Santa Maria,

Santa Maria,
...donna del primo sguardo, donaci la grazia dello stupore.

sabato 4 febbraio 2012

Sabato della IV settimana del Tempo Ordinario

Vangelo del Giorno

Noi abbiamo bisogno di questo intimo legame con Dio nella nostra vita quotidiana.
E come possiamo ottenerlo? Attraverso la preghiera

Beata Teresa di Calcutta


Mc 6,30-34


In quel tempo, gli apostoli si riunirono attorno a Gesù e gli riferirono tutto quello che avevano fatto e insegnato.
Ed egli disse loro: “Venite in disparte, in un luogo solitario, e riposatevi un po’”.
Era infatti molta la folla che andava e veniva e non avevano più neanche il tempo di mangiare. Allora partirono sulla barca verso un luogo solitario, in disparte.
Molti però li videro partire e capirono, e da tutte le città cominciarono ad accorrere là a piedi e li precedettero.
Sbarcando, vide molta folla e si commosse per loro, perché erano come pecore senza pastore, e si mise a insegnare loro molte cose.

IL COMMENTO

Di questi tempi l'importante è avere da fare. Essere impegnati, le agende piene. I cosiddetti operatori pastorali sempre in giro a far cose, ma anche le mamme e i papà, e i rispettivi pargoletti. Attività scolastiche e para-scolastiche, lavorative e para-lavorative, impegni sociali e aiuto ai più deboli. "Opzioni preferenziali per i poveri" e corse per dare una mano. E oggi il Vangelo come una saetta vibra una parola tra le ore indaffarate delle nostre vite: commozione, che nel greco del Vangelo, è una parola vicinissima a "viscere", al cuore della vita che risiede nel seno di una madre. Gli apostoli vanno, inviati da un amore più grande, l'amore di una madre, assorbito nell'intimità con il Signore. La missione, qualunque missione, si svela nel cuore di Maria, ferito dall'amore, come quello del suo Figlio; "Chi va verso Dio non si allontana dagli uomini, ma si rende invece ad essi veramente vicino" (Benedetto XVI, Deus caritas est, n. 37). Predicano, annunciano, guariscono. Tornano e si rifugiano dal loro Amato, il Signore che li "rapisce" in un luogo di riposo. Sono questi i ritmi autentici della vita. L'intimità con il Signore, segnata dal prima e dal dopo la missione, la partenza e l'arrivo d'ogni attività: Lui, Gesù. Ogni istante inscritto nell'unione profonda con il Signore. Da Lui, per Lui, con Lui, a Lui.
 
L'intimità con il Signore, secondo la Scrittura condensata nel Vangelo di oggi, ha un luogo, il deserto. Qui si svela come l'intimità, il riposo, lo stare con il Signore, siano la fonte e la radice di ogni missione, perchè essa sorge nel deserto. Il deserto nella Bibbia è il luogo della memoria dell’amore e dell’ascolto dell’Amato: è il luogo del primo amore, quello a cui ritornare sempre per non abbattersi di fronte alle difficoltà: “Mi ricordo di te, dell’affetto della tua giovinezza, dell’amore al tempo del tuo fidanzamento, quando mi seguivi nel deserto, in una terra non seminata” (Ger. 2,2). Ma il deserto, in ebraico “midbar”, è anche il luogo-simbolo dell’ascolto della Parola, in ebraico: “dabar”; al centro della missione vi è dunque un luogo dove amare, e dove amare è ascoltare, perchè ascoltare è obbedire, e dove vi è obbedienza vi è sempre amore, il puro amore.
 
Nel deserto cresce l'amore degli apostoli, nell'ascolto obbediente della parola di Gesù la fede si fa adulta. Come Maria, secondo le parole dei Padri, la Chiesa diviene il “deserto fiorito”, la debolezza rivestita della Grazia, l'ascolto che dischiude alla Parola il potere di trasformare il deserto dell'impossibile umano nel possibile di Dio. Il deserto è così l'esperienza che si fa memoriale e fondamento per ogni missione, anche la più difficile, anche quella che conduce al martirio, sia esso quello del sangue, sia esso quello di una predicazione in una terra indifferente, sia esso quello di un giovane che voglia vivere un fidanzamento casto, sia esso quello di una madre che si apre alla vita, sia esso quello di chi non resiste al male e si lascia privare dell'onore offrendo l'altra guancia.
 
Il deserto infatti è anche il luogo della prova. Nel Deuteronomio è scritto: “Il tuo cuore non si inorgoglisca in modo da dimenticare il Signore tuo Dio che ti ha fatto uscire dal paese d’Egitto, dalla condizione servile; che ti ha condotto per questo deserto grande e spaventoso, luogo di serpenti velenosi e di scorpioni, terra assetata, senz’acqua; che ha fatto sgorgare per te l’acqua dalla roccia durissima; che nel deserto ti ha nutrito di manna sconosciuta ai tuoi padri, per umiliarti e per provarti, per farti felice nel tuo avvenire” (Dt. 8,14-16). Si tratta delle prove conosciute da Israele nel cammino dell’Esodo, ma evocano anche la dura prova della Donna dell'Apocalisse, perseguitata dal drago che vuole divorare il bambino appena nato. Questa donna è Maria, che ha conosciuto la prova della fede, la spada che le ha attraversato l'anima, come la lancia che ha ferito il costato del suo Figlio. Nel deserto Ella fugge per esservi nutrita, esattamente come gli apostoli nel Vangelo di oggi. “Egli lo trovò in terra deserta, in una landa di ululati solitari. Lo circondò, lo allevò, lo custodì come pupilla del suo occhio. Come un'aquila che veglia la sua nidiata, che vola sopra i suoi nati, egli spiegò le ali e lo prese, lo sollevò sulle sue ali. Il Signore lo guidò da solo, non c’era con lui alcun dio straniero” (Dt. 32,10-12).
Nel mezzo delle angustie e delle persecuzioni sofferte per il Vangelo il Signore dona a Maria e ai suoi figli le "ali della grande aquila" per volare nel deserto preparato per la Chiesa, per gli Apostoli, per ciascuno di noi, come un luogo di rifugio, un porto sicuro dove attraccare la barca della nostra vita; dove imparare l'amore nell'ascolto, dove sperimentare la potenza e la protezione di Dio, dove essere nutriti dall'unico alimento che sazia e rende capaci di qualunque cosa, come è stato per Elia che, nutrito dal cibo del Cielo, ha sfidato gli idoli uscendone vincitore.
 
Possiamo far mille cose, ma senza l'esperienza del deserto, senza vivere come in una cella dove essere con il Signore, se non è Lui il centro, tutto ciò che facciamo, fosse anche il miracolo più straordinario, non sarà altro che l'ennesima iniezione di fumo a riempire un vuoto abissale. Lo diceva San Paolo, si può far tutto, anche le cose più sante, ma senza la Carità, senza Cristo, è tutto fumo, vapore, vanità di vanità. "Occorre guardarsi, osservava San Bernardo, dai pericoli di una attività eccessiva, qualunque sia la condizione e l’ufficio che si ricopre, perché le molte occupazioni conducono spesso alla "durezza del cuore", "non sono altro che sofferenza dello spirito, smarrimento dell’intelligenza, dispersione della grazia... Ecco dove ti possono trascinare queste maledette occupazioni, se continui a perderti in esse… nulla lasciando di te a te stesso" (Benedetto XVI, Angelus del 20 agosto 2006; San Bernardo, De consideratione. II, 3).
 
Per questo perdere la vita nell'evangelizzazione e il riposo che ne segue, sono il frutto d'una commozione che sorge da un cuore unito intimamente a Cristo, di fronte a chi ci è intorno, alle pecore senza pastore, agli uomini senza Cristo. Occorre oggi guardarci dentro e chiederci che cosa ci muove: un'ansia che ci impedisce star fermi per non incontrare noi stessi, una nevrosi che cerca di dare senso all'inutile susseguirsi delle nostre ore vuote; oppure la commozione, le viscere stesse di Gesù che risuonano d'amore nelle nostre viscere, e che ci proietta in un amore più grande? L'amore che si dimentica di se stesso, che non scrive appuntamenti sulle agende, che non fa conti, ma che, come pane spezzato, si da in pasto ad ogni uomo. Come ripeteva San Francesco: "Donandosi si riceve, dimenticando se stessi ci si ritrova". E questo è vero per ogni atto della nostra vita che si fa annuncio del Vangelo: sbrigare una pratica, cambiare un pannolino, fare la spesa, studiare, uscire con il fidanzato, andare al cinema o guardarsi una partita. Lui in noi, e noi in Lui, e, insieme, per ogni uomo. Che sia questa la nostra vita.
 
San Cesario di Arles (470-543), monaco e vescovo
Discorso Morino 26, § 2-5 ; PLS IV, 297-299

« Gesù vide molta folla e si commosse per loro »


La vera misericordia che è nel cielo (cfr. Sal 35, 6), è Cristo nostro Signore. Quanto è dolce e quanto è buona ; senza che nessuno la cerchi, essa è scesa spontaneamente dai cieli e si è abbassata per rialzarci !...

E Cristo ci ha promesso di stare con noi fino alla consumazione dei secoli ; come egli stesso dice nel Vangelo : « Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo » (Mt 28, 20). Quanta bontà, fratelli ! È già nel cielo alla destra del Padre, e vuole faticare ancora, con noi, sulla terra. Con noi, vuole avere fame e sete, con noi vuole soffrire, con noi essere straniero. Anzi non rifiuta di morire e di essere carcerato con noi (Mt 25, 35). Vedete quanto è grande il suo amore per noi : nella sua tenerezza indicibile, vuole soffrire in noi tutti questi mali.

Sì, la misericordia venuta dal cielo, cioè Cristo nostro Signore, ti ha creato mentre non esistavi, ti ha cercato mentre eri perduto, ti ha riscattato mentre eri stato venduto... E ora, ogni giorno, Cristo si degna di incorporarsi alla tua umanità. Purtroppo, tanti uomini non accettano di aprire la porta del loro cuore.


Silvano (1886-1938), monaco ortodosso
Scritti

« Da tutte le città cominciarono ad accorrere là a piedi e li precedettero. Sbarcando, Gesù vide molta folla »


Il Signore mi ha perdonato una moltitudine di peccati e mi ha dato di poter conoscere, per mezzo dello Spirito Santo, quanto egli amasse gli uomini. Il cielo intero si meraviglia dell'incarnazione del Signore : come lui, il Signore supremo, è venuto a salvare, noi peccatori, e ci ha acquisto con le sue sofferenze, il riposo eterno. La mia anima non vuole pensare a nessuna realtà terrena, ma è attirata là dove è il Signore. Dolci per il cuore sono le parole del Signore quando lo Spirito Santo concede all'animo di capirle.

Quando il Signore viveva sulla terra, molta folla lo seguiva ; lungo alcuni giorni, questi uomini non potevano staccarsi da lui, ma dimenticato il nutrimento della terra, erano affamati delle sue dolci parole. L'animo ama il Signore, e quanto lo impedisce di pensare a Dio lo affligge. E se, fin d'ora sulla terra, l'animo gusta così intensamente la dolcezza dello Spirito, quanto più grande ancora sarà la sua gioia lassù !

O Signore, quale grande amore hai dato alla tua creatura ! La mia anima non può dimenticare il tuo sguardo pacifico e mite.

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