DDaa Lectio Quotidiana
Leggiamo insieme la Scrittura giorno per giorno: il vincolo di unità e di pace per tutti noi!
Lc 9,1-9
1Convocò i Dodici e diede loro forza e potere su tutti i demòni e di guarire le malattie. 2E li mandò ad annunciare il regno di Dio e a guarire gli infermi. 3Disse loro: «Non prendete nulla per il viaggio, né bastone, né sacca, né pane, né denaro, e non portatevi due tuniche. 4In qualunque casa entriate, rimanete là, e di là poi ripartite. 5Quanto a coloro che non vi accolgono, uscite dalla loro città e scuotete la polvere dai vostri piedi come testimonianza contro di loro». 6Allora essi uscirono e giravano di villaggio in villaggio, ovunque annunciando la buona notizia e operando guarigioni.
7Il tetrarca Erode sentì parlare di tutti questi avvenimenti e non sapeva che cosa pensare, perché alcuni dicevano: «Giovanni è risorto dai morti», 8altri: «È apparso Elia», e altri ancora: «È risorto uno degli antichi profeti». 9Ma Erode diceva: «Giovanni, l’ho fatto decapitare io; chi è dunque costui, del quale sento dire queste cose?». E cercava di vederlo.
COMMENTO DI GIOVANNI
Il cap.9 si apre con l’inaugurazione del grande compito cristiano: ”annunciare il regno di Dio e guarire gli infermi”. Mi piace fissare qui la mia attenzione più profonda, perché mi sembra ci sia una grande bisogno di purificare, liberare e semplificare il senso e lo scopo dell’opera cristiana. Tale compito è reso possibile dalla forza e dalla potenza che, come ascoltiamo al ver.1, Gesù dona ai Dodici, e donerà ai settantadue – tante erano considerate le nazioni del mondo – all’inizio del cap.10: “.. diede loro forza e potere su tutti i demoni e di curare (così, alla lettera) le malattie”. Ci troviamo davanti al grande mistero del male, sul quale la Bibbia non ci dà informazioni sul perché della sua esistenza, ma che ci dice la realtà del grande nemico di Dio e dell’umanità, nemico dal quale Egli vuole liberarci.
L’immensità del compito è rigorosamente intrecciata, al ver.3, con la prescrizione di una assoluta “povertà”. Corredarsi di potenza che non sia solamente quella che Gesù consegna ai Dodici per mandarli, sarebbe non solo inutile, ma anche controproducente, illusoria e alla fine dannosa, come ben sperimentiamo anche noi con tutti i nostri apparati di ogni tipo. La gente cui i Dodici sono inviati non potrebbe capire la potenza divina di liberazione che essi portano, se questa fosse mischiata e intrecciata con poteri e risorse della mondanità. Non è questione di buono o cattivo, ma di verità e di inganno, o illusione, o menzogna.
Il verbo “accogliere” che incontriamo al ver.5, l’abbiamo già ascoltato in Luca 2,28, dove si dice che Simeone “accolse tra le braccia” Gesù Bambino, un Dio che si è fatto piccolissimo per la salvezza del mondo. La non accoglienza di questo Dio piccolino è il giudizio evangelico su tutte le potenze mondane che non colgono e non accolgono il mistero dell’Amore di Dio fino alla carne e alla croce di Gesù. Siamo ancora dentro il grande precetto della povertà della Chiesa come essenziale annuncio e testimonianza della povertà del Figlio di Dio. Il ver.6 annuncia l’avvenimento del Vangelo e della sua potenza di bene.
E’ interessante l’accostamento nel nostro brano dei vers.7-9 che ci portano, come a contrasto, in un mondo che è del tutto opposto, e chiuso a quanto abbiamo ascoltato. Anche qui mi sembra di vedere che non si tratta di buono o cattivo, ma, più radicalmente, di un altro mondo! Erode riuscirà a vedere Gesù, con “scarsi risultati”, in Luca 23, dentro agli eventi supremi della Pasqua, della Croce e della Gloria del Salvatore.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Lc 9,10-17
10 Al loro ritorno, gli apostoli raccontarono a Gesù tutto quello che avevano fatto. Allora li prese con sé e si ritirò in disparte, verso una città chiamata Betsàida. 11 Ma le folle vennero a saperlo e lo seguirono. Egli le accolse e prese a parlare loro del regno di Dio e a guarire quanti avevano bisogno di cure. 12 Il giorno cominciava a declinare e i Dodici gli si avvicinarono dicendo: «Congeda la folla perché vada nei villaggi e nelle campagne dei dintorni, per alloggiare e trovare cibo: qui siamo in una zona deserta». 13 Gesù disse loro: «Voi stessi date loro da mangiare». Ma essi risposero: «Non abbiamo che cinque pani e due pesci, a meno che non andiamo noi a comprare viveri per tutta questa gente». 14 C’erano infatti circa cinquemila uomini. Egli disse ai suoi discepoli: «Fateli sedere a gruppi di cinquanta circa». 15 Fecero così e li fecero sedere tutti quanti. 16 Egli prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò su di essi la benedizione, li spezzò e li dava ai discepoli perché li distribuissero alla folla. 17 Tutti mangiarono a sazietà e furono portati via i pezzi loro avanzati: dodici ceste.
COMMENTO DI GIOVANNI
Nella Parola che ieri apriva il cap.9 del Vangelo secondo Luca ci sembrava di veder emergere come tema fondamentale quello della povertà, che, nelle disposizioni date da Gesù per la missione apostolica, non sembrava un semplice ornamento o un’esaltazione morale, ma un dato essenziale, intimamente connesso con l’annuncio evangelico. Oggi questo si conferma e si dilata. Cito subito il fatto che, mentre i discepoli chiedevano di congedare la folla perché potesse procurarsi con i suoi mezzi quanto occorreva, Gesù dice: “Voi stessi date loro da mangiare”(ver.13). Dunque non ci si trovava in una situazione di difficoltà che solo un miracolo poteva risolvere. Ma Lui insiste perché questa cena siano loro ad offrirla alla gente. Una cena speciale, quindi, non per stretta necessità, ma perché ricca di significato, essenziale per l’annuncio evangelico e per la vita nuova.
Ai vers.10-11 gli apostoli riferiscono a Gesù “tutto quello che avevano fatto”. Egli si ritira con loro, ma le folle non li lasciano, ed “Egli le accolse”, e riprende il suo insegnamento e la sua opera di salvezza. Sono i Dodici a domandargli di congedare la folla, e Lui, come dicevamo, chiede di essere loro a provvedere per tutti. Ecco allora la dichiarazione esplicita della povertà dei loro mezzi, e quindi dell’evidente sproporzione colossale tra il pochissimo che hanno e quello che Gesù chiede loro. Forse Gesù sta chiedendo che essi vadano “a comperare viveri per tutta questa gente”(ver.13)?
Ed ecco, allora il miracolo di questa mensa dotata di così poco che nutrirà i cinquemila e lascerà avanzate dodici ceste di pezzi avanzati dalla loro sazietà! Come avverrà tale prodigio? Forse Gesù moltiplicherà i cinque pani e i due pesci? No! Dopo aver fatto sedere tutti a gruppi di cinquanta, Egli “prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò su di essi la benedizione, li spezzò e li dava ai discepoli perché li distribuissero alla folla”. Tenete ben fermo che questi e solo questi sono i gesti che vengono compiuti.
Dei cinque pani benedetti e spezzati avanzano dodici ceste! I Dodici ai quali Gesù ha passato pani e pesci da dare ai cinquemila hanno una cesta ciascuno per continuare a nutrire tutte le generazioni cristiane.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Lc 9,18-22
18 Un giorno Gesù si trovava in un luogo solitario a pregare. I discepoli erano con lui ed egli pose loro questa domanda: «Le folle, chi dicono che io sia?». 19 Essi risposero: «Giovanni il Battista; altri dicono Elia; altri uno degli antichi profeti che è risorto». 20 Allora domandò loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro rispose: «Il Cristo di Dio». 21 Egli ordinò loro severamente di non riferirlo ad alcuno. 22 «Il Figlio dell’uomo – disse – deve soffrire molto, essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e risorgere il terzo giorno».
COMMENTO DI GIOVANNI
Mi piace oggi pensare la preghiera con le parole del ver.18: la preghiera è sempre la preghiera di Gesù al Padre. La mia e la nostra preghiera è questo “essere con lui”, essere con Gesù che prega il Padre. La nostra comunione con Lui nella sua suprema comunione con il Padre: la preghiera, appunto. Così anche per noi è la vera e piana preghiera dei figli al Padre. La preghiera è per chiedere, per ringraziare, per ricordare… ed è soprattutto comunione di Dio con noi e di noi con Dio. I padri ebrei ci insegnano a pregare Dio con la Parola che Egli ci ha rivelato e comunicato. Noi facciamo questo nel modo più alto e profondo quando preghiamo “in Gesù”. Ascoltando le parole dei testi paralleli di Matteo 16,13 e di Marco 8,27, vedremo che solamente Luca colloca l’avvenimento non in un luogo, ma appunto nella preghiera di Gesù.
Mi permetto di suggerirvi di considerare la domanda di Gesù come essenziale, e in certo senso “decisiva”, nel nostro rapporto con Gesù, e, in Lui con tutto l’orizzonte della fede ebraico-cristiana. In questo senso è bene accogliere anche la prima domanda del Signore, relativa alle folle: “Le folle, chi dicono che io sia?”. Le risposte date non sono la risposta giusta, ma ci aiutano a cogliere come la domanda sia decisiva e raccolga tutta la storia della preparazione e della profezia di Israele. Certamente gli antichi profeti, fino ad Elia, e Giovanni Battista in modo eminente, hanno “profetizzato” il Cristo di Dio, ma Gesù, come risponde Pietro al ver.20, è “il Cristo di Dio” che appunto il Popolo di Dio, e con lui tutta l’umanità, attende per la sua salvezza. Ebbene, la domanda di Gesù e la nostra risposta, nostra e di ciascuno di noi, dobbiamo porcela, oggi e sempre, con sempre più grande insistenza, supplica e speranza. E’ Lui infatti ad unificare e a illuminare tutta la Parola che Dio ha donato fino a Lui. Ed è Lui che unifica e illumina tutta la creazione e tutta la storia di tutta l’umanità. E il senso profondo di ogni esistenza, e centralmente l’esistenza di ogni uomo e donna di ogni tempo e di ogni luogo, come tensione, attesa e misteriosa speranza verso di Lui, il Salvatore del mondo. Senza di Lui tutto è ancora sospeso nell’a precarietà e nell’incertezza. Con Lui e in Lui tutto entra nel mistero di Dio.
Ma tutto questo “Egli ordinò severamente di non riferirlo ad alcuno”(ver.21). Le note delle bibbie tendono a suggerire che la proibizione sia per evitare il rischio di una “mondanizzazione” del Messia. Dopo la sua Pasqua di morte e risurrezione lo si annuncerà. Io mi permetto di suggerire che non si tratta solo di una questione di tempo. E’ che proprio la sua Pasqua, da Gesù vividamente descritta al ver.22, è la rivelazione e la pienezza del Cristo di Dio. Quando il mondo lo rifiuterà e lo ucciderà, allora finalmente sarà piena e pienamente data la grazia della presenza e della potenza del Cristo di Dio nella storia e nella vita dell’intera umanità. Nella sua Pasqua d’amore sta tutta la sua potenza.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Lc 9,23-27
23 Poi, a tutti, diceva: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua. 24 Chi vuole salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia, la salverà. 25 Infatti, quale vantaggio ha un uomo che guadagna il mondo intero, ma perde o rovina se stesso? 26 Chi si vergognerà di me e delle mie parole, di lui si vergognerà il Figlio dell’uomo quando verrà nella gloria sua e del Padre e degli angeli santi. 27 In verità io vi dico: vi sono alcuni, qui presenti, che non morranno prima di aver visto il regno di Dio».
COMMENTO DI GIOVANNI
Ancora una volta la Lectio continua della Parola ci consente di cogliere la meraviglia del cammino! Così quello che ieri ascoltavamo della Persona del Signore, oggi Lui lo estende a noi, facendoci partecipi di Sé e della sua strada nel “regno di Dio”, come è detto al ver.27 del nostro brano. E lo estende a noi “tutti”: “a tutti diceva”(ver.23). Facciamo attenzione a quel “se stesso” del ver.23 e del ver.25. Che farne di questo “se stesso”? Non lasciamolo a se stesso! Con atteggiamento di assoluta libertà – “se qualcuno vuole venire dietro a me..” – rinneghiamolo nella sua solitudine e seguiamo Colui che ci ha fatto dono di Sé e si è posto in relazione d’amore con noi. Questo mi sembra il significato di quel “rinneghi se stesso”: è come innamorarsi e sposarsi. Nella “croce” mi sembra di vedere la vita, la vita di ciascuno di noi, con tutti i limiti della nostra persona, e con tutte le vicende e le prove. Ognuno prende non “la croce”, ma “la sua croce”. Però, dire “croce”, significa aver già ricevuto una direzione, un significato, uno scopo. E’ il desiderio e il progetto di fare della propria vita un cammino di amore. Di offerta. La croce dice quindi una convergenza di tutto nell’unico senso dell’amore. Seguire Gesù in questo modo vuol dire mettersi al seguito del suo Vangelo, “ogni giorno”! Amo molto il ver.10 del Salmo 35(36): “E’ in Te la sorgente della vita, alla tua luce vediamo la luce”. E’ citato dalla liturgia della Trasfigurazione, il miracolo che, se Dio vorrà, incontreremo posdomani. E mi sembra molto “illuminante” anche della Parola di oggi.
Al ver.24 l’ “innamoramento” incalza, come quando si dice “ti voglio un bene da morire”: “chi perderà la propria vita per causa mia, la salverà”. Non la lascerà in preda alla morte. Seguendo Gesù, non si muore più: si dà la vita! Ora ci si salva dalla morte e da tutte le sue manifestazioni dando la vita! Si può anche comperare il mondo intero, dice al ver.25, ma per non perdere o rovinare “se stesso”, ognuno di noi riceve in dono l’essere discepolo di Gesù. Il nostro unico e vero vanto è il Vangelo di Gesù. Usando lo stesso verbo “vergognarsi” che troviamo in Romani 1,16 Paolo dice: “Io non mi vergogno del Vangelo, perchè è potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede, del Giudeo prima, come del Greco”. Il verbo vuol dire propriamente “arrossire”: pensate al nostro carissimo “Figlio dell’uomo”, se dovesse “arrossire” di noi nel giorno della “gloria sua e del Padre e degli angeli santi”. Oso dire che il Padre, vedendolo arrossire per colpa nostra, capirebbe quanto Gesù ami noi che siamo arrossiti di Lui, e forse ci salverebbe per amore del suo straordinario Figlio.
Ieri sera, quando la mia quotidiana angoscia pomeridiana mi lasciava, tutto si illuminava e mi sembrava proprio di vedere il regno di Dio, come oggi ascoltiamo al ver.27. Perdonate la mia vanità. Però quando ci capitano questi momenti, capiamo bene che sono assolutamente solo grazia del Signore. Non roba nostra.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Lc 9,28-36
28 Circa otto giorni dopo questi discorsi, Gesù prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare. 29 Mentre pregava, il suo volto cambiò d’aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante. 30 Ed ecco, due uomini conversavano con lui: erano Mosè ed Elia, 31 apparsi nella gloria, e parlavano del suo esodo, che stava per compiersi a Gerusalemme. 32 Pietro e i suoi compagni erano oppressi dal sonno; ma, quando si svegliarono, videro la sua gloria e i due uomini che stavano con lui. 33 Mentre questi si separavano da lui, Pietro disse a Gesù: «Maestro, è bello per noi essere qui. Facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Egli non sapeva quello che diceva. 34 Mentre parlava così, venne una nube e li coprì con la sua ombra. All’entrare nella nube, ebbero paura. 35 E dalla nube uscì una voce, che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo!». 36 Appena la voce cessò, restò Gesù solo. Essi tacquero e in quei giorni non riferirono a nessuno ciò che avevano visto.
COMMENTO DI GIOVANNI
L’accenno al legame tra i “discorsi” fatti da Gesù nei testi precedenti e l’episodio odierno della sua preghiera e della sua illuminazione mi portano a pensare che questo miracolo sia da ricevere come un’ikona di quella comunione che annuncia e offre quando chiede di rinnegare il proprio “sé” solitario per andare dietro a Lui. Se vale questa ipotesi, oggi la preghiera viene annunciata e mostrata come evento supremo di tale comunione con Lui e tra di noi. Di tale evento Gesù rende partecipi Pietro, Giacomo e Giovanni prendendoli con Sé. Il confronto con i testi paralleli di Matteo 17,1 e di Marco 9,2 evidenzia la particolarità di Luca che lega intimamente alla preghiera di Gesù quello che accade sul monte: “… il suo volto cambiò d’aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante”(ver.29). E’ la luce divina che avvolge Gesù che prega. E’ la sua luminosa comunione con il Padre
La comunione con il Padre si popola di altre presenze: “Mosè ed Elia, apparsi nella gloria, parlavano con Lui del suo esodo che stava per compiersi a Gerusalemme”(ver.30). La preghiera è ingresso nell’universo della Parola e della storia della salvezza. La preghiera è viaggio verso la Pasqua, verso l’ “esodo” che, in adempimento a tutte le Scritture, si compie per Gesù a Gerusalemme. Ma questo che stiamo ascoltando nella nostra povera preghiera, è ciò che accade anche a noi! Anche per noi, come per chiunque viene da Gesù portato nella preghiera, questa è illuminazione della nostra umile persona e cammino verso la nostra Pasqua. Dunque, Gesù ci rivela nella sua persona quello che è donato anche a tutti noi nella preghiera.
Pietro e i suoi compagni erano “oppressi dal sonno”, ma “quando si svegliarono, videro…”: sorgono dal sonno e risorgono nella preghiera che consente loro di vedere sia la gloria di Gesù, sia “i due uomini che stavano con Lui”(ver.32).Infatti la preghiera, non solo annuncia la Pasqua, ma è in se stessa evento pasquale, vittoria sulla morte, sull’assenza e sull’oscurità. E’ ingresso nel mistero della vita divina. E’ svegliarsi, è risorgere alla comunione con Lui. “E’ bello per noi essere qui”: al ver.33 Pietro propone di stabilizzare l’evento costruendo le tre capanne. Perché il testo ci dice che “non sapeva quello che diceva”? Forse, penso, perché nella preghiera non siamo noi a costruire capanne, ma è Lui che ci fa entrare nella sua tenda, nella “nube che li coprì con la sua ombra”. La nube che scendeva sulla tenda del convegno quando i nostri padri camminavano nel deserto del loro esodo verso la Terra promessa, è il segno della presenza di Dio.Per questo, qundo dice che “ebbero paura”, penso soprattutto al “timor di Dio” piuttosto che alla paura. Da quella nube “uscì una voce che diceva: Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo!”(ver.35). Tutta la preghiera cristiana si raccoglie nella Persona e nella Parola di Gesù. Per questo “appena la voce cessò, restò Gesù solo”(ver.36). L’espressione non vuole parlarci di solitudine, ma che in Lui e solo in Lui si raccoglie tutto il mistero di Dio e tutto il mistero della storia della salvezza. Nella preghiera di Gesù sta tutta la nostra comunione con Dio e con tutta la storia della nostra salvezza.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Lc 9,37-43a
37 Il giorno seguente, quando furono discesi dal monte, una grande folla gli venne incontro. 38A un tratto, dalla folla un uomo si mise a gridare: «Maestro, ti prego, volgi lo sguardo a mio figlio, perché è l’unico che ho! 39 Ecco, uno spirito lo afferra e improvvisamente si mette a gridare, lo scuote, provocandogli bava alla bocca, se ne allontana a stento e lo lascia sfinito. 40 Ho pregato i tuoi discepoli di scacciarlo, ma non ci sono riusciti». 41 Gesù rispose: «O generazione incredula e perversa, fino a quando sarò con voi e vi sopporterò? Conduci qui tuo figlio». 42 Mentre questi si avvicinava, il demonio lo gettò a terra scuotendolo con convulsioni. Gesù minacciò lo spirito impuro, guarì il fanciullo e lo consegnò a suo padre. 43 E tutti restavano stupiti di fronte alla grandezza di Dio.
COMMENTO DI GIOVANNI
La Parola che oggi accogliamo dalla bontà del Signore rimarrebbe, mi sembra, enigmatica, se non avessimo la grazia di questo cammino nel Vangelo, versetto per versetto e parola per parola, e con la possibilità, e oggi direi l’opportunità, non solo di ripercorrere il cammino già compiuto, ma anche di dare uno sguardo a quello che abbiamo davanti per i prossimi giorni. Vedremo quanto incalzante si sta facendo l’annuncio che Gesù afferma circa il suo sacrificio d’amore che già abbiamo ascoltato nei giorni scorsi al ver.22 di questo capitolo. Qual è il senso della “protesta” di Gesù, quando gli viene detto che i discepoli, pregati di scacciare lo spirito che invade il fanciullo, “non ci sono riusciti”, alla lettera, “non hanno potuto”, o, meglio ancora, “non ne hanno avuto la potenza”(ver.40)? Mi sembra evidente che Gesù giudica colpevole tale impotenza, colpa attribuita forse non solo ai suoi discepoli, ma a tutti quelli che lo hanno incontrato e ascoltato: una “generazione incredula e perversa ( o, forse meglio, deviata)”(ver41).
Dobbiamo quindi pensare che Gesù ha già indicato la via divina della potenza che salva l’umanità! Ha già comunicato qual è la strada che Lui sta percorrendo: qual è il suo “esodo”! E’ quello che, secondo la Parola che ieri abbiamo ascoltata e celebrata, “stava compiendosi a Gerusalemme”, o meglio, “Egli stava per compiere a Gerusalemme”: la sua Pasqua di morte e di gloria: Il suo sacrificio d’amore per la salvezza di tutta l’umanità. Questo è il segreto della sua potenza: l’Amore. Questa è la potenza che Egli consegna ai suoi discepoli, che non sono né dei maghi, né degli scienziati, nè sono dotati delle potenze tipiche del mondo. Sono mandati ad annunciare e a comunicare la Parola potente dell’Amore di Dio per ogni uomo e donna della terra. Questa è la potenza che scaccia ogni demonio, ogni male. Questa è dunque la ragione della impotenza di cui ora questo padre si rammarica.
E’ interessante la chiusura del nostro brano al ver.43: “E tutti restavano stupiti di fronte alla grandezza di Dio”. La potenza dell’Amore è la “grandezza” di Dio. Una potenza illimitata e stupefacente. Mi batte il cuore mentre scrivo queste parole, perché sono consapevole della mia totale impotenza, per come poco accolgo il dono dell’amore di Dio e quindi poco posso comunicarlo. Così oggi vi chiedo di pregare un po’ per me.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
18 agosto 2012 – Lc 9,43b-50
Mentre tutti erano ammirati di tutte le cose che faceva, disse ai suoi discepoli: 44«Mettetevi bene in mente queste parole: il Figlio dell’uomo sta per essere consegnato nelle mani degli uomini». 45Essi però non capivano queste parole: restavano per loro così misteriose che non ne coglievano il senso, e avevano timore di interrogarlo su questo argomento.
46Nacque poi una discussione tra loro, chi di loro fosse più grande. 47Allora Gesù, conoscendo il pensiero del loro cuore, prese un bambino, se lo mise vicino 48e disse loro: «Chi accoglierà questo bambino nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, accoglie colui che mi ha mandato. Chi infatti è il più piccolo fra tutti voi, questi è grande».
49Giovanni prese la parola dicendo: «Maestro, abbiamo visto uno che scacciava demòni nel tuo nome e glielo abbiamo impedito, perché non ti segue insieme con noi». 50Ma Gesù gli rispose: «Non lo impedite, perché chi non è contro di voi, è per voi».
COMMENTO DI GIOVANNI
Segnalo una grande opportunità che oggi viene offerta dalla Parola che ascoltiamo e celebriamo. Quando al ver.44 Gesù dice che bisogna mettersi ben in mente queste parole – alla lettera sarebbe “ponete nelle vostre orecchie queste parole” – non bisogna pensare che questo fosse un problema riguardante solamente gli ascoltatori di allora. Noi siamo nella loro stessa condizione e l’avvertimento insistente di Gesù riguarda noi oggi, è rivolto a noi. Siamo noi quelli che “non capivano queste parole: restavano per loro così misteriose che non ne coglievano il senso e avevano timore di interrogarlo su questo argomento”(ver.45). Non sarebbe difficile mostrare l’evidenza di questa situazione nell’attuale vicenda della comunità cristiana, e anche in ciascuno di noi! Per questo seguiremo con grande attenzione l’argomentare di Gesù, che ritorna sule tema pressante della sua Pasqua, sia direttamente, sia approfittando dei pensieri dei discepoli e di singoli episodi che Egli riconduce tutti a quello che vuole far entrare nella nostra mente e nel nostro cuore.
Ecco allora, ai vers.46-48, una discussione tra i discepoli che conferma a Gesù “il pensiero del loro cuore”, e cioè quale sia il più profondo istinto del loro modo di pensare. “Chi fosse il più grande” era l’argomento del loro dibattere: anche qui non sarà difficile a tutti noi cogliere la portata globale di questo interrogativo, e cioè di come questa “competizione” riguardi innumerevoli passaggi e vicende tra cui passiamo, e che, magari quasi inconsapevolmente ripropongono la discussione e la competizione su “chi sia il più grande”. Gesù entra nel dibattito con un gesto: “prese un bambino, se lo mise vicino”. Nei testi paralleli di Matteo 18,1-5 e di Marco 9,33-37, si dice che il bambino lo pone in mezzo a loro. Luca, dicendo che se lo mette vicino vuole forse evidenziare la prossimità tra la piccolezza del bambino e la piccolezza dello stesso Gesù. Accogliere Lui, Gesù, è accogliere una realtà e una condizione segnata dalla “piccolezza” che Egli vuole mostrare attraverso la vicinanza tra Lui e il piccolino. Ma c’è di più: “…e chi accoglie me, accoglie colui che mi ha mandato”. Ma è Dio Colui che ha mandato Gesù! Come dunque è Dio? Come Gesù e quel bambino? Come è Dio? A questo punto vi propongo una sosta tornando al ver.44: notate come Gesù ha parlato ai suoi: “il Figlio dell’uomo sta per essere consegnato nelle mani degli uomini”. Non dice qui anche della risurrezione! Dice solo della sua consegna per essere crocifisso! Dice solo la piccolezza immane della morte e non la gloria della risurrezione! Certamente vi è compresa…eppure qui non la cita. Qui vuole mettere in evidenza solo lo scandalo e la follia della croce! E adesso torniamo al punto di prima per entrare nella dichiarazione conclusiva di Gesù: “Chi infatti è il più piccolo fra tutti voi, questi è grande”(ver.48). Certamente ognuno degli ascoltatori può e deve riferire a qualcuno la frase. Ma, in realtà, chi è questo “più piccolo tra tutti voi”? Non è forse Lui stesso, Gesù? Se hanno senso queste considerazioni, dobbiamo renderci conto che il tema della “piccolezza” non è solo la descrizione di un atteggiamento di umiltà, ma è “teologia”, e riguarda dunque l’essere stesso di Dio. E’ allora il Crocifisso l’immagine perfetta di Dio?
E ancora, a coronamento di tutto, l’episodio che Giovanni racconta a Gesù circa l’impedimento dato a un tale che hanno visto scacciare i demoni nel nome di Gesù, ma “non ti segue insieme a noi”(ver.49)! Non fa parte del gruppo! Ma Gesù propone e impone una reazione ben diversa, tutta segnata dall’umiltà e dalla benevolenza, e tutta orientata a togliere ogni pretesa di verifica di appartenenza e di diritto di giudicare la relazione che esiste con ogni situazione: “Non lo impedite, perché chi non é contro di voi, è per voi”. Può essere interessante correre un momento avanti, per trovare in Luca 11,23, un’affermazione ben diversa, che tuttavia conferma e rafforza il pensiero che non noi, ma solo Gesù stesso stabilisce l’appartenenza e la condizione profonda di ogni persona e di ogni vicenda al mondo.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
20 agosto 2012 – Lc 9,51-56
51Mentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato elevato in alto, egli prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme 52e mandò messaggeri davanti a sé. Questi si incamminarono ed entrarono in un villaggio di Samaritani per preparargli l’ingresso. 53Ma essi non vollero riceverlo, perché era chiaramente in cammino verso Gerusalemme. 54Quando videro ciò, i discepoli Giacomo e Giovanni dissero: «Signore, vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?». 55Si voltò e li rimproverò. 56E si misero in cammino verso un altro villaggio.
COMMENTO DI GIOVANNI
La strada che stiamo percorrendo insieme in questa parte del Vangelo secondo Luca mi sembra tutta molto collegata alla meta pasquale di Gesù, e quindi al fine di tutto questo suo cammino per noi e con noi. Per questo faccio riferimento al ver.44 di questo capitolo, dove Gesù diceva che “il Figlio dell’uomo sta per essere consegnato nelle mani degli uomini”. Nel commento fatto insieme a Messa ci siamo alla fine meravigliati per il significato “doppio” che la frase propone: da una parte è certamente la prospettiva della sua passione e della sua morte, ma dall’altra proclama che proprio questo sarà l’evento che lo condurrà nella storia come Salvatore di tutta l’umanità. Per questo sono portato a interpretare secondo tale prospettiva tutto quello che stiamo ascoltando. Ogni situazione e ogni vicenda diventa “destinazione” di salvezza che Gesù vuole realizzare. Come ai versetti 49-50 Egli non approva che si impedisca a qualcuno di operare nel suo nome, così ora si oppone all’ipotesi di un giudizio di condanna per i samaritani che non li vogliono accogliere nel loro villaggio. Anche a loro è destinato il Vangelo della salvezza! Il ver.51, in parte ripreso al ver.53, descrive il viaggio di Gesù e dei discepoli con termini di grande solennità e potenza: si tratta proprio del grande cammino di Gesù verso gli eventi della salvezza del mondo! Il suo essere “elevato in alto” sarà sia l’innalzamento sulla croce, sia la sua ascensione al Padre. Gesù salirà a Gerusalemme, città che i Samaritani rifiutano come cuore della loro fede - ricordiamo la polemica della donna samaritana in Giovanni 4! - ma ormai queste rivalità devono finire per la potenza universale di salvezza del mistero pasquale del Signore. Per questo Gesù rifiuta con severità l’ipotesi di un giudizio divino da invocare contro quella gente. Qui la mitezza e la forza sono intimamente intrecciate tra loro. Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
21 agosto 2012 – Lc 9,57-62
57Mentre camminavano per la strada, un tale gli disse: «Ti seguirò dovunque tu vada». 58E Gesù gli rispose: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo». 59A un altro disse: «Seguimi». E costui rispose: «Signore, permettimi di andare prima a seppellire mio padre». 60Gli replicò: «Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu invece va’ e annuncia il regno di Dio». 61Un altro disse: «Ti seguirò, Signore; prima però lascia che io mi congedi da quelli di casa mia». 62Ma Gesù gli rispose: «Nessuno che mette mano all’aratro e poi si volge indietro è adatto per il regno di Dio».
COMMENTO DI GIOVANNI
Mi chiedo se queste linee radicali e severe siano non solo esigenze morali, ma rivelino piuttosto la novità e la particolarità dell’esperienza cristiana rispetto ad altre sapienze e ad altre interpretazioni della vita. La prima affermazione di Gesù, ai vers.57-58, di risposta a chi si offriva di farsi suo discepolo, sembra voler dire un cammino senza sosta e senza fine. Il Vangelo di Gesù non si può fissare in una dottrina e in un fermo codice etico, perchè cammina incessantemente nella storia, ed esige un ascolto e un’obbedienza senza fine da parte del singolo come da parte della comunità credente. Il discepolo del Figlio dell’uomo non ha la possibilità di rifugiarsi in una formula fissa e definitiva, perché lo Spirito lo muove incessantemente dentro alla perenne novità del Vangelo che visita la storia. I vers.59-60 esigono che anche la morte e la sepoltura di un padre siano per suo figlio che è stato chiamato alla sequela del Signore, colte e vissute come eventi e segni del regno di Dio, e non siano realtà diverse da nessun fatto della vita, anche quello che si presenta come di supremo rilievo. Ricordo con commozione che mio papà mi diceva sorridendo che al suo funerale avrei chiesto alla gente presente di partecipare lietamente a quel giorno di festa. E così ho tentato di fare quando questo è avvenuto. Per questo motivo, mi sembra dicano i vers.61-62, per il discepolo non c’è più un “prima” rispetto al “regno di Dio”. Ogni pensiero, o dovere o opportunità viene vissuto non come preliminare, ma come obbedienza e attuazione della volontà del Signore. Chiedo scusa per la banalità e la confusione. Spero che possiamo in ogni modo cogliere e accogliere la divina bellezza di questa Parola come illuminante la nostra felice condizione di persone piccole e povere, e chiamate dalla potenza e dalla sapienza del Vangelo di Gesù.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
51Mentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato elevato in alto, egli prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme 52e mandò messaggeri davanti a sé. Questi si incamminarono ed entrarono in un villaggio di Samaritani per preparargli l’ingresso. 53Ma essi non vollero riceverlo, perché era chiaramente in cammino verso Gerusalemme. 54Quando videro ciò, i discepoli Giacomo e Giovanni dissero: «Signore, vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?». 55Si voltò e li rimproverò. 56E si misero in cammino verso un altro villaggio.
COMMENTO DI GIOVANNI
La strada che stiamo percorrendo insieme in questa parte del Vangelo secondo Luca mi sembra tutta molto collegata alla meta pasquale di Gesù, e quindi al fine di tutto questo suo cammino per noi e con noi. Per questo faccio riferimento al ver.44 di questo capitolo, dove Gesù diceva che “il Figlio dell’uomo sta per essere consegnato nelle mani degli uomini”. Nel commento fatto insieme a Messa ci siamo alla fine meravigliati per il significato “doppio” che la frase propone: da una parte è certamente la prospettiva della sua passione e della sua morte, ma dall’altra proclama che proprio questo sarà l’evento che lo condurrà nella storia come Salvatore di tutta l’umanità. Per questo sono portato a interpretare secondo tale prospettiva tutto quello che stiamo ascoltando. Ogni situazione e ogni vicenda diventa “destinazione” di salvezza che Gesù vuole realizzare. Come ai versetti 49-50 Egli non approva che si impedisca a qualcuno di operare nel suo nome, così ora si oppone all’ipotesi di un giudizio di condanna per i samaritani che non li vogliono accogliere nel loro villaggio. Anche a loro è destinato il Vangelo della salvezza! Il ver.51, in parte ripreso al ver.53, descrive il viaggio di Gesù e dei discepoli con termini di grande solennità e potenza: si tratta proprio del grande cammino di Gesù verso gli eventi della salvezza del mondo! Il suo essere “elevato in alto” sarà sia l’innalzamento sulla croce, sia la sua ascensione al Padre. Gesù salirà a Gerusalemme, città che i Samaritani rifiutano come cuore della loro fede - ricordiamo la polemica della donna samaritana in Giovanni 4! - ma ormai queste rivalità devono finire per la potenza universale di salvezza del mistero pasquale del Signore. Per questo Gesù rifiuta con severità l’ipotesi di un giudizio divino da invocare contro quella gente. Qui la mitezza e la forza sono intimamente intrecciate tra loro. Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
21 agosto 2012 – Lc 9,57-62
57Mentre camminavano per la strada, un tale gli disse: «Ti seguirò dovunque tu vada». 58E Gesù gli rispose: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo». 59A un altro disse: «Seguimi». E costui rispose: «Signore, permettimi di andare prima a seppellire mio padre». 60Gli replicò: «Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu invece va’ e annuncia il regno di Dio». 61Un altro disse: «Ti seguirò, Signore; prima però lascia che io mi congedi da quelli di casa mia». 62Ma Gesù gli rispose: «Nessuno che mette mano all’aratro e poi si volge indietro è adatto per il regno di Dio».
COMMENTO DI GIOVANNI
Mi chiedo se queste linee radicali e severe siano non solo esigenze morali, ma rivelino piuttosto la novità e la particolarità dell’esperienza cristiana rispetto ad altre sapienze e ad altre interpretazioni della vita. La prima affermazione di Gesù, ai vers.57-58, di risposta a chi si offriva di farsi suo discepolo, sembra voler dire un cammino senza sosta e senza fine. Il Vangelo di Gesù non si può fissare in una dottrina e in un fermo codice etico, perchè cammina incessantemente nella storia, ed esige un ascolto e un’obbedienza senza fine da parte del singolo come da parte della comunità credente. Il discepolo del Figlio dell’uomo non ha la possibilità di rifugiarsi in una formula fissa e definitiva, perché lo Spirito lo muove incessantemente dentro alla perenne novità del Vangelo che visita la storia. I vers.59-60 esigono che anche la morte e la sepoltura di un padre siano per suo figlio che è stato chiamato alla sequela del Signore, colte e vissute come eventi e segni del regno di Dio, e non siano realtà diverse da nessun fatto della vita, anche quello che si presenta come di supremo rilievo. Ricordo con commozione che mio papà mi diceva sorridendo che al suo funerale avrei chiesto alla gente presente di partecipare lietamente a quel giorno di festa. E così ho tentato di fare quando questo è avvenuto. Per questo motivo, mi sembra dicano i vers.61-62, per il discepolo non c’è più un “prima” rispetto al “regno di Dio”. Ogni pensiero, o dovere o opportunità viene vissuto non come preliminare, ma come obbedienza e attuazione della volontà del Signore. Chiedo scusa per la banalità e la confusione. Spero che possiamo in ogni modo cogliere e accogliere la divina bellezza di questa Parola come illuminante la nostra felice condizione di persone piccole e povere, e chiamate dalla potenza e dalla sapienza del Vangelo di Gesù.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
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