Maria raccomanda che la S. Bibbia sia posta in casa in un posto prominente e che sia letta ogni giorno.
"Cari figli! In questo tempo in modo particolare vi invito: pregate col cuore. Figlioli, voi parlate tanto ma pregate poco. Leggete, meditate la Sacra Scrittura e le parole scritte in essa siano per voi vita. Io vi esorto e vi amo perché in Dio troviate la vostra pace e la gioia di vivere.
Grazie per aver risposto alla mia chiamata.
Messaggio da Medjugorje a Marija del 25/02/12.
Santa Maria,
...donna del primo sguardo, donaci la grazia dello stupore.
“Il mio tempo è eterno, che cosa vuoi domandarmi?”
“Cosa ti sorprende dell’umanità?…”.
E Dio rispose:
“Siete così ansiosi per il futuro, perché vi dimenticate del presente.
Vivete la vita senza pensare al presente o al futuro. Vivete la vita come se non dovreste morire mai, e morite come se non aveste mai vissuto…
Avete fretta perché i vostri figli crescano, e appena crescono volete che siano di nuovo bambini. Perdete la salute per guadagnare i soldi e poi usate i soldi per recuperare la salute.”
Le mani di Dio presero le mie e per un momento restò in silenzio, allora gli domandai: “Padre, che lezione di vita desideri che i tuoi bambini imparino?”.
Dio rispose con un sorriso: “Che imparino che non possono pretendere di essere amati da tutti, però ciò che…
Commento a cura di Don Manuel Loreni, vicario parrocchiale Unità pastorale Santa Croce, SS. Trinità, Piane di Schio Est.
Registrato nel battistero della chiesa parrocchiale di Santa Croce di Schio.
“IL GRANDE CRANIO DELL’UMANITÀ. IL SUO POTENTE CERVELLO E IL SUO GRAN CUORE. TUTTI I PENSIERI, PER QUANTO CONTRADDITORI, NASCONO DA QUELL’UNICO GRANDE CERVELLO: IL CERVELLO DELL’UMANITÀ, DI TUTTA L’UMANITÀ”,
ETTY HILLESUM, DIARIO, 21 OTTOBRE 1941
“QUELLO CHE FA PAURA È IL FATTO CHE CERTI SISTEMI POSSANO CRESCERE AL PUNTO DA SUPERARE GLI UOMINI E DA TENERLI STRETTI IN UNA MORSA DIABOLICA, GLI AUTORI COME LE VITTIME: COSÌ, GRANDI EDIFICI E TORRI, COSTRUITI DAGLI UOMINI CON LE LORO MANI, S’INNALZANO SOPRA DI NOI, CI DOMINANO, E POSSONO CROLLARCI ADDOSSO E SEPPELLIRCI.”,
ETTY HILLESUM, DIARIO, 27 FEBBRAIO
E’ VERO CHE VIVO INTENSAMENTE, A VOLTE MI SEMBRA DI VIVERE CON UN’INTENSITÀ DEMONIACA ED ESTATICA, MA OGNI GIORNO MI RINNOVO ALLA SORGENTE ORIGINARIA, ALLA VITA STESSA, E DI TANTO IN TANTO MI RIPOSO IN UNA PREGHIERA. E CHI MI DICE CHE VIVO TROPPO INTENSAMENTE NON SA CHE CI SI PUÒ RITIRARE IN UNA PREGHIERA COME NELLA CELLA DI UN CONVENTO, E CHE POI SI PROSEGUE CON RINNOVATA PACE ED ENERGIA. CREDO CHE SIA SOPRATTUTTO LA PAURA DI SPRECARSI A SOTTRARRE ALLE PERSONE LE LORO FORZE MIGLIORI. SE, DOPO UN LABORIOSO PROCESSO CHE È ANDATO AVANTI GIORNO DOPO GIORNO, RIUSCIAMO AD APRIRCI UN VARCO FINO ALLE SORGENTI ORIGINARIE CHE ABBIAMO DENTRO DI NOI, E CHE IO CHIAMERÒ «DIO», E SE POI FACCIAMO IN MODO CHE QUESTO VARCO RIMANGA SEMPRE LIBERO, «LAVORANDO A NOI STESSI», ALLORA CI RINNOVEREMO IN CONTINUAZIONE E NON AVREMO PIÙ DA PREOCCUPARCI DI DAR FONDO ALLE NOSTRE FORZE”,ETTY HILLESUM, DIARIO, 28 SETTEMBRE 1942
Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, inf atti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui.
Giovanni 3,14-21
La quarta domenica della Quaresima si chiama “Dominica in Laetare”, nome preso dall’ antifona d’ ingresso, e sottolinea che il tempo severo e sobrio della Quaresima non può essere assolutizzato, bensì deve essere interrotto, perché la vita cristiana non ha nell’ austerità che una fase di passaggio. La vita cristiana è letizia, la penitenza è uno stato di preparazione alla vita da figli di Dio, nel cammino verso la gioiadel cielo, per la strada della Pasqua.
La parola “letizia” è un termine interessante. Contiene la radice della parola “letame”, e parla di fecondità, ma di quel tipo che nasce da qualcosa che in sé non è molto nobile. La prima lettura di questa domenica ci presenta, infatti, un estratto dell’ ultimo capitolo del secondo libro delle Cronache – che nel canone ebraico è l’ ultimo brano della Bibbia – testo che ha due colori. Il secondo è quello della felicità del popolo che finalmente, dopo settant’ anni di esilio, può tornare nella sua terra. E qui si chiude la Bibbia nell’ originale ebraico, con questa prospettiva di ricostruzione. Ma il primo tono è quello tragico della distruzione dell’ esilio in cui il popolo si è andato a cacciare, errore su errore e malgrado i richiami della Provvidenza.
Ci può anche dar molestia, ma la letizia cristiana parte dalla povertà, dalla constatazione dei nostri limiti e dei nostri pericoli. La nostra è una salvezza da ricevere, non altro. «Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna». Questo proclama il Vangelo di questa domenica della letizia.
L’ ODORE DELLA NOSTRA POVERTÀ. Andare perduti, sprecarsi, dilapidare la propria bellezza, è possibile, capita. Perdere le occasioni, vedere sé stessi e gli altri sciuparsi e andare in malora: come si scappa a questa ipotesi? Come ci si tira fuori dalla distruzione? Non da soli. «Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui». Per lasciarsi salvare, per entrare nella letizia, ci vuole l’ odore della nostra povertà, lafecondità del letame. I poveri accolsero con letizia il Messia, i giusti no.
«La luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie» – venire alla luce vuol dire lasciarsi vedere per quello che siamo: anche noi poveri, esattamente come tutti gli uomini che Cristo è venuto a salvare. Vale la pena di buttar via la maschera dei buoni! Lasciamo che entri la luce che fa male ma guarisce. E così smetterla di mimare la felicità. Siamo incompleti, non possiamo che esserlo. Perché mai aver tanta paura di venire alla luce e svelarsi deboli? Semplice: perché ci siamo venduti mille volte per forti. E non lo siamo. Diceva Emmanuel Mounier: «Ci si adatta meglio a una cattiva coscienza che a una cattiva reputazione». E così si vive obliquamente, nella tenebra della solitudine.
Che gioia, invece, venire alla luce, lasciarsi amare poveri, lasciarsi salvare. Questa è la letizia cristiana.
Il Vangelo di questa domenica ruota attorno a tre temi dominanti: la vita eterna, la fede, il giudizio."
Così bisogna che sia innalzato il Figlio dell'uomo, perché chiunque crede in Lui abbia la vita eterna:
Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in Lui
non muoia, ma abbia la vita eterna".
• La vita eterna.
Se con un sondaggio, ci chiedessero di colpo che cos'è la vita eterna, cosa risponderemmo?
Probabilmente tutti diremmo: "E' la vita che inizia dopo la morte". E invece l'evangelista Giovanni
dice: "La vita eterna è conoscere Te, l'unico vero Dio e Colui che hai mandato Gesù Cristo". Ecco
una notizia sconvolgente, cioè che sconvolge tutti i nostri modi di pensare perché se la vita eterna
consiste nel conoscere, significa che essa non inizia alla nostra morte, ma alla nostra nascita. Dio
dandoci l'essere ci dà implicitamente anche la capacità di conoscere che diventerà perfetta nell'età
adulta, ma ognuno di noi la riceve in potenza già alla nascita. L'adulto avrà una conoscenza più
perfetta di quella del bambino, ma ad ognuno Dio dà la capacità di conoscere non solo la realtà che
lo circonda, ma soprattutto di conoscere Lui, l'unico vero Dio. "Venne nel mondo la luce vera,
quella che illumina OGNI uomo". Quindi tutti la riceviamo; perciò dal momento in cui iniziamo ad
esistere cominciamo anche ad essere capaci di conoscere Dio e vivere così la vita eterna fin da
quaggiù. Fin dal battesimo riceviamo in noi la vita di grazia che non è altro che il germe della
gloria, quindi nella misura in cui viviamo in grazia, viviamo la stessa realtà della gloria (benché in
germe) la cui pienezza sarà raggiunta quando vedremo Dio faccia a faccia. S. Elisabetta della
Trinità diceva: "Ho trovato il cielo sulla terra, perché il cielo è Dio e Dio si trova nella mia anima".
Ecco l'eternità vissuta.
• La fede
Ma non basta conoscere, bisogna anche credere: "Chiunque crede in Lui, ha la vita eterna". Se la
vita eterna è la realtà più grande, la fede è l'opera più grande e adeguata ad essa. La fede è il tesoro
più prezioso che abbiamo perché ci apre gli orizzonti sconfinati dello spirito; e il mondo la perde
con estrema facilità per correre dietro a miraggi traditori e chimere ingannatrici. La fede ci fa
entrare nel mondo di Dio, ci dà la forza stessa di Dio, illumina la nostra vita, dà senso a quel che
facciamo e al perché viviamo: senza la fede la vita diventa una notte tenebrosa senza senso e senza
sbocco, se non nel buco nero e vertiginoso dell'eterno nulla. In qualsiasi prova e traversia della vita
l'unica domanda che dobbiamo farci è: "In questa prova ho conservato la fede?" Se possiamo
rispondere di sì, non abbiamo perso niente anche se avessimo perso tutto. Non c'è peggior catastrofe
che perdere la fede: tutte le altre sono niente in confronto perché non metteranno mai a rischio il
nostro destino eterno, mentre se perdiamo la fede, la nostra vita che era destinata ad un'esplosione
di gloria, finirà in un'estinzione tenebrosa.
• Il giudizio
"Chi crede in Lui non è condannato". Ecco il giudizio! E' la fede stessa che lo stabilisce: "Chi crede,
non va incontro al giudizio, ma è passato dalla morte alla vita". Chi ha fede dunque, non va neanche
incontro al giudizio. Chiediamo questa virtù fondamentale per la nostra vita cristiana e per la nostra
salvezza eterna.
Commento a cura di Don Manuel Loreni, vicario parrocchiale Unità pastorale Santa Croce, SS. Trinità, Piane di Schio Est. Registrato nel battistero della chiesa parrocchiale di Santa Croce di Schio.
“IL GRANDE CRANIO DELL’UMANITÀ. IL SUO POTENTE CERVELLO E IL SUO GRAN CUORE. TUTTI I PENSIERI, PER QUANTO CONTRADDITORI, NASCONO DA QUELL’UNICO GRANDE CERVELLO: IL CERVELLO DELL’UMANITÀ, DI TUTTA L’UMANITÀ”,
ETTY HILLESUM, DIARIO, 21 OTTOBRE 1941
“QUELLO CHE FA PAURA È IL FATTO CHE CERTI SISTEMI POSSANO CRESCERE AL PUNTO DA SUPERARE GLI UOMINI E DA TENERLI STRETTI IN UNA MORSA DIABOLICA, GLI AUTORI COME LE VITTIME: COSÌ, GRANDI EDIFICI E TORRI, COSTRUITI DAGLI UOMINI CON LE LORO MANI, S’INNALZANO SOPRA DI NOI, CI DOMINANO, E POSSONO CROLLARCI ADDOSSO E SEPPELLIRCI.”,
ETTY HILLESUM, DIARIO, 27 FEBBRAIO
E’ VERO CHE VIVO INTENSAMENTE, A VOLTE MI SEMBRA DI VIVERE CON UN’INTENSITÀ DEMONIACA ED ESTATICA, MA OGNI GIORNO MI RINNOVO ALLA SORGENTE ORIGINARIA, ALLA VITA STESSA, E DI TANTO IN TANTO MI RIPOSO IN UNA PREGHIERA. E CHI MI DICE CHE VIVO TROPPO INTENSAMENTE NON SA CHE CI SI PUÒ RITIRARE IN UNA PREGHIERA COME NELLA CELLA DI UN CONVENTO, E CHE POI SI PROSEGUE CON RINNOVATA PACE ED ENERGIA. CREDO CHE SIA SOPRATTUTTO LA PAURA DI SPRECARSI A SOTTRARRE ALLE PERSONE LE LORO FORZE MIGLIORI. SE, DOPO UN LABORIOSO PROCESSO CHE È ANDATO AVANTI GIORNO DOPO GIORNO, RIUSCIAMO AD APRIRCI UN VARCO FINO ALLE SORGENTI ORIGINARIE CHE ABBIAMO DENTRO DI NOI, E CHE IO CHIAMERÒ «DIO», E SE POI FACCIAMO IN MODO CHE QUESTO VARCO RIMANGA SEMPRE LIBERO, «LAVORANDO A NOI STESSI», ALLORA CI RINNOVEREMO IN CONTINUAZIONE E NON AVREMO PIÙ DA PREOCCUPARCI DI DAR FONDO ALLE NOSTRE FORZE”,ETTY HILLESUM, DIARIO, 28 SETTEMBRE 1942
Commento al Vangelo di domenica 11 Marzo 2018 – don Fabio Rosini
Il Vangelo di questa domenica (Gv 3,14-21) ci presenta il dialogo tra Gesù e Nicodemo. Il Signore afferma che Dio “ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui”. La prima lettura, tratta dal secondo Libro delle Cronache, parla dell’esilio del Popolo d’Israele, che ha disprezzato la benevolenza di Dio. Il Vangelo proclama che c’è una via di ritorno dall’esilio per arrivare alla salvezza: credere all’amore di Dio. La nostra condanna non è quella tragedia o quel dolore, è non credere che Dio ci voglia bene in quella tragedia e in quel dolore. La nostra condanna è essere affezionati alla lamentela, alla tenebra, è non accogliere la tenerezza di Dio. Occorre invece credere che in ogni fatto Dio ci stia salvando: Lui non si è dimenticato di noi. Ecco la chiave di ogni nostra sfida spirituale: aprirci alla tenerezza di Dio. Questo ci apre alla felicità. Dio può solo offrirci il suo amore, non può imporcelo. Il suo è un regalo che possiamo accogliere o no. Gesù svela il volto di Dio: tutti si possono salvare perché tutti siamo amati. Ma possiamo dire di no. Dio ci supplica: accoglimi, credimi, lasciati amare!
Il Vangelo della IV domenica di Quaresima B commentato da Paolo Curtaz.
In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo:
«Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna. Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio. E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio».
In questo brano (Gv 3,14-21) vediamo la figura di Nicodemo, messa in scena solo da Giovanni. Personaggio importante, era membro del Sinedrio, la massima struttura del giudaismo. Era, dunque, un maestro della legge, un rabbi influente, e va da Gesù di notte.L'interpretazione immediata sarebbe quella che volesse un po' mimetizzarsi, visto che va di notte, ma, da un'esegesi molto interessante che ho sentito, risulta che chi faceva il rabbi lo faceva di notte. Per il semplice motivo che, di giorno, lavorava per mantenere la famiglia.Quindi, di giorno, avrà fatto il vasaio o il calzolaio o il pastore di greggi e di notte si dedicava allo studio. Nel mondo antico, finito il giorno lavorativo, si aspettava la notte per dedicarsi allo studio. Questo ci permette di eliminare qualsiasi dubbio sul fatto che Nicodemo, andando di notte da Gesù, volesse mimetizzarsi (anche perché alla morte di Gesù non si è per niente nascosto: al contrario, si è esposto con coraggio).In questo discorso a Nicodemo Gesù ci dà alcune bussole. Le due bussole che ci dà oggi sono la vita eterna e la fede perché “chi crede in Lui ha la vita eterna”Quando inizia la vita eterna?Se, con un sondaggio, ci chiedessero di colpo che cos'è la vita eterna, cosa risponderemmo? Probabilmente, tutti diremmo: " È la vita che inizia dopo la morte". E invece l'evangelista Giovanni dice: "La vita eterna è conoscere Te, l'unico vero Dio e Colui che hai mandato Gesù Cristo". Ecco una notizia sconvolgente, cioè che sconvolge tutti i nostri modi di pensare perché se la vita eterna consiste nel conoscere, significa che essa non inizia alla nostra morte, ma alla nostra nascita. Dio, dandoci l'essere, ci dà implicitamente anche la capacità di conoscere che diventerà perfetta nell'età adulta, ma ognuno di noi la riceve in potenza già alla nascita. Fin dal battesimo riceviamo in noi la vita di grazia che non è altro che il germe della gloria, quindi nella misura in cui viviamo in grazia, viviamo la stessa realtà della gloria (benché in germe) la cui pienezza sarà raggiunta quando vedremo Dio faccia a faccia.Cos'è la fede?Non basta conoscere, bisogna anche credere: "Chiunque crede in Lui, ha la vita eterna". Se la vita eterna è la realtà più grande, la fede è l'opera più grande e adeguata ad essa. La fede è il tesoro più prezioso che abbiamo perché ci apre gli orizzonti sconfinati dello spirito; ci fa entrare nel mondo di Dio, ci dà la forza stessa di Dio, illumina la nostra vita, dà senso a quel che facciamo e al perché viviamo: senza la fede, la vita diventa una notte tenebrosa senza senso e senza sbocco, se non nel buco nero e vertiginoso dell'eterno nulla. Non c'è peggior catastrofe che perdere la fede: tutte le altre sono niente in confronto perché non metteranno mai a rischio il nostro destino eterno, mentre se perdiamo la fede, la nostra vita che era destinata ad un'esplosione di gloria, finirà in un'estinzione tenebrosa.
Le persone, in genere, sono “ostinate”. Tutti vogliono riuscire, vogliono imporsi sugli altri. La nostra è un’ostinazione egoistica. Ci sono anche le persone “ostinate” nel bene, vivono e portano frutti buoni.Solo Dio è il vero “ostinato” nell’amare Israele e tutti noi. Il nostro Dio è un Dio di amore…Con ostinazione cerca l’uomo… ama l’uomo… e lo vuole salvare. Per aiutare ogni sua creatura, per aiutare l’uomo ha una fantasia sfrenata… cerca in ogni modo di aiutare l’uomo. Dio sa sciogliere ogni ostinazione umana con la sua ostinazione divina.Dio che è Padre manda Gesù tra gli uomini per liberare ogni creatura dal male, dal peccato.Gesù si fa uomo, vive con gli uomini… insegna agli uomini… e dona ad ogni creatura l’amore liberato dal male morendo d’amore sulla croce… Gesù tutto dona all’uomo gratuitamente.“Per grazia siete salvati mediante la fede. Ciò non viene da voi, ma è dono di Dio, né viene dalle opere… Siamo infatti opera sua, creati in Cristo Gesù per le opere buone, che Dio ha preparato perché in esse camminiamo”, San Paolo.L’amore di Dio è infinito e “ostinato” e ama l’uomo perché anche l’uomo possa sentirsi amato e possa amare tutti. Tu credi a questo? E’ il nostro punto debole… Noi manchiamo di fede. Chiunque crede in Gesù ha la vita eterna. Nicodemo si lascia illuminare e la luce di Dio dona vita…Anche tu sei umile e credi e sarai amato e capace di amore.
Le “giornate della memoria” stanno acquistando, in questi anni, una nuova e maggiore problematicità. Se da un lato il tema della Shoà non smette di turbarci nel profondo, nello stesso tempo ci accorgiamo, affacciati sulla vastità del mondo, che di infiniti altri stermini nulla o poco sappiamo, mentre continuano a creare rigurgiti di odio e ritorsioni che sembrano non finire mai.Anna Pozzi ricorda con Guido Dotti, monaco di Bose, i genocidi di Armenia, Cambogia, Algeria, Burundi, Ruanda, ma si sofferma in particolare sul genocidio del Ruanda del 1994 conJean Pierre Kagabo, presidente della commissione “Memoria e giustizia” in Italia; e con John Mpaliza, congolese trapiantato in Italia, che ha marciato verso Roma e verso Bruxelles per tener viva l’attenzione sulla situazione della Repubblica Democratica del Congo. Quali vie sono possibili per fr sì che la memoria possa avere una efficacia nella vita dei popoli? Le risposte possono essere molte.
Con Gabriella Caramore e Lorenzo Pavolini, Nadia Neri, Luciana Breggia, Simon Levis Sullam, Klaas Smelik
“Se non sapremo offrire al mondo impoverito del dopoguerra nient’altro che i nostri corpi salvati a ogni costo, e non un nuovo senso delle cose, attinto dai pozzi più profondi della nostra miseria e disperazione, allora non basterà. Dai campi stessi dovranno irraggiarsi nuovi pensieri …” Questo è un frammento di una delle Lettere che Etty Hillesum scriveva ai suoi amici dal campo di smistamento di Westerbork, nel 1942. È una questione che ci accompagna ancora, ogni volta che si ripropone il tema di come “fare memoria” dopo la Shoà e le innumerevoli Shoà della storia. In questo speciale proveremo a seguire gli interrogativi che sgorgano dalla lettura di queste lettere, tentando anche di ricostruire la breve vita di Etty Hillesum, la ragazza olandese che morì deportata ad Auschwitz con la famiglia all’età di ventinove anni, e che ci ha lasciato testimonianza di una vita intensissima vita spirituale e affettiva. Questa puntata di Uomini e Profeti inaugura la lettura che verrà fatta del Diario di Hillesum in Ad alta voce nel mese di gennaio.
Interventi in studio di Lorenzo Pavolini, Nadia Neri, Luciana Breggia, Simon Levis Sullam, Klaas Smelik.
Vedi anche il ciclo di “Uomini e Profeti”: “Un ardore elementare. Etty Hillesum, tra le baracche e il fango, 1941-43” di Gabriella Caramore 15, 22, 29 giugno 1996
Musica: Ludvig van Beethoven, Quartetto op.59 n.1 Franz Schubert, Quintetto d’archi in Do maggiore op. 163 Hugo Wolf, Quartetto d’archi in re minore