Da "Il Vangelo del Giorno" di Don Antonello Iapicca
Mistero dei misteri,
che introduce dentro i misteri,
Lui ha messo in mano nostra
la sua speranza eterna e noi, peccatori
non metteremo la nostra debole speranza nelle
sue eterne mani?
C. Peguy
Gv 5,17-30
In
quel tempo, Gesù rispose ai Giudei: “Il Padre mio opera sempre e
anch’io opero”. Proprio per questo i Giudei cercavano ancor più di
ucciderlo: perché non soltanto violava il sabato, ma chiamava Dio suo
Padre, facendosi uguale a Dio.
Gesù
riprese a parlare e disse: “In verità, in verità vi dico, il Figlio da
sé non può fare nulla se non ciò che vede fare dal Padre; quello che
egli fa, anche il Figlio lo fa. Il Padre infatti ama il Figlio, gli
manifesta tutto quello che fa e gli manifesterà opere ancora più grandi
di queste, e voi ne resterete meravigliati.
Come
il Padre risuscita i morti e dà la vita, così anche il Figlio dà la
vita a chi vuole; il Padre infatti non giudica nessuno, ma ha rimesso
ogni giudizio al Figlio, perché tutti onorino il Figlio come onorano il
Padre. Chi non onora il Figlio, non onora il Padre che lo ha mandato.
In
verità, in verità vi dico: chi ascolta la mia parola e crede a colui
che mi ha mandato, ha la vita eterna e non va incontro al giudizio, ma è
passato dalla morte alla vita.
In
verità, in verità vi dico: è venuto il momento, ed è questo, in cui i
morti udranno la voce del Figlio di Dio, e quelli che l’avranno
ascoltata, vivranno. Come infatti il Padre ha la vita in se stesso, così
ha concesso al Figlio di avere la vita in se stesso; e gli ha dato il
potere di giudicare, perché è Figlio dell’uomo.
Non
vi meravigliate di questo, poiché verrà l’ora in cui tutti coloro che
sono nei sepolcri udranno la sua voce e ne usciranno: quanti fecero il
bene, per una risurrezione di vita e quanti fecero il male, per una
risurrezione di condanna. Io non posso far nulla da me stesso; giudico
secondo quello che ascolto e il mio giudizio è giusto, perché non cerco
la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato”.
IL COMMENTO
Come
possono i morti ascoltare? Solo se vi è una voce capace di penetrare la
pietra di un sepolcro e una parola così potente da raggiungere chi vi
giace privo di vita ridestandolo all'esistenza. Il Vangelo di oggi,
rivelandoci che esiste questa Parola, ci mostra qualcosa di
stupefacente: "Il Padre infatti ama il Figlio, gli manifesta tutto
quello che fa e gli manifesterà opere ancora più grandi di queste, e voi
ne resterete meravigliati". Voi ne resterete stupiti. Ci si
stupisce per un fatto imprevisto, che supera la stessa immaginazione. E
lo stupore si trasforma in meraviglia quando l'evento mi riguarda
direttamente e mi coinvolge rispondendo alla speranza, forse confusa,
che giace nel fondo del cuore. Gesù aveva appena guarito un paralitico,
ma nei farisei questo evento straordinario aveva suscitato uno stupore
indignato; l'inossidabilità delle loro certezze aveva ossidato la speranza,
la ruggine dell'autosufficienza aveva indurito il cuore facendo
dimenticare la promessa che la sosteneva. Così il miracolo, invece di
generare lo stupore meravigliato aveva innescato il rifiuto, gestato nel
legalismo moralista in nome del quale "cominciarono a perseguitare
Gesù". Con questo miracolo inizia il processo a Gesù, la verità e l'amore sottoposti a giudizio.
E' di scena il dramma che definisce la vita di ogni uomo, di ogni società e di ogni cultura. La via alla salvezza, alla felicità piena che essa dischiude, passa per la porta stretta dello stupore. La può attraversare solo un bambino.
Un povero, uno che gli eventi della storia ha umiliato, "abbassato":
"Tutto quel che c’è di piccolo è tutto quel che c’è di più bello e di
più grande. Tutto quel che c’è di nuovo è tutto quel che c’è di più
bello e di più grande. Ha una forza, una novità, una freschezza come
l'alba. Una giovinezza, uno slancio, un'ingenuità, una nascita che non
si trova mai più. C'è in quello che comincia una fonte, una razza che
non ritorna. Una partenza, un'infanzia che non si ritrova mai più. Ora
la piccola speranza è colei che sempre comincia. Quella nascita,
quell'infanzia perpetua" (C. Peguy, Il Portico del mistero di S. Giovanna D'Arco).
Il paralitico guarito è immagine di questo inizio, di questa infanzia
capace di stupore; non ha fatto nulla, la sua speranza ha incontrato,
per Grazia, Colui che l'ha trasformata in desiderio prima ed in
compimento poi.
Il
paralitico ha cominciato a camminare, la "piccola speranza" ha iniziato
a deporre i suoi passi sul selciato di una vita nuova; la guarigione è
stata "quella nascita, quell'infanzia perpetua" che definisce il destino
di ogni uomo: la vita eterna, il gaudio senza fine. E' questa l'opera
più grande che genera la meraviglia: i morti possono ascoltare una voce e
risorgere! Secondo l'antropologia ebraica la morte non è considerata
una separazione del corpo dall'anima. "Un vivente è un'anima (nefesh)
vivente, un morto è un'anima (nefesh) morta. La morte non è un
annientamento: finchè sussiste il corpo, finchè restano almeno le ossa,
l'anima sussiste, in uno stato di estrema debolezza, come un'ombra nella
dimora sotterranea dello Sheol" (R. De Vaux, Le Istituzioni dell'Antico Testamento).
Ma
quel giorno, sul bordo della piscina, Gesù ha annunciato
l'imprevedibile: è giunto il momento, il kairos, il tempo favorevole, ed
è questo, questo in cui ha guarito il paralitico che giaceva, come
un'ombra, sul bordo della piscina; quell'uomo era lì, tutti lo vedevano,
ma per tutti non era che un'ombra, nessuno si era preoccupato di
aiutarlo nel momento favorevole per guarire, quando le acque si
agitavano. Ed ora il momento s'era fatto carne in quell'uomo, e voce da
udire, e parola da credere. Il momento favorevole era venuto a lui dischiudendogli un momento eterno di salvezza. L'esperienza fatta dal paralitico è dunque il compimento profetico di quanto Gesù annuncia nel Vangelo di oggi: è giunto il momento,
ed è questo, in cui i morti, le ombre che giacciono nello Sheol,
"udranno la voce del Figlio di Dio, e quelli che l’avranno ascoltata,
vivranno". La vita di Dio distrugge le porte della tomba e dona vita
alle ombre. Dietro la lapide di una tomba non vi è solamente un corpo
destinato alla putrefazione, ma un'anima, un uomo che attende una
Parola. "Noi tutti esistiamo perché egli ci ama, perché egli ci ha
pensati e ci ha chiamati alla vita. Esistiamo nei pensieri e nell’amore
di Dio. Esistiamo in tutta la nostra realtà. La nostra serenità, la
nostra speranza, la nostra pace si fondano proprio su questo: in Dio,
nel Suo pensiero e nel Suo amore, non sopravvive soltanto un’«ombra» di
noi stessi, ma in Lui, nel suo amore creatore, noi siamo custoditi e
introdotti con tutta la nostra vita, con tutto il nostro essere
nell’eternità. E' il suo Amore che vince la morte e ci dona
l’eternità... Dio conosce ed ama tutto l’uomo, ciò che noi siamo. E Dio
accoglie nella Sua eternità ciò che ora, nella nostra vita, fatta di
sofferenza e amore, di speranza, di gioia e di tristezza, cresce e
diviene. Tutto l’uomo, tutta la sua vita viene presa da Dio ed in Lui
purificata riceve l’eternità. Il Cristianesimo non annuncia solo una
qualche salvezza dell’anima in un impreciso al di là, nel quale tutto
ciò che in questo mondo ci è stato prezioso e caro verrebbe cancellato,
ma promette la vita eterna, «la vita del mondo che verrà»: niente di ciò
che ci è prezioso e caro andrà in rovina, ma troverà pienezza in Dio."
(Benedetto XVI, Omelia nella Solennità dell'Assunzione della Vergine Maria, 15 agosto 2010).
Dio
è sceso sino al limite della nostra flebile speranza, laddove essa è
bambina, indifesa. Dio è sceso perchè essa scocchi come un nuovo inizio,
una forza, una novità, una freschezza come l'alba, il mattino fragrante
della resurrezione. Dio è sceso con suo Figlio. Tutto dell'uno è
riversato nell'altro, la stessa vita fluisce e giunge laddove regna la
morte. L'amore infinito del Padre e del Figlio si è fatto Parola che
salva. L'amore si è fatto ascoltare da chi giace nell'ombra perchè possa credere e passare dalla morte alla vita.
E' l'esodo dell'amore che passa dal Cielo alla tomba per far passare
dalla tomba al Cielo ogni uomo. E' questo il giudizio di misericordia
che appare oggi nel Vangelo. Il potere di dare la vita è il potere di giudicare, di "mettere in crisi", secondo l'etimologia greca di giudicare, la morte.
Gesù, con il Padre e per conto del Padre, ha giudicato la morte,
condannandola a restituire quelli che aveva imprigionato. E' il giudizio
che la Parola di Dio opera sempre, risuscitando i piccoli, guarendo i
paralitici, ridonando amore a chi lo ha smarrito.
Non
vi è luogo dove il Signore ricusi di scendere per far risuonare la sua
voce. E' questa la certezza che muove la Chiesa sino agli estremi
confini della terra, che non sono solo un luogo geografico. La Chiesa è inviata agli estremi confini dello Sheol, a predicare e annunciare la Parola capace di risuscitare i morti.
Gesù è disceso agli inferi, la Chiesa suo Corpo discende agli inferi di
questa e di ogni generazione. Vi scende nei suoi apostoli, in ciascuno
di noi. Per questo la Chiesa non si arresta sulla soglia dei sepolcri, mai.
Non dispera di fronte alle situazioni più difficili, non giudica nulla e
nessuno senza speranza. Giudica tutto e tutti con il giudizio di Dio,
giudizio di misericordia, perchè, in Cristo, ha la vita in se stessa.
Con la vita più forte della morte, la Chiesa può scendere nello Sheol
di un matrimonio in crisi, di un rapporto tra genitori e figli
deteriorato, di una vita bruciata dalla droga e dall'alcool; la Chiesa
ha il potere di giudicare con viscere di misericordia e ridare vita a
una donna chiusa nella tomba dell'egoismo e incapace di accettare e
accogliere un altro figlio; nel cuore avviato alla corruzione di chi non
riesce e non vuole perdonare. La Chiesa ha la vita di Cristo suo Sposo,
ha la sua Parola con il potere di ricreare e condurre a perfezione le
ombre nelle quali sono polverizzate le vite schiave dei peccati. La
Chiesa può mettere in crisi certezze moralistiche, legalistiche, sempre
in cerca di capri espiatori su cui rovesciare le responsabilità di ogni
male. La Chiesa ha imparato dal suo Signore a non far nulla da se
stessa; non si avvita su superbe alchimie psicologiche, su poveri e
limitati ricorsi umani. La Chiesa fa quello che vede fare al suo Sposo,
imitatore perfetto del Padre. La Chiesa non cerca volontà umane di
successo, desidera solo il compimento della volontà di Dio. Così può adempiere la sua missione, far risuonare la voce di Cristo nell'inferno del mondo.
Così ciascuno di noi, padri, madri, presbiteri, educatori, fratelli: in
Cristo e colmi della sua stessa vita, abbandonati alla volontà del
Padre, siamo chiamati a scendere nello Sheol di chi ci è accanto per
annunciarvi la Buona Notizia. Un padre scende nell'inferno del figlio,
sempre. Per farvi risuonare la voce di Cristo, e non la propria. Così,
ogni istante può divenire un momento di salvezza, anche quando sembra
impossibile, perchè Gesù, con il Padre e nei suoi apostoli, opera sempre.
Vi è solo un pericolo, il rischio della libertà. Come i farisei, possiamo oggi ascoltare la voce che ci chiama fuori dal sepolcro e restare invece aggrappati all'ombra che riteniamo essere l'unica verità.
Possiamo custodire gelosamente la menzogna che ci impedisce di vedere
Dio nel Figlio che ci parla. Possiamo chiuderci alla Grazia e continuare
a vivere come ombre la nostra storia, imprigionati nel sepolcro, preferendo il sabato al Signore del sabato, l'opera umana all'opera divina. Non credere a Gesù, all'impossibile di un Dio che si fa carne debole come la mia, condannare
il Signore perchè si fa Dio nella nostra storia per salvarci, mentre in
noi non c'è posto che per un solo dio, il nostro io... E' questo il
male che può condurci alla risurrezione di condanna, indurire il cuore e
non ascoltare la voce di Cristo, impedendo il suo giudizio di
misericordia che cancella ogni peccato. "Non ti è detto: sforzati di
cercare la via per giungere alla verità e alla vita; non ti è stato
detto questo. Pigro, alzati! La via stessa è venuta a te e ti ha scosso
dal sonno; e se è riuscita a scuoterti, alzati e cammina!" (S.
Agostino). Sarebbe davvero il peccato più grande non "approffittare"
dell'offerta che oggi Gesù fa a ciascuno di noi: Il Padre ha rimesso al
Figlio ogni giudizio, il documento che ci condannava Lui lo ha
inchiodato alla Croce, non ci resta che accogliere, come bambini, la sua
misericordia. "Ecco ora il momento favorevole, lasciatevi riconciliare
con Dio". Perchè ogni uomo veda il Figlio vivo e all'opera nei suoi
apostoli, e possa onorare Lui e il Padre, riconoscere e accogliere la verità, ed essere così salvato dagli inferi.
Benché lo sembrassi, non fui rigettato
né perii; eppure lo pensarono a Mio riguardo!
L’Ade Mi vide e fu prostrato;
la morte Mi vomitò fuori e con Me molti.
Aceto e fiele fui Io per essa
e con essa discesi giù per quant’essa era profonda.
Piedi e capo la morte lasciò cadere,
ché il mio volto sopportar non fu capace.
Tra i suoi morti un’assemblea di vivi ho formato (1 Pt 3:19; 4:6);
ho parlato con loro con labbra vive,
perché vana non fosse la parola Mia.
I morti corsero verso di Me;
gridavano: «Pietà di noi, Figlio di Dio!
Trattaci secondo la Tua misericordia
e liberaci dalle catene dell’oscurità.
Apri davanti a noi la porta
per la quale usciamo Teco.
Scorgiamo, difatti, che la nostra morte Te non tocca.
Deh, Teco noi pure fossimo salvi,
ché il nostro Salvatore Tu sei!».
La loro voce intesa
a cuore Mi presi la loro fede.
Sul loro capo posi il Mio nome,
poiché liberi figli Miei essi sono e a Me appartengono.
Alleluia.
Odi di Salomone. n. 42
APPROFONDIRE
Non sono venuto ad abolire ma a portare a compimento... JOSEPH RATZINGER, Da "Dio e il mondo"
Portando a compimento la legge ebraica (F. Manns. Voi, chi dite che io sia?)
NON PASSERÀ NEPPURE UNO YOD DELLA TORAH (Marie Vidal. Un ebreo chiamato Gesù)
NON SCOMPARIRÀ NEPPURE UN YOD
Sant'Agostino (354-430), vescovo d'Ippona (Africa del Nord) e dottore della Chiesa
Discorsi sul vangelo di Giovanni, 49, 1-3 ; CCL 36, 419-421
« Gesù grido a gran voce : Lazzaro, vieni fuori ! » (Gv 11,43)
Fra
tutti i miracoli compiuti da nostro Signore Gesù Cristo, quello della
risurrezione di Lazzaro è forse il più strepitoso. Ma se consideriamo
chi è colui che lo ha compiuto, la nostra gioia dovrà essere ancora più
grande della meraviglia. Risuscitò un uomo colui che fece l'uomo; egli
infatti è l'Unigenito del Padre, per mezzo del quale, come sapete, furon
fatte tutte le cose (Gv 1,3). Ora, se per mezzo di lui furon fatte le
cose, fa meraviglia che per mezzo di lui sia risuscitato uno, quando
ogni giorno tanti nascono per mezzo di lui? ...
Tu
hai udito che il Signore Gesù risuscitò un morto: ciò ti basti per
convincerti che, se avesse voluto , avrebbe potuto risuscitare tutti i
morti. Del resto si è riservato di far questo alla fine del mondo;
poiché « verrà l'ora in cui tutti quelli che sono nei sepolcri, udranno
la sua voce e ne usciranno »; così dice colui che, come avete sentito,
con un grande miracolo risuscitò uno che era morto da quattro giorni.
Egli risuscitò un morto in decomposizione; ma benché in tale stato, quel
cadavere conservava ancora la forma delle membra. Nell'ultimo giorno,
ad un cenno, ricostituirà il corpo dalle ceneri. Ma bisognava che
intanto compisse alcune cose, che a noi servissero come segni della sua
potenza per credere in lui, e prepararci a quella risurrezione che sarà
per la vita, non per il giudizio. E' in questo senso che egli ha detto: «
Verrà l'ora in cui tutti quelli che sono nei sepolcri, udranno la sua
voce e ne usciranno, quelli che hanno agito bene per la risurrezione
della vita, quelli che hanno agito male per la risurrezione del giudizio
» (Gv 5, 28-29)...
Se
però rivolgiamo la nostra attenzione ad opere di Cristo più
meravigliose di questa ci rendiamo conto che ogni uomo che crede
risorge; se poi riuscissimo a comprendere l'altro genere di morte molto
più detestabile, (quello cioè spirituale), vedremmo come ognuno che
pecca muore. Se non che tutti temono la morte del corpo, pochi quella
dell'anima... Oh, se riuscissimo a spingere gli uomini, e noi stessi
insieme con loro, ad amare la vita che dura in eterno almeno nella
misura che gli uomini amano la vita che fugge!
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