Una rilettura di san Francesco tra istituzione e rinnovamento evangelico.
🖊Post di Gian Maria Zavattaro
🎨Immagini degli affreschi di Giotto nella Basilica Superiore di Assisi.
Giotto, Stimmate presso il Monte della Verna |
Lo scritto qui presentato è l’intervento di p. Balducci, sessantenne, al 40° convegno di Cittadella “Francesco un ‘pazzo’ da slegare”, i cui atti sono stati pubblicati nel 1983.
Francesco, novello “pazzo”, è collocato su uno sfondo storico dominato da due polarizzazioni che attraversa e trascende: la componente utopica ed infantile del suo secolo e l’istituzione. Per la prima i riferimenti obbligati sono Gioacchino da Fiore e i pauperisti (2), che determinano movimenti di grande importanza in quel tempo. Le loro radici sociali stanno nello sfaldarsi dell’ordine feudale con l’emergere dei ceti borghesi e con il loro bisogno di libertà, che si trascrive anche in libertà religiosa. Per la chiesa teocratica, che guarda con sospetto i movimenti sorgenti in nome del vangelo (come i poveri laici di Lione con P. Valdes), ricchezza e potere non suscitano problemi evangelici, sono “segni di benevolenza da parte di Dio e di giusta riconoscenza da parte degli uomini”. L’irrigidimento teocratico di Innocenzo III, “figura per altri versi grande, dotata di sensibilità per la novità”(3), mira a conservare la vita religiosa secondo moduli del passato e non comprende le professioni dei nuovi ceti che alimentano tra l’altro i movimenti pauperistici (4).
Eppure proprio Innocenzo III, che vieta nel Concilio lateranense del 1215 nuovi ordini religiosi con nuove regole, cinque anni prima oralmente approva la forma vitae che Francesco gli espone a voce. “Non si può contrapporre perciò in maniera schematica l’esigenza di rinnovamento evangelico e l’istituzione; tuttavia la dialettica esisteva. Francesco si pose al servizio del rinnovamento della chiesa non accettando la strategia conflittuale dei movimenti pauperistici, ma piuttosto proponendo una forma vitae, un modo di esistere che fosse di per se stesso tanto eloquente da convertire, da mutare la Chiesa e anche in qualche modo inalveare l’esigenza evangelica dei moti pauperistici dentro l’ortodossia”(5). Non polemizza mai contro la Chiesa ma nemmeno contro gli eretici, scegliendo però “una forma di vita in cui era presente un’intenzione di alternativa per la Chiesa”(6).
Giotto, Francesco dona il mantello al cavaliere povero e decaduto |
Giotto, Francesco sostiene il Laterano (sogno di Innocenzo III) |
“Uno potrebbe dire: e oggi?[…] Se io rifletto su di lui con tanto coinvolgimento, è perché sento che in effetti quest’uomo è il luogo storico in cui la luce del vangelo, proiettata sulla storia, risplende di più”(7).
Basta pensare a come si pone dinanzi alle crociate “che costituiscono non solo una prassi della chiesa medievale, ma anche un punto di riferimento quasi costante anche della santità medievale.[...] Francesco è unico nel percepire che la chiesa dell’onnipotenza, quale era quella teocratica, con l’impresa delle crociate si poneva al di là della vita evangelica. La sua era una proposta alternativa del modo di esser Chiesa”(8).
Giotto, Francesco di fronte al sultano |
Altrettanto alternativa è la sua povertà che si intreccia fino a confondersi col discorso sulla Chiesa: povertà che Francesco amò con occhi nuziali (“come bene ha visto Dante che pure non ha capito molto di Francesco, mi permetto di dire)”, proposta nella sua vita e nella vita dei suoi come apostolica vivendi forma. In lui la teologia è nei suoi gesti.
Alternativo è il suo vivere il vangelo come unica regola di vita. Nel 1216 papa Innocenzo, a Perugia per incentivare la mobilitazione della crociata, promette un’indulgenza plenaria a chi vi parteciperà. Francesco viene e gli chiede la grazia dell’indulgenza plenaria della Porziuncola a chi pregherà a certe condizioni in S. Maria degli Angeli. Qualcuno suggerisce al papa di stare attento, perché era un modo di sabotare la crociata.
Ma proprio in quei giorni improvvisamente Innocenzo III muore e di notte la salma è lasciata nella chiesa; entrano i ladri e la spogliano di tutto.Sic transit gloria mundi è il commento del cronista Giacomo di Vitry. A concedergli con una bolla l’indulgenza è il successore Onorio III, “uomo molto pio, umile e povero anche personalmente, ma dal punto di vista dell’ideologia in linea di continuità con il predecessore”. Francesco se ne va tutto contento senza il documento ed alle rimostranze del papa risponde che non gli importa. “Era fuori della linea dei documenti, che è la linea della storia, come voi ben sapete. E’ la follia di Francesco. Questa indulgenza fu concessa, per così dire, a voce, come avrebbe voluto far sempre Francesco. I documenti, Gesù non li iscrisse mai”(9). E’convinto che l’unica regola della vita religiosa deve essere il vangelo, sine glossa.
Giotto, Innocenzo III approva oralmente la Regola di Francesco |
Giotto, Onorio III ascolta la predica di Francesco |
Intanto l’Ordine si è ingrandito: nel 1221 ha 5000 membri. Francesco è preoccupato e pure, ma diversamente, l’amico card. Ugolino, che insiste per una regola scritta. Francesco cede. La prima stesura non piace “perché faceva troppo affidamento alle ispirazioni soggettive: “Come lo Spirito santo ispirerà…”. La seconda redazione conserva molti valori della prima regola, ma abbandona di fatto la primitiva forma vitae.
Giotto, Francesco rinuncia ai beni terreni |
Francesco non protesta, non contesta, ma abbandona ogni potere dell’Ordine, nel Sacro Speco si conforma al Cristo che si materializza nelle stigmate, “uscendo in qualche modo dalla storia, meglio, consegnando alla storia del futuro qualcosa che il presente non poteva accettare. Ecco perché, a rigore, secondo me, il tempo di Francesco d’Assisi comincia ora” (13). La fede è anche “memoria penitenziale” dei punti caldi del passato in cui fiorisce l’esigenza evangelica e “lo Spirito apre spiragli nella storia e rimanda al futuro ciò che non è adempiuto”(14).
Giotto, Morte di Francesco |
Per Balducci l’inestimabile singolarità di Francesco “appartiene al futuro che noi stiamo creando”. Ancor oggi è un pazzo da slegare. Da che cosa? “Dalle bende, perfino dalle leggende, perfino dalla sua santità, diremo così, collocata nella nicchia. E’ un santo da far ricircolare, perché nel suo modo di avvertire una Chiesa diversa e di volere testimoniarla (andando di casa in casa a dire: pace a questa casa) non c’è soltanto una mirabile espressione delle possibilità umane scritte nel passato, c’è uno spezzone di futuro” (16).
E per noi del 2017 forse anche uno spezzone del presente: espressione di una strabiliante attualità che mi richiama il volto, il sorriso, i gesti conviviali, le parole, le scelte e le azioni inequivoche ("la Chiesa povera e per i poveri"!), la speranza del nostro Jorge Bergoglio divenuto Francesco papa (17), anch’egli “tra istituzione e rinnovamento evangelico”.
Note.
(1) Padre Balducci - il cui intervento Tra istituzione e rinnovamento evangelico” è raccolto in FRANCESCO UN ’PAZZO’ DA SLEGARE, Atti del 40° Corso di Studi Cristiani, Cittadella ed (1° ed. 1983), 3° ed. 997, Assisi, pp.70-90 - è simpliciter presentato a p. 5 quale “docente di Storia e Filosofia – Firenze”. Per approfondire, leggere di p. Balducci Francesco d'Assisi (S. Domenico di Fiesole, Fi, ECP 1989) o Francesco d'Assisi, Fi, Giunti ed. 2004). Mi piace altresì citare di Ernesto Balducci, Io e don MiIani (ed. S. Paolo 2017) che raccoglie vari scritti ed interventi di Balducci sul “caso Milani”, citato ampiamente in questo blog nel post “Don Milani l’uomo del futuro” .
(2) ) Il tema della pazzia di Francesco si può registrare nelle pagine di Gioacchino (che muore nel 1202, anno in cui Francesco è prigione a Perugia), quando parla delle tre età del Padre, del Figlio, dello Spirito santo. Le tre età sono rispettivamente caratterizzate da: età della legge della grazia – della grazia su grazia; della conoscenza – sapienza - perfetta intelligenza; della obbedienza servile - obbedienza filiale - , libertà; dei flagelli - azione - estasi della contemplazione; del timore – fede – amore; degli schiavi – liberi – amici; dei vecchi – giovani – fanciulli; della stella – aurora – meriggio; del rigore invernale . primavera – estate; delle ortiche – rose con spine – candidi gigli; delle erbe – spighe – grano; dell’acqua – vino – olio; della settuagesima – quaresima – pasqua. Cfr o.c., pp. 71-72. Del movimento pauperista Balducci cita i flagellanti di Raniero Fasani a Parugia e a Parma Gerardo Segarelli “che fece un gesto da pazzo (vende tutto ciò che ha e dà i soldi a ragazzi che giocavano)”
(3) “Innocenzo III è il papa dello sterminio degli albigesi ed è il papa delle Crociate. Quella del 1201, comicamente fallita… E poi quella in cui Francesco in qualche modo sarà coinvolto” cfr. p.74.
(4) “Tessitore” voleva dire “eretico”: “i tessitori, i sarti, i calzolai, questi artigiani che davano vita nella città ad attività non previste nell’assetto rurale del mondo antico, i commercianti in particolar modo, si trovavano facilmente fuori legge anche dal punto di vista ecclesiale, perché la loro professione, la loro attività artigianale non era nei quadri prestabiliti. Nell’ordine feudale erano previsti i lavoratori della terra. Qui abbiamo il ceto borghese nello stato nascente, evidentemente non come le malefatte del ceto borghese del secolo ventesimo” (p.73).
(5) o.c., p.75.
(6) Ai primi compagni di Francesco non è consentito essere preti, “perché in quel contesto significava essere integrati nella chiesa dominante, non esser più dei minores”. o.c., p.76.
(7) o.c., p.76
(8) o. c., p.77.
(9) o.c., p.79.
(10) veda per una breve sintesi della vicenda in questo blog il post "Coesistere per resistere".
(11) o.c., p.82.
(12) o.c., p.85. I francescani diventeranno preti e i laici entreranno solo come servitori dei preti; secondo Francesco non dovevano essere cardinali e diventarono cardinali, persino inquisitori. Questo dopo pochi anni: "l’istituzione assimilò il francescanesimo". Cfr, p.89.
(13) o. c., p.85.
(14) o.c., pp. 84-5.
15) o.c.,p.90. Nel dopo-francesco l’eredità è contesa da due correnti, mentre i compagni della prima ora di Francesco non parteggiano per alcuna, si ritirano in silenzio negli eremi dei dintorni, rispettando alla lettera il TESTAMENTO di Francesco (“senza fare né lite né questione”). La prima corrente è quella dell’accomodamento istituzionale che trova i suoi corifei in papa Gregorio IX (che canonizzò Francesco “e così egli entrò in pieno nell’istituzione”) e S. Bonaventura (“Sarà santo Bonaventura, ma insomma, metterlo accanto a Francesco per me è quasi insopportabile. Però io credo che abbia agito con lume, con saggezza, anche se l’emergenza evangelica di Francesco, dentro gli accomodamenti dell’istituzione, è caduta”:p.89) che, quale generale del’Ordine francescano, ordina di bruciare tutti gli scritti su s. Francesco e scrive “la legenda, la vita di Francesco, che doveva rimanere quella ufficiale, quella normativa” (idem). La seconda è quella dei francescani intransigenti che intendono vivere secondo la primigenia forma vitae e che finiscono per rifugiarsi nello slittamento apocalittico,e “in un sogno individualistico che è la negazione della storia presente e una conflittualità frontale contro l’istituzione” (cfr. p.90).Per un approfondimento si vedano i due saggi su S,Francesco di Balducci citati nella nota (1), ino.ltre di Chiara Mercuri, Francesco d’Assisi la storia negata, Laterza, Bari, 2016.
(16) o.c., p.90
(17) Si veda in questo blog il post “J.M. Bergoglio e la scelta del nome Francesco”