritorno a casa, e vi assicuro che la mia gioia è molto più grande della mia stanchezza!" (29 luglio 2013)



A tutto campo

Le impressioni sul Brasile e sulla gmg, i progetti di viaggi futuri, il rapporto con Benedetto XVI e con gli altri predecessori, soprattutto un bilancio dei primi quattro mesi di pontificato e l’agenda delle riforme che, richieste durante la sede vacante nelle congregazioni generali del collegio cardinalizio, ha in mente: di tutto questo e molto altro ha parlato Papa Francesco domenica sera, un’ora dopo il decollo dell’aereo che da Rio de Janeiro lo ha ricondotto a Roma.
Il primo viaggio internazionale del pontificato si è dunque chiuso con una conferenza stampa fiume, durata un’ora e venti minuti, nel corso della quale il Pontefice ha risposto a una ventina di domande su svariati temi di attualità. Un’esperienza nuova l’ha definita il direttore della Sala Stampa della Santa Sede, padre Federico Lombardi, introducendo ......

L’incontro con i giornalisti a bordo dell’aereo al rientro da Rio de Janeiro
Pubblichiamo in italiano il testo del colloquio di Papa Francesco con i giornalisti  a bordo dell’aereo decollato domenica sera, 28 luglio, dall’aeroporto di Rio de Janeiro alla volta di Roma a conclusione del viaggio in Brasile.
Padre Lombardi:  Allora, cari amici, abbiamo la gioia di avere con noi in questo viaggio di ritorno, il Santo Padre Francesco; è stato così gentile da darci un buon tempo ampio per fare con noi un bilancio del viaggio e rispondere con totale libertà alle vostre domande. Io do a lui la parola per una piccola introduzione e poi dopo cominciamo con la lista di quelli che si sono iscritti a parlare e li prendiamo un po’ dai diversi gruppi nazionali e linguistici. Allora, a lei, Santità, la parola per iniziare.
Buonasera, e grazie tante. Io sono contento. È stato un viaggio bello, spiritualmente mi ha fatto bene. Sono stanco, abbastanza, ma con il cuore allegro, e sto bene, bene: mi ha fatto bene spiritualmente. Trovare la gente fa bene, perché il Signore lavora in ognuno di noi, lavora nel cuore, e la ricchezza del Signore è tanta che sempre possiamo ricevere tante cose belle dagli altri. E questo a me fa bene. Questo, come un primo bilancio. Poi dirò che la bontà, il cuore del popolo brasiliano è grande, è vero: è grande. È un popolo tanto amabile, un popolo che ama la festa, che anche nella sofferenza sempre trova una strada per cercare il bene da qualche parte. E questo va bene: è un popolo allegro, il popolo ha sofferto tanto! È contagiosa l’allegria dei brasiliani, è contagiosa! E ha un grande cuore, questo popolo. Poi, dirò degli organizzatori, tanto da parte nostra, come da parte dei brasiliani; ma io ho sentito che mi trovavo davanti un computer, quel computer incarnato... Ma davvero! Era tutto cronometrato, no? Ma bello. Poi, abbiamo avuto problemi con le ipotesi di sicurezza: la sicurezza di qua, la sicurezza di là; non c’è stato un incidente in tutta Rio de Janeiro, in questi giorni, e tutto era spontaneo. Con meno sicurezza, io ho potuto stare con la gente, abbracciarla, salutarla, senza macchine blindate... è la sicurezza di fidarsi di un popolo. È vero che sempre c’è il pericolo che ci sia un pazzo... eh, sì, che ci sia un pazzo che faccia qualcosa; ma anche c’è il Signore! Ma, fare uno spazio di blindaggio tra il vescovo e il popolo è una pazzia, e io preferisco questa pazzia: fuori, e correre il rischio dell’altra pazzia. Preferisco questa pazzia: fuori. La vicinanza fa bene a tutti.
Poi, l’organizzazione della Giornata, non qualcosa di preciso, ma tutto: la parte artistica, la parte religiosa, la parte catechetica, la parte liturgica... è stato bellissimo! Loro hanno una capacità di esprimersi nell’arte. Ieri, per esempio, hanno fatto cose bellissime, bellissime! Poi, Aparecida: Aparecida per me è un’esperienza religiosa forte. Ricordo la quinta conferenza. Io sono stato lì a pregare, a pregare. Io volevo andare solo, un po’ di nascosto, ma c’era una folla impressionante! Ma, non è possibile, quello lo sapevo prima di arrivare. E abbiamo pregato, noi. Non so... una cosa... ma anche da parte vostra. Il vostro lavoro è stato, mi dicono — io non ho letto i giornali in questi giorni, non avevo tempo, non ho visto la tv, niente —, ma mi dicono che è stato un lavoro buono, buono, buono! Grazie, grazie per la collaborazione, grazie di avere fatto questo. Poi il numero, il numero dei giovani.  Oggi — io non posso crederlo — ma oggi il Governatore parlava di tre milioni. Non posso crederlo. Ma dall’altare — quello è vero! — non so se voi, alcuni di voi siete stati all’altare: dall’altare, alla fine, c’era tutta la spiaggia piena, fino alla curva; più di quattro chilometri. Ma, tanti giovani. E dicono, mi ha detto Mons. Tempesta, che erano di 178 Paesi: 178! Anche il Vicepresidente mi ha detto questo numero: quello è sicuro. È importante! Forte!
Padre Lombardi: Grazie. Allora, diamo la parola per primo a Juan de Lara, che è della Efe, ed è spagnolo, ed è l’ultimo viaggio che fa con noi: quindi siamo contenti di dargli questa possibilità.
Juan de Lara: Santità, buona notte. A nome di tutti i colleghi vogliamo ringraziarla per questi giorni che ci ha regalato in Rio de Janeiro, per il lavoro che ha fatto e lo sforzo che ci ha messo. E anche, a nome di tutti i giornalisti spagnoli, la vogliamo ringraziare delle preghiere e dei gesti per le vittime dell’incidente ferroviario di Santiago de Compostela. Moltissime grazie. La prima domanda non ha molto a che vedere con il viaggio, ma cogliamo l’occasione che ci dà questa possibilità, e vorrei domandarle: Santità, in questi quattro mesi di pontificato abbiamo visto che ha creato diverse commissioni per riformare la Curia. Vorrei domandarle: che tipo di riforma ha in mente, contempla la possibilità di sopprimere lo Ior, la cosiddetta “banca del Vaticano”? Grazie.
 I passi che ho fatto in questi quattro mesi e mezzo vengono da due versanti: il contenuto di quello che si doveva fare, tutto, viene dal versante delle congregazioni generali dei cardinali. Erano cose che noi cardinali abbiamo chiesto a colui che sarebbe diventato il nuovo Papa. Io mi ricordo che chiesi molte cose, pensando che sarebbe stato un altro... Chiedevamo di far questo, per esempio la commissione di otto cardinali, sappiamo che è importante avere una consulta outsider, non le consulte che già vi sono, ma outsider. Questo va ogni volta nella linea — qui faccio come un’astrazione, pensando, però lo faccio per spiegarlo — nella linea della maturazione della relazione tra sinodalità e primato. Ossia, questi otto cardinali favoriscono la sinodalità, aiutano i diversi episcopati del mondo ad esprimersi nello stesso governo della Chiesa. Ci sono molte proposte che sono state fatte e che tuttavia non sono state ancora messe in pratica, come la riforma della Segreteria del Sinodo, nella metodologia; come la Commissione post-sinodale, che abbia carattere permanente di consulta; come i concistori cardinalizi, con tematiche non tanto formali — come per esempio, la canonizzazione, ma anche altre tematiche, eccetera. Bene, il versante dei contenuti viene da lì! Il secondo versante è l’opportunità. Vi confesso che a me non è costato, il primo mese di pontificato, organizzare la commissione degli otto cardinali, che è un primo punto. La parte economica pensavo di trattarla il prossimo anno, perché non è la cosa più importante che bisognava trattare. Ma l’agenda è cambiata a causa delle circostanze  che voi conoscete e che sono di dominio pubblico; sono apparsi problemi che dovevano essere affrontati. Il primo: il problema dello Ior, ossia, come incamminarlo, come delinearlo, come riformularlo, come sanare quello che c’è da sanare, e qui c’è la prima commissione di riferimento, questo è il nome. Voi conoscete il chirografo, quello che si chiede, quelli che la integrano, tutto. Poi abbiamo avuto la riunione della commissione dei 15 cardinali che si occupano degli aspetti economici della Santa Sede. Provengono da tutte le parti del mondo. E lì, preparando questa riunione, si vide la necessità di fare una unica commissione di riferimento per tutta l’economia della Santa Sede. Ossia fu affrontato il problema economico fuori agenda, però queste cose succedono quando nell’ufficio di governo uno va da una parte, ma gli tirano una pallonata dall’altra parte, e la devi parare. Non è così? Quindi, la vita è così, ma anche questo è il bello della vita. Ripeto la domanda che mi ha fatto sullo Ior, scusate, sto parlando in castigliano. Scusate, la risposta mi veniva in castigliano.
Con riferimento a quella domanda che mi faceva dello Ior, io non so come finirà lo Ior; alcuni dicono che, forse, è meglio che sia una banca, altri che sia un fondo di aiuto, altri dicono di chiuderlo. Mah! Si sentono queste voci. Io non so. Io mi fido del lavoro delle persone dello Ior, che stanno lavorando su questo, anche della commissione. Il presidente dello Ior rimane, lo stesso che era prima; invece il direttore e il vicedirettore hanno dato le dimissioni. Ma questo, io non saprei dirle come finirà questa storia, e questo è bello anche, perché si trova, si cerca; siamo umani, in questo; dobbiamo trovare il meglio. Ma, questo sì; ma le caratteristiche dello Ior — sia banca, sia fondo di aiuto, sia qualsiasi cosa sia — trasparenza e onestà. Questo dev’essere così. Grazie.
Padre Lombardi: Grazie mille, Santità. Allora, adesso passiamo a una persona dei rappresentanti del gruppo italiano, e abbiamo uno che lei conosce bene: Andrea Tornielli, che viene a farle una domanda a nome del gruppo italiano.
Andrea Tornielli: Santo Padre, avrei una domanda un po’ forse indiscreta: ha fatto il giro del mondo la fotografia, quando siamo partiti, di lei che sale la scaletta dell’aereo portando una borsa nera, e ci sono stati articoli in tutto il mondo che hanno commentato questa novità: sì, del Papa che sale... non accadeva, diciamo, che il Papa salisse con il suo bagaglio a mano. Allora, ci sono state anche ipotesi su che cosa contenesse la borsa nera. Allora, le mie domande sono: uno, perché ha portato lei la sua borsa nera e non l’ha portata un collaboratore, e due, se può dirci che cosa c’era dentro... Grazie.
Non c’era la chiave della bomba atomica! Mah! La portavo perché sempre ho fatto così: io, quando viaggio, la porto. E dentro, cosa c’è? C’è il rasoio, c’è il breviario, c’è l’agenda, c’è un libro da leggere — ne ho portato uno su santa Teresina di cui io sono devoto. Io sono andato sempre con la borsa quando viaggio: è normale. Ma dobbiamo essere normali... Non so... è un po’ strano per me quello che tu mi dici, che ha fatto il giro del mondo quella foto. Ma dobbiamo abituarci ad essere normali. La normalità della vita. Non so, Andrea, se ti ho risposto...
Padre Lombardi: Allora, adesso diamo la parola a una rappresentante di lingua portoghese, Aura Miguel, che è di Radio Renascença.
Aura Miguel: Santità, volevo chiedere perché lei chiede così insistentemente che si preghi per lei? Non è normale, abituale, ascoltare un Papa chiedere così tanto di pregare per lui...
Io sempre ho chiesto questo. Quando ero prete lo chiedevo, ma non tanto frequentemente; ho cominciato a chiederlo con una certa frequenza nel lavoro di vescovo, perché io sento che se il Signore non aiuta in questo lavoro di aiutare il Popolo di Dio ad andare avanti, uno non può... Io davvero mi sento con tanti limiti, con tanti problemi, anche peccatore — voi lo sapete! — e devo chiedere questo. Ma, mi viene da dentro! Anche alla Madonna chiedo che preghi per me il Signore. È un’abitudine, ma è un’abitudine che mi viene dal cuore e anche dalla necessità che ho per il mio lavoro. Io sento che devo chiedere... non so, è così...
Padre Lombardi: Adesso passiamo al gruppo di lingua inglese, e diamo la parola al nostro collega Pullella di Reuters, che è qui davanti.
Philip Pullella: Santità, grazie per la sua disponibilità, a nome del gruppo inglese. Il collega de Lara ha già fatto la domanda che noi volevamo fare, quindi proseguo un po’ su quelle linee lì, poco, però: lei, nella ricerca di fare questi cambiamenti, mi ricordo che ha detto al gruppo di America latina che ci sono tanti santi che lavorano in Vaticano, ma anche persone che sono un po’ meno sante, no? Lei ha trovato resistenza a questo suo desiderio di cambiare le cose in Vaticano? Ha trovato resistenza? La seconda domanda è: lei vive in un modo molto austero, è rimasto a Santa Marta, eccetera... Lei vuole che i suoi collaboratori, anche i cardinali, seguano questo esempio e forse vivano in comunità, o è una cosa solo per lei?
I cambiamenti... i cambiamenti vengono anche da due versanti: quello che noi cardinali abbiamo chiesto, e quello che viene dalla mia personalità. Lei parlava del fatto che sono rimasto a Santa Marta: ma io non potrei vivere da solo nel Palazzo, e non è lussuoso. L’appartamento pontificio non è tanto lussuoso! È largo, è grande, ma non è lussuoso. Ma io non posso vivere da solo o con un piccolo gruppetto! Ho bisogno di gente, di trovare gente, di parlare con la gente... E per questo quando i ragazzi delle scuole gesuite mi hanno fatto la domanda: «Perché lei? Per austerità, per povertà?». No, no: per motivi psichiatrici, semplicemente, perché psicologicamente non posso. Ognuno deve portare avanti la sua vita, con il suo modo di vivere, di essere. I cardinali che lavorano in Curia non vivono da ricchi e da fastosi: vivono in un appartamentino, sono austeri, loro, sono austeri. Quelli che conosco, questi appartamenti che l’Apsa dà ai cardinali. Poi, mi sembra che ci sia un’altra cosa che volevo dire. Ognuno deve vivere come il Signore gli chiede di vivere. Ma l’austerità — un’austerità generale — credo che sia necessaria per tutti noi che lavoriamo al servizio della Chiesa. Ci sono tante sfumature sulle austerità... ognuno deve cercare il suo cammino. Rispetto ai santi, questo è vero, ce ne sono, santi: cardinali, preti, vescovi, suore, laici; gente che prega, gente che lavora tanto, e anche che va dai poveri, di nascosto. Io so di alcuni che si preoccupano di dare da mangiare ai poveri o poi, nel tempo libero, vanno a fare ministero in una chiesa o in un’altra... Sono preti. Ci sono santi in Curia. E anche c’è qualcuno che non è tanto santo, e questi sono quelli che fanno più rumore. Voi sapete che fa più rumore un albero che cade di una foresta che cresce. E questo a me fa dolore quando ci sono queste cose. Ma ci sono alcuni che danno scandalo, alcuni. Noi abbiamo questo monsignore in galera, credo che ancora prosegue in galera; non è andato in galera perché assomigliava alla beata Imelda precisamente, non era un beato. Sono scandali, questi, che fanno male. Una cosa — questo non l’ho mai detto, ma me ne sono accorto — credo che la Curia sia un poco calata dal livello che aveva un tempo, di quei vecchi curiali... il profilo del vecchio curiale, fedele, che faceva il suo lavoro. Abbiamo bisogno di queste persone. Credo... ci sono, ma non sono tanti come un tempo. Il profilo del vecchio curiale: io direi così. Dobbiamo averne di più, di questi. Se trovo resistenza? Mah! Se c’è resistenza, ancora io non l’ho vista. È vero che non ho fatto tante cose, ma si può parlare che sì, io ho trovato aiuto, e anche ho trovato gente leale. Per esempio, a me piace quando una persona mi dice: «Io non sono d’accordo», e questo l’ho trovato. «Ma questo non lo vedo, non sono d’accordo: io lo dico, lei faccia». Questo è un vero collaboratore. E questo l’ho trovato, in Curia. E questo è buono. Ma quando ci sono quelli che dicono: «Ah, che bello, che bello, che bello», e poi dicono il contrario dall’altra parte... Ancora non me ne sono accorto. Forse sì, ci sono alcuni, ma non me ne sono accorto. La resistenza: in quattro mesi non si può trovare tanto...
Padre Lombardi: Allora, adesso passiamo ad una brasiliana, mi sembra giusto. Allora, c’è Patricia Zorzan, magari si avvicina Izoard così poi abbiamo anche un francese.
Patricia Zorzan: Parlando a nome dei brasiliani. La società è cambiata, i giovani sono cambiati e si vedono in Brasile tanti giovani. Lei non ha parlato sull’aborto, sul matrimonio tra persone dello stesso sesso. In Brasile è stata approvata una legge che amplia il diritto all’aborto e ha permesso il matrimonio tra persone dello stesso sesso. Perché non ha parlato su questo?
La Chiesa si è già espressa perfettamente su questo. Non era necessario tornarci, come non ho parlato neppure della frode, della menzogna o di altre cose sulle quali la Chiesa ha una dottrina chiara!
Patricia Zorzan:  Ma è un argomento che interessa ai giovani...
Sì, ma non era necessario parlare di questo, bensì delle cose positive che aprono il cammino ai ragazzi. Non è vero? Inoltre, i giovani sanno perfettamente qual è la posizione della Chiesa!
Patricia Zorzan: Qual è la posizione di vostra Santità, ce ne può parlare?
Quella della Chiesa. Sono figlio della Chiesa!
Padre Lombardi: Allora, ritorniamo al gruppo spagnolo: Dario Menor Torres... ah, scusate, Izoard, che abbiamo già convocato, così abbiamo uno del gruppo francese... e poi, Dario Menor.
Antoine-Marie Izoard: Buongiorno, Santità. A nome dei colleghi di lingua francese del volo — siamo nove su questo volo. Per un Papa che non vuole fare interviste, veramente le siamo grati. Lei dal 13 marzo già si presenta come il vescovo di Roma, con una grandissima, fortissima insistenza. Quindi, vorremmo capire qual è il senso profondo di questa insistenza, se per caso più che di collegialità si parla forse di ecumenismo, per caso, di essere primus inter pares della Chiesa? Grazie.
Sì, in questo non si deve andare più avanti di quello che si dice. Il Papa è vescovo, vescovo di Roma, e perché è vescovo di Roma è successore di Pietro, vicario di Cristo. Sono altri titoli, ma il primo titolo è “vescovo di Roma”, e da lì viene tutto. Parlare, pensare che questo voglia dire essere primus inter pares, no, questo non è conseguenza di questo. Semplicemente, è il titolo primo del Papa: vescovo di Roma. Ma ci sono anche gli altri... Credo che lei abbia detto qualcosa di ecumenismo: credo che questo favorisca un po’ l’ecumenismo. Ma, soltanto questo...
Padre Lombardi: Ora, Dario Menor de «La Razón», della Spagna:
Dario Menor Torres: Una domanda sui suoi sentimenti. Una settimana fa lei ha commentato di come un bambino le chiese come si sentiva, se qualcuno si poteva immaginare di essere Papa e se poteva desiderare di esserlo. Lei disse che bisognava essere pazzi per questo. Dopo la sua prima esperienza tra la moltitudine di gente, come sono stati questi giorni in Rio, può raccontare come si sente a essere Papa, se è molto duro, se è felice nell’esserlo, e se ancora, in qualche modo, ha accresciuto la sua fede o, al contrario, ha avuto qualche dubbio. Grazie.
Fare il lavoro di vescovo è una cosa bella, è bella. Il problema è quando uno cerca quel lavoro: questo non è tanto bello, questo non è del Signore. Ma quando il Signore chiama un prete a diventare vescovo, questo è bello. C’è sempre il pericolo di pensarsi un po’ superiori agli altri, non come gli altri, un po’ principe. Sono pericoli e peccati. Ma il lavoro di vescovo è bello: è aiutare i fratelli ad andare avanti. Il vescovo davanti ai fedeli, per segnare la strada; il vescovo in mezzo ai fedeli, per aiutare la comunione; e il vescovo dietro ai fedeli, perché i fedeli tante volte hanno il fiuto della strada. Il vescovo dev’essere così. La domanda diceva se a me piaceva? A me piace fare il vescovo, mi piace. A Buenos Aires ero tanto felice, tanto felice! Sono stato felice, è vero. Il Signore mi ha assistito in quello. Ma come prete sono stato felice, e come vescovo sono stato felice. In questo senso dico: mi piace!
Domanda fuori campo: E fare il Papa?
Anche, anche! Quando il Signore ti mette lì, se tu fai quello che il Signore vuole, sei felice. Questo è il mio sentimento, quello che sento.
Padre Lombardi: Adesso un altro del gruppo italiano: Salvatore Mazza di «Avvenire».
Salvatore Mazza: Non riesco neanche ad alzarmi. Mi scuso, non riesco neanche ad alzarmi in piedi per tutti i fili che ho sotto i piedi. Noi abbiamo visto in questi giorni, L’abbiamo vista pieno di energie anche a sera tardi; la stiamo vedendo adesso con l’aereo che balla, che sta tranquillamente in piedi, senza un attimo di esitazione. Volevamo chiederle: si parla molto di prossimi viaggi. Si parla dell’Asia, di Gerusalemme, dell’Argentina. Lei ha già un calendario più o meno definito per il prossimo anno, oppure è ancora tutto da vedere?
Definito-definito non c’è niente. Ma posso dirle qualcosa a cui si sta pensando. È definito — scusi — il 22 settembre a Cagliari. Poi, il 4 ottobre ad Assisi. In mente, dentro l’Italia, io vorrei andare a trovare i miei, una giornata: andare con l’aereo la mattina e tornare con l’altro, perché loro, poverini, mi chiamano e abbiamo un buon rapporto. Ma soltanto un giorno. Fuori d’Italia: il patriarca Bartolomeo i vuole fare un incontro per commemorare i 50 anni di Athenagora e Paolo VI a Gerusalemme. Anche il Governo israeliano ha fatto un invito speciale per andare a Gerusalemme. Credo che il Governo dell’Autorità palestinese lo stesso. Questo si sta pensando: non si sa bene se si vada o non si vada... Poi, in America latina credo che non ci sia possibilità di tornare, perché il Papa latinoamericano, il primo viaggio in America latina... arrivederci! Dobbiamo aspettare un po’! Credo che si possa andare in Asia, ma questo è tutto nell’aria. Ho avuto un invito per andare in Sri Lanka e anche nelle Filippine. Ma in Asia si deve andare. Perché Papa Benedetto non ha avuto tempo di andare in Asia, ed è importante. Lui è andato in Australia e poi in Europa e in America, ma l’Asia... Andare in Argentina: in questo momento io credo che si possa aspettare un po’, perché tutti questi viaggi hanno una certa priorità. Io volevo andare a Costantinopoli, il 30 settembre, per fare visita a Bartolomeo i, ma non è possibile, non è possibile per l’agenda mia. Se ci troviamo, lo faremo a Gerusalemme.
Domande fuori campo: Fátima?
Fátima, anche c’è un invito a Fátima, è vero, è vero. C’è un invito ad andare a Fátima.
Domande fuori campo: 30 settembre o 30 novembre?
Novembre, novembre: sant’Andrea.
Padre Lombardi: Bene. Allora, adesso ripassiamo negli Stati Uniti, e chiamiamo Hada Messia della Cnn a farle una domanda.
Hada Messia: Salve... Lei si regge meglio di me... No, no, no: va bene, va bene. La mia domanda è: quando ha incontrato i giovani argentini lei, un po’ scherzando, forse un po’ seriamente ha detto loro che lei pure, qualche volta, si sente ingabbiato: volevamo sapere a cosa si riferisse, esattamente...
Lei sa quante volte ho avuto voglia di andare per le strade di Roma, perché a me piaceva, a Buenos Aires, andare per la strada, mi piaceva tanto! In questo senso, mi sento un po’ ingabbiato. Ma, questo devo dirlo perché sono tanto buoni questi della Gendarmeria vaticana, sono buoni, buoni, buoni e sono loro riconoscente. Adesso mi lasciano fare qualcosa in più. Io credo... il loro dovere è custodire la sicurezza. Ingabbiato, in quel senso. A me piacerebbe andare per la strada, ma capisco che non è possibile: lo capisco. In quel senso l’ho detto. Perché la mia abitudine era — come diciamo noi di Buenos Aires — io ero un prete callejero ...
Padre Lombardi: Adesso chiamiamo di nuovo un brasiliano: c’è Marcio Campos, e chiedo anche a Guénois di avvicinarsi per il prossimo turno, per i francesi.
Io domandavo il tempo, perché devono servire la cena, ma avete fame voi?
Fuori campo: No, no...
Marcio Campos: Sua Santità, Santo Padre, voglio dire che quando lei avrà nostalgia del Brasile, del popolo brasiliano, allegro, abbracci la bandiera che le ho consegnato. Vorrei anche ringraziare i miei colleghi dei quotidiani «Folha de São Paulo», «Estado», «O Globo» e «Veja»  per rappresentarli  in questa domanda. Santo Padre, è difficile accompagnare un Papa, molto difficile. Siamo tutti stanchi, Lei sta bene e noi siamo stanchi... In Brasile, la Chiesa cattolica ha perso fedeli in questi ultimi anni. Il movimento del Rinnovamento carismatico è una possibilità per evitare che i fedeli frequentino la Chiesa pentecostale o altre Chiese pentecostali? Molte grazie per la sua presenza e molte grazie per essere con noi.
È molto vero quello che lei dice del calo dei fedeli: è vero, è vero. Ci sono statistiche. Abbiamo parlato con i vescovi brasiliani del problema, in una riunione che abbiamo avuto ieri. Lei domandava sul movimento di Rinnovamento carismatico. Io vi dico una cosa. Negli anni, alla fine degli anni Settanta, inizio anni Ottanta, io non li potevo vedere. Una volta, parlando di loro, avevo detto questa frase: «Questi confondono una celebrazione liturgica con una scuola di samba!». Questo l’ho detto io. Mi sono pentito. Poi, ho conosciuto meglio. È anche vero che il movimento, con buoni assessori, è andato su una bella strada. E adesso credo che questo movimento faccia tanto bene alla Chiesa, in generale. A Buenos Aires, io li riunivo spesso e una volta l’anno facevo una Messa con tutti loro in cattedrale. Li ho favoriti sempre, quando io mi sono convertito, quando io ho visto il bene che facevano. Perché in questo momento della Chiesa — e qui allargo un po’ la risposta — credo che i movimenti siano necessari. I movimenti sono una grazia dello Spirito. «Ma, come si può reggere un movimento che è tanto libero?». Anche la Chiesa è libera! Lo Spirito Santo fa quello che vuole. Poi, Lui fa il lavoro dell’armonia, ma credo che i movimenti siano una grazia, quei movimenti che hanno lo spirito della Chiesa. Per questo credo che il movimento del Rinnovamento carismatico non solo serva ad evitare che alcuni passino alle confessioni pentecostali. Ma no! serve alla Chiesa stessa! Ci rinnova. E ognuno cerca il proprio movimento secondo il proprio carisma, dove lo porta lo Spirito.
Domanda fuori campo.
Io sono stanco.
Padre Lombardi: Allora, Guénois di «Le Figaro» per il gruppo francese.
Jean-Marie Guénois: Santo Padre, una domanda  anche con il mio collega di «La Croix»: lei ha detto che la Chiesa senza la donna perde fecondità. Quali misure concrete prenderà? Per esempio, il diaconato femminile o una donna a capo di un dicastero? E una piccolissima domanda tecnica: lei ha detto di essere stanco. Ha un allestimento speciale per il ritorno? Grazie, Santità.
Cominciamo dall’ultimo. Quest’aereo non ha allestimenti speciali. Io sono davanti, una bella poltrona, comune, ma comune, quella che hanno tutti. Io ho fatto scrivere una lettera e una chiamata telefonica per dire che io non volevo allestimenti speciali sull’aereo: è chiaro? Secondo, la donna. Una Chiesa senza le donne è come il collegio apostolico senza Maria. Il ruolo della donna nella Chiesa non è soltanto la maternità, la mamma di famiglia, ma è più forte: è proprio l’icona della Vergine, della Madonna; quella che aiuta a crescere la Chiesa! Ma pensate che la Madonna è più importante degli apostoli! È più importante! La Chiesa è femminile: è Chiesa, è sposa, è madre. Ma la donna, nella Chiesa, non solo deve... non so come si dice in italiano... il ruolo della donna nella Chiesa non solo deve finire come mamma, come lavoratrice, limitata... No! È un’altra cosa! Ma i Papi... Paolo VI ha scritto una cosa bellissima sulle donne, ma credo che si debba andare più avanti nell’esplicitazione di questo ruolo e carisma della donna. Non si può capire una Chiesa senza donne, ma donne attive nella Chiesa, con il loro profilo, che portano avanti. Io penso un esempio che non ha niente a che vedere con la Chiesa, ma è un esempio storico: in America latina, il Paraguay. Per me, la donna del Paraguay è la donna più gloriosa dell’America latina. Tu sei paraguayo? Sono rimaste, dopo la guerra, otto donne per ogni uomo, e queste donne hanno fatto una scelta un po’ difficile: la scelta di avere figli per salvare: la Patria, la cultura, la fede e la lingua. Nella Chiesa, si deve pensare alla donna in questa prospettiva: di scelte rischiose, ma come donne. Questo si deve esplicitare meglio. Credo che noi non abbiamo fatto ancora una profonda teologia della donna, nella Chiesa. Soltanto può fare questo, può fare quello, adesso fa la chierichetta, adesso legge la Lettura, è la presidentessa della Caritas... Ma, c’è di più! Bisogna fare una profonda teologia della donna. Questo è quello che penso io.
Padre Lombardi: Per il gruppo spagnolo, allora, adesso abbiamo Pablo Ordaz, di «El País».
Pablo Ordaz:  Vorremmo sapere quale sia la sua relazione di lavoro, non solo di amicizia, e di collaborazione con Benedetto XVI. Non c’è mai stata prima una circostanza simile; e se ha contatti frequenti e la sta aiutando in questo lavoro. Molte grazie.
Credo che l’ultima volta che ci sono stati due Papi, o tre Papi, non abbiano parlato tra loro, stavano lottando per vedere chi fosse quello autentico. Sono arrivati ad essere tre durante lo Scisma d’Occidente. C’è qualcosa...
C’è qualcosa che qualifica il mio rapporto con Benedetto: io gli voglio tanto bene. Sempre gli ho voluto bene. Per me è un uomo di Dio, un uomo umile, un uomo che prega. Io sono stato tanto felice quando lui è stato eletto Papa. Anche quando lui ha dato le dimissioni, è stato per me un esempio di grandezza! Un grande. Soltanto un grande fa questo! Un uomo di Dio e un uomo di preghiera. Lui adesso abita in Vaticano, e alcuni mi dicono: ma come si può fare questo? Due Papi in Vaticano! Ma, non ti ingombra lui? Ma lui non ti fa la rivoluzione contro? Tutte queste cose che dicono, no? Io ho trovato una frase per dire questo: «È come avere il nonno a casa», ma il nonno saggio. Quando in una famiglia il nonno è a casa, è venerato, è amato, è ascoltato. Lui è un uomo di una prudenza! Non si immischia. Io gli ho detto tante volte: «Santità, lei riceva, faccia la sua vita, venga con noi». È venuto per l’inaugurazione e la benedizione della statua di San Michele. Ecco, quella frase dice tutto. Per me è come avere il nonno a casa: il mio papà. Se io avessi una difficoltà o una cosa che non ho capito, telefonerei: «Ma, mi dica, posso farlo, quello?». E quando sono andato per parlare di quel problema grosso, di Vatileaks, lui mi ha detto tutto con una semplicità ... al servizio. È una cosa che non so se voi la sapete, credo di sì, ma non sono sicuro: quando ci ha parlato, nel discorso di congedo, il 28 febbraio, ci ha detto: «Fra voi c’è il prossimo Papa: io gli prometto obbedienza». Ma è un grande; questo è un grande!
Padre Lombardi: Allora, adesso diamo la parola ancora a una brasiliana, Anna Ferreira; e allora si avvicina anche Gian Guido Vecchi per l’italiano.
Anna Ferreira: Santo Padre, buonasera. Grazie. Vorrei dire “grazie” tante volte: grazie di avere portato tanta allegria al Brasile, e grazie anche di rispondere alle nostre domande. A noi giornalisti piace tanto fare domande. Vorrei sapere, perché ieri lei ha detto ai vescovi brasiliani della partecipazione delle donne nella nostra Chiesa. Vorrei capire meglio: come dev’essere questa partecipazione di noi donne nella Chiesa? Lei cosa ne pensa anche dell’ordinazione delle donne? Come dev’essere la nostra posizione nella Chiesa?
Io vorrei spiegare un po’ quello che ho detto sulla partecipazione delle donne nella Chiesa: non si può limitare al fatto che faccia la chierichetta o la presidentessa della Caritas, la catechista... No! Deve essere di più, ma profondamente di più, anche misticamente di più, con questo che io ho detto della teologia della donna. E, con riferimento all’ordinazione delle donne, la Chiesa ha parlato e dice: «No». L’ha detto Giovanni Paolo II, ma con una formulazione definitiva. Quella è chiusa, quella porta, ma su questo voglio dirti una cosa. L’ho detto, ma lo ripeto. La Madonna, Maria, era più importante degli Apostoli, dei vescovi e dei diaconi e dei preti. La donna, nella Chiesa, è più importante dei vescovi e dei preti; come, è quello che dobbiamo cercare di esplicitare meglio, perché credo che manchi una esplicitazione teologica di questo. Grazie.
Padre Lombardi: Gian Guido Vecchi, del «Corriere della Sera»: chiedo di avvicinarsi alla signora Pigozzi e a Nicole, poi, dopo.
Gian Guido Vecchi: Padre Santo, lei anche in questo viaggio ha parlato più volte di misericordia. A proposito dell’accesso ai sacramenti dei divorziati risposati, c’è la possibilità che cambi qualcosa nella disciplina della Chiesa? Che questi sacramenti siano un’occasione per avvicinare queste persone, anziché una barriera che li divide dagli altri fedeli?
Questo è un tema che si chiede sempre. La misericordia è più grande di quel caso che lei pone. Io credo che questo sia il tempo della misericordia. Questo cambio di epoca, anche tanti problemi della Chiesa — come una testimonianza non buona di alcuni preti, anche problemi di corruzione nella Chiesa, anche il problema del clericalismo, per fare un esempio — hanno lasciato tanti feriti, tanti feriti. E la Chiesa è Madre: deve andare a curare i feriti, con misericordia. Ma se il Signore non si stanca di perdonare, noi non abbiamo altra scelta che questa: prima di tutto, curare i feriti. È mamma, la Chiesa, e deve andare su questa strada della misericordia. E trovare una misericordia per tutti. Ma io penso, quando il figliol prodigo è tornato a casa, il papà non gli ha detto: «Ma tu, senti, accomodati: che cosa hai fatto con i soldi?». No! Ha fatto festa! Poi, forse, quando il figlio ha voluto parlare, ha parlato. La Chiesa deve fare così. Quando c’è qualcuno... non solo aspettarli: andare a trovarli! Questa è la misericordia. E io credo che questo sia un kairós: questo tempo è un kairós di misericordia. Ma questa prima intuizione l’ha avuta Giovanni Paolo II, quando ha incominciato con Faustina Kowalska, la Divina Misericordia... lui aveva qualcosa, aveva intuito che era una necessità di questo tempo. Con riferimento al problema della Comunione alle persone in seconda unione, perché i divorziati possono fare la Comunione, non c’è problema, ma quando sono in seconda unione, non possono. Io credo che questo sia necessario guardarlo nella totalità della pastorale matrimoniale. E per questo è un problema. Ma anche — una parentesi — gli ortodossi hanno una prassi differente. Loro seguono la teologia dell’economia, come la chiamano, e danno una seconda possibilità, lo permettono. Ma credo che questo problema — chiudo la parentesi — si debba studiare nella cornice della pastorale matrimoniale. E per questo, due cose; primo: uno dei temi da consultare con questi otto del consiglio dei cardinali, con i quali ci riuniremo l’1, il 2 e il 3 ottobre, è come andare avanti nella pastorale matrimoniale, e questo problema uscirà lì. E, una seconda cosa: è stato con me, quindici giorni fa, il segretario del Sinodo dei vescovi, per il tema del prossimo Sinodo. Era un tema antropologico, ma parlando e riparlando, andando e tornando, abbiamo visto questo tema antropologico: la fede come aiuta la pianificazione della persona, ma nella famiglia, e andare quindi sulla pastorale matrimoniale. Siamo in cammino per una pastorale matrimoniale un po’ profonda. E questo è un problema di tutti, perché ci sono tanti, no? Per esempio, ne dico uno soltanto: il cardinale Quarracino, il mio predecessore, diceva che per lui la metà dei matrimoni sono nulli. Ma diceva così, perché? Perché si sposano senza maturità, si sposano senza accorgersi che è per tutta la vita, o si sposano perché socialmente si devono sposare. E in questo entra anche la pastorale matrimoniale. E anche il problema giudiziale della nullità dei matrimoni, quello si deve rivedere, perché i Tribunali ecclesiastici non bastano per questo. È complesso, il problema della pastorale matrimoniale. Grazie.
Padre Lombardi: Grazie. Allora adesso abbiamo la signora Pigozzi che è di «Paris Match», è ancora del gruppo francese...
Caroline Pigozzi: Buonasera, Santo Padre. Vorrei sapere se lei, da quando è Papa, si sente ancora gesuita...
È una domanda teologica, perché i gesuiti fanno voto di obbedire al Papa. Ma se il Papa è gesuita, forse deve far voto di obbedire al Generale dei gesuiti... Non so come si risolve questo... Io mi sento gesuita nella mia spiritualità; nella spiritualità degli Esercizi, la spiritualità, quella che io ho nel cuore. Ma tanto mi sento così che fra tre giorni andrò a festeggiare con i gesuiti la festa di sant’Ignazio: dirò la messa al mattino. Non ho cambiato di spiritualità, no. Francesco, francescano: no. Mi sento gesuita e la penso come gesuita. Non ipocritamente, ma la penso come gesuita. Grazie a lei.
Padre Lombardi: Se ha ancora resistenza, c’è ancora qualche domanda. Adesso, Nicole Winfield, che è dell’Associated Press, e ci sono... ma non era... ma, io ho avuto una lista e qui veramente, credevo che vi foste organizzati... Allora, va bè, Elisabetta, mettiti in lista anche tu, scusa.
Nicole Winfield: Santità, grazie di nuovo per essere venuto «tra i leoni». Santità, al quarto mese del suo pontificato, volevo chiederle di fare un piccolo bilancio. Ci può dire quale è stata la cosa migliore di essere Papa, un aneddoto, e quale la cosa peggiore, e qual è la cosa che l’ha sorpresa di più in questo periodo?
Ma non so come rispondere a questo, davvero. Cose grosse, cose grosse non sono state. Cose belle sì; per esempio, l’incontro con i vescovi italiani è stato tanto bello, tanto bello. Come vescovo della capitale d’Italia, mi sono sentito con loro a casa. E quello è stato bello, ma non so se sia stato il migliore. Anche una cosa dolorosa, ma che è entrata abbastanza nel mio cuore, la visita a Lampedusa. Ma quello è di piangere, mi ha fatto bene quello. Ma quando arrivano queste barche li lasciano alcune miglia prima della costa e loro devono, con la barca, arrivare da soli. E questo mi fa dolore perché penso che queste persone sono vittime di un sistema socio-economico mondiale. Ma la cosa peggiore — mi scusi — che mi è venuta è una sciatica — davvero! — che ho avuto il primo mese perché per fare le interviste mi accomodavo in una poltrona e questo mi ha fatto un po’ male. È una sciatica dolorosissima, dolorosissima! Non l’auguro a nessuno! Ma queste cose: parlare con la gente; l’incontro con i seminaristi e le religiose è stato bellissimo, è stato bellissimo. Anche l’incontro con gli alunni dei collegi gesuiti è stato bellissimo, cose buone.
Domanda: Qual è la cosa che l’ha più sorpresa?
Le persone, le persone, le persone buone che ho trovato. Ho trovato tante persone buone in Vaticano. Ho pensato cosa dire, ma quello è vero. Io faccio giustizia, dicendo questo: tante persone buone. Tante persone buone, tante persone buone, ma buone buone buone!
Padre Lombardi: Elisabetta, ma questa la conosce e anche Sergio Rubini, magari si avvicina, così abbiamo gli argentini.
Elisabetta Piqué: Papa Francesco, anzitutto a nome dei cinquantamila argentini che ho incontrato lì e che mi hanno detto «Viaggerai con il Papa, per favore, digli che è stato fantastico, stupendo; domandagli quando verrà», ma lei ha già detto che non andrà... Quindi, le faccio una domanda più difficile. Si è spaventato quando ha visto la relazione su Vatileaks?
No! Ti racconto un aneddoto sul rapporto Vatileaks. Quando andai a trovare Papa Benedetto, dopo aver pregato nella cappella, siamo stati nel suo studio e ho visto una grande scatola e una grossa busta. Scusi...
Benedetto mi ha detto, mi diceva: «In questa scatola grande ci sono tutte le dichiarazioni, le cose che hanno detto i testimoni, tutti lì. Ma il riassunto e il giudizio finale è in questa busta. E qui si dice ta-ta-ta...». Aveva tutto in testa! Ma che intelligenza! Tutto a memoria, tutto! Ma no, non mi sono spaventato, no. No, no. Ma è un problema grosso, eh? Ma non mi sono spaventato.
Sergio Rubín: Santità, due cose. Questa è la prima: lei ha insistito molto sul fermare la perdita di fedeli. In Brasile è stata molto forte. Spera che questo viaggio contribuisca a che la gente ritorni alla Chiesa, si senta più vicina. E la seconda, più familiare: a lei piaceva molto l’Argentina e aveva molto nel cuore Buenos Aires. Gli argentini si chiedono se a lei non manchi tanto questa Buenos Aires, lei la percorreva in autobus, in pullman, camminava per le strade. Molte grazie.
Io credo che un viaggio papale sempre fa bene. E credo che al Brasile questo farà bene, ma non soltanto la presenza del Papa, ma quello che in questa Giornata della gioventù si è fatto, loro si sono mobilizzati e loro faranno tanto bene, forse aiuteranno tanto la Chiesa. Ma questi fedeli che se ne sono andati, tanti non sono felici perché si sentono di appartenere alla Chiesa. Credo che questo sarà positivo, non solo per il viaggio, ma soprattutto per la Giornata: la Giornata è stato un evento meraviglioso. E di Buenos Aires, sì, alle volte mi manca. E quello si sente. Ma è una mancanza serena, è una mancanza serena, è una mancanza serena. Ma io credo che lei, Sergio, conosca meglio me di tutti gli altri, Lei può rispondere a questa domanda. Con il libro che ha scritto!
Padre Lombardi: Allora abbiamo il russo e poi c’era Valentina, che era la decana, che voleva chiudere lei.
Alexey Bukalov: Buonasera Santo Padre. Santo Padre, tornando all’ecumenismo: oggi gli ortodossi festeggiano i 1.025 anni del cristianesimo, ci sono grandissimi festeggiamenti in molte capitali. Se vuole fare un commento su questo fatto, sarò felice a questo proposito. Grazie.
Nelle Chiese ortodosse, hanno conservato quella pristina liturgia, tanto bella. Noi abbiamo perso un po’ il senso dell’adorazione. Loro lo conservano, loro lodano Dio, loro adorano Dio, cantano, il tempo non conta. Il centro è Dio, e questa è una ricchezza che vorrei dire in questa occasione in cui Lei mi fa questa domanda. Una volta, parlando della Chiesa occidentale, dell’Europa occidentale, soprattutto la Chiesa più cresciuta, mi hanno detto questa frase: Lux ex oriente, ex occidente luxus. Il consumismo, il benessere, ci hanno fatto tanto male. Invece voi conservate questa bellezza di Dio al centro, la referenza. Quando si legge Dostoevskij — io credo che per tutti noi deve essere un autore da leggere e rileggere, perché ha una saggezza — si percepisce qual è l’anima russa, l’anima orientale. È una cosa che ci farà tanto bene. Abbiamo bisogno di questo rinnovamento, di questa aria fresca dell’Oriente, di questa luce dell’Oriente. Giovanni Paolo II lo aveva scritto nella sua Lettera. Ma tante volte il luxus dell’Occidente ci fa perdere l’orizzonte. Non so, mi viene questo di dire. Grazie.
Padre Lombardi: E allora chiudiamo con Valentina che, come aveva cominciato nel viaggio di partenza, adesso chiude nel viaggio di ritorno.
Valentina Alazraki:  Santità, grazie per aver mantenuto la promessa di rispondere alle nostre domande al ritorno...
Vi ho fatto ritardare la cena...
Valentina Alazraki: Non importa, non importa. La domanda, da parte di tutti i messicani sarebbe: quando andrà a Guadalupe?... Questa però è la domanda dei messicani... La mia sarebbe: lei canonizzerà due grandi Papi: Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II. Vorrei sapere qual è — secondo lei — il modello di santità che emerge dall’uno e dall’altro e qual è l’impatto che hanno avuto nella Chiesa e in lei.
Giovanni XXIII è un po’ la figura del “prete di campagna”, il prete che ama ognuno dei fedeli, che sa curare i fedeli e questo lo ha fatto da vescovo, come nunzio. Ma quante testimonianze di Battesimo false ha fatto in Turchia in favore degli ebrei! È un coraggioso, un prete di campagna buono, con un senso dell’umorismo tanto grande, tanto grande, e una grande santità. Quando era nunzio, alcuni non gli volevano tanto bene in Vaticano, e quando arrivava per portare cose o chiedere, in certi uffici lo facevano aspettare. Mai si è lamentato: pregava il rosario, leggeva il breviario, mai. Un mite, un umile, anche uno che si preoccupava per i poveri. Quando il cardinal Casaroli è tornato da una missione — credo in Ungheria o in quella che era la Cecoslovacchia di quel tempo, non ricordo quale delle due — è andato da lui a spiegargli come era stata la missione, in quella epoca della diplomazia dei “piccoli passi”. E hanno avuto l’udienza — venti giorni dopo Giovanni XXIII sarebbe morto — e mentre Casaroli se ne andava, lo fermò: «Ah Eminenza — no, non era Eminenza — Eccellenza, una domanda: lei continua ad andare da quei giovani?». Perché Casaroli andava al carcere minorile di Casal del Marmo e giocava con loro. E Casaroli ha detto: «Sì, sì!». «Non li abbandoni mai». Questo ad un diplomatico, che arrivava dal fare un percorso di diplomazia, un viaggio così impegnativo, Giovanni XXIII ha detto: «Non abbandoni mai i ragazzi». Ma è un grande, un grande! Poi quello del concilio: è un uomo docile alla voce di Dio, perché quello gli è venuto dallo Spirito Santo, gli è venuto e lui è stato docile. Pio XII pensava di farlo, ma le circostanze non erano mature per farlo. Credo che questo [Giovanni XXIII] non abbia pensato alle circostanze: lui ha sentito quello e lo ha fatto. Un uomo che si lasciava guidare dal Signore. Di Giovanni Paolo II mi viene di dire “il grande missionario della Chiesa”: è un missionario, è un missionario, un uomo che ha portato il Vangelo dappertutto, voi lo sapete meglio di me. Ma lei quanti viaggi ha fatto? Ma andava! Sentiva questo fuoco di portare avanti la Parola del Signore. È un Paolo, è un San Paolo, è un uomo così; questo per me è grande. E fare la cerimonia di canonizzazione tutti e due insieme credo che sia un messaggio alla Chiesa: questi due sono bravi, sono bravi, sono due bravi. Ma c’è in corso la causa di Paolo VI ed anche di Papa Luciani: queste due sono in corso. Ma, ancora una cosa che credo che io ho detto, ma non so se qui o da un’altra parte: la data di canonizzazione. Si pensava l’8 dicembre di quest’anno, ma c’è un problema grosso; quelli che vengono dalla Polonia, i poveri, perché quelli che hanno i mezzi possono venire con l’aereo, ma quelli che vengono, i poveri, vengono in bus e già a dicembre le strade hanno il ghiaccio e credo che si debba ripensare la data. Io ho parlato con il cardinal Dziwisz e lui mi ha suggerito due possibilità: o Cristo Re di quest’anno, o la domenica della Misericordia del prossimo anno. Credo che sia poco tempo Cristo Re di quest’anno, perché il concistoro sarà il 30 settembre e a fine d’ottobre c’è poco tempo, ma non so, devo parlare con il cardinal Amato su questo. Ma credo che l’8 dicembre non sarà.
Domanda: Ma saranno canonizzati insieme?
Insieme tutti e due insieme, sì.
Padre Lombardi:  Grazie Santità. Chi c’è ancora? Ilze? Poi li abbiamo fatti proprio tutti, anche di più di quelli che si erano iscritti prima...
Ilze Scamparini: Vorrei chiedere il permesso di fare una domanda un po’ delicata: anche un’altra immagine ha girato un po’ il mondo, che è stata quella di monsignor Ricca e delle notizie sulla sua intimità. Vorrei sapere, Santità, cosa intende fare su questa questione? Come affrontare questa questione e come Sua Santità intende affrontare tutta la questione della lobby gay?
Quello di monsignor Ricca: ho fatto quello che il diritto canonico manda a fare, che è la investigatio previa. E da questa investigatio non c’è niente di quello di cui l’accusano, non abbiamo trovato niente di quello. Questa è la risposta. Ma io vorrei aggiungere un’altra cosa su questo: io vedo che tante volte nella Chiesa, al di fuori di questo caso ed anche in questo caso, si vanno a cercare i “peccati di gioventù”, per esempio, e questo si pubblica. Non i delitti, eh? i delitti sono un’altra cosa: l’abuso sui minori è un delitto. No, i peccati. Ma se una persona, laica o prete o suora, ha fatto un peccato e poi si è convertito, il Signore perdona, e quando il Signore perdona, il Signore dimentica e questo per la nostra vita è importante. Quando noi andiamo a confessarci e diciamo davvero: «Ho peccato in questo», il Signore dimentica e noi non abbiamo il diritto di non dimenticare, perché corriamo il rischio che il Signore non si dimentichi dei nostri [peccati].  È un pericolo quello. Questo è importante: una teologia del peccato. Tante volte penso a san Pietro: ha fatto uno dei peggiori peccati, che è rinnegare Cristo, e con questo peccato lo hanno fatto Papa. Dobbiamo pensare tanto. Ma, tornando alla sua domanda più concreta: in questo caso, ho fatto l’investigatio previa e non abbiamo trovato. Questa è la prima domanda. Poi, lei parlava della lobby gay. Mah! Si scrive tanto della lobby gay. Io ancora non ho trovato chi mi dia la carta d’identità in Vaticano con “gay”. Dicono che ce ne sono. Credo che quando uno si trova con una persona così, deve distinguere il fatto di essere una persona gay, dal fatto di fare una lobby, perché le lobby, tutte non sono buone. Quello è cattivo. Se una persona è gay e cerca il Signore e ha buona volontà, ma chi sono io per giudicarla? Il Catechismo della Chiesa Cattolica spiega in modo tanto bello questo, ma dice,  — aspetta un po’, come si dice — e dice: «Non si devono emarginare queste persone per questo, devono essere integrate in società». Il problema non è avere questa tendenza, no, dobbiamo essere fratelli, perché questo è uno, ma se c’è un altro, un altro. Il problema è fare lobby di questa tendenza: lobby di avari, lobby di politici, lobby dei massoni, tante lobby. Questo è il problema più grave per me. E la ringrazio tanto per aver fatto questa domanda. Grazie tante!
Padre Lombardi: Grazie. Mi pare che più di così non si poteva fare. Abbiamo persino abusato del Papa che ci aveva detto che era già un po’ stanco e gli auguriamo adesso di riposarsi un poco.
Grazie a voi, e buona notte, buon viaggio e buon riposo.
 
31 luglio 2013 da  L'OSSERVATORE ROMANO