Santa Maria,

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mercoledì 28 dicembre 2011

Un Volto da contemplare "www.reginamundi.info/VoltoGesu/"



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«Il tuo volto, Signore, io cerco» (Sal 27[26], 8). L'antico anelito del Salmista non poteva ricevere esaudimento più grande e sorprendente che nella contemplazione del volto di Cristo. In lui veramente Dio ci ha benedetti, e ha fatto «splendere il suo volto» sopra di noi (cfr Sal 67[66], 3). Davanti a questo Mistero non possiamo che prostrarci in adorazione e contemplazione.

Vi proponiamo questo “Volto da Contemplare” attraverso una carrellata di Opere di incommensurabile bellezza, custodite, come preziosi tesori, nei più prestigiosi musei del mondo.
Le immagini sono accompagnate da una meditazione tratta dalla Lettera Apostolica “Novo Millennio Ineunte” di Giovanni Paolo II.
Per meglio gustare le immagini vi consigliamo di digitare il tasto “F11” della vostra tastiera (Per uscire, ridigitate “F11”).
Tutte le immagini sono scaricabili. 



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>>> Un Volto da contemplare <<<

Non finiremo mai di indagare l'abisso di questo mistero. È tutta l'asprezza di questo paradosso che emerge nel grido di dolore, apparentemente disperato, che Gesù leva sulla croce: « Eloì, Eloì, lemà sabactàni?, che significa: Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? » (Mc 15,34). È possibile immaginare uno strazio più grande, un'oscurità più densa? In realtà, l'angoscioso «perché» rivolto al Padre con le parole iniziali del Salmo 22, pur conservando tutto il realismo di un indicibile dolore, si illumina con il senso dell'intera preghiera, in cui il Salmista unisce insieme, in un intreccio toccante di sentimenti, la sofferenza e la confidenza. Continua infatti il Salmo: « In te hanno sperato i nostri padri, hanno sperato e tu li hai liberati [...] Da me non stare lontano, poiché l'angoscia è vicina e nessuno mi aiuta » (22[21], 5.12).
Il grido di Gesù sulla croce, carissimi Fratelli e Sorelle, non tradisce l'angoscia di un disperato, ma la preghiera del Figlio che offre la sua vita al Padre nell'amore, per la salvezza di tutti. Mentre si identifica col nostro peccato, « abbandonato » dal Padre, egli si « abbandona » nelle mani del Padre. I suoi occhi restano fissi sul Padre. Proprio per la conoscenza e l'esperienza che solo lui ha di Dio, anche in questo momento di oscurità egli vede limpidamente la gravità del peccato e soffre per esso. Solo lui, che vede il Padre e ne gioisce pienamente, misura fino in fondo che cosa significhi resistere col peccato al suo amore. Prima ancora, e ben più che nel corpo, la sua passione è sofferenza atroce dell'anima.

Come nel Venerdì e nel Sabato Santo, la Chiesa continua a restare in contemplazione di questo volto insanguinato, nel quale è nascosta la vita di Dio ed offerta la salvezza del mondo. Ma la sua contemplazione del volto di Cristo non può fermarsi all'immagine di lui crocifisso. Egli è il Risorto! Se così non fosse, vana sarebbe la nostra predicazione e vana la nostra fede (cfr 1 Cor 15,14). La risurrezione fu la risposta del Padre alla sua obbedienza, come ricorda la Lettera agli Ebrei: « Egli nei giorni della sua vita terrena offrì preghiere e suppliche con forti grida e lacrime a colui che poteva liberarlo da morte e fu esaudito per la sua pietà. Pur essendo Figlio, imparò l'obbedienza dalle cose che patì e, reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono » (5, 7-9).
È a Cristo risorto che ormai la Chiesa guarda. Lo fa ponendosi sulle orme di Pietro, che versò lacrime per il suo rinnegamento, e riprese il suo cammino confessando a Cristo, con comprensibile trepidazione, il suo amore: « Tu sai che io ti amo » (Gv 21,15.17). Lo fa accompagnandosi a Paolo, che lo incontrò sulla via di Damasco e ne restò folgorato: « Per me il vivere è Cristo, e il morire un guadagno » (Fil 1,21).
A duemila anni di distanza da questi eventi, la Chiesa li rivive come se fossero accaduti oggi. Nel volto di Cristo essa, la Sposa, contempla il suo tesoro, la sua gioia. « Dulcis Iesu memoria, dans vera cordis gaudia »: quanto è dolce il ricordo di Gesù, fonte di vera gioia del cuore! Confortata da questa esperienza, la Chiesa riprende oggi il suo cammino, per annunciare Cristo al mondo, all'inizio del terzo millennio: Egli « è lo stesso ieri, oggi e sempre » (Eb 13,8).
(Giovanni Paolo II - da Lettera Apostolica “Novo Millennio Ineunte”)

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