Santa Maria,

Santa Maria,
...donna del primo sguardo, donaci la grazia dello stupore.

mercoledì 16 marzo 2016

Figli di Abramo liberati da Cristo

Il Vangelo del giorno

Mercoledì della V settimana del Tempo di Quaresima


Sacrificio di Isacco e Crocifissione.
Biblia Pauperum. Stampa del 1460-1470


αποφθεγμα Apoftegma


Ricordiamoci che veniamo lavati una volta sola; 
una volta sola veniamo liberati; 
e una volta sola entriamo nel Regno eterno. 
Una volta sola sono «beati quelli a cui sono rimesse le colpe e perdonato il peccato». Tenete ben stretto quello che avete ricevuto, 
conservatelo nella gioia, 
non vogliate più peccare. 
Conservatevi puri e immacolati per il giorno del Signore.

San Paciano









L'ANNUNCIO
Dal Vangelo secondo Giovanni. 8, 31-42

In quel tempo, Gesù disse a quei Giudei che avevano creduto in lui: “Se rimanete fedeli alla mia parola, sarete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi”. Gli risposero: “Noi siamo discendenza di Abramo e non siamo mai stati schiavi di nessuno. Come puoi tu dire: Diventerete liberi?”. 
Gesù rispose: “In verità, in verità vi dico: chiunque commette il peccato è schiavo del peccato. Ora lo schiavo non resta per sempre nella casa, ma il figlio vi resta sempre; se dunque il Figlio vi farà liberi, sarete liberi davvero. So che siete discendenza di Abramo. Ma intanto cercate di uccidermi perché la mia parola non trova posto in voi. Io dico quello che ho visto presso il Padre; anche voi dunque fate quello che avete ascoltato dal padre vostro!”. 
Gli risposero: “Il nostro padre è Abramo”. 
Rispose Gesù: “Se siete figli di Abramo, fate le opere di Abramo! Ora invece cercate di uccidere me, che vi ho detto la verità udita da Dio; questo, Abramo non l’ha fatto. Voi fate le opere del padre vostro”. 
Gli risposero: “Noi non siamo nati da prostituzione, noi abbiamo un solo Padre, Dio!”. Disse loro Gesù: “Se Dio fosse vostro Padre, certo mi amereste, perché da Dio sono uscito e vengo; non sono venuto da me stesso, ma lui mi ha mandato”.




Figli di Abramo liberati da Cristo

Abraham
affresco nella sinagoga Dura-Europos, III secolo

Il Vangelo di oggi parla a noi, "quelli che avevano creduto in Lui". A chi è nella Chiesa ed è convinto di essere un figlio di Abramo. Ed è vero, in lui siamo stati chiamati anche a noi, figli di Dio creati con il suo stesso Dna. Ma ascoltando una Parola diversa da quella che ci ha chiamati all'esistenza abbiamo contratto un virus maligno che ha danneggiato il Dna spirituale, e ora una malattia genetica ha mutato la nostra identità. Invece delle opere di Abramo ecco quelle di un altro padre, del demonio che ci ha generati schiavi della menzogna con la quale ci ha spinto a peccare. Tutto quello che è pensato e compiuto senza amore, infatti, è peccato. La reazione dei Giudei del Vangelo alle parole di Gesù palesa il loro e il nostro cuore. E' infatti la stessa che abbiamo quando qualcuno ci annuncia la Parola di Verità del Vangelo: essa è l'unica che ha il potere di guarirci perché, individuando e diagnosticando il morbo che ci ha aggrediti può distruggerlo e ricreare in noi il Dna divino sul quale crescere nella libertà di amare. E invece, come Caino, ci rattristiamo, innamorati e gelosi del nostro ego. Al punto che la superbia ferita inizia a schiumare ira e l'ira compie quello che non vorremmo: uccidere Cristo incarnato in chiunque contesti la nostra vita e i nostri criteri. Ma coraggio, la Parola di Dio è di nuovo preparata per noi; ci è annunciata nella Chiesa, anche oggi. Ascoltiamola senza indurire il cuore e attraverso la predicazione potremo accogliere, poco a poco, la fede per la quale e nella quale siamo stati generati: quella dei figli di Abramo ricreati in Cristo. Condotti da Lui sul cammino della conversione, come il figlio prodigo "vivono sempre nella casa di loro Padre", dove imparano la libertà di amare senza condizioni. Nella comunità cristiana ascoltano la sua Parola nella quale conoscono la Verità che li illumina per seguire l'Agnello ovunque vada per compiere nella storia il suo Mistero Pasquale in loro. Sono "davvero" discepoli di Gesù che "rimangono fedeli" al Padre perché fluisce in loro il sangue del loro Fratello Primogenito, nel quale possono  custodire in ogni istante la Nuova ed Eterna Alleanza. Come Abramo hanno imparato a sperare contro ogni speranza perché, pur vedendo tante volte morta la propria carne a causa dei peccati, hanno conosciuto la misericordia che ridona la vita ai morti. Per questo si affidano completamente al Padre: la loro fede, infatti, ha nella carne il suo memoriale indistruttibile perché, come Abramo, stringono tra le braccia Isacco, il figlio della promessa compiuta, la testimonianza della fedeltà di Dio.


Hortus Deliciarum, Der Schoß Abrahams. 1180
In loro cioè è vivo Cristo, e lo amano perché in Lui sono guariti dal virus malefico che li aveva deturpati. Sono figli rinati nel Figlio, al punto che possono salire il Moria nella notte della fede, tremare e fissare negli occhi il cuore del loro cuore - quell'affetto, quella persona, quel desiderio, quel sogno, quel progetto - pronti a "sacrificare" tutto (a "fare sacro", a "separare" e offrire a Dio) anche la persona più cara. I figli di Abramo camminano nella vita con gli stessi occhi di Abramo che si riflettevano nel figlio Isacco mentre lo fissavano salendo l'erta del sacrificio, identici a quelli di Dio fissi e splendenti in quelli del Figlio sulla Via Dolorosa del Calvario. Per questo i figli di Abramo sono, come Isacco, pronti ad essere sacrificati, legati alla volontà di Dio come Cristo sulla Croce. Sono liberi nello stesso amore che su di essa li ha liberati e li spinge a donarsi perché in gioco c'è la salvezza del mondo. Per essa offrono la propria gola al Padre entrando nell'assurdo estremo confidando che Egli sul monte provvede, sempre. Così i figli di Dio rivelano e testimoniano sulla terra la fede nella quale sono stati generati, quella che salva il mondo vincendone l'odio con l'amore. Scriveva il drammaturgo austriaco Franz Werfel “per chi ha fede nessun miracolo è necessario, per chi non ha fede nessun miracolo è sufficiente”; l'unico miracolo che può strappare chi non crede alla menzogna è infatti la fede di Abramo e di Isacco che apre il Cielo al quale è impossibile credere se qualcuno non ne mostra l'esistenza attraverso una prova inoppugnabile. La Pasqua è la prova fratelli, il Mistero che, facendoci passare dalla morte alla vita che non muore, ci libera dalla paura per testimoniare il destino che attende ogni persona consegnando il frutto della vittoria di Cristo a tutti, amici e nemici. Chi potrebbe lasciarsi togliere la vita perdonando e benedicendo i suoi assassini? Solo chi ne ha una riserva infinita, proprio come il Cielo che il demonio ha chiuso dinanzi al mondo. La vita di Cristo che la Chiesa ci dona attraverso la Parola e i sacramenti, la vita divina che ricolma i figli rinati nelle acque del Battesimo.



Chiamata di Abramo. Wiener Genesis VI secolo


Possiamo raccontare la storia. 
Quando l'ascolto custodisce la verità e la libertà
Quando il maestro spirituale Israel Ba’al Shem Tov, fondatore dello chassidismo, aveva un difficile compito davanti a sé, si recava in un certo luogo nei boschi, accendeva un fuoco e meditava in preghiera. E ciò che aveva deciso di fare realizzava.
Una generazione dopo, quando il suo discepolo dovette assolvere lo stesso compito, si recò nello stesso luogo nei boschi e disse: “Non sappiamo più accendere il fuoco, ma conosciamo ancora le preghiere.” E ciò che aveva deciso di fare si realizzò.
Un’altra generazione dopo, quando anche il discepolo del discepolo dovette assolvere lo stesso compito, si recò nello stesso luogo nei boschi e disse: “Non sappiamo più accendere il fuoco, non conosciamo più le preghiere, ma conosciamo ancora il luogo nei boschi dove è successo. Dev’essere sufficiente.” E fu sufficiente.
Ma un’altra generazione dopo, quando il discepolo del discepolo del discepolo si sedette nella sua poltrona dorata, nel suo castello, disse: “Non sappiamo più accendere il fuoco. Non conosciamo più le preghiere. Non conosciamo più il luogo nei boschi dove tutto ciò è successo. Ma possiamo ancora raccontare la storia.”


(da Racconti dei saggi yiddish, Milano, 2010)

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