Santa Maria,

Santa Maria,
...donna del primo sguardo, donaci la grazia dello stupore.

giovedì 11 dicembre 2014

Violenza - “In verità vi dico: tra i nati di donna non è sorto uno più grande di Giovanni il Battista; tuttavia il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui.

Giovedì della II settimana di Avvento






Violenza



"I nati di donna" sono concepiti nel peccato. Anche Giovanni il Battista, il "più grande" tra tutti i profeti. Per questo giungono sulle soglie del Regno dei Cieli, ma non vi possono entrare. Non per una questione giuridica, ma sostanziale: chi non rinasce dall'alto e in acqua e Spirito non può vedere il Regno dei Cieli; quello che è nato dalla carne è carne, e quello che è nato dallo Spirito è Spirito. Occorre rinascere e diventare come "il più piccolo" tra i bambini; un neofita liberato dal peccato e rinato in Cristo, infatti, vi è entrato, vive nella Grazia e non più nella Legge. Sperimenta il compimento della profezia, dell'annuncio che lo raggiunto e salvato. E una cena è sempre più grande dell'invito a parteciparvi. Per questo l'Avvento che ci prepara al compimento è un cammino molto serio, senza il quale non entreremo nel Regno, non saremo felici e la nostra vita resterà mutilata e frustrata. L'annuncio della Chiesa, infatti, innesca sempre il movimento della conversione, perché qualunque profezia ci è donata per rivelarci il compimento della nostra vita e illuminare il cammino che vi conduce. Non basta ascoltarla, occorre obbedire a ciò che annuncia. Per questo Gesù dice che, nella pienezza della storia inaugurata dal Battista, "il Regno dei Cieli soffre violenza, e i violenti se ne impadroniscono". La violenza del "grande drago, il serpente antico, colui che è chiamato diavolo e Satana e che seduce tutta la terra"  che è stato "precipitato sulla terra... pieno di grande furore, sapendo che gli resta poco tempo" (Cfr. Ap. 12). La violenza della fretta che spinge il demonio contro ogni uomo, per strappare tutti al loro destino celeste. Per questo muove guerra alla "discendenza" di Maria, ai "più piccoli del regno dei Cieli", "quelli che custodiscono i comandamenti di Dio e sono in possesso della testimonianza di Gesù". Capiamo allora perché Gesù ci dice oggi, in questo Avvento, che si impadroniscono del Regno dei Cieli solo quanti hanno saputo combattere con violenza, quella inerme della Croce che li ha liberati proprio da satana: "essi lo hanno vinto grazie al sangue dell'Agnello e alla parola della loro testimonianza, perché hanno odiato la loro vita fino a morire". Ecco la violenza alla quale ci chiama il Signore: quella che ci fa andare dietro a Lui odiando padre, madre, fratelli, perfino se stessi, quando nella carne spunta qualche radice velenosa che ci induce a separarci da Cristo. Questa violenza radicale è quella con la quale Gesù ci è venuto a cercare. E' passata per il Getsemani, dove ha circonciso ragione e volontà umane. E' salita sulla croce, offrendo la propria carne allo strazio per liberarci dalla schiavitù del peccato. E ha spalancato la pietra del sepolcro ricolma di Spirito Santo. Per questo è la violenza santa dello zelo per la salvezza di ogni uomo. Senza di essa, senza il combattimento spesso aspro con i desideri della carne e le concupiscenze, senza pregare incessantemente, senza le elemosine e i digiuni, non arriveremo a destinazione. E non arriveranno neanche tutti coloro che ci sono stati affidati quando Dio ci ha chiamato ad essere suoi discepoli. Per questo il "regno dei Cieli" per questa generazione è conquistato dalla violenza crocifissa dei cristiani. In essa aprono le braccia per caricarsi della violenza malvagia che vorrebbe annientare l'uomo. Lascino che arrivi a loro, perché Cristo vivo in loro la polverizzi sullo scoglio del suo potere. E' Lui, infatti, che il drago vuole divorare in noi. Per questo non ci stupiamo di fronte alle persecuzioni, quelle culturali, ideologiche e quotidiane, e quelle disseminate sui passi quotidiani. E' a noi che il demonio muove guerra, in famiglia e al lavoro, ovunque, perché sa che se riesce a farci insuperbire, può distruggere il rapporto con il coniuge e i figli, e trascinare tutti nella disperazione. Smetti allora di combattere contro il nemico sbagliato, tuo marito o tuo figlio o chi sia! Il demonio sta attaccando te; tuo figlio può cadere da un momento all'altro, ma la tua umiltà e la tua violenza crocifissa possono salvarlo! Quanto siamo ingannati.... Se stiamo giudicando moglie, marito, figli o chi sia, per quanto deboli e peccatori siano, stiamone certi: il demonio ci ha puntato e ferito, per far fuori anche gli altri. Apriamo gli occhi in questo Avvento, e umiliamoci per entrare nel combattimento della storia. Quando nostro figlio sta peggio è il momento di umiliarci di più, di lasciarci trafiggere dagli insulti, dalle menzogne, dal rifiuto, ovunque e soprattutto con lui. Contro questa violenza il demonio non può nulla, e così, e solo così, noi e nostro figlio potremo entrare nel Regno dei Cieli. Ascoltiamo la Chiesa, che ci parla come Elia che "doveva venire", il profeta che, rapito in Cielo, dal Cielo doveva tornare per aprire al Messia la porta della terra; Elia, che con il fuoco dello zelo aveva mostrato effimeri gli idoli del mondo e lo strazio della carne ad essi asservita, con la sua ascesa aveva profetizzato il destino celeste di ogni uomo rinnovato nello Spirito Santo. Così Giovanni grida ancora nel deserto nostro e di questa generazione; attraverso la Chiesa ci indica il cammino di conversione, quello percorso dai cristiani delle prime generazioni, certi del martirio che avrebbero incontrato diventandolo. Un percorso "violento", durante il quale la misericordia si faceva spesso strada nella durezza dei cuori con le spine della corona intrecciata sul capo di Gesù o i chiodi che ne avevano trapassato le membra. La violenza della Croce che scolpisce il marmo più duro, perché giunga a farlo somigliare al modello. Non c'è conversione, infatti, senza un serio catecumenato, una iniziazione cristiana che, "con violenza", ci insegni a combattere ogni giorno la buona battaglia della fede, per entrare nel paradiso e condurvi chi ci è stato affidato.






L'ANNUNCIO
In quel tempo Gesù disse alla folla: “In verità vi dico: tra i nati di donna non è sorto uno più grande di Giovanni il Battista; tuttavia il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui.Dai giorni di Giovanni il Battista fino ad ora, il regno dei cieli soffre violenza e i violenti se ne impadroniscono.La Legge e tutti i Profeti infatti hanno profetato fino a Giovanni. E se lo volete accettare, egli è quell’Elia che deve venire. Chi ha orecchi intenda”.
(Dal Vangelo secondo Matteo 11, 11-15)
 


La Storia della Salvezza è intessuta di carne e di sangue. "I nati di donna", infatti, sono concepiti nel peccato. Come ogni profeta, come Giovanni il Battista, il "più grande" tra tutti i profeti, possono giungere sulle soglie del Regno dei Cieli, non vi possono entrare. Non per una questione giuridica, ma sostanziale. Chi non è rinato dall'alto non può vedere il Regno dei Cieli; chi non rinasce dallo Spirito nelle acque del Battesimo non vi può entrare. E sono le parole di Gesù rivolte a Nicodemo: quello che è nato dalla carne è carne, e quello che è nato dallo Spirito è Spirito. Occorre rinascere e diventare come bambini, come "il più piccolo" tra i bambini, un bimbo appena nato; un neofita liberato dal peccato e rinato in Cristo è il più grande nel Regno dei Cieli. Vi è entrato, vive nella Grazia e non più nella Legge. 
I due regimi non si possono neanche paragonare, anche se quello della profezia ha preparato quello del compimento. Giovanni ha esultato nel grembo di sua madre perché, udendo la voce di Maria ha intuito che il Messia era ormai giunto. E' in quell'esultanza che inizia la missione di Giovanni, dalla gioia fondata sulla certezza che quanto avrebbe annunciato si stava compiendo. Per questo "il Battista è il più grande tra i nati dalla carne": i suoi occhi avevano visto quanto tutti gli altri profeti avrebbero voluto vedere, esultando per il compimento della stessa gioia che sperimentò Abramo quando vide profeticamente il giorno di Gesù. 
Per questo "la Legge e tutti i Profeti infatti hanno profetato fino a Giovanni"; ma con lui si inaugura la pienezza dei tempi, la sua profezia è diversa da tutte le altre, è come una sirena di ambulanza, come un allarme che squarcia la notte, è il grido che annuncia il compimento dell'evento atteso da sempre. Giovanni Battista è Elia che "doveva venire", il profeta che, rapito in Cielo, dal Cielo doveva tornare per aprire al Messia la porta della terra; Elia, che con il fuoco dello zelo aveva mostrato effimeri gli idoli del mondo e lo strazio della carne che essi serviva, con la sua ascesa aveva profetizzato il destino celeste di ogni uomo rinnovato nello Spirito Santo. Il discepolo Eliseo, erede di una parte dello Spirito di Elia, partecipò del suo potere sulla morte, operando quei miracoli che Gesù avrebbe portato a compimento. I segni disseminati durante il tempo dell'attesa erano tutti lì, di nuovo presenti e annunciati in Giovanni: predicava la penitenza, chiamava a conversione, invitava a preparare il cammino al Signore. Sulla soglia del Regno dei Cieli ne dischiudeva le porte perché la carne potesse prepararsi all'incontro con lo Spirito di Dio. 
Anche per noi Giovanni grida nel deserto di questa generazione: grida come un banditore che annuncia l'avvento del Re invitandoci ad andare incontro al nostro unico Salvatore. Come Giovanni la Chiesa ci indica il cammino di conversione. Esso è identico a quello al quale si riferisce Gesù con le parole del Vangelo di oggi, quello percorso dai cristiani delle prime generazioni, certi del martirio che avrebbero incontrato diventando cristiani, o forse anche durante il catecumenato. Un percorso "violento", durante il quale la misericordia si faceva spesso strada nelle durezza dei cuori con le spine della corona intrecciata sul capo di Gesù o i chiodi che ne avevano trapassato le membra. La violenza che scolpisce il marmo più duro, perché giunga a somigliare al modello. Non c'è conversione, infatti, senza un serio catecumenato, una iniziazione cristiana che, "con violenza", ci insegni a combattere ogni giorno la buona battaglia della fede.  
Nella pienezza della storia inaugurata dal Battista, "il Regno dei Cieli soffre la violenza" del demonio: "il grande drago, il serpente antico, colui che è chiamato diavolo e Satana e che seduce tutta la terra, fu precipitato sulla terra... pieno di grande furore, sapendo che gli resta poco tempo" (Cfr. Ap. 12). Ha fretta il demonio, deve strappare gli uomini a Gesù, e per questo muove guerra alla "discendenza" di Maria, ai "più piccoli del regno dei Cieli",  "contro quelli che custodiscono i comandamenti di Dio e sono in possesso della testimonianza di Gesù". Per questo si impadroniscono del Regno dei Cieli solo quanti hanno saputo combattere con violenza. Con l'inerme violenza della Croce: "essi lo hanno vinto grazie al sangue dell'Agnello e alla parola della loro testimonianza, e hanno odiato la loro vita fino a morire". Ecco dunque la violenza alla quale ci chiama oggi il Signore: quella che ci fa andare dietro a Gesù odiando la carne per rivestirci di Lui ed essere colmi di Spirito Santo. La violenza che apre le braccia per caricarsi della violenza del male, la violenza di un bambino appena nato. 
E' Lui che il drago vuole divorare, perché sa che, una volta fatto fuori il più piccolo può far cadere anche i più grandi. E' a noi che muove guerra, in famiglia e al lavoro. Il demonio sa che, se riesce a farci insuperbire, può distruggere il rapporto con il coniuge e i figli, e trascinare tutti nella disperazione. La vera guerra, infatti, non è contro tuo figlio! Il demonio sta attaccando te; tuo figlio può cadere da un momento all'altro, ma la tua umiltà e la tua violenza crocifissa possono salvarlo! Quanto siamo ingannati.... Ci accaniamo contro gli altri, perché in fondo li giudichiamo, e non ci rendiamo conto che la battaglia vera sta infuriando contro di noi. Se stiamo giudicando moglie, marito, figli o chi sia, per quanto deboli e peccatori siano, possiamo starne certi: il demonio ci ha puntato per far fuori anche gli altri. Apriamo gli occhi in questo Avvento, e umiliamoci, come un bimbo in braccio a sua madre. Come Dio che si è lasciato adagiare in una lurida stalla, come il più piccolo, come l'ultimo. Quando nostro figlio sta peggio è il momento di umiliarci di più, di lasciarci trafiggere dagli insulti, dalle menzogne, dal rifiuto, ovunque e soprattutto con lui. Contro questa violenza il demonio non può nulla, e così, e solo così, noi e nostro figlio potremo entrare nel Regno dei Cieli. 




APPROFONDIMENTI




αποφθεγμα Apoftegma

La vita cristiana esige il «martirio» della fedeltà quotidiana al Vangelo, 
il coraggio cioè di lasciare che Cristo cresca in noi 
e sia Cristo ad orientare il nostro pensiero e le nostre azioni. 
Ma questo può avvenire nella nostra vita solo se è solido il rapporto con Dio.

Benedetto XVI

Nessun commento:

Posta un commento