Giovedì Santo
αποφθεγμα Apoftegma
Cristo si è innamorato di una prostituta! E cosa fa?
Non potendo essa salire in alto, lui è disceso in basso.
Entrato nella casa di lei, la vede ubriaca.
Come è entrato? Non nella sua nuda condizione divina,
ma in quella della prostituta,
perché vedendolo essa non fosse presa da timore,
né sfuggisse via.
La trova coperta di ferite, diventata selvatica, in balia dei demoni.
E cosa fa? La prende, sí la prende in moglie.
E cosa le dà? Un anello! L'anello dello Spirito Santo ...
Lei però dice: "Ma sono peccatrice, sono sporca".
"Non temere, sono un medico!"...
L'amante che follemente ama non si arresta alla forma,
perché l'amore folle non vede difformità.
Per questo è amore folle, perché spesso ama anche ciò che è difforme.
Cosí fa Cristo: la vede difforme, la ama follemente
e la fa creatura nuova...
Come un pastore la pasce,
come uno sposo la prende in moglie,
come un altare le fa grazia,
come un agnello si sacrifica per lei.
O Sposo che rendi bella la difformità della sposa!
San Giovanni Crisostomo, Omelia seconda su Eutropio, II
Ti sei donato a me senza riserve,
pieno di soavità hai fatto piccola la tua grandezza;
così che non tremassi nel vederti,
nell'aspetto pure come me perchè potessi riceverti
Ode VII di Salomone
L'ANNUNCIO |
Dal Vangelo secondo Giovanni 13, 1-15
Prima della festa di Pasqua, Gesù, sapendo che era giunta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine. Mentre cenavano, quando già il diavolo aveva messo in cuore a Giuda Iscariota, figlio di Simone, di tradirlo, Gesù sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio ritornava, si alzò da tavola, depose le vesti e, preso un asciugatoio, se lo cinse attorno alla vita. Poi versò dell'acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l'asciugatoio di cui si era cinto. Venne dunque da Simon Pietro e questi gli disse: «Signore, tu lavi i piedi a me?». Rispose Gesù: «Quello che io faccio, tu ora non lo capisci, ma lo capirai dopo». Gli disse Simon Pietro: «Non mi laverai mai i piedi!». Gli rispose Gesù: «Se non ti laverò, non avrai parte con me». Gli disse Simon Pietro: «Signore, non solo i piedi, ma anche le mani e il capo!». Soggiunse Gesù: «Chi ha fatto il bagno, non ha bisogno di lavarsi se non i piedi ed è tutto mondo; e voi siete mondi, ma non tutti». Sapeva infatti chi lo tradiva; per questo disse: «Non tutti siete mondi».Quando dunque ebbe lavato loro i piedi e riprese le vesti, sedette di nuovo e disse loro: «Sapete ciò che vi ho fatto? Voi mi chiamate Maestro e Signore e dite bene, perché lo sono. Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i vostri piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri. Vi ho dato infatti l'esempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi».
AMATI SINO ALLA FINE
Stasera ha inizio la notte delle notti, la notte della liberazione! Ma per entrarvi dobbiamo scendere anche noi in Egitto con il Popolo di Israele. O meglio, guardare alla nostra vita di oggi, degli ultimi tempi, forse a tutta la nostra storia, per scoprire che l’abbiamo vissuta in Egitto.
Pensa bene a quale sia la piramide che il faraone ti sta obbligando a costruire. Pensa se dietro a tanta fatica nei rapporti, tanto sudore sul posto di lavoro, non vi sia la tirannia del demonio che, in tutto, ti obbliga a fare mattoni per lui.
Satana, infatti, si nasconde sempre nel nostro ego: ci illudiamo di sforzarci per resistere e non morire, per arraffare un po' di vita attraverso l'affetto degli altri, la stima, il denaro, il prestigio, le cose, mentre sono solo mattoni che impastiamo senza tregua per erigere un mausoleo alla memoria del demonio.
Come fu per Israele, la Pasqua ci coglie dunque schiavi in Egitto, che significa "angoscia", quella che ci prende al pensiero del futuro, della precarietà, della sofferenza e della morte. Ma proprio nel mezzo di questa terra che abitiamo e che non è la nostra, in questa schiavitù a difendere noi stessi e le nostre idee, i nostri criteri, il nostro onore di fronte a moglie e figli; in questa notte che avvolge il profilo di chi ci è accanto facendocelo apparire per quello che non è, in questa nostra vita viene Cristo per donarci se stesso, e fare di tutti noi i suoi amici che gli assomiglino, perché "come uno è, così sarà il suo amico" (Sir. 6,17).
Per questo oggi Dio stesso si inchina dinanzi a ciascuno di noi mettendosi ai nostri piedi. Basterebbe questo per rimanere schiantati. La superbia che ci ha fatto assomigliare al demonio, il falso amico che ha comprato la nostra amicizia con le sue false promesse, si può infrangere solo su quest'amore inimmaginabile. L'amore sino alla fine.
Gesù, infatti, è l'unico che va con noi sino in fondo. Lui non lascia le cose a metà, il suo amore non si spegne, non si raffredda, non sfugge il pericolo, non rinuncia per la vergogna, non muta per opportunismo, non esige cambiamenti e attitudini particolari, sa pazientare e attendere, non si aspetta contraccambio ma guarda tutto di noi con speranza invincibile. Se ti prende per mano e ti promette di amarti sino alla fine, sarà esattamente così.
Un amore che ama sino alla fine di noi stessi, sino agli angoli bui e irrisolti delle situazioni che ci tolgono pace e gioia. Sino alla fine di ogni nostro fallimento. Sino alla fine del peggior lato del nostro carattere. Sino all'ultima nostra debolezza. Sino alla fine dell'ultimo peccato inanellato. Un amore che brucia e cancella, che salva tutto quanto sembra perduto, che ricrea tutto quanto sembra morto e imputridito.
Perché l’amore di Gesù è incastonato nella dinamica dell'esodo; è un amore pasquale che lo conduce sino a inginocchiarsi dinanzi ai nostri delitti. In quante pozzanghere piene del fango del giudizio, dell’invidia, della maldicenza, dell’avarizia abbiamo posato i nostri piedi. Quanta polvere abbiamo calpestato, secca come l’amore per la moglie o per il marito. Quanti chilometri abbiamo percorso per allontanarci da Lui e dai fratelli. Quante piaghe sotto i nostri piedi, quante sofferenze che non abbiamo potuto lenire, quante relazioni che non siamo stati capaci di ricostruire.
Ma oggi Gesù è in ginocchio per fare giustizia dell'Egitto e del faraone. Si umilia dinanzi a me e a te per lavare nel suo sangue ogni macchia, liberarci dalla schiavitù, e accompagnarci in un autentico esodo che dimentichi e lasci dietro le spalle i peccati antichi. Lui è oggi prostrato davanti a noi, per lavare i nostri piedi affinché essi ci facciano entrare nella Pasqua.
E' necessario che oggi ci lasciamo lavare i piedi da Gesù, "altrimenti non avremo parte con Lui" della vita eterna. E' necessario deporre l'arroganza di Pietro, celata in una falsa umiltà che avrebbe compreso solo dopo il tradimento. Ma noi i tradimenti dell'amore di Gesù ce li abbiamo davanti, vero? Ne basterebbe uno, quel giudizio che ha ucciso da tempo nel tuo cuore quel fratello. Lasciamo che Cristo ci ami ancora una volta, perché il suo amore trafigga finalmente il nostro cuore, e prenda possesso di noi.
Un amore che colma l'esistenza di senso e vita nuova. Un amore fatto pane da mangiare per essere saziati; fatto vino da bere e colmare ogni sete. Che guarisce, dona pace e gioia, e risuscita per farci inginocchiare a nostra volta dinanzi a chiunque appaia nelle nostre ore mendicando esattamente quello che abbiamo mendicato noi. L'amore di Dio in Cristo Gesù, per fare della nostra vita un miracolo d'amore capace di uscire e andare a cercare i nostri fratelli, per lavare i loro piedi. Celebriamo in casa il memoriale di questo amore. Prendiamoci del tempo prezioso, prima di partecipare alla celebrazione in Chiesa e raduniamoci in famiglia. Proclamiamo il Vangelo e laviamoci i piedi gli uni gli altri, chiedendoci sinceramente perdono. Il padre alla madre e ai figli, la madre al padre e ai figli, i figli ai genitori e ai fratelli.
Fratelli, stiamo entrando nel cuore della Pasqua, che è il cuore di Dio. Abbiamo bisogno di consegnare la nostra carne incapace di servire ai gesti umili di Cristo. Sì, la sua umiltà, il suo annientamento dinanzi a ciascuno di noi, il suo scendere più in basso di quanto non siamo precipitati, deve stasera scuoterci, stordirci, commuoverci in ogni fibra del nostro essere. Lasciamoci stupire di fronte allo spettacolo del nostro Dio, del Dio che ci ha creato, dell'Onnipotente, che si sbriciola nelle nostre mani e si scioglie nella nostra bocca; che si spoglia completamente delle sue vesti di splendore, della sua dignità, per restare nudo ai nostri piedi, nudo come noi che abbiamo mangiato del frutto che ci era stato proibito; che si cinge di umiltà come un prode valoroso, per far giustizia e sterminare il principe dell'orgoglio con le armi del servizio. Dobbiamo sentirci trafiggere il cuore dal troppo amore di Cristo, perché Egli possa guarirci dalla superbia e donarci il suo Spirito, la vita nuova che ci fa inchinare dinanzi ai nostri fratelli.
Gesù sapeva che proprio quella era la sua "ora": l'umiliazione lo avrebbe fatto passare al Padre dal quale, umiliandosi, era venuto. E stasera sa che quell'"ora" si rinnova per ciascuno di noi. Deve di nuovo servirci per farci passare con Lui dall'incapacità di amare sino alla fine i fratelli, alla libertà di umiliarsi e rinunciare a noi stessi per amore di chi ci è accanto, anche del nemico. Siamo stati creati in Lui per vivere come Lui. Se non sapremo servire getteremo la vita nell'inutilità e nella sofferenza della frustrazione. Per questo stasera Gesù viene nel nostro Egitto per purificarci da ogni macchia di orgoglio e donarci se stesso, la sua carne e il suo sangue nella nostra carne e nel nostro sangue.
L'Eucarestia, infatti, è lasciarsi trasformare in Cristo per "fare come Lui", per "seguire il suo esempio", come le mani si muovono in virtù del sangue che le irrora. E' "annunciare la sua morte" in noi, ovvero il suo dono per amore nei nostri gesti, nelle nostre attitudini, nei pensieri e nelle parole, "nell'attesa che Egli venga" a trasformarla in vita. L'Eucarestia è il suo Mistero Pasquale che, celebrato nell'assemblea cristiana, si compie nella vita quotidiana di ogni cristiano. Se la Chiesa, infatti, attende il ritorno del Signore, anche noi ci offriamo al fratello nell'attesa che Cristo venga a trasformare quel gesto in riconciliazione e salvezza per entrambi.
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