Santa Maria,

Santa Maria,
...donna del primo sguardo, donaci la grazia dello stupore.
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venerdì 16 marzo 2018

Vangelo della V^ Domenica di Quaresima

In quel tempo, tra quelli che erano saliti per il culto durante la festa c’erano anche alcuni Greci. Questi si avvicinarono a Filippo, che era di Betsàida di Galilea, e gli domandarono: «Signore, vogliamo vedere Gesù». Filippo andò a dirlo ad Andrea, e poi Andrea e Filippo andarono a dirlo a Gesù. Gesù rispose loro: «È venuta l’ora che il Figlio dell’uomo sia glorificato. In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna. Se uno mi vuole servire, mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servitore. Se uno serve me, il Padre lo onorerà. Adesso l’anima mia è turbata; che cosa dirò? Padre, salvami da quest’ora? Ma proprio per questo sono giunto a quest’ora! Padre, glorifica il tuo nome». Venne allora una voce dal cielo: «L’ho glorificato e lo glorificherò ancora!».La folla, che era presente e aveva udito, diceva che era stato un tuono. Altri dicevano: «Un angelo gli ha parlato». Disse Gesù: «Questa voce non è venuta per me, ma per voi. Ora è il giudizio di questo mondo; ora il principe di questo mondo sarà gettato fuori. E io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me». Diceva questo per indicare di quale morte doveva morire.

LA PAROLA. Commento al vangelo di domenica 18 marzo 2018

Commento a cura di don Manuel Loreni, vicario parrocchiale Unità pastorale Santa Croce, SS. Trinità, Piane di Schio Est.

Registrato nel battistero della chiesa parrocchiale di Santa Croce di Schio.







SEGUIRE CRISTO VERSO LA SALVEZZA
In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto rutto. Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna.
 Giovanni 12,20-33
  
Il capitolo 12 conclude la prima parte del Vangelo di Giovanni; il capitolo successivo narra l’ ultima cena, cui seguirà la passione. In questo testo vediamo l’ apice del successo del ministero pubblico di Gesù, quando Andrea Filippo debbono informare il Signore che ci sono addirittura dei Greci che chiedono di lui. Vogliono vedere Gesù, incontrarlo, conoscerlo. Cosa cercano? Un famoso personaggio, un operatore di prodigi, forse il messia, comunque qualcuno di importante, glorioso, trionfante.
Non troveranno niente di tutto questo, anche se Lui annunzia che è proprio questo il momento della sua glorifi cazione.
La parola “gloria”, in ebraico, indica la sostanza di una cosa, il suo peso specifico, il suo autentico valore più che la manifestazione di un suo qualsiasi splendore. Conoscere la gloria di Dio non vuol dire vedere uno spettacolo ma aver conosciuto la sua potenza in atto, aver sperimentato chi Lui è.
Gesù proclama solennemente che è il momento della glorifi cazione, ma la sua gloria è quella di un chicco di grano che muore. Che trionfo è quello di un seme che marcisce? Generare la vita. Strana gloria: quella che procura vita agli altri, ma perde la propria. È sempre uno shock per la nostra mentalità rifl—ettere sul fatto che Dio non sceglie la via della vittoria, o la potenza ostentata, o l’ autoaffermazione. L’ immagine del chicco di grano è notevole. Deve prima subire un processo di decadenza, che prende il nome di marcescenza. Viene divorato da agenti esterni, che però permettono la sua maturazione. Il processo che sembrava distruggerlo gli consente invece di essere sé stesso: un seme, ossia qualcosa che fondamentalmente fa iniziare la vita.
La vita ha origine nel donarsi. Spesso, quando ci troviamo di fronte ai problemi, pensiamo che la soluzione consista nell’ avere sicurezza, proprietà, forza. Ma la vera soluzione è perdere sé stessi in Dio. Non serve una grande dotazione o una grande forza, ma si tratta di saper lasciare la presa di quel poco o tanto che siamo, o che crediamo di essere. 
NON SCADERE NELLA MEDIOCRITÀ.
 «Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna». Ma quante vite esistono? La vita di questo mondo, per quanto possiamo difenderla o curarla, comunque la perderemo. Poco ma sicuro. La domanda è: ne esiste veramente un’ altra? Se esiste solo questa, è ovvio finire per scadere nel farsi i fatti propri o nella mediocrità. Ma se la nostra vita è solo il preludio della vita autentica, allora è un altro paio di maniche.
Due fi danzati si sposano per regalarsi tutto quel che sono, e darsi la vita che hanno uno per l’ altra; è normale sperare di aver intavolato almeno qualche amicizia vera, autentica, in cui ci si voglia bene fi no alla morte. Per un figlio si dà la vita. C’ è qualcosa di più grosso della vita di questo mondo, e chiunque voglia amare, più o meno consapevolmente, punta a questo qualcosa. È la vita che va oltre il nulla. La vita di Cristo. Vale la pena di seguirlo, se uno vuole la sua gloria.

Il Vangelo della Domenica


5a Domenica di Quaresima

VOGLIAMO VEDERE GESU’? 

Che simpatici questi Greci! Erano degli stranieri saliti a Gerusalemme per la festa di Pasqua. La venuta del Maestro non era passata inosservata per nessuno: anche questi Greci, giunti nella città santa per la Pasqua, erano rimasti colpiti dalla sua grande popolarità e avevano detto a Filippo che volevano vedere Gesù. Filippo l'aveva poi detto ad Andrea ed entrambi erano andati a dirlo a Gesù.
Sappiamo comunicare? Bello questo intreccio comunicativo tra i Greci, Filippo, Andrea e Gesù. Vedete com'è importante la comunicazione? Da lì procede l'incontro e la conoscenza delle persone. Ma perché si rivolgono a Filippo e questi ad Andrea? Perché erano gli unici, tra i discepoli, ad avere un nome greco; gli altri avevano tutti nomi ebraici. Visto che Filippo era di Betsaida, probabilmente conosceva il greco, perché Betsaida era una delle dieci città della Decapoli, cioè quelle città della Palestina dove si parlava il greco e si seguivano usanze elleniste, essendo sotto l'influenza e la cultura greca. Ciò che mi colpisce di più è proprio questa richiesta "Vogliamo vedere Gesù!" Ecco il punto! Lo vogliamo veramente vedere noi, i greci di oggi, cioè quelli che non sono nati ebrei? Oppure vogliamo vedere di tutto e ci sentiamo attirati da tutto fuorché da Gesù? Non è una domanda scontata, sapete! Il punto cruciale della domanda non è la seconda parte, ma la prima. Gesù è sempre lì che aspetta, ma noi lo vogliamo veramente vedere? Vedere Gesù è un conto: VOLERLO vedere è un altro. Vedere, lo vedevano anche scribi e farisei, ma di lui non ne vollero sapere...
Da che parte guardiamo? Ma speriamo che tutti noi - almeno quanti leggiamo queste righe - abbiamo veramente questo desiderio di vedere Gesù. Ammesso questo dobbiamo però chiederci da che parte dobbiamo guardare per vederlo; e se vogliamo veramente guardare da quella parte. Perché la parte giusta è quella della Croce. "Quando sarò innalzato attirerò tutti a me". Alzi la mano chi vuole guardare per di là! Se guardiamo da tutt'altra parte, non lo vediamo. Credo dunque che la difficoltà stia proprio qui: vogliamo vedere Gesù, ma nessuno vuole guardare da quella parte. Perdere la propria vita, morire come un chicco di grano nelle profondità della terra per portare frutto, trovare la gioia nella rinuncia, ecco una logica che il mondo non conosce e l'uomo carnale non capisce! Per costui portare frutto significa avere successo, sfondare, brillare, conquistare, dominare ecc. Ma Gesù ci dà alcune dritte che sono diametralmente all'opposto! Questa è la sezione finale della sua vita pubblica: la sua esistenza sta volgendo al termine. Termine drammatico e molto temuto dal Signore: "Ora l'anima mia è turbata; e che devo dire? Padre salvami da quest'ora? Ma per questo sono giunto a quest'ora! Padre glorifica il tuo nome".
La voce del PADRE Venne allora una voce dal Cielo: "L'ho glorificato e di nuovo lo glorificherò". Vi rendete conto? UDIRONO LA VOCE DEL PADRE! Non vorreste anche voi udire la voce del Padre? I Giudei la sentirono, ma non capirono che era LUI, credevano fosse un tuono... Eppure Gesù precisò: "questa voce non è venuta per me, ma per voi". Per loro dunque! Ma anche per noi! Lui lo sapeva benissimo che la strada regale era quella della croce e del morire come un chicco di grano; siamo noi che non lo sappiamo, o non lo vogliamo sapere. E sì che Gesù, con le folle che gli correvano dietro avrebbe potuto conquistare il mondo seguendo la via facile, ma va da tutt'altra parte. E solo dopo aver preso quell'altra strada, si ode la voce dal cielo. "L'ho glorificato e ancora lo glorificherò". Dio in persona parla e ratifica la decisione di Gesù dicendo che ha preso la giusta direzione. Ora tocca a noi prendere la strada giusta. E dopo sentiremo anche noi la voce del Padre.


PAOLO CURTAZ,"UN SEME FIORITO"VOGLIAMO VEDERE GESÙ.

Commento al Vangelo del 18 marzo 2018 
Un seme fiorito
Vogliamo vedere Gesù.

È il desiderio che ci spinge in questa quaresima. Che ci spinge in questa nostra vita confusa e claudicante. Un desiderio che emerge dal profondo. Vogliamo vedere Gesù.


Non solo sentirne parlare, o leggere le sue parole. Ma vederlo. Con gli occhi dell’anima, con lo sguardo interiore, con la preghiera.

E a chiederlo sono i greci, i pagani, i lontani di ieri e di oggi.

Mi piacerebbe tanto, quanto lo desidero, quanto lo sogno, che anche oggi accadesse come quel giorno. Che chi desidera l’incontro con Gesù si rivolgesse ai discepoli. A quelli che sono in sintonia con loro, anzitutto: Filippo, il cui nome lascia intendere ascendenze col mondo greco e poi Andrea.

Come mi piacerebbe che fossimo noi, i discepoli, ad essere capaci di condurre ancora a Gesù.

Ma, purtroppo, spesso, troppo spesso, i greci non vengono da noi perché abbiamo perso di credibilità.

Possa questa quaresima aiutare noi fragili discepoli a tornare ad essere portatori di Cristo.

Ad accogliere i tanti lontani, perché sentinelle sui confini.

Perché noi per primi siamo greci diventati discepoli.

Il seme

Filippo e Andrea vanno ad informare Gesù di quell’incontro.

E Gesù ne esce scosso. Come se fosse un segnale. E lo è. Ora l’annuncio ha raggiunto i confini, ha varcato le porte di Israele. La missione è completata, si è compiuta.

Gesù sa che il suo tempo è venuto. Un’ultima prova, un ultimo segnale, imponente, estremo, grandioso, si staglia all’orizzonte.

Il vangelo di Giovanni è costruito come un immenso processo al Nazareno, sin dalle prime pagine. Il rifiuto da parte del Sinedrio e dei benpensanti, dei devoti e dei detentori della verità si palesa da subito. Gesù sa che il suo modo di parlare di Dio non può essere tollerato, visto che non è stato possibile ricondurlo a normalità.

Non sa cosa accadrà. Sa solo che è pronto ad andare fino in fondo.

A non cedere.

Morirà, piuttosto che rinnegare il volto del Padre.

Allora parla di fecondità. Di seme che deve morire per portare frutto.

La gloria, la presenza di Dio, la shekinah, si manifesterà in Gesù, quando donerà definitivamente la sua vita.

Il cuore dell’annuncio di Gesù non è la morte, ma il portare frutto.

Ci sono gesti che apparentemente sono un fallimento ma che, invece, sono gravidi di vita e di futuro. Come la croce che non è un grande dolore, ma un grande dono di sé.

Donare la vita

Gesù parla di odiare questa vita per conservarla per l’eternità.

Brutta traduzione. Gesù sta dicendo che esiste una vita più intensa nascosta in questa nostra vita. Una vita che è riflesso dell’Eterno. Una vita che si manifesta quando finalmente entriamo nella logica del dono, del servizio.

Servi della felicità altrui. Servi come Filippo e Andrea che portano i greci ad incontrare Gesù.

Non è facile donare la vita.

In perenne bilico fra un narcisismo innalzato a regola di vita e un servilismo strisciante vestito da umiltà, donare la vita è una lotta continua, un equilibrio difficile che solo alla luce dello Spirito Santo possiamo realizzare.

E che Gesù realizza come mai nessuno prima di lui.

Libero. Senza rancore. Senza rabbia. Senza pianti. Senza recriminazioni.

Libero di donare senza aspettarsi nulla in cambio.

Questo significa seguire il Nazareno, questo significa diventare discepoli.

Turbamento

Ma non è una scelta semplice, quella del dono.

Né eroica. Né devota.

È sangue e fango. È paura e tentennamento.

Gesù è turbato, e lo dice. E vorrebbe non arrivare fino a questo punto, fino al marcire in terra.

Tentenna, parla ad alta voce, vorrebbe essere salvato dalla tenebra che si staglia all’orizzonte.

Ma si fida di Dio. Si fida del Padre.

Sia Lui a decidere. Sia Lui. Se questo manifesta la gloria agli uomini sia.

Quella croce, quel dono, quel Dio osteso e osceno, quella brutale sconfitta esprime pienamente la logica del Padre. Che ama fino a morirne.



Mi rattrista questo Vangelo.

Perché vedo il dolore del Signore.

Mi consola questo Vangelo.

Perché vedo il dolore del Signore.

Che è il mio. Che è esattamente il mio.

Se Gesù ha avuto paura, cosa ho da temere? Perché mai dovrei nascondere le mie fragilità e fingere di essere ciò che non sono forte. Deciso a donare, sì. Ma pavido e vigliacco. Desideroso di essere discepoli, ovvio, ma spesso chiedo di essere salvato dalla terra umida e buia.



Ma da questa terra Gesù sarà innalzato.

E tutti volgeranno lo sguardo. Lo alzeranno.

Noi siamo i frutti di quel seme.

Fonte:http://www.tiraccontolaparola.it


Il Vangelo della V domenica di quaresima commentato da Paolo Curtaz.

mi sono letto anche questo!

FR. MASSIMO ROSSI, “ORA È IL GIUDIZIO DI QUESTO MONDO...”

Commento su Giovanni 12,20-33
fr. Massimo Rossi  
V Domenica di Quaresima (Anno B) (18/03/2018)
  Visualizza Gv 12,20-33

Era il 24 marzo del 1980, quando l'Arcivescovo di San Salvador, mons.Oscar Romero, oggi Beato, veniva ucciso mentre celebrava la Messa. Da questo tragico anniversario, prende spunto la Giornata di preghiera e digiuno per i missionari martiri, fissata il 24 marzo, sabato prossimo; per ricordarci che la stagione delle persecuzioni in odio alla fede cristiana non è finita.
Ma non solo in Oriente si rischia quotidianamente la vita per annunciare il Vangelo: un paio di anni fa, precisamente nell'estate del 2016, p.Jacques Hamel venne trucidato dagli integralisti islamici, in un villaggio della Normandia. Di questa notizia, neanche un cenno sulle pagine dei quotidiani... segno che, spesso, il coraggio di testimoniare il Vangelo, financo a morire, viene semplicemente - e colpevolmente! - ignorato. E tanto per informazione, dall'inizio del 2017, sono 11 i sacerdoti missionari uccisi dalla furia cieca del terrorismo, o dalla milizia armata delle varie polizie segrete. A questi nuovi martiri, se ne aggiungono altri: frati, suore, laici, soprattutto catechisti e operatori pastorali. Il cammino dell'ecumenismo riunisce cattolici, ortodossi e protestanti, anche davanti ai persecutori della fede, per i quali non fa differenza appartenere ad una confessione, anziché ad un'altra... quando il comune denominatore, o come dice la Bibbia, la testata d'angolo, è sempre e solo il Cristo.
Il Vangelo di oggi, otto giorni prima della Settimana Santa, ci propone il famoso detto del Signore: se il chicco di frumento, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, porta molto frutto: alle parole di Gesù, fanno eco quelle altrettanto famose dei primi Padri della Chiesa: “Il sangue dei martiri è semente di cristiani!”.
L'innalzamento del Messia sulla croce è la condizione necessaria, per noi, affinché siamo attirati a Lui. Lo afferma Giovanni, richiamando un fatto accaduto molti secoli prima e raccontato nel libro dell'Esodo: il simbolo del serpente di rame issato da Mosè su un'asta, il quale guariva gli Israeliti che, morsi dai serpenti velenosi, lo avessero anche solo guardato.
Il grande mistero della fede che celebriamo ogni domenica e al quale rispondiamo “Annunciamo la tua morte, Signore....” è proprio questo: con la sua morte, Gesù vince la morte!
La natura umana non è in grado di evitare la morte: questo passo drammatico e doloroso è un passo obbligato. Ma c'è morte e morte! con tutto il rispetto per le tragedie che addolorano l'umanità e che attraversano la vita di ciascuno, la morte di Gesù fu un'altra cosa! perché Gesù è un'altra cosa!
Ma ecco la pagina tratta dalla lettera agli Ebrei, forse, il passo più suggestivo e misterioso e meraviglioso di tutto il documento. Con un'audacia che rasenta la temerarietà, lo scrittore ispirato - se ne ignora l'identità... -, dichiara che Gesù aveva bisogno di patire: i dolori della passione lo resero perfetto e, aggiunge san Paolo (cfr. Fil 2), meritevole del nome di ‘Cristo', quel nome che è al di sopra di ogni nome e che incute timore reverenziale solo al sentirlo pronunciare...
Il primo destinatario, il primo beneficiario della croce, fu lo stesso Crocifisso, il quale dovette, anche lui, imparare qualcosa che ha bensì a che vedere con la dignità di figlio, tuttavia non si possiede per nascita, ma si acquisisce per esperienza diretta e personale: l'obbedienza.
Dunque, un figlio, ogni figlio diventa capace di obbedire, obbedendo. Emerge l'aspetto della sofferenza, quale ingrediente imprescindibile dell'obbedienza; non è facile obbedire, mai.
Nel caso di Gesù, le difficoltà (ad obbedire al Padre suo) aumentarono all'inverosimile, per l'ostilità incontrata sul versante degli uomini. Tutto perché il ‘messia' incarnato dal figlio del falegname non rispondeva agli stereotipi (umani) di un messia. Eppure, a questi uomini che rifiutarono il Signore, così come si era presentato loro, che non mostrava la forza e la virilità dell'eroe epico, del superuomo, a questi uomini Gesù aveva promesso fedeltà, prima ancora di assumerne la natura. Prima che a loro, prima che a noi, Gesù aveva promesso a Dio! E proprio perché aveva promesso a Dio prima che a noi, il Signore sopportò dai nostri fratelli maggiori tutte le vessazioni fisiche, psicologiche e spirituali che ben conosciamo e che domenica prossima ripercorreremo ancora una volta, insieme, leggendo il lungo, struggente racconto della Passione.
L'affresco tracciato dal quarto evangelista definisce il destino di morte del Signore una ‘glorificazioné, e ribadisce che la promessa fatta dal Padre a suo Figlio, è per noi: “Questa voce non è venuta per me - dice il Signore - ma per voi”.
Infine, la sentenza: “Ora è il giudizio di questo mondo...”, vagamente sibillina: si può interpretare in due modi tra loro opposti: il mondo giudica... il mondo è giudicato... Il discorso si complica, se fosse possibile, ancor di più: “il principe di questo mondo sarà gettato fuori”: verosimilmente si tratta del diavolo, il quale sul calvario sembra invece avere la meglio...
L'iconografia tradizionale colloca spesso, ai piedi della croce, un teschio; si tratterebbe del teschio di Adamo, colui che tentato dal diavolo, cadde nella sua trappola; ebbene, quel venerdì santo, il primo uomo fu riscattato dall'Ecce Homo, nuovo Adamo, il quale morì, non per colpa, ma per amore. Detto così, sembra una battuta da soap opera di terz'ordine...

Ma, se appena ripensiamo alle parole pronunciate dal Signore durante la cena di addio: “Non c'è amore più grande, dare la vita per gli amici”, e consideriamo che sotto la croce c'era Giovanni, amico del cuore del Signore, la morte di Gesù appare in tutta la sua spietata verità, un atto di amore, anzi l'atto di amore per eccellenza.

Fonte:www.qumran2.net

domenica 11 marzo 2018

Domenica della “Letiza” 11 marzo 2018 IV DOMENICA DI QUARESIMA


🙏🏻  su:
🙃Settimana in casa e a letto 🙏🏻siamo influenzati🎆
🙏🏻Commento a cura di Don Manuel Loreni, vicario parrocchiale Unità pastorale Santa Croce, SS. Trinità, Piane di Schio Est.
Registrato nel battistero della chiesa parrocchiale di Santa Croce di Schio.
Da Frammenti scelti
“IL GRANDE CRANIO DELL’UMANITÀ. IL SUO POTENTE CERVELLO E IL SUO GRAN CUORE. TUTTI I PENSIERI, PER QUANTO CONTRADDITORI, NASCONO DA QUELL’UNICO GRANDE CERVELLO: IL CERVELLO DELL’UMANITÀ, DI TUTTA L’UMANITÀ”,
ETTY HILLESUM, DIARIO, 21 OTTOBRE 1941

QUELLO CHE FA PAURA È IL FATTO CHE CERTI SISTEMI POSSANO CRESCERE AL PUNTO DA SUPERARE GLI UOMINI E DA TENERLI STRETTI IN UNA MORSA DIABOLICA, GLI AUTORI COME LE VITTIME: COSÌ, GRANDI EDIFICI E TORRI, COSTRUITI DAGLI UOMINI CON LE LORO MANI, S’INNALZANO SOPRA DI NOI, CI DOMINANO, E POSSONO CROLLARCI ADDOSSO E SEPPELLIRCI.”,
ETTY HILLESUM, DIARIO, 27 FEBBRAIO


E’ VERO CHE VIVO INTENSAMENTE, A VOLTE MI SEMBRA DI VIVERE CON UN’INTENSITÀ DEMONIACA ED ESTATICA, MA OGNI GIORNO MI RINNOVO ALLA SORGENTE ORIGINARIA, ALLA VITA STESSA, E DI TANTO IN TANTO MI RIPOSO IN UNA PREGHIERA. E CHI MI DICE CHE VIVO TROPPO INTENSAMENTE NON SA CHE CI SI PUÒ RITIRARE IN UNA PREGHIERA COME NELLA CELLA DI UN CONVENTO, E CHE POI SI PROSEGUE CON RINNOVATA PACE ED ENERGIA. CREDO CHE SIA SOPRATTUTTO LA PAURA DI SPRECARSI A SOTTRARRE ALLE PERSONE LE LORO FORZE MIGLIORI. SE, DOPO UN LABORIOSO PROCESSO CHE È ANDATO AVANTI GIORNO DOPO GIORNO, RIUSCIAMO AD APRIRCI UN VARCO FINO ALLE SORGENTI ORIGINARIE CHE ABBIAMO DENTRO DI NOI, E CHE IO CHIAMERÒ «DIO», E SE POI FACCIAMO IN MODO CHE QUESTO VARCO RIMANGA SEMPRE LIBERO, «LAVORANDO A NOI STESSI», ALLORA CI RINNOVEREMO IN CONTINUAZIONE E NON AVREMO PIÙ DA PREOCCUPARCI DI DAR FONDO ALLE NOSTRE FORZE”,ETTY HILLESUM, DIARIO, 28 SETTEMBRE 1942🙏🏻

WWW.TEMENOSJUNGHIANO.COM/ETTY-HILLESUM-FRAMMENTI-SCELTI/


Commento al Vangelo di domenica 11 Marzo 2018 – don Fabio Rosini

Il Vangelo di questa domenica (Gv 3,14-21) ci presenta il dialogo tra Gesù e Nicodemo. Il Signore afferma che Dio “ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui”. La prima lettura, tratta dal secondo Libro delle Cronache, parla dell’esilio del Popolo d’Israele, che ha disprezzato la benevolenza di Dio. Il Vangelo proclama che c’è una via di ritorno dall’esilio per arrivare alla salvezza: credere all’amore di Dio. La nostra condanna non è quella tragedia o quel dolore, è non credere che Dio ci voglia bene in quella tragedia e in quel dolore. La nostra condanna è essere affezionati alla lamentela, alla tenebra, è non accogliere la tenerezza di Dio. Occorre invece credere che in ogni fatto Dio ci stia salvando: Lui non si è dimenticato di noi. Ecco la chiave di ogni nostra sfida spirituale: aprirci alla tenerezza di Dio. Questo ci apre alla felicità. Dio può solo offrirci il suo amore, non può imporcelo. Il suo è un regalo che possiamo accogliere o no. Gesù svela il volto di Dio: tutti si possono salvare perché tutti siamo amati. Ma possiamo dire di no. Dio ci supplica: accoglimi, credimi, lasciati amare!
>>> http://m.famigliacristiana.it/blogpost/iv-domenica-di-quaresima-anno-b---11-marzo-2018.htm

e non poteva mancare il Curtaz 

Commento al vangelo dell'11 marzo 2018

Il Vangelo della IV domenica di Quaresima B commentato da Paolo Curtaz. 
In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo: 
 «Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna.
Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio.
E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio».

Wilma Chasseur
 In questo brano (Gv 3,14-21) vediamo la figura di Nicodemo, messa in scena solo da Giovanni. Personaggio importante, era membro del Sinedrio, la massima struttura del giudaismo. Era, dunque, un maestro della legge, un rabbi influente, e va da Gesù di notte. L'interpretazione immediata sarebbe quella che volesse un po' mimetizzarsi, visto che va di notte, ma, da un'esegesi molto interessante che ho sentito, risulta che chi faceva il rabbi lo faceva di notte. Per il semplice motivo che, di giorno, lavorava per mantenere la famiglia.Quindi, di giorno, avrà fatto il vasaio o il calzolaio o il pastore di greggi e di notte si dedicava allo studio. Nel mondo antico, finito il giorno lavorativo, si aspettava la notte per dedicarsi allo studio. Questo ci permette di eliminare qualsiasi dubbio sul fatto che Nicodemo, andando di notte da Gesù, volesse mimetizzarsi (anche perché alla morte di Gesù non si è per niente nascosto: al contrario, si è esposto con coraggio).In questo discorso a Nicodemo Gesù ci dà alcune bussole. Le due bussole che ci dà oggi sono la vita eterna e la fede perché “chi crede in Lui ha la vita eterna”Quando inizia la vita eterna?Se, con un sondaggio, ci chiedessero di colpo che cos'è la vita eterna, cosa risponderemmo? Probabilmente, tutti diremmo: " È la vita che inizia dopo la morte". E invece l'evangelista Giovanni dice: "La vita eterna è conoscere Te, l'unico vero Dio e Colui che hai mandato Gesù Cristo". Ecco una notizia sconvolgente, cioè che sconvolge tutti i nostri modi di pensare perché se la vita eterna consiste nel conoscere, significa che essa non inizia alla nostra morte, ma alla nostra nascita. Dio, dandoci l'essere, ci dà implicitamente anche la capacità di conoscere che diventerà perfetta nell'età adulta, ma ognuno di noi la riceve in potenza già alla nascita. Fin dal battesimo riceviamo in noi la vita di grazia che non è altro che il germe della gloria, quindi nella misura in cui viviamo in grazia, viviamo la stessa realtà della gloria (benché in germe) la cui pienezza sarà raggiunta quando vedremo Dio faccia a faccia.Cos'è la fede?Non basta conoscere, bisogna anche credere: "Chiunque crede in Lui, ha la vita eterna". Se la vita eterna è la realtà più grande, la fede è l'opera più grande e adeguata ad essa. La fede è il tesoro più prezioso che abbiamo perché ci apre gli orizzonti sconfinati dello spirito; ci fa entrare nel mondo di Dio, ci dà la forza stessa di Dio, illumina la nostra vita, dà senso a quel che facciamo e al perché viviamo: senza la fede, la vita diventa una notte tenebrosa senza senso e senza sbocco, se non nel buco nero e vertiginoso dell'eterno nulla. Non c'è peggior catastrofe che perdere la fede: tutte le altre sono niente in confronto perché non metteranno mai a rischio il nostro destino eterno, mentre se perdiamo la fede, la nostra vita che era destinata ad un'esplosione di gloria, finirà in un'estinzione tenebrosa.
(Wilma Chasseur)
Dio è “ostinato nell’amare”

Le persone, in genere, sono “ostinate”. Tutti vogliono riuscire, vogliono imporsi sugli altri. La nostra è un’ostinazione egoistica. Ci sono anche le persone “ostinate” nel bene, vivono e portano frutti buoni.Solo Dio è il vero “ostinato” nell’amare Israele e tutti noi. Il nostro Dio è un Dio di amore…Con ostinazione cerca l’uomo… ama l’uomo… e lo vuole salvare. Per aiutare ogni sua creatura, per aiutare l’uomo ha una fantasia sfrenata… cerca in ogni modo di aiutare l’uomo. Dio sa sciogliere ogni ostinazione umana con la sua ostinazione divina.Dio che è Padre manda Gesù tra gli uomini per liberare ogni creatura dal male, dal peccato.Gesù si fa uomo, vive con gli uomini… insegna agli uomini… e dona ad ogni creatura l’amore liberato dal male morendo d’amore sulla croce… Gesù tutto dona all’uomo gratuitamente.“Per grazia siete salvati mediante la fede. Ciò non viene da voi, ma è dono di Dio, né viene dalle opere… Siamo infatti opera sua, creati in Cristo Gesù per le opere buone, che Dio ha preparato perché in esse camminiamo”, San Paolo.L’amore di Dio è infinito e “ostinato” e ama l’uomo perché anche l’uomo possa sentirsi amato e possa amare tutti. Tu credi a questo? E’ il nostro punto debole… Noi manchiamo di fede. Chiunque crede in Gesù ha la vita eterna. Nicodemo si lascia illuminare e la luce di Dio dona vita…Anche tu sei umile e credi e sarai amato e capace di amore.
Dio è “ostinato nell’amare”
Frate Emilio

martedì 5 settembre 2017

. 22.a Tempo Ordinario *Sono certo di contemplare la bontà del Signore nella terra dei viventi*

Letture:
. 1Ts 5,1-6.9-11;
. Sal 26; 
. *Lc 4,31-37*
In quel tempo, Gesù scese a Cafarnao, città della Galilea, e in giorno di sabato insegnava alla gente. Erano stupiti del suo insegnamento perché la sua parola aveva autorità. Nella sinagoga c'era un uomo che era posseduto da un demonio impuro; cominciò a gridare forte: 
«Basta! Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? 
Sei venuto a rovinarci? 
Io so chi tu sei: il santo di Dio!».
Gesù gli ordinò severamente:
«Taci! Esci da lui!». 
E il demonio lo gettò a terra in mezzo alla gente e uscì da lui, senza fargli alcun male.
Tutti furono presi da timore e si dicevano l'un l'altro:
«Che parola è mai questa, che comanda con autorità e potenza agli spiriti impuri ed essi se ne vanno?». 
E la sua fama si diffondeva in ogni luogo della regione circostante.

*Omelia di Paolo Curtaz*
È nella sinagoga a pregare, l'indemoniato: veste come tutti, si comporta come tutti, è un buon fedele, all'apparenza. 
Ma la visione di Gesù lo scatena e manifesta tutta la rabbia che porta nel cuore: insulta Gesù, sa bene che egli è il Santo di Dio, non c'entra nulla con lui, è venuto per rovinargli la vita.
Luca, con questo racconto, ci dice qualcosa di inquietante: è demoniaca una fede che si ferma al sapere senza contaminare la vita, demoniaca una fede che non fa entrare Dio nella quotidianità, demoniaca una fede che vede Dio come un avversario venuto per rovinare la bella vita peccaminosa che vorremmo fare... Non basta frequentare una chiesa per essere credenti e la prima conversione che siamo chiamati ad operare è all'interno delle nostre comunità, nella nostra Chiesa.
Il rischio di vivere una fede sbagliata è sempre presente in noi ma l'autorevolezza di Gesù ci guarisce, ci sana, ci converte, ci cambia nel profondo. 
Lasciamo che la sua Parola autorevole, oggi, evidenzi i modi sbagliati che abbiamo di vivere la fede e diventiamo finalmente discepoli come egli vuole..
La prima conversione da operare è in noi stessi!

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IL GRANELLINO 🌱 (La 4,31-37)
Entrando nella Sinagoga, Gesù smaschera la presenza di un uomo posseduto da uno spirito impuro. Gesù ha detto: "Beati i puri di cuore perchè vedranno Dio". Chi sono i puri di cuore? Sono quelli che, in tutto quello che dicono e fanno, cercano non la propria gloria o il proprio benessere, ma cercano la gloria di Dio e il benessere del prossimo.
Oggi lo Spirito del Signore mi spinge ad esortare il lettori a cercare la purezza del corpo. Il nostro corpo è il tempio dello Spirito che rifiuta di dimorare in un corpo che é dedito all'impurità. 
Il primo peccato contro la purezza del corpo è la masturbazione. Quando ero ragazzo, i confessori erano molto severi riguardo a questo peccato. Era il peccato contro la "bella virtù". A mio avviso, tutte le virtù sono belle. Purtroppo, in quel tempo s'inculcava più la virtù della castità che dell'umiltà e della mitezza. La masturbazione è senz'altro più colpevole negli adulti che negli adolescenti. Negli adolescenti può diventare un'abitudine difficilmente da sconfiggere. La masturbazione, per quello che capisco, di solito è causata soprattutto dalla mancanza affettiva, da forti delusioni, fallimenti disistima e dalla pigrizia. La schiavitù della masturbazione é anche conseguenza della pornografia che è un peccato grave che toglie la serenità alla mente ed inquina la purezza degli occhi. Oggi non c'è più bisogno di comprare riviste pornografiche o entrare in un sexy-shop per nutrirsi di immagini dissacranti, ma è sufficiente comprare un cellulare dove, mi dicono, c'è un'abbondanza di cibi impuri.
C'è anche il peccato della prostituzione. Peccato che prolifica non solo in certe strade isolate delle nostre città, ma anche in molti salotti di gente "perbene". La prostituzione è senz'altro un peccato grave, ma commette una colpa più grave lo sfruttatore.
Anche il letto coniugale può diventare un luogo di prostituzione quando i coniugi non si donano per amore.
L'omosessualità, per noi cristiani, è un abominio. Chi la pratica rimane sempre figlio di Dio, ma certamente non è guardato con compiacenza da Dio.
La pedofilia, poi, è un abominio più grande. Il pedofilo è colui che deve mettersi al collo una pietra e gettarsi nel mare e rimanerci per sempre. Sant'Agostino era un lussurioso, ma, attraverso la confessione, la preghiera e l'Eucaristia, diventò casto e celibe.
Non sei solo corpo, ricordati che sei anzitutto immagine e somiglianza di Dio.
Amen. Alleluia.
(P. Lorenzo Montecalvo dei Padri Vocazionisti)
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.🔹Commento Sintesi di Lorella Masala
Io so chi Tu sei, il santo di Dio...figli della Luce e del giorno, noi non apparteniamo ne alla notte ne alle tenebre...non c'è Signore nessuna santità se Tu, Signore, sottrai la Tua mano, nessuna sapienza giova, se Tu smetti di governare, nessuna fortezza vale, se Tu smetti di sostenere...
Madre Teresa interceda per noi e ci insegni l'Amore...
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. «Basta! Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? 
Sei venuto a rovinarci?
Io so chi tu sei: il santo di Dio!». 
Mi impressionano sempre le parole del demonio di questo passo del Vangelo di oggi, perchè sono in pratica molto frequentemente le mie parole. 
Capita spesso che mi rivolga al cielo dicendo "Ma si può capire che vuoi da me?"; e credo che questo capiti a molti di noi. 
Tanti, infatti, si sentono rovinati da ciò che gli accade, persino dalla fede.
E in pratica la percezione non è sbagliata.
Gesù non è uno dei tanti abusi edilizi in cui ci si appiccicano stanze e verande a case già esistenti. 
Gesù è una costruzione radicalmente nuova che ha bisogno del rasosuolo di ciò che c'è già. Tradotto singifica che non si possono trovare compromessi tra una ferita e la piena guarigione. 
O si chiude la ferita o non c'è la vera guarigione. 
Le soluzioni in cui ci teniamo l'una e l'altra sono le più pericolose perchè ciò che non siamo disposti a mettere in discussione, a rifare da capo sono come ferite aperte dove molto spesso ci si infetta e si muore. 
Non si può sapere che Gesù è il "santo di Dio" e tenersi un demonio dentro che ci frena nei cambiamenti.
"Taci! Esci da lui!"
...e il demonio usci da lui, senza fargli male...
🔹don Luigi Maria Epicoco

Fraternità di Romena

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