Santa Maria,

Santa Maria,
...donna del primo sguardo, donaci la grazia dello stupore.

giovedì 28 aprile 2016

Oggi, a scuola, lezione su Etty Hillesum accompagnata da questo video. "tutto può andar perso, ma mai l’amore per la vita"

Etty Hillesum: la "normalità" della mistica

Oggi, a scuola, lezione su Etty Hillesum accompagnata da questo video.

Cult Book - I diari e le lettere di Etty Hillesum

La puntata di CultBook dedicata alla breve e intensissima esperienza di vita di una delle donne più significative del '900: Etty Hillesum.
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    • "Trio and eternity theme" di Eleni Karaindrou Ensemble, Aris Dimitriadis, Vangelis Skouras, Vangelis Christopoulos, Spyros Kazianis, Renato Ripo, Nikos Guinos, Loukas Karytinos, La Camerata, Athens, Katrin Zenz, Iraklis Vavatsikas (Google Play • iTunes)

Etty è una delle voci a cui faccio riferimento nel mio libro "Cerco parole buone. Su vita, amore e morte" (Paoline). Di lei parla anche Daniele Rocchetti sul suo blog "Diario di un laico" (qui riportato).

Sono reduce da un viaggio con alcuni amici in terra polacca e, come sempre capita, un giorno intero l’abbiamo passato ad Auschwitz-Birkenau. Ci sono state tante altre volte, molte in compagnia di persone, poi diventate amiche, che hanno vissuto il dramma della deportazione: Nedo Fiano, Hanna Weiss, Shlomo Venezia, Sami Modiano, Andra e Tatiana Bucci. Stavolta invece a farmi compagnia è stato il diario di una giovane donna, morta nel campo, il 30 novembre 194: Etty Hillesum.
NON SMARRIRSI NEL DOLORE DEL MONDO
Di lei si sa ben poco. Alcuni cenni biografici, il diario e le lettere da lei scritte negli ultimi anni della sua breve vita (in tutto, i suoi scritti coprono un arco di tempo brevissimo: 9 marzo 1941 – 7 settembre 1943) e che offrono la straordinaria possibilità di riflettere sul rapporto tra estremo e quotidiano. Etty è una giovane donna la cui esistenza si è smisuratamente estesa dalla piccola scrivania accanto alla finestra della sua stanza, che dava sulla piazza del Rijksmuseum, ad Amsterdam, dove ogni giorno cercava per sé “almeno un paio di parole“, come altri cercano una casa, un rifugio, fin dentro le pieghe della più grande tragedia storica del Novecento: “Se dico che stanotte sono stata all’inferno, che cosa potete capirne voi?” scrive da dentro il campo di transito di Westerbork, dove ogni lunedì arrivava un treno vuoto che ripartiva il mattino seguente carico di donne, uomini, vecchi, bambini, destinati allo sterminio. E tuttavia, in quel lungo tragitto dalla sua scrivania (“il più bel posto di questa terra“) alla storia, Etty non solo non smarrisce se stessa, ma non smarrisce la libertà di continuare ad amare gli esseri umani e di continuare ad assaporare la bellezza del mondo. Dentro le pieghe della vita quotidiana e con l’acuta consapevolezza dell’inevitabile destino a cui lei e il suo popolo sono destinati, mantiene intatta “la coscienza che, in ultima istanza, non ci possono togliere nulla. Che esisterà pur sempre un pezzetto di cielo da poter guardare, e abbastanza spazio dentro ciascuno di noi per poter congiungere le mani in una preghiera“.
UN BARLUME DI ETERNITÀ DENTRO LE AZIONI QUOTIDIANE 
Etty rende continuamente evidente la ricchezza delle potenzialità di una vita umana. Anche nelle situazioni più terribili, e di maggiore costrizione, si può trovare la forze se non di capovolgere il dato, almeno però di rovesciarne il senso: “Ho il dovere di vivere nel modo migliore, e con la massima convinzione, sino all’ultimo respiro. Allora chi verrà dopo di me non dovrà più cominciare tutto da capo e con fatica“. È questo il nucleo semplice e radicale che definisce l’esperienza di resistenza di Etty. La trasformazione di sé come momento indispensabile e fondamentale della trasformazione del mondo. Etty sa amare la vita, e trovarvi bellezza, anche nelle situazioni più intollerabili non perché sia un’anima bella, che non sa vedere l’orrore del mondo, ma perché sa che “tutto fa parte di questo mondo: una poesia di Rilke come un ragazzo che cade dall’aeroplano“. Non a caso, molti l’hanno associata a Dietrich Bonhoeffer, che nel carcere di Tegel, a Berlino, poco tempo prima di venire giustiziato scrive: “Meravigliosamente custoditi, da forze che vegliano per il nostro bene, attendiamo senza timore l’avvenire. Dio è con noi sera e mattina, e lo sarà fino all’ultimo giorno”. Tutto questo comporta farsi carico del presente, radicarsi nel presente, senza immaginare vie di fuga impossibili. Significa non fuggire la realtà e non ritagliarsi un mondo a propria misura. Perché Etty è convinta che ciò che è umano, profondamente umano, non può essere soffocato dal male. “Se sapessimo capire il tempo presente, lo impareremmo da lui a vivere come un giglio del campo“. Ridotti all’essenziale. Ma non privati della speranza. “Un barlume di eternità filtra sempre più nelle mie più piccole azioni e percezioni quotidiane. Io non sono sola nella mia stanchezza, malattia, tristezza o paura, ma sono insieme con milioni di persone, di tanti secoli: anche questo fa parte della vita che è pur bella e ricca di significato nella sua assurdità, se vi si fa posto per tutto e se la si sente come un’unità indivisibile. Così, in un modo o nell’altro, la vita diventa un insieme compiuto; ma si fa veramente assurda non appena se ne accetta o rifiuta una parte a piacere, proprio perchè essa perde allora la sua globalità e diventa tutta quanta arbitraria.” Me lo dicevo mentre attraverso la grande fabbrica dello sterminio che è Birkenau: questa è la grande lezione di Etty, restituirci tutta la responsabilità del nostro “esserci”.
UN DIO DA SALVARE
Non solo. La giovane ebrea Etty scopre a poco a poco che la fede può essere anche qualcosa in cui libertà e sottomissione diventano la stessa cosa. Bisogna “sopportare i misteri di Dio“, e solo sopportandoli, senza presumere di possederne le chiavi, si può anche sperare di “aiutare Dio”, quando Dio non sembra più in grado di far fronte alla malvagità degli esseri umani.” (Caramore) Non a caso J.G.Gaarlandt, l’editore olandese che nel 1983 decise la pubblicazione del diario, ha scritto: “Certe volte Etty è così assorta nelle sue conversazioni con Dio che il suo sembra puro misticismo. Era una mistica Etty? Forse sì, ma scriveva: “il misticismo deve fondarsi su un’onesta cristallina: quindi prima bisogna aver ridotto le cose alla loro nuda realtà”. Il suo misticismo non la condusse alla contemplazione solitaria, ma dritto nel mondo dell’azione. Era una visione del mondo che non aveva nulla a che fare con la fuga o l’illusione; si fondava anzi su una solida percezione della realtà, faticosamente conquistata. Il suo Dio può apparirci in piena consonanza con la sua capacità di vedere la realtà, di sopportarla e di trovarvi consolazione. Un Dio faticosamente trovato ma che scopre essere alla radice di ciò che è: “Dentro di me c’è una sorgente molto profonda. E in quella sorgente c’è Dio. A volte riesco a raggiungerla, più sovente essa è coperta di pietre e sabbia: allora Dio è sepolto. Allora bisogna dissotterrarlo di nuovo.” È l’inizio di un’intensa attività interiore, di un rapporto dialettico tra due che sono già uno, lei e Dio, in cui ciascuno ha bisogno che l’altro ci sia, vivo e attivo, che le farà dire più tardi: “E se Dio non mi aiuterà allora sarò io ad aiutare Dio”, sempre più certa che tutto può andar perso, ma mai l’amore per la vita: “E questo probabilmente esprime il mio amore per la vita: io riposo in me stessa. E quella parte di me, la parte più profonda e la più ricca in cui riposo è ciò che io chiamo Dio.” Quel Dio che sente sempre più come abbraccio avvolgente e rassicurante: “E’ così che mi sento, sempre e ininterrottamente: come se stressi fra le tue braccia, mio Dio, così protetta e sicura e impregnata d’eternità“. Come un appello imprescindibile. “L’unica cosa che possiamo salvare in questi tempi, e anche l’unica che veramente conti, è un piccolo pezzo di te in noi stessi, mio Dio“. Un Dio da salvare. Un Dio fragile che rischiava di essere annientato. Era necessario che qualcuno, anche solo uno, lo sapesse custodire nel proprio cuore e lo salvasse così dalla distruzione e dalla morte.

Cerco parole buone [Albini]

Gli oggetti di papa Francesco vanno a ruba all'asta.

NELLE ASTE A RUBA GLI OGGETTI DI PAPA FRANCESCO, I PROVENTI SERVIRANNO PER LE OPERE DI CARITA'

Per la sua papalina hanno offerto 16mila euro. Ma si è arrivati a pagare 300mila dollari per la Fiat 500 su cui ha viaggiato e 241mila euro per una moto che gli avevano donato.

di Redazione online
NELLE ASTE A RUBA GLI OGGETTI DI PAPA FRANCESCO, I PROVENTI SERVIRANNO PER LE OPERE DI CARITA'
Credit Foto - La Repubblica


Per la sua papalina hanno offerto 16mila euro. Ma si è arrivati a pagare 300mila dollari per la Fiat 500 su cui ha viaggiato e 241mila euro per una moto che gli avevano donato.

Gli oggetti di papa Francesco vanno a ruba all'asta: anche quelli più particolari, dal tablet al giubbotto da motociclista. Tanto che è lo stesso pontefice in alcune occasioni a predisporre lotterie di beneficenza per finanziare le opere di carità attraverso la vendita dei doni ricevuti. In altri casi, invece, sono le diocesi o singole persone a lanciare la corsa al cimelio pontificio.

E le cifre che si raccolgono sono quasi sempre consistenti, tanto che le varie aste hanno superato in totale i 750mila euro. La Repubblica


www.sanfrancescopatronoditalia.it

AMORIS LAETITIA Sull’amore nella famiglia. Uno di trecentoventicinque...


1. La gioia dell’amore che si vive nelle
famiglie è anche il giubilo della Chiesa.

Come hanno indicato i
Padri sinodali, malgrado i numerosi segni di crisi del
matrimonio,

«il desiderio di famiglia resta vivo, in specie fra i
giovani, e motiva la Chiesa».[1]

Come risposta a questa
aspirazione

«l’annuncio cristiano che riguarda la famiglia è davvero
una buona notizia».[2]


Sull’amore nella famiglia

Marc Chagall (1887-1985), Coppia di sposi con torre Eiffel - Museo Chagall, Nizza

1. Esortazione apostolica post-sinodale
Amoris laetitia <
Sull’amore nella famiglia

Sintesi dell’Esortazione, per una conoscenza rapida dei contenuti.

Franciscus



Jorge
Mario Bergoglio







13.III.2013

w2.vatican.va




“AMORIS LAETITIA” TESTO INTEGRALE DELL’ESORTAZIONE SULLA
FAMIGLIA

LA GIOIA DI GESU' RENDE PIENA LA NOSTRA VITA

Il Vangelo del giorno. 



Giovedì della V settimana del Tempo di Pasqua



αποφθεγμα Apoftegma


Vivendo in Dio, dunque, non si può avere alcuna amarezza,
perché Dio è delizia, dolcezza e gioia infinita!
È questa la ragione per cui gli amici di Dio sono sempre felici!
Anche se malati, indigenti, afflitti, tribolati, perseguitati, noi siamo nella gioia.

Santa Caterina da Siena, lettera n. 165 a Bartolomea, moglie di Salviato da Lucca






QUI IL FILE MP3 AUDIO DA SCARICARE 






L'ANNUNCIO

Dal Vangelo secondo Giovanni 15,9-11.

Come il Padre ha amato me, così anch'io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Questo vi ho detto perche' la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena.











LA GIOIA DI GESU' RENDE PIENA LA NOSTRA VITA




Non è vero che non potremo mai essere felici. Siamo nati per una gioia piena, da pregustare qui ed ora, che sarà poi colmata in Cielo. Ce lo dice oggi Gesù: non ti abbattere, ho compiuto tutto perché "la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena". Lo sappiamo, qualcosa in noi protesta dinanzi a questa affermazione: il dolore, soprattutto quello degli innocenti, le angosce, le pene, le malattie, l'orrore per la violenza, le cronache che ci mostrano un mondo sporcato sin dentro al divertimento e allo sport. Per questo la "gioia" che Gesù ci promette finisce con il sembrarci un'utopia. Fateci caso, in questa società non c'è spazio per la gioia; tutti adirati, indignati, impegnati solo per ottenere giustizia e per fuggire ogni sofferenza. Il piacere a tutti i costi è l'unica forma di felicità consentita... Ma Gesù oggi ci parla di un'altra gioia, ben diversa da quella effimera del mondo: la "sua gioia", sorella della "sua pace". Una gioia che non si è assopita neanche sul Calvario, la gioia crocifissa, l'unica piena e incorruttibile, perché non dipende dalle circostanze, dal piacere, dal realizzare progetti e ideali, dalle buone relazioni con gli altri, dalla propria soddisfazione. Una gioia che non ci appartiene, e che ci deve essere donata. Essa, infatti, coincide con la volontà di amore e salvezza che Dio ha per ogni uomo. E' dunque la gioia di chi si sente amato da Gesù nello stesso amore con il quale il Padre ama il Figlio. E come lo ama? Donandogli tutto, senza riserve. Ogni cosa del Padre è del Figlio, e tra queste il suo potere sulla morte. Ascolta: Gesù ci ama di questo identico amore, facendoci partecipi di tutti i suoi beni: "Quindi nessuno ponga il suo vanto negli uomini, perché tutto è vostro: Paolo, Apollo, Cefa, il mondo, la vita, la morte, il presente, il futuro. Tutto é vostro, e voi siete in Cristo e Cristo è di Dio" (1Cor 3,22). Siamo coeredi di Cristo, figli nel Figlio, nulla ci può più fare paura, anzi; proprio se partecipiamo delle sue sofferenze gusteremo già oggi la "sua gioia". Lo stesso potere sulla morte ricevuto da Gesù, infatti, è consegnato e affidato ai suoi discepoli: anche in noi vi è una sorgente inesauribile di vita che ci fa camminare sulle acque della morte. Come una luce per il mondo, possiamo avere relazioni stabili e autentiche perché l'amore riversato in noi è così sovrabbondante da renderci immuni a qualunque tradimento, rancore, gelosia. Ne soffriamo certo, non siamo mica angeli, gli schiaffi ci feriscono, ma non perdiamo la pace e la gioia. 


Non è stupendo? Tutto possiamo in Colui che ci dà forza. Lui è vivo in noi, e proprio nella nostra totale debolezza compie prodigi. Allora anche oggi in ufficio, in famiglia, ovunque siamo chiamati a "custodire i suoi comandamenti" come l'opera reale e concreta del suo amore. E' un segreto essenziale per vivere nella Pace: proprio "custodendo" la gioia del suo amore possiamo sbarrare la strada ai tanti pensieri malvagi e tristi che tentano di corrompere la nostra anima; la "tristezza secondo il mondo", infatti, che crediamo derivare dal non essere amati, compresi, rispettati e considerati, è sempre frutto del peccato generato dall'incredulità. Per questo, la "prima e massima preoccupazione" di San Francesco d'Assisi, "è stata il possedere e conservare sempre all’interno e all’esterno la gioia spirituale. Egli affermava che se il servo di Dio si sforza di possedere e di conservare la gioia spirituale interiore e esteriore che procede dalla purezza del cuore, non potranno fargli alcun male i demoni, costretti a riconoscere che “Poiché quel servo di Dio conserva la sua pace nella tribolazione quanto nella prosperità, non possiamo trovare nessun accesso per nuocere alla sua anima”. Così, nella storia di ogni giorno, in mezzo a quello che vivrai oggi, la gioia si fa "piena", perché in essa si compie la pienezza dell'amore di Gesù. E' tutto pronto, ma è anche vero che possiamo rifiutarlo, chiudendoci in un orgoglio stolto e insipiente. Per questo, "osservare i comandamenti" è già una Grazia! E' la vita nuova che si manifesta in chi ha ricevuto un cuore e uno Spirito nuovi: "Devi divenire amore, guardando l’amore di Dio, che ti ha così tanto amata, non per qualche obbligo che avesse con te, ma per puro dono, spinto soltanto dal suo ineffabile amore. Non avrai altro desiderio che quello di seguire Gesù! Come inebriata dall’Amore, non farai più caso se ti troverai sola o in compagnia: non preoccuparti di tante cose, ma solo di trovare Gesù e andargli dietro!" (Santa Caterina). La "gioia di Gesù" è un dono, non implica alcuno sforzo, ma solo la stanchezza e la debolezza con cui distendiamo la mano per accoglierla. Per questo possiamo gioire d'una gioia indicibile, anche se siamo provati in ogni modo, anche se non sentiamo l'amore di Dio. Esso, infatti, è molto più di un sentimento, è carne nella carne, realtà nella realtà. Quando camminiamo crocifissi con Cristo "rimaniamo nel suo amore" perché è su quel Legno che esso si è rivelato e consegnato ai peccatori. Sotto le onde, anche le più tempestose, nel fondo del mare vi è sempre una pace infinita, immagine della "gioia piena" del suo amore riversato copiosamente in noi. Quante onde stanno sconvolgendo oggi la tua vita? Non aver paura, ma immergiti nel mare, nella storia, sino in fondo dove ti aspetta Cristo che vi si è gettato per mettere pace proprio alla radice di ogni nostro turbamento. Vedrai che, a poco a poco, tornerà la luce nel tuo sguardo, come un segno di speranza per chi ti è accanto: “Perché manifestare così la tristezza e il dolore che provi a causa dei tuoi peccati? Questo tocca Dio e te. Pregalo di renderti, per la sua bontà, la gioia di essere salvato. Davanti a me e davanti agli altri, sforzati di mostrarti sempre lieto, perché non conviene che un servo di Dio si faccia vedere con il viso triste e accigliato”. Il mondo, infatti, aspetta di vedere nei figli di Dio la gioia che non ha mai conosciuto! Tuo figlio che la cerca allo stadio, in discoteca, al pub con amici, cannabis e alcool; il tuo collega a cui è morta la moglie giovanissima e conosce solo lacrime disperate e bestemmie contro Dio; tuo marito che l'ha dimenticata stressato da mille impegni; tutti cercano in te la "gioia" che offra una ragione per vivere. Coraggio, perché la puoi sperimentare nella comunità dei discepoli, dove Cristo risorto appare accogliendoti nelle sue piaghe, nella Parola e nei sacramenti che sigillano il perdono e nutrono con la sua stessa vita. Accoglila, ed essa si riverbererà in te raggiungendo e lenendo il dolore di chi ti è accanto.






QUI IL COMMENTO COMPLETO E GLI APPROFONDIMENTI


mercoledì 27 aprile 2016

Ecco una bella catechesi sul peccato! ... siamo dei veri disastri...!

IL MIO AMICO GESÙ: 



Dalla prima lettera di san Giovanni apostolo - 1Gv 1, 5-2, 2 -

 Il sangue di Gesù ci purifica da ogni peccato.







 1Gv 1, 5-2, 2Figlioli miei, questo è il messaggio che abbiamo udito da lui e che noi vi annunciamo: Dio è luce e in lui non c’è tenebra alcuna. Se diciamo di essere in comunione con lui e camminiamo nelle tenebre, siamo bugiardi e non mettiamo in pratica la verità. Ma se camminiamo nella luce, come egli è nella luce, siamo in comunione gli uni con gli altri, e il sangue di Gesù, il Figlio suo, ci purifica da ogni peccato.Se diciamo di essere senza peccato, inganniamo noi stessi e la verità non è in noi. Se confessiamo i nostri peccati, egli è fedele e giusto tanto da perdonarci i peccati e purificarci da ogni iniquità. Se diciamo di non avere peccato, facciamo di lui un bugiardo e la sua parola non è in noi.Figlioli miei, vi scrivo queste cose perché non pecchiate; ma se qualcuno ha peccato, abbiamo un Paràclito presso il Padre: Gesù Cristo, il giusto. È lui la vittima di espiazione per i nostri peccati; non soltanto per i nostri, ma anche per quelli di tutto il mondo.
Parola di Dio
Riflessione
Ecco una bella catechesi sul peccato!Le dichiarazioni di San Giovanni non sono molto popolari oggi... e molti sono convinti che il peccato non sia una cosa così grave, specialmente il proprio! Si sentono in giro tante scemenze che ti fanno congelare, robe da farti venire una broncopolmonite in estate!... Io non pecco, o almeno non commetto peccati gravi:non rubo... non uccido... mi comporto bene... mi faccio i fatti miei... non rompo le scatole a nessuno, al limite sono gli altri che le rompono a me, e così via. Poveri noi, povero Gesù e poveri Confessori! Cosa devono sentire le loro orecchie!!!Scusate... ma allora mi domando: "Gesù, per chi è morto? Per chi ha sofferto? Per chi ha versato il Suo preziosissimo sangue?". O forse Gesù si è sbagliato a pensare che noi eravamo dannati e che solo Lui poteva salvarci? No, Gesù non si è sbagliato... diceva bene Qoelet (7, 20) Non c'è infatti sulla terra un uomo così giusto che faccia solo il bene e non pecchi”, o il libro dei Proverbi (20, 9) Chi può dire: Ho purificato il cuore, sono mondo dal mio peccato?.Quando non osserviamo una legge sulla terra, sappiamo bene di dover rispondere a un giudice in tribunale; e quando non osserviamo i comandamenti del Signore sappiamo, altrettanto bene, di dover un giorno, volenti o nolenti, rispondere a Dio. Nel primo caso ci indaffariamo a cercare scappatoie per cavarcela alla bellemeglio... e generalmente ci riusciamo; nel secondo caso invece preferiamo non pensarci, come se fossimo immortali, come se il tribunale del Cielo facesse meno paura, ma forse è il contrario!... Perchè Dio non si fa abbindolare da menzogne, da scuse, da discorsi fumosi... e non si fa corrompere come spesso accade su questa terra.Proviamo allora a essere onesti con noi stessi, proviamo a essere umili e riconosciamo che davanti a Dio siamo dei veri disastri... se lo faremo veramente ci verrà offerto un rimedio, ci verrà suggerito di fare appello alla Sua Misericordia.Diceva molto bene Silvano del Monte Athos: “Il Signore ci ama più di quanto noi siamo capaci di amarci, ma l'anima infelice nella tristezza pensa che il Signore l'abbia dimenticata e che Lui non vuole neppure vederla e per questo si tortura e soffre nel dolore. Ma non è così fratelli. Il Signore ci ama fino alla fine e ci dona la grazia dello Spirito Santo, il quale ci consola. Il Signore non vuole affatto che l'anima si trovi nello scoraggiamento e nel dubbio riguardo alla sua salvezza”. Il demonio, attenzione, ci farà sempre sentire sporchi e indegni di avvicinarci al Signore, ma non diamogli retta perché lui è il maestro della menzogna!Non peccate, ci esorta l'Apostolo San Giovanni, ma se succede, e succede, non dobbiamo disperare perché, come diceva sempre il mitico Silvano dal Monte Athos: “Io sempre ti offendevo e ti addoloravo, ma Tu Signore, per il mio misero pentimento mi concedesti di conoscere il Tuo grande Amore e la Tua bontà senza misura”.Gesù ci ama tutti e vuole liberarci dalle tenebre più di quanto lo vogliamo noi, perché senza di Lui, senza il Suo amore, senza la Sua misericordia, senza la Sua pace, la stanchezza e l'angoscia avvolgono inevitabilmente l'anima nostra, in questa vita e in quella futura.Attenzione, questa misericordia infinita di Dio non ci autorizza a fare tutto quello che ci passa per la testa, tanto poi Gesù ci perdona... andiamoci cauti, perché l'elastico, a forza di tirare, potrebbe rompersi!... Dobbiamo sempre essere, in ogni caso, sia timorosi sia fiduciosi della Sua bontà, della Sua compassione, della Sua Misericordia; lo dice la nostra Mamma: "Di generazione in generazione la sua misericordia si stende su quelli che lo temono" (Lc 1, 50).Andiamo da Gesù senza troppi problemi, senza vergognarci, Lui ci aspetta sempre per riprendere il cammino con Lui. Crediamo insomma nel Suo perdono...Tu sei buono, Signore, e perdoni, sei pieno di misericordia con chi ti invoca”(Sal 86, 5).Non stanchiamoci mai, anche se continuiamo a fare gli stessi errori. Il Signore ci conosce... non siamo così imprevedibili come pensiamo! Per pulire una brutta macchia dai pantaloni occorrono diversi solventi e non sempre si risolve al primo ciclo di lavaggio! Così è per i nostri peccati... per ucciderli occorrono tanti cicli di lavaggio... Allora non arrendiamoci, Gesù ha vinto la morte e, insieme a Lui, riusciremo a sconfiggere i briganti che si nascondono nel nostro cuore. Ricordiamoci anche che, essendo noi membra di un solo corpo che è la Chiesa, se siamo malati, in qualche modo danneggiamo o diamo problemi a tutto il corpo, proprio come diceva San Paolo: Quindi se un membro soffre, tutte le membra soffrono insieme; e se un membro è onorato, tutte le membra gioiscono con lui. Ora voi siete corpo di Cristo e sue membra, ciascuno per la sua parte” (1 Cor 12, 26-27).Chiediamo al buon Dio di aumentare la nostra fede e di rendere il nostro cuore simile al Suo, in modo da camminare insieme a Lui nella Luce, ora e sempre.Chiediamo alla Vergine Santissima, e al Suo Sposo San Giuseppe, di aiutarci a essere obbedienti, come lo sono stati loro, affinché il peccato non ci incanti mai più.Diciamo con Isaia: Egli è stato trafitto per i nostri delitti, schiacciato per le nostre iniquità. Il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui; per le sue piaghe noi siamo stati guariti” (Is 53, 5).Coraggio e buon cammino a tutti!Pace e bene

POTATI DALL'AMORE PER DARE IL FRUTTO DELL'AMORE

Il Vangelo del giorno

Mercoledì della V settimana del Tempo di Pasqua


αποφθεγμα Apoftegma


Vanità di vanità.
Ogni cosa è vanità.
Tutto il Mondo, e ciò che ha
Ogni cosa è vanità.

Se del mondo i favor suoi
T'alzeran fin dove vuoi.
Alla morte, che sarà?
Ogni cosa è vanità.

Se regnassi ben mill'anni
Sano, lieto, senz'affanni.
Alla morte, che sarà?
Ogni cosa è vanità.

Se tu avessi ogni linguaggio,
E tenuto fossi saggio,
Alla morte, che sarà?
Ogni cosa è vanità.

E se in feste, giuochi e canti
Passi i giorni tutti quanti,
Alla morte, che sarà?
Ogni cosa è vanità.

Sazia pur tutte tue voglie
Sano, allegro e senza doglie,
Alla morte, che sarà?
Ogni cosa è vanità.

Dunque a Dio rivolgi il cuore,
Dona a lui tutto il tuo amore,
Questo mai non mancherà,
Tutto il resto è vanità.

Se godessi a tuo volere
Ogni brama, ogni piacere,
Alla morte, che sarà?
Ogni cosa è vanità.

Se lontan da pene e doglie
Sfogherai tutte tue voglie,
Alla morte, che sarà?
Ogni cosa è vanità.

Se qua giù starà il tuo cuore
Giubilando a tutte l'ore,
Alla morte, che sarà?
Ogni cosa è vanità.

Dunque frena le tue voglie,
Corri a Dio, che ognor t'accoglie,
Questo mai non mancherà.
Tutto il resto è vanità.

San Filippo Neri













L'ANNUNCIO


Dal Vangelo secondo Giovanni 15,1-8. 

«Io sono la vera vite e il Padre mio e' il vignaiolo.
Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo toglie e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perche' porti più frutto.
Voi siete gia' mondi, per la parola che vi ho annunziato.
Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non puo' far frutto da se stesso se non rimane nella vite, cosi' anche voi se non rimanete in me.
Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perche' senza di me non potete far nulla.
Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e si secca, e poi lo raccolgono e lo gettano nel fuoco e lo bruciano.
Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quel che volete e vi sara' dato.

In questo e' glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli.








POTATI DALL'AMORE PER DARE IL FRUTTO DELL'AMORE


"Senza" Gesù siamo uno zero assoluto. Ma con Lui la nostra vita, semplice o complicata, afflitta da malattie, da paure, ferita dalle debolezze, questa vita è stupenda, un'avventura irripetibile donataci per disseminare di "frutti" squisiti i nostri giorni, capaci di mostrare Dio e il Cielo a ogni uomo. Basta "rimanere in Lui", dimorare in Cristo, ecco tutto. Lasciarci amare, alzare bandiera bianca, gettare via da noi il pensiero "aiutati che Dio t'aiuta" che troppo spesso ci accompagna, aggrappati a Lui, alle sue braccia distese per amore, come la vite al tralcio. "Rimanere in Lui" non significa inventarsi chissà che cosa, è, semplicemente, essere crocifissi con LuiE' rimanere lì dove Lui ci conduce, nella storia concreta dell'unico oggi che ci appartiene, quello reale che siamo chiamati a vivere. Il Signore non dice che, sforzandoci, impegnandoci, anche senza di Lui potremmo cominciare a metterci del nostro, qualcosa, che so? buone intenzioni o progetti o altro, qualcosa a cui Lui, poi, darebbe compimento. No, il Signore ci dice che senza di Lui nulla possiamo. Detto in altro modo: senza di Lui anche quello che facciamo è nulla, fumo che il vento porta via, perché senza la linfa del suo Spirito non vi è fecondità. Fratelli, proprio dal non accettarlo provengono tante sofferenze: dal tentare e ritentare di farcela da soli, liberi dal giogo della Croce, staccati dalla vite che sola può trasmetterci la vita e dare pienezza a ogni cosa. E così vediamo "seccarsi" i rapporti, e dobbiamo "gettare" nel "fuoco che brucia" quelli che sembravano eterni. Pensiamo al nostro matrimonio, al fidanzamento, allo studio, al lavoro, all'amicizia. Pensiamo a una passeggiata tra i boschi, a una visita al museo, alla spesa del sabato, a una cena in pizzeria con la fidanzata, come a una dolorosa degenza in ospedale, una notte di studio alla vigilia di un esame, una discussione con la figlia che non si riesce proprio a capire, pensiamo a qualunque momento della nostra vita, pensiamolo vissuto in Cristo, alla sua presenza, illuminato dalla sua Parola, sostenuto dalla sua forza; e pensiamolo chiuso in noi stessi, schiacciato sulle nostre forze, preda dei nostri impulsi e delle nostre ispirazioni. In Cristo tutto ha un sapore, una forza, un'autenticità impensabili. In Lui anche una semplice passeggiata è tutta un'altra cosa. Anche un viaggio, anche una partita allo stadio. In Cristo ogni parola, ogni pensiero, ogni gesto "porta un frutto che rimane", bello, buono, consistente. Per questo se stai sperimentando difficoltà e fallimenti, non mormorare. E' il Vignaiolo che sta "potando" i rami seccati dall'orgoglio, perché abbandoniamo finalmente l'inganno di ritenerci importanti e indispensabili. 




Coraggio allora, lasciamoci "potare" anche attraverso le cure della Chiesa, perché la nostra vita, libera e adulta nella fede, renda Gloria a Dio. Essa, infatti, brilla nel "frutto" squisito di un fidanzamento nel quale, "uniti a Lui come i tralci alla vite", due ragazzi possono lottare per custodire la castità: un fidanzamento "potato", tagliato nei rami secchi della concupiscenza e dell'egoismo impaziente, che cresce rispettoso, prudente, avvolto di santo timore, protetto dal pudore. Nel "frutto" di un matrimonio santo, aperto alla vita e nel dono libero e totale di sé, "potato" nei rami secchi dell'infedeltà quotidiana all'unica sposa e all'unico sposo che difende i propri criteri. Il "frutto" di un lavoro "potato" attraverso le difficoltà e le ingiustizie e, per questo, che diviene un'occupazione nella quale offrirsi per i colleghi, per i superiori e gli inferiori, rintracciando in ogni mansione il momento favorevole per aprirsi agli altri e far gustare il proprio sapore unico e inconfondibile dell'amore di Cristo. Il "frutto" dello studio "potato" della pigrizia e dell'idolatria di voti e risultati che lo fa offrire a se stessi, nel quale apprendere a non fare la propria volontà, a soffrire per compiere quella di Dio, la libertà di chi non è più schiavo del dover fare sempre e solo quello che piace, consola e costruisce se stessi; lo studio che prepara a un futuro di amore autentico, al lavoro e alla famiglia. Che in ogni aspetto della nostra vita Dio ci doni di "diventare discepoli" che seguono il Signore, ascoltando e "osservando" umilmente le "sue parole" che ci "purificano" dall'idolatria per "rimanere" nel torchio della storia: stretti alla Croce di ogni giorno, pigiati completamente dalle difficoltà, dalle sofferenze e dagli imprevisti che, proprio perché ci spremono, costituiscono l'occasione perché il succo di vita che Cristo depone in noi possa scaturire come da una sorgente alla quale chi ci è accanto possa dissetarsi. Per questo, "tutto ciò che chiederemo", ovvero la salvezza di tuo figlio e di tua zia, l'incontro con Cristo per ogni uomo, "ci sarà donato", perché la volontà di Dio fluisce come linfa da Cristo a noi e al mondo attraverso il legno della Croce.


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