Santa Maria,

Santa Maria,
...donna del primo sguardo, donaci la grazia dello stupore.

giovedì 23 febbraio 2012

QUARESIMA >>> Giovedì dopo le ceneri

>> Istruzioni d’uso << CENTRO STUDI BIBLICI "G. VANNUCCI"

Con il mercoledì delle ceneri inizia la
quaresima
. Per comprendere il significato di questo periodo occorre esaminare la diversa liturgia pre e post-conciliare.
Prima della riforma liturgica, l’imposizione delle ceneri era accompagnata dalle parole “Ricordati che sei polvere e in polvere ritornerai”, secondo la maledizione del Signore all’uomo peccatore contenuta nel Libro della Genesi (Gen 3,19). E con questo lugubre monito iniziava un periodo caratterizzato dalle penitenze, dai sacrifici e dalle mortificazioni.
Oggi l’imposizione delle ceneri è accompagnata dall’invito evangelico “Convertiti e credi al vangelo”, secondo le prime parole pronunciate da Gesù nel Vangelo di Marco (Mc 1,15).
 Un invito al cambiamento di vita, orientando la propria esistenza al bene dell’altro e a dare adesione alla buona notizia di Gesù. L’uomo non è polvere e non tornerà polvere, ma è figlio di Dio, e per questo ha una vita di una qualità tale che è eterna, cioè indistruttibile, e per questo capace di superare la morte.
In queste due diverse impostazioni teologiche sta il significato della quaresima.
Mai Gesù nel suo insegnamento a invitato a fare penitenza, a mortificarsi, e tanto meno a fare sacrifici. Anzi, ha detto il contrario: “Misericordia io voglio e non sacrifici” (Mt 12,7).
I sacrifici centrano l’uomo su se stesso, sulla propria perfezione spirituale, la misericordia orienta l’uomo al bene del fratello. Sacrifici, penitenze, mortificazioni infatti non fanno che centrare l’uomo su se stesso, e nulla può essere più pericoloso e letale di questo atteggiamento.
Paolo di Tarso, che in quanto fanatico fariseo ea un convinto assertore di queste pratiche, una volta conosciuto Gesù, arriverà a scrivere nella Lettera ai Colossesi: “Nessuno dunque vi condanni in fatto di cibo o di bevanda, o per feste, noviluni e sabati… Se siete morti con Cristo agli elementi del mondo, perché come se viveste ancora nel mondo, lasciarvi imporre precetti quali: Non prendere, non gustare, non toccare? Sono tutte cose destinate a scomparire con l’uso, prescrizioni e insegnamenti umani, che hanno una parvenza di sapienza con la loro falsa religiosità e umiltà e mortificazione del corpo, ma in realtà non hanno alcun valore se non quello di soddisfare la carne” (Col 2,16.20-23).
Paolo aveva compreso molto bene che queste pratiche centrano l’uomo su se stesso, nel miraggio di una impossibile perfezione spirituale, tanto lontana e irraggiungibile quanto grande è la propria ambizione. Per questo Gesù invita invece al dono di sé, immediato e concreto, tanto quanto è grande la propria capacità di amare.
La quaresima non è orientata al venerdì santo, ma alla Pasqua di risurrezione. Per questo non è tempo di mortificazioni, ma di vivificazioni. Si tratta di scoprire forme nuove, originali, inedite, di perdono, di generosità e di servizio, che innalzano la qualità del proprio amore per metterlo in sintonia con quello del Vivente, e così sperimentare la Pasqua come pienezza della vita del Cristo e propria.
Per questo oggi c’è l’imposizione delle ceneri. Pratica che si rifà all’uso agricolo dei contadini che conservavano tutto l’inverno le ceneri del camino, per poi, verso la fine dell’inverno, spargerle sul terreno, come fattore vitalizzante per dare nuova energia alla terra.
Ed è questo il significato delle ceneri: l’accoglienza della buona notizia di Gesù (“Convertiti e credi al vangelo”), è l’elemento vitale che vivifica la nostra esistenza, fa scoprire forme nuove originali di amore, e fa fiorire tutte quelle capacità di dono che sono latenti e che attendevano solo il momento propizio per emergere.
Auguri!
Alberto Maggi

Giovedì dopo le ceneri da Vangelo del Giorno



Considera, o uomo, in quale sublime condizione ti ha posto il Signore Dio,
poiché ti ha creato e formato a immagine del suo Figlio diletto.
E neppure i demoni lo crocifissero,
ma sei stato tu con essi a crucifiggerlo,
e ancora lo crucifiggi quando ti diletti nei vizi e nei peccati.
Di che cosa puoi dunque gloriarti?
Infatti, se tu fossi tanto sottile e sapiente da possedere tutta la scienza
e da sapere interpretare tutte le lingue
e acutamente perscrutare le cose celesti,
in tutto questo non potresti gloriarti;
poiché un solo demonio seppe delle realtà celesti
e ora sa di quelle terrene più di tutti gli uomini insieme;
e se tu operassi cose mirabili, come scacciare i demoni,
tutte queste cose ti sono di ostacolo e non sono di tua pertinenza,
ed in esse non ti puoi gloriare per niente;
ma in questo possiamo gloriarci, nelle nostre infermità
e nel portare sulle spalle ogni giorno la santa croce del Signore nostro Gesù Cristo.

San Francesco, Ammonizioni V



In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Il Figlio dell'uomo deve soffrire molto, essere riprovato dagli anziani, dai sommi sacerdoti e dagli scribi, esser messo a morte e risorgere il terzo giorno» .
E a tutti, diceva: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua.
Chi vorrà salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per me, la salverà.
Che giova all'uomo guadagnare il mondo intero, se poi si perde o rovina se stesso?».


IL COMMENTO



Il nostro cammino quotidiano è guidato da un imperativo categorico che sentiamo graffiare il cuore, la mente, la lingua e le mani, un'irrefrenabile esigenza di auto-affermazione, di essere, per qualcuno, per sé stessi. E, immancabilmente, alla fine del cammino, una solitudine sconfinata, il prezzo del fallimento. Autoaffermazioni in collisione. Impossibile, per chiunque, foss'anche il più intelligente e il più potente, non soccombere. Tutti contro tutti al lotto dell'autoaffermazione.

Nel Vangelo di oggi appare il Messia, l'Uomo veramente affermato, che, paradossalmente, deve incamminarsi verso il patibolo che ne decreterà il totale fallimento. Deve - è il suo l'imperativo categorico - prendere il rifiuto, l'annichilimento, la totale cancellazione del suo essere. In una parola, riprovato. Il verbo utilizzato nell'originale greco, apodokimazo, ci aiuta a comprendere. Esso deriva da dokimos, che significa fidato, attendibile, provato, e, come termine tecnico, indica una moneta autentica, circolabile; è riferito anche a persone cui è tributato comune riconoscimento. Nella traduzione della Bibbia greca della LXX il termine era usato esclusivamente per qualificare le monete valide. Il verbo che ne deriva, dokimazo traduce l'ebraico bakhan = provare con il crogiuolo.

Così il testo evangelico si illumina: Gesù è dovuto passare per il crogiuolo del Sinedrio, ed è stato a-podokimazo, ri-provato. Lui non era la moneta autentica di cui gli anziani, i sommi sacerdoti e gli scribi avevano bisogno. Essi "rappresentano l'avere, il potere e il sapere. La ricchezza, la vanagloria e la superbia, strette parenti delle tre concupiscenze di 1 Gv. 2,16, sono le tre maschere del nemico, e le tre apparenze del frutto di Gen. 3,6: buono, bello e desiderabile" (S. Fausti, Una comunità legge il vangelo di Luca). Il demonio dunque ha rigettato Gesù, perchè era stato da Lui rigettato per tre volte nel deserto. Bisognava che satana gettasse fuori il Figlio dell'uomo: quella moneta non gli apparteneva. Lui era la moneta del Padre Suo, gettata nel mondo per pagare il riscatto per la libertà d'ogni uomo imprigionato nei lacci della morte. Nel crogiuolo del Sinedrio allora, nell'apparente fuoco di satana, bruciavano le vampe gelose di Dio. Mentre il nemico rigettava Cristo, il Padre accoglieva noi. Moneta rigettata dal nemico, pagava il riscatto per tutti. Lo doveva fare, per un amore che si imponeva dal profondo cuore di Dio.

Quella moneta, disprezzata dagli uomini ma scelta e preziosa davanti a Dio, ci ha salvati, ci ha riconsegnati alla nostra autentica identità. La Sua croce ha riportato alla luce l'immagine e l'iscrizione che portiamo impresse, quelle del Padre che ci ha creati a Sua immagine e somiglianza. Siamo infatti venuti al mondo per essere monete autentiche, immagini fedeli dell'amore di Dio. Come figli nel Figlio, anche noi siamo monete gettate nel mondo per riscattare il mondo.

Comprendiamo allora il cammino che questa Quaresima ci pone innanzi. Rinnegare noi stessi. Dire no a satana, difendere l'immagine e l'iscrizione che portiamo scolpite. Dire no alla moneta falsa, all'immagine corrotta che il demonio vuol farci indossare; in ogni istante di ogni giorno rinnegare la giustizia umana nei confronti del marito o della moglie; rinnegare la concupiscenza che brucia la carne nel fidanzamento; rinnegare l'accidia che ci distoglie dalla fedeltà alle piccole responsabilità di ogni giorno; rinnegare l'avarizia che ci fa arpionare cose e persone per chiuderle nella cassaforte del possesso; rinnegare ideali e idoli che invadono la nostra volontà per distoglierla dall'adeguarsi a quella di Dio. E prendere la croce, ogni evento, parola, persona che ci inchioda alla volontà di Dio, all'immagine che Gesù ha cesellato in ciascuno di noi. Dire no a quanto in noi è di scandalo a quest'immagine, attraverso i chiodi della croce di ogni giorno, le sofferenze, le delusioni, le cose che non capiamo e che potano, recidono, passano al crogiuolo tutto quanto vi è di inautentico.

Perdere la vita che ci ha condotto alla morte, e ricevere in cambio la vera Vita, l'eterno esistere nell'eterno Essere. Seguire il Signore nella sua umiliazione per essere partecipi della sua resurrezione. Il crogiuolo della Passione lo ha infatti proclamato Kyrios-Signore proprio perchè il fuoco della Croce ne ha rivelato il valore; rinnegato e rinnegatosi perchè il Padre lo affermi davanti a tutti, e mostri in Lui la verità di un amore più forte della morte. Ecco il cammino per noi, spogliarsi per rivestirsi, perdere per trovare, rinnegarsi per vedersi affermati. Ciò significa, probabilmente, essere disprezzati e umiliati, senza un briciolo di vita carnale per essere ricolmi di Vita Celeste. Il suo perdono ci strappa dalla schiavitù del dover essere, annulla la condanna all'auto-affermazione, e ci dona la Grazia di camminare in una nuova vita, quella che arde di un amore che deve consegnarsi, senza riserve, sino all'ultimo respiro, per la salvezza di questa generazione.


Liturgia orientale. Ufficio dell’Esaltazione della Santa Croce

« Prenda la sua croce e mi segua »

Salve, croce vivificante, trofeo invincibile della pietà, porta del Paradiso, conforto dei credenti, baluardo della Chiesa. Da te la corruzione è stata annientata, la potenza della morte è stata inghiottita ed abolita, e noi siamo stati innalzati dalla terra alle cose celesti. Sei l’arma invicibile, l’avversario dei demoni, la gloria dei martiri, il vero ornamento dei santi, la porta della salvezza...
Salve, croce del Signore, per mezzo tuo l’umanità è stata liberata dalla maledizione. Tu sei il segno della vera gioia; quando sei elevata, spezzi contro terra i nostri nemici. Ti veneriamo, sei il nostro soccorso, la forza dei re, la fermezza dei giusti, la dignità dei peccatori...
Salve, croce preziosa, guida dei ciechi, medico dei malati, risurrezione di tutti i morti. Ci ha rialzati mentre eravamo caduti nella sozzura. Per mezzo tuo è stato messo fine alla corruzione e l’immortalità è fiorita; per mezzo tuo noi mortali siamo stati divinizzati, e il demonio è stato completamente schiacciato...
O Cristo, la tua croce è preziosa, la veneriamo oggi con le nostre labbra indegne, noi che siamo peccatori. Noi cantiamo te che hai voluto esservi legato; e a te gridiamo come il buon ladrone: “Rendici degni del tuo Regno!”.



Lc 9, 22-25

Nessun commento:

Posta un commento