Santa Maria,

Santa Maria,
...donna del primo sguardo, donaci la grazia dello stupore.

lunedì 21 marzo 2016

...un fatto che cambia la storia? / Luci spente a San Pietro

Gesù morto e risorto, un fatto che cambia la storia

La tomba vuota

di Rita Libertini
Il mistero di Gesù morto e risorto è il centro della Settimana Santa e di tutto l'anno liturgico. Ma è anche il fatto che ha cambiato il corso della storia, un fatto davanti al quale ogni uomo - di ogni tempo e di ogni cultura - è chiamato a interrogarsi. In questa Settimana santa vogliamo perciò proporvi una serie di articoli che aiutino a riflettere su questo mistero partendo proprio dalla storicità dell'evento. Nei prossimi articoli a guidarci saranno le indicazioni che nascono dall'osservazione e dallo studio della Sacra Sindone. In questo primo contributo partiamo invece dalla storicità di Gesù, dalle testimonianze anche di fonti non cristiane che ne attestano l'esistenza, l'insegnamento e gli avvenimenti che lo hanno visto protagonista.
La figura di Gesù è molto discussa in ambito scientifico e storico. Per il primo abbiamo, come testimonianza, unica e importante, la Sacra Sindone di cui molti sindonologi ne studiano l’origine, la composizione, le tracce ematiche presenti ecc. Per il secondo vediamo i documenti più antichi; le fonti cristiane; i 27 libri del Nuovo Testamento. Questi ci dicono che Gesù insegnò e predicò, nella vita pubblica, giungendo alla morte di croce e alla resurrezione. Stilati in greco verso la metà del I secolo hanno avuto, poi, la paternità di Matteo, Giovanni, Marco, Luca. Ma la più antica testimonianza è di Papia, vescovo di Ierapoli, con la Spiegazione delle sentenze del Signore: egli ci dice di aver preso le sue informazioni da Marco e Luca, valenza storica di enorme importanza poiché rende vere e concrete quelle degli evangelisti. 
Per le fonti non cristiane partiamo da Roma, poiché è nell’impero romano che il Cristianesimo si sviluppa, consolida e si espande, tra I e IV secolo. Tutti gli autori scelti per questa indagine hanno operato e vissuto tra I e II secolo.
Dati puramente storici li dobbiamo all’Editto di Nazareth di Nerone sul reato di profanazione di tombe con relativa pena capitale; la conferma che sia rivolto ai cristiani l’abbiamo poiché i colpevoli seguono «un processo relativo alla religione per un culto reso ad un essere umano». Ciò descrive il cristianesimo, poiché dal 35 fu dichiarato fuori legge, sotto Tiberio.
Tacito, negli Annales ci mette al corrente su Gesù e sui cristiani. Sappiamo che è informato su come e quando Gesù fu giustiziato e come i cristiani fossero integrati a Roma malgrado non ben visti; inoltre troviamo, per l’incendio a Roma del 16 luglio 64, uno dei tanti riferimenti ai cristiani e a Cristo. Tacito conferma che non solo lui ma tutto l’impero era a conoscenza di quanto accadesse nella provincia romana.
Petronio, nel Satyricon, dà testimonianze sulla crocifissione e sul rituale funebre in parodia: questa forma scrittoria si rifà ad eventi e momenti storici che tutti sapevano. Quest’opera viene composta negli stessi anni, di feroci persecuzioni, in cui era imperatore Nerone.
Nel II secolo Celso è autore di un’opera contro cristiani e cristianesimo, per ridicolizzarli a causa dei sacrifici personali, che arrivavano alla morte, compiuti nel nome di Gesù. Egli mostra le sue conoscenze circa l’ebraismo ed è preoccupato perché chi lo segue non ha voglia di prendere parte a feste e culti statuali, non si impegna in cariche pubbliche e non vuole far parte della milizia: questioni importanti per l’uomo del tempo: «… Gesù raccolse attorno a sé dieci o undici uomini sciagurati, i peggiori dei pubblicani e dei marinai, e con loro se la svignava qua e là, vergognosamente e sordidamente raccattando provviste… colui al quale avete dato il nome di Gesù in realtà non era che il capo di una banda di briganti i cui miracoli che gli attribuite non erano che manifestazioni operate secondo la magia e i trucchi esoterici. La verità è che tutti questi pretesi fatti non sono che dei miti che voi stessi avete fabbricato senza pertanto riuscire a dare alle vostre menzogne una tinta di celebrità. È noto a tutti che ciò che avete scritto è il risultato di continui rimaneggiamenti fatti in seguito alle critiche che vi venivano portate…» (Contra Celsum, I, 62-72).
Anche in fonti ebraiche, troviamo riferimenti. Giuseppe Flavio, militare romano di origine ebraica, scrisse opere tra le quali le Antichità Giudaiche; ci tramanda la storia del popolo ebraico fino a poco prima della guerra giudaica del 66-70; troviamo notizie fondamentali sui movimenti religiosi del I secolo: Esseni, Farisei, Zeloti, ecc… Nei capitoli 18 e 20, fa riferimento a Giovanni Battista e Gesù. Per il primo dice che è sotto Erode che trova la morte Giovanni, «detto il Battista», poiché conduceva i giudei al battesimo per la purificazione del corpo. Erode temeva la sua dialettica e la sua arte di persuadere le genti per cui decise di uccidere Giovanni Battista. Gesù è nominato per distinguere Giacomo, suo discepolo, da altri con lo stesso nome. Usa l’inciso «detto il Cristo», espressione ebraica. I suoi scritti sono importanti, poiché vive ed opera poco dopo la morte di Gesù ed è contemporaneo alla stesura dei Vangeli. Altra opera è il Testimonium Flavianum, ove è scritto che Gesù era uomo saggio, autore di opere grandiose, maestro di uomini, che attirò a sé tanti giudei e greci; leggiamo che il Cristo muore in croce sotto Ponzio Pilato per la denuncia del popolo e che, dopo tre giorni, apparve di nuovo alle sue genti. Tirando le somme, afferma che un uomo di nome Gesù, detto il «Cristo», è vissuto in Palestina trovando la morte sotto il pretore romano Pilato, confermando la veridicità storica dei Vangeli e di ciò che si recita nel Credo. 
Proseguendo l’indagine analizziamo altre fonti ebraiche; soffermiamoci su di una lettera, redatta da Mara bar Sarapion, siriano del I secolo, indirizzata a suo figlio Sarapion: suggerisce al figlio di vivere nella saggezza, anche se potrebbe comportare calunnie e vessazioni da parte dei romani, così come accaduto a molti uomini che vennero uccisi prima di lui, come Socrate, Pitagora ed il «saggio re dei giudei». Chiaro riferimento a Gesù, anche se non esplicito, poiché nessun re dei giudei fu crocifisso dai romani: viene detto «re dei giudei» per via dell’iscrizione che avevano apposto sulla croce I.N.R.I. scritto in latino, greco ed ebraico. «…Giustamente infatti Dio vendicò questi tre saggi: gli ateniesi morirono di fame, gli abitanti di Samo furono sommersi, i giudei eliminati e cacciati dal loro regno, vivono tutti nella diaspora. Socrate non è morto, grazie a Platone; né Pitagora grazie alla statua di Hera; né il saggio re dei giudei, grazie al nuovo insegnamento che aveva impartito…». Ciò è importante poiché il re dei giudei, viene reso personaggio storico, proprio come gli altri citati.
Vediamo il greco Porfirio, discepolo di Plotino, del III secolo, della tradizione filosofica anticristiana, come Celso. Egli manifestò una forte intolleranza verso il Cristianesimo tant’è che scrive: «…Può un Dio soffrire, morire, o resuscitare un morto?»; si chiede come sia possibile lavarsi ed eliminare le colpe solo immergendosi nell’acqua e prendendo quello che dice «così detto battesimo»; si esprime affermando che ciò introduce una nuova forma di vita, basata sull’illegalità insegnando a preoccuparsi di nulla e di non aver paura dell’empietà. Con ciò abbiamo la certezza che Porfirio era a conoscenza di quello che Gesù aveva insegnato e quello che si diffondeva. La filosofia anticristiana nasce e si sviluppa proprio per confutare le tesi cristiane.
Proprio per questo possiamo affermare, tramite le poche testimonianze citate, che la religione cristiana era presente e viva su tutto il territorio dell’impero. In virtù dei testi analizzati si ha la conferma che l’uomo Gesù sia stato effettivamente presente nella storia del I secolo e ciò ci porta a dire che il Nazareno, il Re dei Giudei, sia stato un personaggio reale, che sia vissuto in Palestina al tempo di Ponzio Pilato, che abbia insegnato alle moltitudini e sul quale molti hanno parlato e scritto.
*Autrice del volume "Gesù - La storia e le fonti", De Luca Editori


GettyImages-467965518
www.breitbart.com

Luci spente a San Pietro

San Pietro a luci accese e poi spente

di Riccardo Cascioli
Sabato sera anche la Basilica di San Pietro è stata oscurata per un’ora, come tanti altri monumenti importanti in tutto il mondo, dalla Torre Eiffel di Parigi al Cristo Redentore di Rio de Janeiro, dal Ponte sul Bosforo all’Opera House di Sidney. Tutti insieme per l’Ora della Terra (The Earth Hour), un evento creato dall’associazione ecologista World Wildlife Fund (WWF) nel 2007 per mobilitare l’opinione pubblica contro i cambiamenti climatici. Il WWF chiede l’abbandono dei combustibili fossili, l’uso dei quali è imputato del riscaldamento globale, ma che continuano necessariamente ad essere la principale fonte energetica mondiale. E per quanto si faccia un gran parlare di energie rinnovabili, la semplice verità è che allo stato attuale esse possono essere aggiuntive, ma non certo sostitutive dei combustibili fossili. Da qui anche l’iniziativa di spegnere le luci, un segno per invitare a fare a meno di tanta energia, magari riscoprendo la bellezza del buio; così in occasione dell’Ora della Terra vengono lanciate iniziative locali per fare apprezzare il piacere di stare senza luce: ristoranti che preparano menù romantici per una cena a lume di candela sono ormai un classico.
Come stanno effettivamente le cose a proposito dei cambiamenti climatici lo abbiamo detto molte volte (e ora c’è anche un libro della Bussola, Il clima che non t'aspetti, che spiega quanto siano deboli le basi scientifiche di questa teoria e quanto forti invece gli interessi ideologici e politici), ma l’iniziativa del WWF è criticata anche all’interno del mondo dei “duri e puri” del cambiamento climatico: le accuse vanno dall’inutilità dell’evento, buono solo a mettere in pace le coscienze delle persone, alla pericolosità di trasmettere un messaggio che sottovaluta l’importanza della disponibilità di energia (clicca qui). Peraltro a spezzare il quadro idilliaco di città senza luce, ci ha pensato una piccola città svedese, Östersund, che quest’anno ha deciso di non partecipare all’evento. Motivo? Ultimamente si sono registrate in città troppe violenze sessuali: l’Ora della Terra è importante, dicono i responsabili della municipalità, ma ci sono problemi di sicurezza che esigono strade illuminate (clicca qui).  
Ma torniamo a San Pietro: la sua partecipazione non è una novità, è da molti anni ormai che la principale basilica della cristianità spegne le luci per un’ora, unendosi al resto del mondo. Non sappiamo da chi sia dipesa la decisione originale di aderire all’iniziativa e da chi dipenda il rinnovarla ogni anno, però non possiamo non guardare con una certa inquietudine a questo buio su San Pietro. A maggior ragione per il fatto che l’iniziativa del WWF è anzitutto simbolica. E ci sono infatti almeno due aspetti simbolici che dovrebbero risvegliare qualcuno in Vaticano.
Il primo è il cedimento della Chiesa alla cultura dominante. La Chiesa si è accodata tristemente a un’iniziativa propagandistica figlia di un neo-paganesimo in pieno sviluppo (il culto della Madre Terra), che sogna il ritorno a mondi ideali mai esistiti, che suggerisce ricette e politiche che porterebbero il mondo alla povertà generalizzata. È il segno di una Chiesa in cui la fede ha smesso di diventare cultura e tende quindi a diventare subalterna a ogni cultura che sia di moda. È successo con il marxismo, che ancora affascina tante fette di clero; succede oggi con l’ecologismo, ed è ancora più pericoloso perché i suoi concetti sembrano così in sintonia con la dottrina della Creazione. Sembrano: in realtà nascono da una concezione dell’uomo radicalmente opposta a quella cattolica. 
Il secondo aspetto, dal punto di vista simbolico è ancora più inquietante. La battaglia tra la luce e le tenebre è da sempre un modo per raccontare lo scontro tra Cristo e il mondo. Il prologo del vangelo di Giovanni, ma anche tutta la liturgia, descrive Cristo come la luce che viene nel mondo. La luce è un tratto caratteristico anche delle feste cristiane, perché Cristo è la luce. In questi tempi di grande confusione non può dunque non creare una certa inquietudine la decisione di far calare le tenebre sulla basilica che rappresenta il centro della cristianità. Certo si tratta di un’ora, in un anno, una cosa da nulla si potrebbe dire. Ma i simboli sono importanti, e San Pietro che sceglie volontariamente le tenebre, che alla missione di testimoniare la luce preferisce unirsi al coro di chi quella luce vorrebbe spegnere, non può che lasciare perplessi, per usare un eufemismo. Per fortuna a rincuorare c’è ancora il vangelo di Giovanni che comunque promette che, per quanto le tenebre non accettino la luce, non riusciranno a offuscarla.

lanuovabq.it

Nessun commento:

Posta un commento