Santa Maria,

Santa Maria,
...donna del primo sguardo, donaci la grazia dello stupore.

giovedì 2 agosto 2012

Lectio quotidiana Vangelo di Luca cap. 8 (aggiornato giorno per giorno)


8,1In seguito egli se ne andava per città e villaggi, predicando e annunciando la buona notizia del regno di Dio. C’erano con lui i Dodici 2e alcune donne che erano state guarite da spiriti cattivi e da infermità: Maria, chiamata Maddalena, dalla quale erano usciti sette demòni; 3Giovanna, moglie di Cuza, amministratore di Erode; Susanna e molte altre, che li servivano con i loro beni.

4Poiché una grande folla si radunava e accorreva a lui gente da ogni città, Gesù disse con una parabola: 5«Il seminatore uscì a seminare il suo seme. Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada e fu calpestata, e gli uccelli del cielo la mangiarono. 6Un’altra parte cadde sulla pietra e, appena germogliata, seccò per mancanza di umidità. 7Un’altra parte cadde in mezzo ai rovi e i rovi, cresciuti insieme con essa, la soffocarono. 8Un’altra parte cadde sul terreno buono, germogliò e fruttò cento volte tanto». Detto questo, esclamò: «Chi ha orecchi per ascoltare, ascolti!».9I suoi discepoli lo interrogavano sul significato della parabola. 10Ed egli disse: «A voi è dato conoscere i misteri del regno di Dio, ma agli altri solo con parabole, affinché vedendo non vedanoe ascoltando non comprendano. 11Il significato della parabola è questo: il seme è la parola di Dio. 12I semi caduti lungo la strada sono coloro che l’hanno ascoltata, ma poi viene il diavolo e porta via la Parola dal loro cuore, perché non avvenga che, credendo, siano salvati. 13Quelli sulla pietra sono coloro che, quando ascoltano, ricevono la Parola con gioia, ma non hanno radici; credono per un certo tempo, ma nel tempo della prova vengono meno. 14Quello caduto in mezzo ai rovi sono coloro che, dopo aver ascoltato, strada facendo si lasciano soffocare da preoccupazioni, ricchezze e piaceri della vita e non giungono a maturazione. 15Quello sul terreno buono sono coloro che, dopo aver ascoltato la Parola con cuore integro e buono, la custodiscono e producono frutto con perseveranza.                        16Nessuno accende una lampada e la copre con un vaso o la mette sotto un letto, ma la pone su un candelabro, perché chi entra veda la luce. 17Non c’è nulla di segreto che non sia manifestato, nulla di nascosto che non sia conosciuto e venga in piena luce. 18Fate attenzione dunque a come ascoltate; perché a chi ha, sarà dato, ma a chi non ha, sarà tolto anche ciò che crede di avere».

COMMENTO DI GIOVANNI
 E’ di grande aiuto che, a questo punto del nostro cammino con Lui nel Vangelo secondo Luca, Gesù ci aiuti ad entrare nel mistero della Parola che Egli ci comunica ogni giorno. Ce ne parla, dice il ver.4, “con una parabola”. Per noi può essere utile ricordare qualcosa di questo genere letterario. Accontentatevi del poco che so e che so trasmettervi. La parabola sembra essere non solo e non tanto un “esempio” facilitante la comprensione di quello che il Signore ci vuole rivelare, anzi, nel nostro testo di oggi sembra una specie di “sipario” che deve essere svelato. La parabola è se mai l’indicazione di realtà della creazione o della storia, che contengono in se stesse la luce e la rivelazione del mistero di Dio e dell’uomo. Questa parabola del seminatore è considerata da Gesù di grande rilievo. In Marco 4,13 dice addirittura che se non si capisce questa parabola, non si possono capire tutte le altre. I vers.4-8 sembrano descrivere semplicemente “l’avventura” di una seminagione amplissima, senza risparmi e calcoli da parte del seminatore: semina proprio dappertutto! Chi conosce la Palestina, sa bene che i terreni sono ben diversi da quelli della pianura padana! In ogni modo, il seminatore non semina con risparmio. Per questo, gran parte del seminato non da frutto, e solo la parte che cade sul “terreno buono”(ver.8), porta frutto abbondante. La parabola termina con l’invito all’attenzione: “Chi ha orecchi per ascoltare, ascolti”. Interrogato, al ver.9, sulla parabola, Egli premette alla spiegazione il motivo di questo genere letterario scelto da Lui. Come dicevo sopra, qui non si dice che si tratta di immagini facilitanti, ma al contrario! Questo ci porta a pensare addirittura che la Parola di Dio sia tutta come una Parabola, che necessita di essere svelata, spiegata… E qui Gesù fa una netta distinzione tra un “voi” e “gli altri”. Per il voi si può pensare che si tratti dei “discepoli” che al ver.9 hanno posto la domanda. Per “gli altri” si può pensare al mondo giudaico che si chiude davanti al Messia del Signore. Ma io ritengo si possa – e forse si debba – dilatarne la portata, pensando che nessuno può pretendere di “capire” la Parola del Signore se non la riceve come dono. Il rapporto con la Parola non è né un cammino intellettuale, né un percorso ascetico. E’ solamente e semplicemente grazia! Ricordiamo che in Luca 7,22 Gesù manda a dire a Giovanni Battista che “ai poveri è annunciata la buona notizia”. Il termine “poveri” comprende ogni povertà, e vuole quindi sottolineare e enfatizzare l’assoluta gratuità del dono del Vangelo. La spiegazione della Parabola ai vers.11-15 vuole essere una descrizione oggettiva di eventi, e non riduce il discorso a problemi solo morali. C’è di mezzo il diavolo che “porta via la Parola ”dal cuore di chi l’ha ascoltata!(ver.12). Ci sono, al ver.13, le prove della vita. Ci sono “preoccupazioni, ricchezze e piaceri della vita”(ver.14) che certamente dipendono anche dall’atteggiamento di chi ha ricevuto la Parola, ma che sono anche avversari potenti e invasivi. Certo, al ver.15, si può gioire per coloro che accolgono la Parola “con cuore integro e buono, la custodiscono e producono frutto con perseveranza”. E certamente qui è indicato un atteggiamento etico di grande livello. A questo punto Gesù paragona se stesso a uno che “accende una lampada”(ver.16), e fa questo affinchè “chi entra veda la luce”. La Parola accolta diventa lampada di luce per gli altri. Il desiderio divino è quello di comunicare a tutti tutto il dono della Parola. La nostra non è una “religione dei segreti”, ma è un cammino di fede e di ascolto dove tutti i segreti ci vengono svelati e consegnati. Dunque, suprema è la responsabilità nostra. Diventa quindi decisiva l’importanza di “come” si ascolta: con quanto affetto, dedizione, umiltà, supplica e rendimento di grazie.

Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo Giovanni


3 agosto 2012 – Lc 8,19-21

 19E andarono da lui la madre e i suoi fratelli, ma non potevano avvicinarlo a causa della folla. 20Gli fecero sapere: «Tua madre e i tuoi fratelli stanno fuori e desiderano vederti». 21Ma egli rispose loro: «Mia madre e miei fratelli sono questi: coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica».

 COMMENTO DI GIOVANNI
Possiamo accogliere la Parola che oggi il Signore porge alla nostra preghiera e alla nostra vita, come un’ikona della nuova sostanza delle nostre relazioni famigliari, e, più ampiamente, di ogni relazione. Non c’è una “negazione” di tali relazioni. Al contrario, esse vengono massimamente illuminate e valorizzate. E questo avviene perché tutto ormai si pone in relazione con la presenza del Figlio di Dio nella storia umana. Tutto dunque è “relativo” a Lui. Appunto, non è negato, ma è posto “in relazione”. Non mi sembra importante voler osservare se nel nostro testo, e in quelli paralleli di Matteo 12 e di Marco 3, c’è un’ “invasione” o addirittura una certa violenza possessiva da parte della madre e dei fratelli nei confronti di Gesù. E’ importante seguire con attenta mitezza quello che la memoria evangelica ci dice. Intorno a Gesù c’è una grande folla che impedisce di raggiungerlo. Essi desiderano vederlo, e Gesù non respinge il loro desiderio, ma rivela quale sia la strada: per “vederlo”, bisogna ascoltare la Parola di Dio e “farla”: questo verbo è orribile, ma esprime più fedelmente quello che Gesù chiede rispetto alla versione “e la mettono in pratica”. La Parola del Signore è la sorgente e il grembo della vita nuova. E’ questa Parola a ricreare tutta la creazione e tutta la storia. E’ dunque questa Parola a generare la “famigliarità” tra tutti coloro che l’ascoltano e la vivono. Si tratta di una famigliarità di sorprendente bellezza. Chi ascolta la Parola e la vive è non solo fratello, ma anche madre di Gesù! Mi piace sottolineare il rilievo di questa affermazione con il ricordare la figura della “Ecclesia Mater”, così preziosa nell’antica tradizione cristiana. La Chiesa, e ogni cristiano, sono “Ecclesia Mater” perché annunciando e testimoniando la Parola, generano Gesù in molti cuori, e generano alla vita nuova molti fratelli di Gesù. Aggiungo una considerazione non direttamente presente nel nostro testo, ma ricchissima in altri luoghi della Scrittura, dove le relazioni famigliari sono descritte come intimamente connesse con il mistero di Gesù: i nostri genitori sono per noi il segno della paternità e della maternità di Dio. I nostri figli sono ikona del Figlio di Dio e con questa fisionomia spirituale ci sono affidati. In ogni uomo e donna del mondo siamo chiamati a vedere un fratello e una sorella, perché tutti siamo figli dello stesso Padre. Dunque le relazioni non vengono eliminate, ma anzi illuminate e valorizzate. Certo, vengono anche “relativizzate” nel senso che, per esempio, lo stesso esercizio dell’autorità paterna e materna non può essere arbitrario, ma deve essere obbedienza alla relazione fondamentale nei confronti della paternità di Dio. Un padre cristiano non può certo essere un padre-padrone.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.   

4 agosto 2012 – Lc 8,22-25

 22E avvenne che, uno di quei giorni, Gesù salì su una barca con i suoi discepoli e disse loro: «Passiamo all’altra riva del lago». E presero il largo. 23Ora, mentre navigavano, egli si addormentò. Una tempesta di vento si abbatté sul lago, imbarcavano acqua ed erano in pericolo. 24Si accostarono a lui e lo svegliarono dicendo: «Maestro, maestro, siamo perduti!». Ed egli, destatosi, minacciò il vento e le acque in tempesta: si calmarono e ci fu bonaccia. 25Allora disse loro: «Dov’è la vostra fede?». Essi, impauriti e stupiti, dicevano l’un l’altro: «Chi è dunque costui, che comanda anche ai venti e all’acqua, e gli obbediscono?».

 COMMENTO DI GIOVANNI
Spesso la memoria evangelica, oltre a comunicarci persone ed eventi concreti, ci consegna immagini che chiameremo “simboliche”, perché oltre che darci notizie concrete, rivelano anche orizzonti e contenuti profondi del mistero di Dio e dell’uomo. Mi pare che questo si possa e si debba pensare anche per la Parola che oggi riceviamo dalla bontà del Signore. Gesù chiede che ci si imbarchi e si passi all’altra riva del lago. Può darsi che anche questa “altra riva” ci suggerisca considerazioni dello stesso tipo. Oggi però si parla solo di questa traversata burrascosa.  Al ver.23 Luca nota un particolare di grande rilievo: Gesù si è addormentato. Ed è notevole anche il contrasto tra il suo sonno e la pericolosa tempesta di vento e di acqua che si abbatte sul lago. Impauriti, i discepoli lo svegliano: “Maestro, maestro, siamo perduti!”(ver.24). Dopo aver placato la tempesta Egli dice  loro: “Dov’è la vostra fede?”(ver.25). Qual è dunque il significato di quel sonno e di questo rimprovero? Penso sia appunto un grande insegnamento sulla fede. La fede che è una “presenza-assenza” del Signore nella nostra vita. Il suo dormire sembra allora assumere il significato di una non-garanzia, di una povertà del credente, di una comunione non miracolistica con il Signore. Egli è con noi. Questo porta ed esige un modo nuovo di vivere la vicenda umana, senza esenzioni e privilegi, ma appunto con la serena certezza che non siamo soli. La fede esige dunque un concreto atteggiamento di vita “come se Dio non ci fosse”. La fede dunque non è un privilegio mondano, ma è un modo completamente nuovo di “stare al mondo”. Il credente è immerso come tutti gli altri nella “bufera” della storia, nella vita con tutte le sue prove, fino alla morte e compresa la morte. Ma la sua vita è radicalmente nuova. L’esclamazione dei discepoli “siamo perduti!” non è la fede. Per questo Gesù li rimprovera dicendo: “Dov’è la vostra fede?” Davanti al placarsi della natura che “obbedisce” a Gesù, i discepoli si domandano “Chi è dunque costui?”, impauriti e stupiti, dice il ver.25, per quello che Gesù ha fatto. Ma il “miracolo” della fede è più profondamente quello di una “bonaccia” in mezzo alla tempesta. Il vero miracolo è proprio quello: la fede, appunto. Ed è il dono supremo di Dio all’uomo. Ed è la responsabilità del credente. E’ la sua testimonianza.

Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
7 agosto 2012 – Lc 8,26-39

 26Approdarono nel paese dei Gerasèni, che sta di fronte alla Galilea. 27Era appena sceso a terra, quando dalla città gli venne incontro un uomo posseduto dai demòni. Da molto tempo non portava vestiti, né abitava in casa, ma in mezzo alle tombe. 28Quando vide Gesù, gli si gettò ai piedi urlando, e disse a gran voce: «Che vuoi da me, Gesù, Figlio del Dio altissimo? Ti prego, non tormentarmi!». 29Gesù aveva ordinato allo spirito impuro di uscire da quell’uomo. Molte volte infatti si era impossessato di lui; allora lo tenevano chiuso, legato con catene e con i ceppi ai piedi, ma egli spezzava i legami e veniva spinto dal demonio in luoghi deserti. 30Gesù gli domandò: «Qual è il tuo nome?». Rispose: «Legione», perché molti demòni erano entrati in lui. 31E lo scongiuravano che non ordinasse loro di andarsene nell’abisso. 32Vi era là una grande mandria di porci, al pascolo sul monte. I demòni lo scongiurarono che concedesse loro di entrare nei porci. Glielo permise. 33I demòni, usciti dall’uomo, entrarono nei porci e la mandria si precipitò, giù dalla rupe, nel lago e annegò. 34Quando videro ciò che era accaduto, i mandriani fuggirono e portarono la notizia nella città e nelle campagne. 35La gente uscì per vedere l’accaduto e, quando arrivarono da Gesù, trovarono l’uomo dal quale erano usciti i demòni, vestito e sano di mente, che sedeva ai piedi di Gesù, ed ebbero paura. 36Quelli che avevano visto riferirono come l’indemoniato era stato salvato. 37Allora tutta la popolazione del territorio dei Gerasèni gli chiese che si allontanasse da loro, perché avevano molta paura. Egli, salito su una barca, tornò indietro. 38L’uomo dal quale erano usciti i demòni gli chiese di restare con lui, ma egli lo congedò dicendo: 39«Torna a casa tua e racconta quello che Dio ha fatto per te». E quello se ne andò, proclamando per tutta la città quello che Gesù aveva fatto per lui.

 COMMENTO DI GIOVANNI

 La Parola che oggi ci viene donata per la preghiera e per la nostra vita mostra come il mistero e la potenza del male non conoscano confini. E come senza confini sia quindi la potenza di Gesù, che non è venuto a proporre una “religione”, ma a svelare il grande disegno divino della salvezza di tutta la creazione e di tutta la storia. La grande profezia ebraica trova quindi in Gesù il suo compimento e la sua dilatazione universale. Tutto il mondo è dominato dalla prigionia del Male e il Vangelo del Signore è dono di salvezza per tutti. Non sempre il dominio del Male ha carattere così invasivo e sconvolgente. Possiamo ricordarcelo riascoltando il testo di Luca 4,31-37. Qui si tratta di uno sconvolgimento drammatico e totale, che porta con sé il dramma di una vita totalmente sconvolta e confinata ed esiliata dal consorzio umano. E’ interessante osservare al ver.27 come il demone, che subito riconosce in Gesù il suo vero nemico, ne sia peraltro irresistibilmente attratto. Una prima descrizione dell’indemoniato al ver.25 viene completata al ver.29. E’ impressionante come da una parte tale vicenda isoli da tutti gli altri, ma nello stesso tempo faccia parte della realtà di tutti, al punto che quello che la gente non può sopportare è l’opera salvifica compiuta da Gesù! C’è dunque un intreccio tra la drammaticità di questo male e la sua drammatica accettazione. A questo punto, tra Gesù e quei pagani si colloca, completamente sanato e descritto ai piedi di Gesù come un discepolo, l’uomo liberato dal Male. Qui merita grande attenzione il problema della fisionomia della sua vita futura. Quello che gli è accaduto porta l’uomo a chiedere di poter stare con il Signore. Gesù invece lo lascia e lo invia tra la sua gente pagana: “..racconta quello che Dio ha fatto per te”(ver.39). Mi pare descriva in modo molto efficace la condizione di un certo isolamento e solitudine in chi è stato così radicalmente rinnovato. E’ splendido il confronto tra quello che Gesù gli chiede – “racconta quello che Dio ha fatto per te” – e quello che l’uomo liberato andrà ad annunciare: “Quello che Gesù aveva fatto per lui”. Egli ha riconosciuto Dio in Gesù!ù
 Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.


Lc 8,40-48

40 Al suo ritorno, Gesù fu accolto dalla folla, perché tutti erano in attesa di lui. 41 Ed ecco, venne un uomo di nome Giàiro, che era capo della sinagoga: si gettò ai piedi di Gesù e lo pregava di recarsi a casa sua, 42 perché l’unica figlia che aveva, di circa dodici anni, stava per morire. Mentre Gesù vi si recava, le folle gli si accalcavano attorno. 43 E una donna, che aveva perdite di sangue da dodici anni, la quale, pur avendo speso tutti i suoi beni per i medici, non aveva potuto essere guarita da nessuno, 44 gli si avvicinò da dietro, gli toccò il lembo del mantello e immediatamente l’emorragia si arrestò. 45 Gesù disse: «Chi mi ha toccato?». Tutti negavano. Pietro allora disse: «Maestro, la folla ti stringe da ogni parte e ti schiaccia». 46 Ma Gesù disse: «Qualcuno mi ha toccato. Ho sentito che una forza è uscita da me». 47 Allora la donna, vedendo che non poteva rimanere nascosta, tremante, venne e si gettò ai suoi piedi e dichiarò davanti a tutto il popolo per quale motivo l’aveva toccato e come era stata guarita all’istante. 48 Egli le disse: «Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va’ in pace!».



COMMENTO DI GIOVANNI

Già il ver.40 sembra volerci avvertire di questa grande attesa di Gesù da parte di molta gente, un’attesa “anonima”, come lo sarà per la donna emorragica che oggi incontriamo nel Vangelo secondo Luca. Così mi sembra dobbiamo pensare questa gente  che “lo stringe da ogni parte” come ascolteremo al ver.45, “perché tutti erano in attesa di Lui”(ver.40). E c’è un evidente contrasto con la richiesta esplicita e diretta di questo padre, “capo della sinagoga”(ver.41), che “lo pregava di recarsi a casa sua” per la salvezza della sua figlia unica di dodici anni. Non è privo di rilievo il particolare dei dodici anni della bambina morente e dei dodici di malattia incurabile portata dalla donna. Dodici è numero che nella Bibbia tende ad indicare una pienezza, una totalità. Lunga la malattia della donna e piena l’età della bimba che dovrebbe entrare nell’età della giovinezza e delle nozze.

Ed ecco l’azione segreta della donna, e il suo immediato guarire per aver toccato il lembo del mantello di Gesù. Dopo aver inutilmente speso tutti i suoi beni per i medici, non può che mendicare un evento salvifico che, come tale, non si può comperare, ma solo ricevere in dono. E così avviene. La peculiarità di questo avvenimento è il suo compiersi senza un incontro esplicito, una richiesta, un dialogo… Gesù chiede: “Chi mi ha toccato?”, vuole conoscere chi ha ricevuto  segretamente il dono della sua potenza salvifica. Mi sembra di poter dire che questo mette in evidenza come la sua stessa Persona sia luogo di salvezza, come un riferimento al suo stesso nome, Gesù, che significa “salvezza di Dio”, “Dio salva”. Dunque, come Lui stesso le dirà al ver.48, basta la fede di lei che lo tocca a consentire e a compiere il miracolo. Mi viene da pensare: quanti saranno anche oggi, 8 agosto del 2012, a ricevere la grazia di Dio semplicemente perché gli hanno consegnato la loro disperata ricerca della salvezza?

“Ho conosciuto che una potenza è uscita da me”(ver.46), dice Gesù. Allora la donna capisce che il suo segreto deve diventare pubblica confessione, “davanti a tutto il popolo”!(ver.47). Il suo dramma diventa così storia della salvezza. Vangelo a noi e per noi, oggi. Affidiamo alla protezione e all’intercessione di questa donna tutti i cristiani anonimi e segreti. Sono moltissimi.

Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.




49Stava ancora parlando, quando arrivò uno dalla casa del capo della sinagoga e disse: «Tua figlia è morta, non disturbare più il maestro». 50Ma Gesù, avendo udito, rispose: «Non temere, soltanto abbi fede e sarà salvata». 51Giunto alla casa, non permise a nessuno di entrare con lui, fuorché a Pietro, Giovanni e Giacomo e al padre e alla madre della fanciulla.52Tutti piangevano e facevano il lamento su di lei. Gesù disse: «Non piangete. Non è morta, ma dorme». 53Essi lo deridevano, sapendo bene che era morta; 54ma egli le prese la mano e disse ad alta voce: «Fanciulla, àlzati!». 55La vita ritornò in lei e si alzò all’istante. Egli ordinò di darle da mangiare. 56I genitori ne furono sbalorditi, ma egli ordinò loro di non raccontare a nessuno ciò che era accaduto.

COMMENTO DI GIOVANNI
Senza negare assolutamente la storicità dell’evento che oggi ci viene annunciato, mi sembra importante coglierne anche la forza simbolica in ordine alla risurrezione dalla morte per la vita eterna. E anche mi sembra di rilievo il legame e la diversità tra il miracolo della donna ieri e quello di oggi. Ieri una grande folla, oggi un rigoroso contenimento del numero e della significatività dei testimoni del miracolo, come a sottolineare l’assoluta particolarità e la preziosità straordinaria di quello che accade, come se fosse un’ “elezione” potervi essere presenti e partecipi. Tale straordinarietà viene sottolineata anche dall’atteggiamento dei “contro-testimoni”, che sono peraltro “tutti”: “Tutti  piangevano e facevano il lamento su di lei,, ma quando Gesù chiede loro di non piangere perchè la fanciulla “non è morta, ma dorme, essi lo deridevano, sapendo bene che era morta”. E’ impressionante il passaggio subitaneo dalla liturgia funebre – “facevano il lamento su di lei” – alla derisione, per l’amara certezza dell’evidenza della morte. Così i vers.52-53.

Gesù chiama la fanciulla alla risurrezione – “Fanciulla, alzati!” – e, alla lettera, “il suo spirito (o meglio il suo “Spirito”?) ritornò e subito risorse”. Anche Gesù, per confermare i suoi discepoli sull’evento reale e concreto della sua risurrezione, chiederà qualcosa da mangiare in Luca 24,36-43. Sono tutti passaggi preziosi che mi fanno pensare che il miracolo storicamente concreto della risurrezione della fanciulla voglia proporsi anche come annuncio globale della risurrezione dei morti. E ne trovo conferma anche nell’ultimo ver.56, dallo sbalordimento dei genitori all’ordine del Signore “di non raccontare a nessuno ciò che era accaduto”: la notizia della risurrezione è sempre legata al mistero e al dono della fede, e non è quindi un semplice fatto di cronaca. Forse quindi anche noi in questo momento possiamo pensare ad una persona cara che è morta, ma non è morta, perché lo Spirito del Risorto l’ha chiamata alla pienezza della vita.

Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.

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