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sabato 11 febbraio 2017

Commento al Cantico dei cantici

www.verginemontecarmelo.org

Testi di spiritualità - Epoca Moderna



Guyon Jeanne (1648-1717)

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Commento al Cantico dei cantici

Chiunque leggerà attentamente questa spiegazione del sacro Cantico non avrà difficoltà a riconoscere, soprattutto se ha qualche discernimento delle vie interiori, che esso contiene qualcosa di sorprendente. Una spiegazione così chiara e così ben condotta di un Libro tra i più oscuri della Sacra Scrittura può essere solamente il frutto di un’assistenza particolare dello Spirito Santo: poiché, secondo i Santi, questo Cantico può essere insegnato soltanto grazie all’unzione Divina e appreso solo attraverso l’esperienza; esso infatti non si ode all’esterno né risuona pubblicamente, e non è udito che da colei che lo canta e da colui per il quale è cantato, che sono lo Sposo e la Sposa. Ogni lettore troverà in quest’opera caratteristiche che meriteranno la sua ammirazione, e passaggi che senza superare la sua intelligenza potranno elevarla. Ma pregi ulteriori vi troveranno solamente coloro che, attraverso l’annullamento di se stessi e grazie alla loro elevazione in Dio, saranno capaci di comprendere questo canto regale dello Sposo celeste e della sua Amante, scorgendovi con grande gioia l’esatta corrispondenza tra quel che è detto qui e le cose straordinarie che Dio realizza nelle anime più purificate. Perché questo Cantico viene letto con intelligenza solo da coloro che leggono ciò che vi è cantato molto più nello specchio dell’esperienza interiore che nel Libro stesso che hanno davanti agli occhi. È grazie a tale esperienza del Cantico eterno che l’anima, ritornata alla sua origine, incomincia sulla terra a penetrare ciò che essa scoprirà completamente solo in cielo; ed è quanto è stato predetto da Isaia: il giovane Sposo rimarrà con la vergine sua Sposa; lo Sposo si rallegrerà nella sua Sposa; e Dio gioirà in loro (Is 62,5). Se si domanda: chi è lo Sposo?, il suo amico fedele risponderà: chi ha la Sposa è lo Sposo (Gv 3,29). E se si vuole sapere chi è il giovane Sposo che possiede la Sposa, non c’è che da considerare chi è colui che, essendo il Figlio Eterno di Dio, è divenuto nel tempo il figlio dell’uomo, così da essere della medesima natura dell’Amante che doveva sposare; che è morto per riscattarla, e che è giunto a possederla al prezzo del suo proprio sangue. Allo stesso modo è possibile apprendere che l’anima pura è questa Sposa mille volte felice, che si conduce con Gesù Cristo in maniera tanto confidenziale. Questo Sposo dunque, e questa Sposa, rimarranno insieme in eterno; perché essi sono uniti così intimamente dal legame di un purissimo amore da non essere che un solo cuore, un solo spirito, e un solo essere. E poiché la Sposa non è più capace di altra gioia di quella che trae dal suo Signore, così ella si compiace nel suo Sposo; e anche Dio Padre trae grande diletto dallo Sposo e dalla Sposa, perché è lui il centro del loro riposo e il nodo del loro legame. Ché se Dio gioisce alla vista di tutte le sue opere (Sal 103,29 [104,31]), nell’ammirare le bellezze e le perfezioni che ha comunicato a esse, quanto più si compiace di questo capolavoro della sua grazia, e delle nozze eterne del suo unico Figlio con la sua purissima Amante? L’Amico dello Sposo lo riconoscerà facilmente dalla voce, e ascoltandola sarà riempito di gioia (Gv 3,29); egli desidererà inoltre partecipare alla felicità della Sposa, non ignorando che a lui è offerto lo stesso privilegio, se vuole seguire i suoi passi. Felice colui che ascoltando questo canto mistico sente che il suo cuore è in accordo con esso! Ma chiunque non intende questa voce ignora il vero amore; e pieno dell’amore di se stesso e di un attaccamento sensuale alle Creature, è incapace di sperimentare gli effetti ineffabili della pura Carità. Questo Libro contiene cose a tal punto misteriose che non bisogna stupirsi del fatto che la loro spiegazione sia così elevata, e che i segreti più intimi dell’interiore vi si scoprano solo con fatica. Esso porta giustamente il nome di Cantico dei Cantici, cioè del più nobile e più eccellente di tutti i Cantici, in quanto è il più piacevole per il suo contenuto, il più elevato per le sue profezie, il più ricco nelle sue immagini e nei suoi misteri, e il più seducente grazie ai nomi così teneri di Sposo e di Sposa, nei quali sono compresi gli amori e le corrispondenze reciproche del Verbo e dell’Anima. È l’elogio degli elogi di Dio, la lode di Gesù Cristo e della Chiesa; il canto dell’amore sacro, e l’epitalamio del matrimonio eterno. È in queste sacre conversazioni che Gesù Cristo istruisce l’Anima come fosse il suo Maestro, che la loda e la accarezza in qualità di Sposo, e che la purifica e la perfeziona perché è il suo Dio. E la sua Amante fedele, con l’esaudire perfettamente le sue volontà, riceve lumi e grazie a sufficienza per renderne partecipe un’infinità di altri cuori. Ora, tutto ciò può essere spiegato solo svelando il commercio segreto che avviene tra Gesù e l’Anima che egli tanto desidera prendere in Sposa e, al tempo stesso, le operazioni mistiche attraverso le quali Dio si prende cura di purificarla; la fedeltà di lei nel seguirlo, e nel rimanere sottomessa alla sua operazione divina, così come gli orribili deserti e le dure prove attraverso le quali lei giunge al proprio annullamento, e pertanto alla sua trasformazione in Dio. Tutto ciò si è felicemente compiuto in questo scritto, che ci è stato dato da una persona di pietà che sembra essere stata scelta come un’altra Sulamita per offrirci questa spiegazione. È ammirevole come costei sia stata in grado di disvelare con tanta precisione e completezza i procedimenti segreti delle Anime in Dio, e le più inaudite singolarità del Regno interiore, traendo da un testo che sembrava privo di ordine e di coerenza un senso tanto logico e chiaro. Tanto più che la diversità delle persone che vi parlano, le frequenti interruzioni e le espressioni sorprendenti per la loro disinvoltura, sotto il velo di una continua allegoria, non avevano apparentemente nulla da cui si potesse trarre con tanta esattezza la spiegazione dell’inizio, dello sviluppo e del compimento del cammino interiore. Per interpretare questo Libro assolutamente divino si è scritta una infinità di opere. Alcune sono il risultato dello studio, altre sono il frutto della Preghiera, e altre sono state dettate dal traboccare della pienezza provocata dall’unione divina. Tuttavia questa opera si distinguerà come assolutamente nuova nel suo genere, nonostante la sua verità sia eterna in Dio; e si osserverà che essa è così singolare da poter passare per originale in tale materia, tanto più che è stata fatta senza premeditazione, e senza altro libro che il Testo sacro. Che l’umile e pietoso lettore ammiri le profusioni della bontà divina nei confronti delle Anime che gli sono fedeli, non attribuendo nulla alla Creatura se non la miseria che le è connaturata, e glorifichi il Signore per tutto quello che di solido e di edificante troverà in quest’opera.



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Henri Jozef Machiel Nouwen è stato un presbitero e scrittore olandese di religione cattolica, autore di 40 libri sulla vita spirituale. Wikipedia

H. Nouwen, La forza della sua presenza
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venerdì 6 marzo 2015

Libertà dal PECCATO - IL SAPORE DELLA LIBERTA'

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Peccato


Autore Merton Thomas
PECCATO ORIGINALE - La storia della caduta di Adamo e della sua cacciata dal Paradiso ci dice, in termini simbolici, che l'uomo era stato creato come essere contemplativo. La caduta dal Paradiso fu una caduta dall'unità. L'uomo è caduto dall'unità della visione contemplativa nella molteplicità, nella complicazione e nella distrazione di un'esistenza attiva, mondana. Dipendendo ormai completamente dalle cose esteriori e contingenti, è diventato un esiliato in un mondo di oggetti, ciascuno dei quali capace di deluderlo e renderlo schiavo. Non più centrato su Dio e sul suo io più interiore, spirituale, l'uomo doveva ora vedersi e avere consapevolezza di sé come se fosse diventato il dio di se stesso. Doveva studiarsi come una specie di pseudo-oggetto, dal quale era estraniato. E per compensare le fatiche e le frustrazioni di questo estraniamento, deve cercare di ammirare, affermare e gratificare se stesso a spese degli altri, simili a lui. Di qui il complesso e doloroso sistema di amori e odi, desideri e timori, menzogne e scuse del quale siamo tutti prigionieri. In una condizione del genere, la mente dell'uomo è resa schiava da una preoccupazione inesorabile verso tutto ciò che è esteriore, transeunte, illusorio e insignificante. E trascinato via dalla sua ricerca di ombre e forme aliene, egli non riesce più a vedere la sua vera «faccia» interiore, o riconoscere la sua identità nello spirito e in Dio, perché quell'identità è segreta, invisibile e incomunicabile. Ma l'uomo ha perso il coraggio e la fede senza di cui non può essere soddisfatto di essere «non visto». Egli dipende pietosamente dall'auto-osservazione e dall'autoaffermazione. E cioè, egli è completamente esiliato da Dio e dal suo stesso io vero, dal momento che né in Dio e neppure nel nostro io più profondo ci può essere qualche autoaffermazione aggressiva: c'è solo la semplice presenza dell'amore e della verità. (MERTON T., L'esperienza interiore. Note sulla contemplazione, San Paolo, Cinisello Balsamo 2005, p. 74).



Autore Merton Thomas
 PURIFICAZIONE DAL PECCATO - L'io interiore è  «purificato» dal riconoscimento del peccato, non perché l'io interiore sia la sede del peccato, ma perché tanto la nostra peccaminosità quanto la nostra interiorità tendono ad essere rifiutate in uno stesso e unico movimento dell'io esteriore e ad essere relegate nella stessa oscurità; e così, quando l'io interiore è riportato alla luce, il peccato emerge e viene liquidato dall'assunzione di responsabilità e dal pentimento. Perciò l'uomo con una visione  «sacra» è qualcuno che non ha bisogno di odiare se stesso, e non ha mai paura né vergogna di rimanere con la propria solitudine, perché in essa è in pace, e per mezzo di essa può giungere alla presenza di Dio. Di più, è in grado di uscire dalla solitudine per trovare Dio negli altri uomini. E cioè, nei suoi rapporti con gli altri, non ha bisogno di identificarli con i loro peccati e di condannarli per le loro azioni, perché è in grado di vedere anche in essi sotto la superficie e di percepire la presenza di quell'iointeriore e innocente che è l'immagine di Dio. (MERTON T., L'esperienza interiore. Note sulla contemplazione, San Paolo, Cinisello Balsamo 2005, p. 104).

Autore Merton Thomas
PECCATO E SENSO DI COLPA - Il primo passo verso la liberazione spirituale non è tanto la consapevolezza di ciò che si trova alla fine del percorso – l’esperienza di Dio – quanto piuttosto una visione chiara del grande ostacolo che blocca proprio il suo inizio. Quell’ostacolo si chiama peccato. Una grande realtà, un mistero davvero grande. Tanto la realtà quanto il mistero del peccato sembrano essere diventati inaccessibili all’umanità, che ora ne sembra impregnata. L’«innocenza» senza speranza dell’uomo moderno, che è così pieno di peccato da non provare più contrizione ed è consumato dal senso di colpa solo nei confronti di ciò che è relativamente inoffensivo, è uno dei più strazianti misteri del nostro tempo.È importante distinguere bene tra peccato e colpa. La colpa provoca una sensazione di oppressione dall’esterno, un’ansia che si prova quando si pensa di essere chiamati a rendere conto per una cattiva azione. L’ansia legata alla colpa è un segno di alienazione morale. Essa diventa attiva in noi quando interiorizziamo un rimprovero suggerito dalla presenza di un’autorità di cui abbiamo violato i comandi. Il senso di colpa è, quindi, una sensazione di male sia fisico che spirituale. Mi sento in colpa quando penso che qualcun altro ritenga che io abbia sbagliato. E l’ansia legata alla mia colpa aumenta se segretamente intendo manifestare il mio disaccordo con il suo giudizio, ma non oso nemmeno provare il disaccordo.Il senso del peccato è qualcosa di più profondo e più esistenziale. Non è puramente un senso di colpa in riferimento all’autorità di Dio. È un senso del male in me stesso. Non perché abbia violato una legge a me esterna, ma perché ho violato le leggi più profonde del mio stesso essere, che sono, nello stesso tempo, le leggi di quel Dio che dimora in me.Il senso del peccato è il senso di essere stato profondamente e deliberatamente falso nei confronti della mia stessa realtà più profonda, la mia somiglianza con Dio. Il peccato è un male e un’infermità radicale dello spirito. Avere un senso del peccato significa rendermi conto che sono morto non solo moralmente ma anche spiritualmente. Ma la morte spirituale è la sensazione di essermi separato dalla verità a causa di una totale falsità interiore, dall’amore a causa dell’egoismo, dalla realtà cercando di affermare come reale una volontà inconsistente. Il senso del peccato è, quindi, qualcosa di ontologico e immediato che non scaturisce dalla riflessione sulle mie azioni e dal confronto con un codice morale: esso mi dice non solo che mi sono comportato in modo sbagliato, ma che io stesso sono sbagliato, completamente. Che sono un essere falso. Che ho distrutto me stesso. Perché il peccato è autodistruzione spirituale. E la cosa terribile è che se il nostro corpo muore solo una volta, il nostro spirito, una volta morto, può essere ucciso un’altra volta, e un’altra volta ancora. Essere nel peccato e continuare a peccare significa iniziare la vita di un’anima nell’inferno, che è morte perpetua e perpetuamente ripetuta.(MERTON THOMAS, L’esperienza interiore. Note sulla contemplazione, San Paolo, Cinisello Balsamo 2005, pp. 195-197).
Autore Merton Thomas
SENSO DEL PECCATO - Senza il senso del peccato e la conseguente comprensione e accettazione della privazione, della sofferenza e del sacrificio di sé, la vita contemplativa non sarà nient'altro che auto-indulgenza spirituale, senza valore e senza realtà. Tutto questo è reso in termini semplici e concreti dalla Scrittura: «Il timore del Signore è l'inizio della sapienza» (Sal 111,10). Il timore del Signore, il timore reverenziale di fronte al mistero di Dio e al mistero del male che sta come un muro tra noi e lui, è l'inizio della saggezza contemplativa, che si trova al di là del muro. La saggezza è, in questo senso, «al di là del bene e del male», perché è al di là del muro che separa il nostro spirito dallo Spirito divino. (MERTON THOMAS, L'esperienza interiore. Note sulla contemplazione,San Paolo, Cinisello Balsamo 2005, p. 203).

Autore Merton Thomas
SUPPICA PENITENZIALE - (Signore) tienimi lontano soprattutto dal peccato. Tienimi lontano dalla morte del peccato mortale che mette l'inferno nella mia anima. Tienimi lontano dal delitto della lussuria che acceca ed avvelena il mio cuore. Tienimi lontano dai peccati che divorano con fuoco irresistibile la carne dell'uomo fino a distruggerlo. Tienimi lontano dall'amore del denaro che è odio, dall'avarizia e dall'ambizione che soffocano la mia vita. Tienimi lontano dalle morte opere di vanità e dall'ingrata fatica in cui gli artisti si distruggono per orgoglio, denaro e reputazione, in cui i santi rimangono soffocati sotto la valanga del loro zelo importuno. Rimargina in me la profonda ferita della cupidigia e degli appetiti, che con il suo stillicidio di sangue esaurisce la mia natura. Schiaccia il serpente dell'invidia che avvelena l'amore e uccide ogni gioia.
Scioglimi le mani e liberami il cuore dall'indolenza. Liberami dalla pigrizia che si traveste di attività quando l'attività non mi viene richiesta, liberami dalla viltà che fa ciò che non è richiesto, per evitare il sacrificio.
Ma dammi la forza che si mette al Tuo servizio nel silenzio e nella pace. Dammi l'umiltà in cui soltanto è riposo, e liberami dall'orgoglio che è il più pesante dei fardelli. E possiedi tutto il mio cuore e tutta la mia anima con la semplicità dell'amore. Occupa tutta la mia vita con l'unico pensiero e desiderio dell'amore, perché io possa amare non per amore del merito, non per amore della perfezione, non per amore della virtù, non per amore della santità, ma per Dio solo. Giustifica la mia anima, o Dio, ma insieme col Tuo fuoco infiamma la mia volontà. Risplendi nella mia mente, sebbene forse ciò significhi «sii tenebra per la mia esperienza», ma occupa il mio cuore con la Tua meravigliosa vita. Fa' che i miei occhi vedano nel mondo soltanto la Tua gloria, che le mie mani non tocchino cosa che non sia per il Tuo servizio. Fa' che la mia lingua non gusti pane che non mi fortifichi per lodare la Tua grande misericordia. Sentirò la Tua voce e sentirò tutte le armonie che Tu hai creato, cantando i Tuoi inni. (MERTON T.,Semi di contemplazione, B. TASSO - E. LANTE ROSPIGLIOSI (Edd), Ed. Garzanti, 1991, p. 43).

Autore Guglielmo di Saint-Thierry
In questo, infatti, consiste ogni suo peccato (Sposa): di usare male e di godere male, quando ama una qualunque cosa o il prossimo o se stesso non per valersene - come si è detto - per giungere a te, ma per goderla in se stesso. E benché sia del prossimo che di se stessi si debba godere ma non lo si può se non in te, di te invece, o vita delle vite e bene di tutti i beni, si può godere sia in te che in se stessi. (GUGLIELMO DI SAINT-THIERRY,Commento al Cantico dei Cantici, C. Falchini (Ed), Quiqajon 1991, pp. 45-46)



Guido Dotti  Thomas Merton.

 Il sapore della libertà


Con la Quaresima tornano gli appuntamenti con le serate del mercoledì al Centro missionario Pime di Milano. Il tema scelto per il ciclo di quest'anno è «Per una grande famiglia umana».


Mercoledì 4 marzo 2015 - ore 21
THOMAS MERTON. IL SAPORE DELLA LIBERTA'






GUIDO DOTTI, monaco di Bose 

 



Thomas MERTON: Il sapore della libertà (parte prima)



MARIO ZANINELLI, fondatore dell'Associazione Thomas Merton Italia in collaborazione con Edizioni Paoline, a cento anni dalla nascita di Merton                                           



Thomas MERTON: Il sapore della libertà (parte seconda)





Terza parte: chiarimenti a domande
 


Thomas MERTON: Il sapore della libertà (parte terza)

FONTE: alzogliocchiversoilcielo.blogspot.it





Guyon Jeanne (1648-1717)



Commento al Cantico dei cantici

Chiunque leggerà attentamente questa spiegazione del sacro Cantico non avrà difficoltà a riconoscere, soprattutto se ha qualche discernimento delle vie interiori, che esso contiene qualcosa di sorp...